Home Home
 
 
 
 
 
 
USS PYTHEAS - MISSIONE 02 RSS USS PYTHEAS - Missione 02

02.12 " L'alba della battaglia "

di Suri figlia di Kellam , Pubblicato il 30-06-2014

Luogo imprecisato - Ore 21:15



Sopra la nave il cielo era nero, cupo, minaccioso. Il pesante galeone che avevano visto in lontananza era un barbaglio di luce riflesso dall'atmosfera, che appariva e scompariva seguendo l'andamento delle onde. In qualche momento, il cielo ripiombava in un nero schiumoso, denso di umidità, talmente profondo da fra quasi dubitare che una luce vi fosse davvero, finché la nave non tornava al vertice di un'onda permettendo loro di scorgere il lieve riverbero.
"Amici o nemici?" domandò Alixia, indicando il riflesso.
"A quanto hanno detto, la squadra di soccorso è tutta e solo quella che è arrivata sulla Corvetta. - rispose Suri - Dobbiamo presumere che l'altra nave ci porti cattive notizie."
"Mai quante ne daremo noi a loro - ribatté l'hirogena. La sua mano era strettamente avvinghiata alla larga ruota del timone - Sempre che riescano ad avvicinarsi. Questa nave è più piccola della loro, ma sembra più veloce... Spieghiamo le vele?"
"Meglio di no. - rispose Suri - C'è troppo vento ed il mare sta aumentando la sua forza. Facciamo già fatica a tenere la prua alle onde. Se dovesse aumentare ancora, le onde arriveranno a spazzare la tolda... E noi non sappiamo come far terminare questa simulazione!"
Si interruppe un istante.
"Tieni d'occhio quella luce. - ordinò - Io scendo a controllare come procede con gli armamenti."
Il ponte di coperta era privo di cannoni. La piccola fregata sulla quale si erano ritrovati aveva un ponte di batteria, dove Suri ritrovò il russo, quasi piegato in due dietro l'affusto di un cannone. Sentendo i suoi passi, l'uomo si alzò di scatto, andando a battere la fronte sul baglio a dritta.
Volkoff si fece sfuggire un'interiezione, e si massaggiò la parte dolente, scoccando un'occhiataccia verso il soffitto troppo basso per contenere la sua mole. Suri passò le dita sul legno scrostato della paratia, sentendo le venature, la consistenza dei canapi che riempivano le disconnessioni fra una tavola e l'altra, l'odore marcito dell'acqua salmastra che intrideva l'ambiente. Superò le pesanti catene che ancoravano i cannoni, notando che le armi, nonostante le catene in tensione, si muovevano insieme alla nave.
"Situazione?"
L'uomo sollevò con prudenza la testa nella sua direzione.
"Non buona, temo. Abbiamo dodici cannoni da otto pronti a far fuoco a palle incatenate o mitraglia. Gli altri cannoni sono troppo grossi, troppo pesanti: il rinculo sarebbe tale da strappare la braca e sfondare la paratia di dritta."
Suri posò una mano sull'affusto del cannone. Le trasmise il freddo del metallo, l'odore di polvere pirica e di olio irrancidito.
"Strano..." si fece sfuggire Suri.
"Cosa?" chiese Volkoff.
La donna esitò, ma alla fine decise di parlare.
"Questa simulazione è molto differente da quello che abbiamo esperimentato prima che voi arrivaste."
"In che senso?"
"È praticamente perfetta. Quella che potremmo vedere in una sala ologrammi di ultima generazione."
"Non era già così?"
"No. Prima era come un sogno. Avevamo manifestazioni oniriche di mostri, di situazioni orribili o di nostre paure profonde. Come hanno fatto i Bothan a riprodurre delle navi terrestri del diciassettesimo secolo con tanta precisione?"
"È stata un'idea nostra. Volevamo introdurre una situazione controllabile, e quindi abbiamo inviato dei dati culturali prelevandoli da una simulazione del ponte ologrammi, che i Bothan hanno inserito nella programmazione dell'induttore psionico. In questo modo, il nemico sarebbe stato comunque costretto ad agire in base alla situazione. Un programma sogno sfugge alle leggi della fisica... E quindi alla forza delle armi, come questo cannone, ad esempio."
"Come dire: trascinare l'Hod sul nostro terreno."
"Meglio dire: sul nostro oceano. - sogghignò Volkoff, continuando a controllare lo stato del cannone - Da come ce ne ha parlato il capitano Glens, dubito che l'Hod si trovi a suo agio in questo ambiente."
"Questa è la seconda cosa strana della simulazione. Quanto in profondità agisce quell'induttore psionico?"
Volkoff si interruppe per guardarla interrogativo. Suri spiegò.
"Sono una vulcaniana. Neanche io dovrei essere molto a mio agio, in una simulazione che comprende navi del diciassettesimo secolo terrestre. A parte una visita da turista al Cutty Sark ancorato a Greenwich, anni fa, è la prima volta che mi trovo su una nave a vela degli umani. Eppure, ho comandato questa fregata come se appartenessi alla marineria terrestre dai tempi del capitano Cook. Come faccio a sapere che questo... - allungò la mano sulla trave ricurva che sosteneva il tetto - si chiama baglio? Come faccio a sapere come si tiene la prua di una nave alle onde, in caso di mare grosso? Come mai conosco le parti degli alberi della nave? Non ricordo che nessuno mi abbia mai parlato di fuso maggiore o albero di gabbia. Dopo l'esame di storia della navigazione ai tempi dell'Accademia, non mi sono mai preoccupata di approfondire la materia."
Volkoff scosse la testa.
"Non saprei, Capitano... è un problema, il fatto che lei sappia troppe cose?"
"Potrebbe esserlo, se avete scelto questa ambientazione per impedire agli Hod di essere troppo pericolosi. Gli Hod invece, se il meccanismo dell'induttore psichico funziona nello stesso modo che con le forme di vita umanoide, si ritroveranno le informazioni su come agire dove le ho trovate io, direttamente nella corteccia cerebrale. Quel Bothan..."
"Il Capitano Glens?"
"Lui. Vi ha detto come agisce l'induttore psionico? O chi siano questi Hod?"
Volkoff scosse la testa.
"Non con precisione. Solo che sono una minaccia e che riattivare l'induttore psichico per farci entrare avrebbe richiamato altri Hod. Secondo lui, l'unica cosa che si poteva fare per i contaminati era metterli su una navetta e farla esplodere."
Suri alzò un sopracciglio.
"Una soluzione forse troppo estrema, quella di terminare una epidemia uccidendo i malati. Soprattutto considerando che non c'è mai stata una reale minaccia verso le nostre navi: soltanto verso alcuni membri dell'equipaggio. E che l'epidemia in sé non era né il frutto né la causa di un contagio, ma il risultato di un deliberato attacco... Da parte degli stessi Bothan."
Volkoff smise di esaminare il cannone e si voltò verso la donna.
"Il Bothan si è arreso senza condizioni. - ricordò - Se ci avesse mentito, continuerebbe ad essere nelle mani del nostro equipaggio... Non potrebbe sperare di cavarsela."
Suri sospirò.

"Non so se ci abbia mentito o no. - disse - So che la mia nave, la mia gente, è stata attaccata dalla sua, dietro suo ordine. L'Hod, chiunque sia, ha solo approfittato di una breccia che lui ha aperto... E questo mi lascia un mucchio di domande. Per prima questa: chi sono gli Hod? Il Capitano Glens ha detto qualcosa sulla loro natura?"
"No. Solo che sono pericolosi e che si possono infiltrare nelle menti usando delle brecce nell'induttore psionico."
Suri esitò.
"Noi abbiamo incontrato quell'essere, l'Hod, poco prima che si attivasse questa simulazione. - disse - Siamo riusciti a respingerlo usando la meditazione. è come se cercasse un nostro crollo emotivo... In modo da prendere definitivamente possesso delle nostre menti. Ma la sua aggressione non era reale."
"Nulla di tutto questo è reale. - ricordò Volkoff - I nostri corpi sono sui lettini dell'infermeria, in questo momento."
"Già... - Suri piegò la testa da un lato, riflettendo - è come un programma olografico andato in panne. L'unico vero problema è sapere dove trovare l'arco per terminare la simulazione."

"Giù di sotto nella stiva, Capitano. - le disse il Capo Sicurezza - Se almeno qualcosa di quello che ci ha detto il Capitano Glens è vero, l'arco è il Guardiamarina Gerrico."
"Ed allora, speriamo che la Dottoressa Fuentes trovi in fretta i comandi della simulazione... - guardò intorno lo stretto spazio del ponte di batteria, ingombro di munizioni e rumore di catene, odore di olio vecchio e muffa - Con tutto il rispetto per le vostre tradizioni terrestri, questo non mi sembra un gran posto in cui perdere la propria mente..."

USS Curie - Infermeria - Ore 21:15


Nessuno parlava. In certi istanti, le luci provenienti dal bioletto sul quale era distesa Timeran Bhreel sembravano scolpire creste e valli nella fronte del Comandante Sorin.
Enizia si rese conto che stava notando suoni e rumori che in genere erano troppo banali per entrare nella sua percezione: il ticchettio degli strumenti, il respiro degli uomini, il ronzio diffuso delle luci, e quello più cupo dei motori della nave. Era qualcosa di ipnotico. Enizia si mosse, facendo deliberatamente rumore, per strapparsi da quella malia.
I corpi distesi sui bioletti non avevano alcun segno della battaglia che si stava svolgendo all'interno delle loro menti. Cosa sarebbe successo, se non fossero riusciti a riportare indietro le vittime dell'attacco psionico? Le loro navi avrebbero dovuto affrontare l'esplorazione attraverso il Quadrante Delta con metà degli ufficiali superiori in camera di stasi... O peggio. Ma quella inazione era terribile da sostenere.

Luogo imprecisato - Ore 22:00


"Perché sei venuto qui?" chiese la Dottoressa Fuentes, a voce bassa.
Aveva lasciato per un istante la brandina su cui era distesa la Guardiamarina Gerrico, per rifugiarsi nell'angolo più lontano della stiva. Lo aveva abbracciato, sentendo sulle guance l'assurda consistenza della camicia orlata di pizzo dell'altro.
"Tommy... Avete messo in pericolo altri membri di equipaggio per venire qui, per organizzare questa maledetta scenografia!"
"Perché, non ti piace? - l'uomo le sorrise, per rassicurarla - E dire che questa è una delle mie preferite! - la strinse con maggior forza contro di sé - E poi... Non pensi che avrei fatto qualunque cosa per ritrovarti? Era atroce per me, guardarti distesa sul bioletto dell'infermeria e non sapere che fare. Dovevo fare qualcosa... E ti giuro che non l'ho fatto solo per te, se questo ti preoccupa..."
"E per cosa, allora?" saltò su Luz.
Thomas Pierce si accorse di avere fatto un errore.
"Per tutto l'equipaggio che è stato aggredito dai Bothan e che non è tornato... è anche mio dovere proteggere il Capitano e l'equipaggio."
* Male - pensò il Comandante - mi sono messo subito sulla difensiva, come se avessi qualcosa da nascondere o da farmi perdonare. Non è così, maledizione! *
Ma Luz gli aveva raccontato la storia del suo primo matrimonio. Lui aveva dovuto superare varie resistenze per farsi accettare da lei, ed in qualche modo sentiva che quelle resistenze si erano acuite.

Luz scosse la testa.
"Scusami... Hai ragione - disse - L'Hod... O comunque si chiami l'essere che ci trattiene qui, ha creato una serie di immagini, prelevate dalle nostre memorie. Ha usato le ombre del nostro passato per dominarci o spaventarci."
"Questa parte, almeno, è finita." la riprese tra le braccia, stringendola a sé.

Alle spalle della donna, l'Ufficiale Tattico Samak, in piedi accanto al separé che avevano preparato per Maria Gerrico, li stava fissando in tralice. Aveva sentito l'intero scambio, capì Thomas. Avrebbe voluto parlare con più passione alla sua donna, ma le lunghe orecchie dei vulcaniani non permettevano di avere un po' di privacy in quell'ambiente. Doveva aspettare di essere di nuovo sulla nave... La loro nave!
Luz avvertì l'imbarazzo di lui, e si girò, quel tanto da vedere che Samak voltava rapidamente il suo sguardo verso il separé.
Annuì, staccandosi con riluttanza dal suo fidanzato e tornò verso la brandina di Maria Gerrico.
Attraverso il lenzuolo che avevano appeso, il profilo del Comandante Brown ricordava gli antichi spettacoli delle lanterne cinesi.
"Maria... Riesci a sentirmi?" diceva quell'ombra.
Luz sollevò il lenzuolo, arricciandolo sulla corda tesa che lo reggeva. Alan Brown si girò verso di loro, continuando a parlare con la donna distesa. Le lunghe ciglia della donna si mossero impercettibilmente, quindi gli occhi iniziarono ad aprirsi.
"Al...an..."
"Sono qui!" gridò felice il Comandante Brown.
"No... Andrea..."
"Andrea? Chi è? Abbiamo una Andrea nell'equipaggio?" domandò Thomas Pierce.
La dottoressa Fuentes gli fece cenno di stare zitto.
"Non è una donna... Andrea è un nome maschile in alcune culture terrestri - disse Brown - In questo caso, è l'ex fidanzato di Maria. Me l'ha detto la sua compagna di stanza..."
"No... Lui è qui."
"Cosa dici... L'uomo di cui parli è sulla Terra. A migliaia di anni luce da noi."
"Non... capisci - fece la donna, quindi si toccò il capo - Lui è qui. Qui dentro... Nella mia testa... Mi parla..."
"È l'Hod! - disse Luz - Non è Andrea."
"È Andrea. è lui... è stato lui... Dice che... Non mi lascerà mai... Che sono la sua unica speranza."

Luogo imprecisato 24 marzo 2393 - Ore 06:03


Il mare aveva assunto in una direzione la sfumatura rosea che preannuncia l'alba. Non c'erano mai state stelle nel cielo per orientarsi, da quando quella simulazione era iniziata. Suri si chiese, risalendo verso il castello di poppa, se avesse un senso chiamare est la parte in cui stava per apparire il sole. Un Capitano del diciassettesimo secolo avrebbe dovuto usare il sole o le stelle per calcolare il punto su una mappa, ma lei non aveva né mappa né rotta da tenere.
Nessun porto li attendeva.
Nessuna direzione aveva senso per loro, tranne quella che li portava verso il galeone nemico.
Alixia stava tenendo il timone con notevole concentrazione. Per fortuna, l'oceano che durante la notte aveva minacciato burrasca, stava lentamente calmandosi. Anche il vento si era fatto meno teso, ed era probabilmente l'ora di sciogliere le vele.

"Puoi tenere ancora il timone? Non abbiamo stabilito le guardie. Il tuo turno sarebbe finito da un pezzo."
L'hyrogena alzò le spalle con un gesto orgoglioso. Suri si permise un cenno di assenso, quindi si diresse verso l'albero maestro, afferrò le sartie ed iniziò a salire reggendosi sulla corda che oscillava e non aveva consistenza sotto il peso dei suoi stivali.
* Questo, almeno, è un esercizio che ho fatto in addestramento. * pensò Suri, cercando di non farsi distrarre dall'altezza.
Arrivò al buco del gatto, che si aprì con uno scatto secco, ed entrò nella coffa di maestra. Poco più in là, sotto di lei, vedeva la coffa di trinchetto, vuota come era stata questa fino al suo arrivo. Nella tasca, passando dalla cabina del Capitano, aveva infilato un antico cannocchiale, che puntò nella direzione in cui aveva visto per l'ultima volta il chiarore del vascello nemico.
Lo trovò immediatamente. Avevano già dispiegato le vele. La direzione del vento non li favoriva, ma era comunque abbastanza veloce da raggiungerli se non si muovevano rapidamente.
Quali cannoni montava?
A che distanza avrebbero iniziato a fare fuoco?
Avevano comunque due navi contro una. Anche la corvetta sulla quale era arrivata la squadra di soccorso aveva dei cannoni, e spostando il tattico Samak sulla corvetta, avrebbe avuto a disposizione almeno due bordate prima di arrischiare un arrembaggio. Ma l'equipaggio che aveva a disposizione non era neanche la metà di quello che occorreva per manovrare due navi... E poi: doveva accettare battaglia? Oppure cercare di allontanarsi il più possibile, per dare tempo alla dottoressa Fuentes di trovare la chiave d'accesso alla mente di Maria Gerrico?
La coffa dell'albero maestro oscillò e per un istante perse il contatto visivo con il galeone. O forse...
Sbatté gli occhi. Un raggio di sole appena spuntato aveva illuminato qualcosa di bianco più lontano, sulla linea dell'orizzonte. Mise di nuovo in opera il cannocchiale. Era una vela! Sì, adesso poteva vederla bene: una seconda nave si stava avvicinando alla prima.
* A quanto ha detto Volkoff, il Capitano Glens aveva detto che riattivare l'induttore psichico avrebbe potuto richiamare altri Hod... * ricordò Suri.
Forse avrebbe dovuto fare vela il più velocemente possibile.
Riflettendo, scostò l'arnese dagli occhi.
Le vele non erano più sole.
Lontane, talmente lontane da non poter identificare la grandezza o la portata dei vascelli, fiorivano almeno una dozzina di bianche vele sopra la linea scura del mare...