Navetta civile - poco fuori del sistema Navorian
02/07/2405 - ore 04:30
"Sono loro?" - domandò la vulcaniana. Sullo schermo della piccola nave da trasporto civile, era comparso un bip, che segnalava la presenza di un'altra nave.
Robert si avvicinò:
"Lo sapremo presto. Non siamo ancora a portata dei sensori di questa nave, ma dal segnale del trasponder, quella che vediamo è proprio una nave klingon" - L'uomo colse lo sguardo della vulcaniana. La conosceva da troppo tempo per non saper riconoscere i piccoli indizi sul volto di lei. Gli venne da ridere:
"Dai! Che cos'è quella faccia? Stiamo per avere un sacco di latinum! La giusta ricompensa per tutte le nostre fatiche! Non abbiamo che da fare la consegna, farci pagare il dovuto e andarcene per conto nostro!"
"Andarcene ognuno per la sua strada, vorrai dire. Io sono stanca di questo tipo di vita. Lo ero già prima che ci incontrassimo"
"Non cercare di prendermi in giro. Ti piaceva tanto la vita che facevi a Bajor? No... Per come ti conosco, sono sicuro che non ne potevi più di rimestare terriccio velenoso in mezzo a quei bigotti in cui ti ho trovato"
"Per come mi conosci? Robert, tu non mi conosci più da molto tempo. Tu sei rimasto lo stesso, io sono cambiata"
"Si, si, certo... Continua a dirtelo - La fissò di traverso - Quello che so io, è che appena te ne ho offerto la possibilità , sei venuta via. E non mi pareva che fossi così contraria quando abbiamo preso quella ferraglia klingon dalle mani dei federali".
Lei non ricambiò lo sguardo, continuando a fissare il monitor sul quale il bip appariva in avvicinamento:
"Solo perché non avevo altra scelta - disse lei infine - Ma non è logico continuare a rimestare il passato. Ho fatto quello che ho fatto e ne affronterò le conseguenze... La prima conseguenza che va affrontata è quel klingon che ti ha reclutato. Come facciamo a sapere che rispetterà la sua parte del contratto?"
Robert fece una smorfia:
"E poi dici di non essere la stessa... Si, in effetti ci ho pensato anche io. Il mandante mi ha già dato un certo anticipo sul contratto, e potrebbe essere tentato di non pagare il resto alla consegna della merce, soprattutto considerando che il resto in questione è una bella somma. Dobbiamo prendere qualche precauzione. Hai suggerimenti, in proposito?"
Stazione meteorologica abbandonata
Sistema Navorian 02/07/2405 - ore 04:30
Con un ultimo strattone, la lastra di metallo si staccò dalla cornice abbastanza per far penetrare la sbarra di ferro nella fessura. L'improvvisato piede di porco fece saltare i bulloni mezzi arrugginiti della placca a fianco della porta, mettendo in luce un gruppo di antiquate fibre ottiche.
Durani coprì la mano con un lembo della manica per afferrare i cavi, ne scelse uno che strappò dalla sede. La porta a lato si smosse. Rerin infilò la sbarra nello spazio dello stipite, quindi lui e il capitano fecero forza insieme per spalancare lo sportello.
"Finalmente!" - mormorò il capitano. L'uomo si asciugò una goccia di sudore prima di varcare la soglia, seguito da Rerin e dagli altri. La sala in cui stavano entrando assomigliava più a un magazzino abbandonato che a un hangar navette. Il pavimento polveroso era ingombro di cassoni sfondati e bidoni pieni di spazzatura maleodorante. Al di là dei bidoni si intravedeva il tetto della navetta di Durani, parcheggiata vicino al campo di forze che proteggeva l'uscita.
"Questo posto sembra non sia stato più operativo almeno da un centinaio di anni" - commentò Tara entrando.
"Si ma qualcuno è stato qui di recente" - fece notare Durani, accennando al pavimento. Nella polvere, si vedevano tracce di passi. La dottoressa Bly si chinò a osservare le impronte:
"Mi spiace dirlo, ma credo che si tratti delle nostre scarpe" - disse, rialzandosi - Anche se non ricordo affatto di essere passata di qui".
"Io credo di ricordarlo - intervenne T'Lani - Ma ritengo che questo non abbia molta importanza, al momento."
"Sono d'accordo - fece Rogal, procedendo in direzione della navetta - Pensiamo a rimettere a posto la navetta e andare via di qui. Quei maledetti petaQ hanno messo già abbastanza strada tra loro e la giusta punizione che li aspetta!" -
"Indubitabile" - commentò Steje Aymane - Non vi pare però strano che quei maledetti petaQ, per citare l'ambasciatore, ci abbiano lasciato una navetta pronta per farsi inseguire, o quantomeno per segnalare la nostra posizione alle navi presenti in questa zona?"
Rogal si bloccò, girandosi verso il capitano:
"Pensa a una trappola?"
"Penso che quella navetta sia troppo bella per essere vera, si... - rispose lui - E penso che dobbiamo avvicinarci con prudenza."
"Quei due erano armati. Se avessero voluto ucciderci, avrebbero potuto farlo prima" - fece notare l'ambasciatrice.
"Eravamo molti, contro due soli - replicò Riccardi - Avrebbero potuto far fuori uno o due di noi, ma non sarebbero riusciti a colpirci tutti prima che i superstiti reagissero. A meno che non ritenessero di avere un paio dei presenti dalla loro parte" - L'ufficiale della sicurezza si era tenuto alle spalle di T'Liren e del giovane cardassiano, che alzò le spalle:
"Dite quello che volete, ma non sono al corrente dei piani di quei due." - la giovane vulcaniana si limitò a scrollare il capo.
"In questo momento, dobbiamo pensare a come andare via di qui e come contattare la flotta Stellare" - disse Tara. Gli astanti superarono le casse, muovendosi con circospezione per avvicinarsi alla navetta. Si fermarono a osservarla. Sembrava sostare pacifica, con il portellone posteriore spalancato. Al di là , lampeggiava in maniera sinistra il campo di forze che dava sullo spazio.
"Non possono avere avuto il tempo di mettere molte trappole - disse Durani - Ma se ne hanno messa anche solo una, deve trovarsi di fronte al portellone, o subito dentro"
Aymane fece un cenno a Rerin, che comprese. L'andoriano aveva ancora in mano la sbarra di ferro con cui aveva scardinato la porta dell'hangar:
"Mettetevi al riparo" - attese che gli altri si rifugiassero dietro delle casse, quindi lanciò la sbarra attraverso il portellone.
Lo scoppio trascinò le casse le une contro le altre, travolgendoli e scaraventandoli verso le pareti, mentre frammenti ferrosi volavano tutto intorno, colpendoli e bruciando all'impatto. Tara avvertì i piedi che si staccavano dall'impiantito, e si trovò a volare senza più peso. Istintivamente si chiuse in posizione fetale, prima di urtare con la spalla qualcosa di caldo che non comprese all'inizio, ma che doveva essere il corpo di qualcuno dei suoi compagni. La luce si spense, tremolò, si riaccese e si ritrovò a galleggiare in mezzo a rifiuti e detriti, con lo stomaco che sembrava volerle salire in bocca. Ringraziò la fortuna di non aver toccato cibo da molte ore, prima di riaprire gli occhi e scoprire intorno a sé delle piccole sfere verdi di sangue vulcaniano. Il lungo mantello dell'ambasciatrice le volteggiava attorno al corpo, come in un antico quadro, ed era strano vedere le piccole gocce che si condensavano dalle ferite sulla fronte per galleggiarle intorno, in assenza di peso.
Navetta civile - poco fuori del sistema Navorian
02/07/2405 - ore 06:30
La nave Klingon era ormai di fronte a loro, ben visibile nello schermo di navigazione della navetta. Non si stupirono sentendo il sussulto tipico del raggio traente. Robert spense i motori, attendendo pazientemente che il raggio li portasse in direzione dell'hangar navette della grossa nave.
"Ora?" - domandò Robert.
"Si" - rispose l'altra, premendo una serie di pulsanti sulla sua consolle, quindi si alzò per andare ad estrarre da un cassetto due piccoli dispositivi, che regolò con molta cura prima di indossarne uno e passare l'altro a Robert. Da quella cura poteva dipendere la loro sopravvivenza, pensò lei. Quell'appuntamento, lontano da tutte le rotte e da tutti i sistemi abitati, sembrava fatto apposta per un agguato ai loro danni, ma non era riuscita in nessun modo a convincere Robert a voltare la navetta e scappare. Adesso, non c'era che da attendere quel colloquio, e sperare - contro ogni logica - che le precauzioni che avevano preso non servissero.
Dopo pochi minuti, atterravano nell'hangar navette della nave klingon. Scambiò un lungo sguardo con Robert, prima di alzarsi dalla poltroncina. L'uomo afferrò il contenitore metallico dei reperti e si diresse verso l'esterno.
"Non vieni?" - chiese l'uomo.
"Perché, posso farne a meno?" - rimandò lei.
Ad attenderli, c'erano tre uomini e una donna, tutti Klingon. Quando uscì dal portello, i Klingon la squadrarono con ostilità , ma dovettero giudicarla un'entità trascurabile, perché tornarono a concentrarsi su Robert. Chiuse con cura il portello, mentre uno di loro - chiaramente il capo - si avvicinava salutando calorosamente Robert:
"Allora, amico... Hai davvero quello che ti ho chiesto?"
"Vikorn amico mio! Certo che ce l'ho - rispose Robert - E tu, hai per me quello che ti ho chiesto?"
Il Klingon sfoderò il suo migliore sorriso, scoprendo le gengive sui denti aguzzi:
"Certo... Ma spero che non ti offenderai se voglio che la mia esperta controlli la merce...È solo una precauzione, sono sicuro che comprenderai"- accennò alla donna klingon che fece un passo avanti, estraendo da una borsa al fianco un arnese che identificò come un analizzatore da campo.
"Naturalmente" - disse lui. Prese la valigetta metallica che aveva appoggiato a terra, quindi la porse alla donna, che lo fissò come un verme:
"Questa valigetta è troppo piccola per contenere la corazza di Lady Lukara" - sputò.
"Infatti, contiene solo una spada"
"Cosa?" - Il Klingon perse tutta la sua cordialità - Che vuol dire? Dove sono le altre reliquie?"
"Vuol dire che ho preso anche io delle precauzioni. Spero che comprenderai... - rimbeccò - Ho portato con me solo una delle spade, per fartela esaminare. O meglio, per farla esaminare alla tua esperta. Il resto, compreso il pezzo più prezioso, la corazza di Lady Lukara, l'ho messo in un contenitore che ho spedito nello spazio agganciandolo a una piccola boa. Una volta che mi avrai dato quello che mi spetta per questo affare, e sarò arrivato abbastanza lontano da qui, ti invierò via subspazio le coordinate della boa, in modo che tu possa andare a prendere le vostre preziose reliquie lì dove le ho lasciate"
"Questo è... Inaccettabile!" - un altro dei Klingon fece un passo minaccioso verso Robert - Questo umano ha detto di avere tutte le reliquie!"
"E infatti le ho - ribatté Robert - E continuerò ad averle io, finché non mi darete tutto il latinum che mi è stato promesso"
"Prima voglio vedere che cosa hai portato. Kara, tocca a te..." - fece Vikorn. Accennò alla donna, che prese dalle mani di Robert la cassetta e la poggiò a terra. Quindi la aprì, estraendo la spada. La esaminò per qualche minuto, con l'aiuto dell'analizzatore da campo, quindi si rivolse al capo:
"È autentica" - confermò. Si rizzò in piedi, tenendo la spada con reverenza. Vikorn prese l'arma, l'ammirò per un lungo istante:
"Questa... E' magnifica. Dopo tutti questi anni, è ancora magnifica. Robert... A quanto pare, ti devo molto... "
"Infatti"
Si girò. Il sangue schizzò rosso dalla gola di Robert, seguendo la scia della lama dalle mani del Klingon. L'umano cadde a terra, senza un lamento. Lei fece un balzo all'indietro, gridando.
Il Klingon la raggiunse, puntò alla sua gola la lama che grondava ancora del sangue dell'umano:
"Ma perché...? - cercò di divincolarsi lei - Io non conosco le coordinate della boa. Le conosceva solo Robert! Le reliquie così sono perse!"
"E allora? - disse - Che mi importa? Mi sarebbe piaciuto averle, non dico di no, ma quello che importa davvero è che sono scomparse mentre erano sotto la responsabilità dell'ambasciatore Rogal, e questo danneggerà per sempre l'onore della sua casata!"
L'onore di una casata, pensò lei in un lampo. Robert è morto per questo. E tutte le precauzioni che avevamo preso non sono bastate a salvarlo. Non si era accorto in tempo che quell'uomo stava per ucciderlo. Ma io si... Lo so che sta per uccidermi.
La lama grondante di sangue era vicino alla sua gola, ma le sue mani erano ancora libere. Trovò il dispositivo che aveva programmato, lo premette e prima che quel Klingon riuscisse a reagire, svanì nel teletrasporto.
Vikorn si vide svanire la preda dalle mani.
"Il teletrasporto della navetta!" - esclamò. Accennò agli uomini che erano con lui:
"Con me!" - ordinò. Uno dei due estrasse un disgregatore dalla fondina, lo puntò al portello della navetta, la fece saltare. In un istante, gli uomini penetrarono nella navetta, in tempo per veder bruciare i comandi del teletrasporto.
Kara li raggiunse, esaminò i comandi del teletrasporto.
"Dov'è? Dov'è andata a finire quella dannata vulcaniana?"
"Non saranno questi comandi a dircelo - rispose Kara sconsolata - Si vede che era stata installata una piccola carica di esplosivo, fatta apposta per bruciare i dati dell'ultimo teletrasporto. Ma non può essere andata lontano. Un teletrasporto di questo tipo non ha una grande portata, e non ci sono pianeti abitabili in questo sistema. Deve essersi fatta trasportare da qualche parte su questa nave"
"Se è a bordo, la troveremo!" - esclamò uno degli uomini.
"Non perdete tempo, quando la trovate. Uccidetela... e che sia finita lì"
=^=Uccidetela... e che sia finita lì=^=
La vulcaniana sentì negli auricolari le ultime parole che Vikorn aveva pronunciato a portata dei sensori interni della navetta. Rabbrividì. Si chiese quanto tempo ci avrebbero messo quegli uomini a capire che non si era trasportata a bordo della nave Klingon, ma fuori di essa, in una piccola, fragile, quasi invisibile capsula calamitata attaccata al fondo dello scafo...