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USS PYTHEAS - MISSIONE 03 RSS USS PYTHEAS - Missione 03

03.08 "Morte di una nave"

di Suri figlia di Kellam , Pubblicato il 08-09-2014

USS Curie - Esterno nebulosa - Plancia di comando - 30 marzo 2393 - Ore 15.32


Lo scienziato Trill sembrava perplesso più che preoccupato. Il fenomeno era decisamente al di fuori della sua esperienza. Presumibilmente dell'esperienza di chiunque. Non si comportava come una nebulosa, non aveva le caratteristiche di una nebulosa. In definitiva assomigliava soltanto ad una nebulosa. E ora che la osservava da vicino, neppure troppo.
Ma qualunque altra descrizione, qualunque tentativo di incasellare il fenomeno, di interpretarlo sembrava inutile. Poteva essere la più grande scoperta scientifica del secolo.
O la causa della loro distruzione.
Insomma, una delle due.

USS Curie 1 - Esterno nebulosa - Corridoio infermeria - 30 marzo 2393 - Ore 15.35


Il corridoio era ingombro di persone che andavano all'infermeria. Con tutti i feriti che c'erano stati - morti, anche? - i teletrasporti d'emergenza dovevano essere intasati, pensò Timeran Bhreel, incespicando alla luce intermittente dell'allarme. La ferita alla fronte le pulsava e non riusciva ad identificare nessuna delle sagome che intuiva intorno a sé. Il pavimento era cosparso delle impronte di stivali impresse in sangue che, sporco, scolorava nel bruno. Il suo sangue si stava mischiando agli altri, gocciolando dalla manica della tuta che ormai era intrisa. Anche la maglia dell'uomo della sicurezza che la stava sostenendo aveva l'odore del sangue. Il respiro dell'uomo si era fatto pesante, come se faticasse a respirare. Aveva una corta barba bionda ed occhi color ghiaccio, fissi di fronte a sé.
*Devo ricordarmi... Devo ricordarmi di ringraziarlo. Io... Dovrei sapere chi è... Devo...* - pensò confusa la trill.
La luce che proveniva dall'infermeria la distrasse e per poco non si scontrò con qualcuno che usciva di corsa. La stretta dell'uomo attorno alla sua vita la sostenne ancora, facendole valicare la soglia.
Qualcuno le si parò di fronte, la accompagnò fino ad un lettino, la fece distendere. Intorno a lei, i bioletti erano tutti occupati. C'era confusione, ordini gridati da un capo all'altro, volti che si confondevano, corpi che si agitavano.
"Timeran!" - la voce della dottoressa Fuentes si fece udire sopra il caos. La trill si girò, per guardare l'amica azionare i comandi del bioletto:
"La ferita lacerocontusa alla fronte non è niente di grave." - annunciò la dottoressa dopo un istante.
"Allora me ne vado al mio alloggio - disse Timeran, facendo per alzarsi - Non posso tenere un bioletto occupato con tutti questi feriti"
"Tu non vai da nessuna parte - replicò la dottoressa, estraendo una lampadina per esaminarle il fondo dell'occhio - Hai una lieve commozione cerebrale. E' da tenere sotto controllo."
"Beh, almeno è una buona notizia"
"Cosa? Avere una commozione cerebrale?"
"No. Che sia lieve" - commentò Timeran, tornando a stendersi. Alle spalle di Luz c'era ancora l'uomo della sicurezza che l'aveva aiutata ad arrivare all'infermeria.
"Grazie di tutto... Credo di essere in buone mani..." - iniziò la trill, ma si bloccò fissando l'uomo. Gli occhi blu ghiaccio sembravano essersi dilatati in uno sguardo perso e lontanissimo, mentre un cannello di sangue scuro iniziava a sgorgare dalle narici e dalle orecchie. Timeran lanciò un grido di avvertimento e Luz si voltò appena in tempo per vedere l'uomo dalla maglia rossa accasciarsi a terra senza un lamento.
Luz buttò la lampadina. Timeran istintivamente l'afferrò al volo e si tirò a sedere per seguire i gesti della dottoressa che accorreva al corpo dell'uomo. Con l'aiuto di un assistente, Luz lo distese per iniziare ad esaminarlo con il tricorder medico. La trill le vide passare sul volto espressioni di sorpresa, sconcerto, confusione a mano a mano che proseguiva la lettura dell'esame medico. L'uomo a terra aveva gli occhi quasi fuori dalle orbite. Il collo si era gonfiato e sulle tempie si erano disegnate vene scure che parevano scoppiare dalla pelle.
"Cosa gli sta succedendo?" - domandò Timeran.
"Dobbiamo metterlo in stasi e subito!" - gridò la dottoressa Fuentes. L'assistente afferrò lo sventurato per le spalle. Con l'aiuto della dottoressa, l'uomo fu tirato su per essere disteso su una lettiga e trasportato nella parte più interna dell'infermeria.
Timeran si protese per seguire il più possibile il percorso della lettiga. Si passò una mano sulle tempie. Lei aveva letto tutte le schede di entrambi gli equipaggi, più di una volta. Il volto di quell'uomo le era familiare. Sapeva di averlo già visto, ma... Perché non riusciva a ricordare chi fosse?

USS Curie - Interno nebulosa - Plancia di comando - 30 marzo 2393 - Ore 15.35


"Capitano..." La voce di Lorelai Jenkins interruppe Suri dal retro della plancia. Era poco più di un sussurro, ma >tutti si voltarono nella sua direzione.
"Capitano, il comandante Pierce è morto."

"Morto!" - Timeran Bhreel si fece sfuggire un singulto.
"Morto? - reagì Tynan - "Non è possibile!"
Suri non emise suoni. Il volto del capitano era diventato una maschera, sotto al taglio che non aveva smesso di sanguinare. Montò verso la consolle tattica, da dove Lorelei Jenkins aveva parlato. L'ufficiale scientifico dopo un attimo di esitazione la imitò, per andare a fissare il corpo di Thomas Pierce da dietro le spalle del tattico. Sembrava che si fosse seduto a terra, stretto nello spazio tra la consolle tattica e quella di ingegneria, con un braccio sollevato a metà e l'altro schiacciato dal peso del corpo. Grumi scuri di sangue scendevano dal naso e dalle orecchie, ma la sua intera figura sembrava come bagnata dalla luce rossa dell'allarme.
"Non è possibile!" - ripeté l'ufficiale scientifico - "L'ho visto in piedi, dopo che quella navetta ci era venuta addosso!"
Fissò la Jenkins che scrollò le spalle:
"Non so che cosa sia successo. Si, ho visto anche io il comandante Pierce in piedi, dopo il disastro. Non era ferito! Gli ho anche parlato... Gli ho detto qualcosa a proposito dei rapporti dalle sezioni colpite. E poi, mentre il capitano stava parlando con la Baffin sullo schermo centrale, l'ho visto cadere a terra. Mi sono chinata su di lui... Il tempo di vederlo sanguinare. Pochi secondi, ed è spirato."
Il capitano si girò verso Timeran:
"Consigliere... Temo di dover affidare a lei il compito di informare la dottoressa Fuentes..."
La trill abbassò lo sguardo. Suri continuò:
"...E di chiederle quale dei suoi assistenti sarà in grado di effettuare rapidamente una completa autopsia sul corpo del comandante Pierce"
"Cosa?" - Timeran quasi soffocò.
"Mi rendo conto che sarà troppo difficile per la dottoressa effettuare una autopsia personalmente. Ma dobbiamo sapere... Sottolineo, dobbiamo... Che cosa ha causato la morte del comandante. Potrebbe essere la chiave per evitare altre morti"
Le nostre morti, tradusse mentalmente Tynan. Si accorse, dall'espressione della trill, che il consigliere aveva fatto la stessa traduzione della frase del capitano.
La trill fece per dire qualcosa, ma qualcosa la bloccò. Era un rumore, che si stava facendo strada attraverso le paratie. Dapprima, Tynan lo aveva confuso con il suono ossessivo dell'allarme, ma poi aveva cominciato a percepirlo. Era cupo, insolito, lontano da qualunque cosa avesse mai sentito in vita sua.
Suri si precipitò al comunicatore:
"Capitano a ingegnere capo! - gridò - Che sta succedendo? Vizzini, risponda!"
"Le comunicazioni non funzionano! -
Il rumore era più forte. Stava arrivando dai ponti inferiori, ed era sempre più vicino. Tynan si girò. Le paratie avevano iniziato ad oscillare lungo le linee di nervatura, ad oscillare. Sopra il rumore, si sentivano le grida degli uomini. La luce sulla plancia cadde, si riprese, tremolò di nuovo per essere sostituita dalle luci di emergenza. Le paratie si stavano deformando, il pavimento si piegava sotto i loro piedi. Lo squarcio profondo che la navetta Kazon aveva lasciato nella plancia si stava allargando a vista d'occhio, seguendo le linee della copertura, fino a mostrare lo spazio al di là del campo di forze. Tynan si rese conto che aria, pressione, gravità, tutte quelle cose che era abituato a dare per scontate e che per lui significavano vita o morte, si reggevano adesso solo con quel fragile campo di forze.
Tynan si aggrappò alla consolle tattica, che miracolosamente era ancora attiva. Gli balzarono agli occhi i rapporti dalle sezioni:
"Abbiamo espulso il nucleo! - urlò - "Integrità strutturale compromessa su tre ponti!"
"Abbandonate la nave!" - gridò Suri.
Una mano lo costrinse di forza a lasciare la presa sulla consolle, lo prese per le spalle, conducendolo via, verso il turboascensore:
"Vieni via!" - capì che era la Jenkins che lo stava trascinando.
incespicò in un corpo, si riprese, rendendosi conto che era Thomas Pierce, ma non poteva fare più niente per lui. Il campo di forze stava cedendo. C'era qualcuno vicino, riconobbe alle luci di emergenza Timeran Bhreel, l'afferrò a sua volta, in una catena che doveva arrivare al turboascensore prima che i campi di forze d'emergenza sigillassero la zona che stava cedendo.
La Jenkins lo spinse dentro. Le porte del turboascensore si stavano chiudendo. Timeran era con loro, ma attraverso lo stretto spiraglio Tynan vide con orrore le sagome di quelli che non potevano arrivare in tempo.

USS Baffin - Interno nebulosa - Plancia di comando - 30 marzo 2393 - Ore 15.36


"Capitano! - Piotr Volkoff alzò la voce, senza curarsi di non apparire in ansia - Sto rilevando irregolarità nell'emissione energetica della Curie... Credo che abbiano appena espulso il nucleo!"
"Come? - Le antenne di Enizia scattarono verso lo schermo - Apra un canale!"
Volkoff scosse la testa:
"Ci ho già provato. Nessuna risposta. O le comunicazioni non funzionano più o non sono più in grado di rispondere."
"Capitano, ho delle letture della Curie. Forti esplosioni su tutti i ponti. Temo che il comandante abbia ragione: hanno espulso il nucleo- intervenne Samak. Il volto della vulcaniana era impassibile come al solito, ma Volkoff avrebbe giurato di avere sentito un tremito nella voce della donna.
Enizia corse alla propria poltrona per premere il comunicatore:
"Enizia a comandante Brown! Risponda, comandante!"
=^= Qui Brown. =^=
"Dobbiamo arrivare alla Curie, subito!"
=^=Possiamo contare al massimo su mezzo impulso, capitano... E non a lungo!=^=
"Regga più che può, comandante"
Si girò verso il timoniere:
"Ha sentito? Mezzo impulso!"
"Si, signore!"
Volkoff tornò a chinare lo sguardo sui propri monitor. Il pulviscolo della nebulosa impediva di avere una chiara visuale della Curie, ma le letture dicevano che la nave federale stava perdendo integrità strutturale. Calcolò che ci sarebbero voluti almeno altri cinque/sette minuti prima di arrivare all'altra nave.
* Troppi! * - pensò. Uno sguardo circolare gli disse che tutti, lì, sulla plancia avevano fatto lo stesso conto.
"Fra quanto saremo a portata di teletrasporto?" - domandò il capitano.
"Quattro minuti e... Ventotto secondi in questo momento" - rispose Samak.
Tornò a premere sul comunicatore:
"Enizia a Comandante Brown" - chiamò.
=^= Capitano, giuro che sto facendo tutto il possibile! =^=
"Ho bisogno di sapere se abbiamo energia per i teletrasporti d'emergenza. "
=^= Posso deviare parte dell'energia del mantenimento alla sala teletrasporto, ma non possiamo fare più di una dozzina di teletrasporti contemporanei =^=
"Sprema tutto quello che può dai motori, comandante! Enizia, chiudo!"
Tre minuti.
Samak spezzò il silenzio.
"Credo di riuscire ad avere una visuale della Curie sui sensori" - disse.
"Sullo schermo" - ordino' il capitano.
La Curie era sospesa come in una sorta di nebbia. In alcuni punti, il pulviscolo era più fitto e sembrava avvolgere la nave in un batuffolo stranamente colorato.
Due minuti.
La nave scomparve, riapparve, scomparve di nuovo. Il pulviscolo vicino alle gondole aveva assunto una colorazione rossastra, riflettente. Mentre fissava lo schermo, Volkoff si rese conto che le gondole stavano cedendo plasma.
"Pochi secondi... - mormorò Volkoff - Pochi secondi ancora!"
Ora si vedeva più chiaramente. La sezione a disco era stata trapassata più volte e attraverso le ferite perdeva gas, materiale, forse anche uomini. Piotr provò una stretta al cuore, ma non aveva tempo di pensarci, in quel momento. Controllò i circuiti dei teletrasporti, cancellando con un gesto un paio di subroutine che avrebbero rallentato l'arrivo dell'equipaggio dall'altra nave.
"Siamo a portata di trasporto, capitano!"
"Capitano a sala teletrasporto: agganciate quante più persone possibile!"
=^= Si, signore =^=
Volkoff si rese conto di stare trattenendo il respiro. Lasciò andare l'aria, si riempì di nuovo i polmoni, prima che arrivasse una segnalazione dalla sala teletrasporto:
"Abbiamo a bordo i primi membri dell'equipaggio, signore!" - disse Volkoff.
"Dica alla sezione di continuare a trasportare l'equipaggio a getto continuo"
"Già fatto, signore"
Sullo schermo, una delle gondole si staccò dalla nave, subito seguita dall'altra. Le luci di emergenza si spensero, facendo piombare il relitto nell'oscurità. Senza più energia, la Curie era condannata, non c'era altro modo per definirla. Si sarebbe aspettato che la nave esplodesse in una vampa di fuoco. No: niente di tutto questo. Era come se la Curie si stesse disgregando, smontandosi pezzo a pezzo per riunirsi alla nebulosa di cui ormai avrebbe fatto parte, lei ed i corpi immobili delle persone che in lei avevano trovato la morte.
Sul suo monitor, il numero relativo ai segni vitali provenienti dal relitto brillarono ancora per un secondo, poi si spensero. Non c'era più nessuno di vivo, laggiù.