Matteo volse lo sguardo verso Sellen, poi verso l’omino che aveva davanti e infine di nuovo verso l’Ufficiale Scientifico. Il tutto durò un paio di secondi scarsi ma al ragazzo parve che il tempo si dilatasse come se fosse all’interno di una bolla. Chiaramente il comportamento di Sellen implicava che quello che avevano davanti non era certo una creatura comune nemmeno in quel periodo, o in quell’universo se la teoria elaborata pochi attimi prima era vera.
“Che facciamo…?” domandò timidamente voltandosi lievemente di lato per mascherare il movimento della sua bocca e al contempo di non farsi sentire dall’ometto che, malgrado non l’avesse estratta, manteneva ancora la mano sopra la propria arma. L’omino che indossava uno strano paio di cuffie con un paio di antenne si voltò di scatto verso di lui con un espressione sconcertata sul volto, quasi avesse visto un fantasma.
“Parla la mia lingua...” affermò in tono particolarmente stupito lo strano esserino dalla pelle abbronzata prima che Sellen anche solo potesse provare a parlare, spalancando la bocca in maniera quasi innaturale per lo stupore, mostrando una serie di denti bianchissimi, quasi accecanti per poi lasciare la presa dalla propria arma.
Sellen abbassò lentamente la propria arma, ma non la rinfoderò. Lo strano essere vestito nella sua tutina plastica scarlatta non sembrava avere cattive intenzioni, era solo parecchio disorientato, ma era comunque meglio essere pronti al peggio.
“Sono il Tenente Comandante Sellen, della USS Nibiru e questo è il Signor Matteo Lucio...” affermò in tono piatto e quasi monocorde indicando Matteo sempre più stupito.
Solo allora si avvide della presenza di un paio di simili dello strano omino che facevano parzialmente capolino dal portellone del loro mezzo, cercando alla bell’e meglio di nascondere la loro presenza.
“...e voi chi siete?”
“Tenente Comandante? Quindi lei è un militare!”
L’esserino balzò rapidamente all’indietro per lo stupore, ma non rimise mano all’arma, spostando invece in continuazione lo sguardo fra l’ufficiale della Flotta e Matteo, e riservando un occhiata ben più preoccupata a Sue ed un paio di vulcaniani che si avvicinavano a passo svelto.
“Sono stati i Turwyn a dire di rapirci non è vero?”
“Chi?” si lasciò andare Matteo con un espressione ancor più stupita sul volto.
USS Nibiru - Ufficio del Capitano - Ore 18:00
Il volto di Gill appariva più deciso che mai, ma anche il volto dell’andoriano, divenuto ancor più blu a causa del livore, non sembrava quello di uno che aveva intenzione di mollare la presa.
“È inaudito! Si rende conto di quello che sta facendo?! Non ne ha il diritto!”
Gharan quasi urlò quelle parole in faccia al capitano. L’avrebbe volentieri spedito in cella a calci, ma prima aveva bisogno di risposte, o almeno di provare ad estorcergliele.
“Invece posso Ambasciatore. Le era stato categoricamente proibito l’accesso in plancia e lei ha contravvenuto a questa disposizione, senza contare che ha utilizzato macchinari a cui non aveva diritto di accedere...”
L’andoriano la interruppe furente, alzandosi in piedi e sbattendo la mano sulla scrivania del Capitano, provocando così la pronta reazione dei due uomini della sicurezza che gli stavano ai lati.
“Io le ho salvato la vita! A lei e a tutti quelli imbarcati su questa nave!”
Gill si alzò lentamente dalla propria poltrona tenendo fissi gli occhi in quelli dell’Ambasciatore. Effettivamente quell’affermazione era parzialmente vera. Gharan approfittandosi della debolezza dovuta allo stupore del Capitano Rom’Lum aveva tentato immediatamente di prendere le redini della conversazione in mano, conducendola come una rimpatriata fra vecchi amici e portando solamente ulteriore confusione nella mente dei romulani. Ma ripresosi dallo stupore iniziale Rom’Lum non si era fatto certo prendere per il naso, nemmeno da Gharan, ed esigeva ulteriori delucidazioni. Non era però l’unica cosa che voleva, infatti saputo della navetta atterrata sul pianeta aveva richiesto di esaminare le informazioni provenienti dal runabout direttamente, senza alcun filtro. Evidentemente sospettava che volessero fregarlo.
“Può darsi, ma questo non giustifica come sapesse chi comandava quella nave romulana nè le libertà che si è preso.”
Era vero, l’Andoriano aveva invaso la plancia appena la nave romulana aveva iniziato a sparare e, oltretutto, malgrado cercasse di farla passare come una pura coincidenza sembrava sapere esattamente chi si sarebbe trovato davanti.
E la cosa puzzava di bruciato.
“Sta facendo il più grosso errore della sua vita, Capitano.” sibilò nuovamente.
“Forse, ma lei rimarrà agli arresti fino a nuovo ordine e le interazioni coi romulani saranno gestite dall’Ambasciatrice T’Khliora. Almeno finchè questa faccenda non verrà chiarita...”
Gill fece cenno agli uomini della sicurezza di portarlo via, mentre l’Ambasciatore riservava una truce occhiata al Capitano O’Riordan.
“Quando tutto questo sarà finito, mi darò da fare affinchè i suoi superiori sappiano di tutto questo.” sibilò come un serpente mentre veniva scortato fuori dalla porta.
Gill lo seguì con lo sguardo, ma non accennò ad alcuna risposta, doveva prepararsi per l’arrivo dei romulani sulla nave che sarebbe avvenuto a breve. Rom’Lum era stato chiaro, nessun filtro, il modo migliore era quindi che lui le vedesse coi propri occhi direttamente alla fonte, senza contare che era un ottimo modo per tenerlo d’occhio. Era stato sorpreso di vedere Gharan, ma le variabili in gioco erano troppe per permettersi il lusso di trascurarne una così importante.
Pianeta Boridius - Zona Polare – Contemporaneamente
Sottotenente Bund del quinto battaglione aereomeccanizzato della Flotta dell’Impero Daerkin, così si era presentato lo strano omino che era sceso per primo dallo strano mezzo overcraft. A quanto aveva raccontato, il suo mondo era impegnato in una secolare guerra fredda con i loro vicini, i più tecnologicamente avanzati Turwyn.
Bund e i suoi uomini stavano pattugliando come routine il confine quando si erano trovati davanti una strana anomalia e credendola una macchinazione degl’odiati rivali si erano apprestati ad indagare, per poi trovarsi davanti pochi attimi dopo quegli strani esseri Alti che popolavano le leggende metropolitane e addirittura alcune antiche e oramai dimenticate storielle. Matteo non potè fare a meno di notare quanto faticassero a digerire quello che gli era successo.
Il loro popolo non aveva mai cercato di afferrare il cielo, ad esclusione di qualche isolato visionario bollato immediatamente come pazzo, figuriamoci immaginare eventuali dimensioni parallele… per loro era a dir poco Arabo. Matteo si trovò a giudicarli per una frazione di secondo, accantonando poi poco dopo il pensiero disgustato da se stesso. Non si era mai considerato uno che discriminava le persone, ma per un attimo lo aveva fatto. Probabilmente i vulcaniani e tutti gli altri avevano pensato lo stesso di lui appena arrivato, anzi ne era più che sicuro.
Notò con la coda dell’occhio Sellen.
Malgrado il suo volto non lasciasse trapelare alcuna informazione il passo veloce e deciso con cui si muoveva verso il Comandante Black e l’attraente Dottoressa bionda lasciava intuire che fosse qualcosa d’urgente. Sapeva che avrebbe dovuto presentarsi agl’esami una decina di minuti dopo, ma la curiosità era troppa per non avvicinarsi, senza contare che il gruppetto di ufficiali stellari aveva attirato le sue simpatie.
“…dobbiamo avvertire la Nibiru.” affermò decisa la Black.
Si era perso la frase che le aveva detto Sellen pochi attimi prima, ma intuiva che probabilmente era inerente alla teoria della schiuma.
“Ci ho già provato ma… - affermò Sellen scuotendo il capo in segno di negazione - ...a quanto sembra la congiunzione del multiverso non è stabile… i punti di contatto mutano e si spostano in maniera imprevedibile interferendo, forse perfino spedendo in un altro un universo le nostre comunicazioni…”
“Quindi vuol dire che siamo bloccati qui senza poter contattare la nave?” domandò la Dottoressa, ma Sellen si limitò ad una rapida occhiata.
“Almeno finchè non scopriamo come prevedere queste… pieghe… del multiverso temo di sì…”
Matteo non potè fare a meno di iniziare ad essere solidale con loro. Avevano la tecnologia per creare maestose e potentissime navi stellari ma ora erano tutti sulla sua stessa, piccola, barchetta.