Bajor, una mattina d'estate dell'anno 2391
Si sentiva che l'aria era più rarefatta, su quella piattaforma rocciosa non lontano dalla cima del monte Kola. Si spinse fino al ciglio del precipizio, per ammirare la vastità della pianura che si stendeva al di sotto. Da lassù, sia pure attenuata dalla lieve foschia, si poteva vedere anche la costa serpeggiante della Cresta del Serpente, mentre Dakhur, con le sue torri, le sue cupole e il suo stress cittadino, era ancora lontanissima, invisibile oltre la spina dei monti.
Aspirò l'aria, riempiendosi i polmoni dei profumi della montagna.
Nessuna sala ologrammi, per quanto perfezionata, sarebbe stata in grado di eguagliare quegli odori. Si afferrò alla roccia alle sue spalle, sentendone l'asperità sotto le dita. Sotto di lei, la pianura mostrava ancora larghe chiazze gialle e violacee, là dove l'impero cardassiano morente aveva deciso di avvelenare il terreno, per affamare la popolazione che si stava ribellando. La bonifica era ancora in corso, a trent'anni e rotti a distanza dalla fine della guerra. Cardassiani... I bajoriani erano i soli che li conoscessero come lei li aveva conosciuti.
Ma i cardassiani erano lontani da lì, adesso.
Le sue acute orecchie percepivano in quel momento solo i suoni della natura: fruscio di vento tra le erbe mediche - le sole che sopravvivevano all'inverno duro di quelle altezze - ronzio di insetti e mormorio di acque - probabilmente il ruscello quasi in secca che aveva dovuto oltrepassare poco prima, nella salita verso la piattaforma panoramica. Era stato faticoso salire fin lassù senza accendere gli stivali antigravità , ma - visto da lì - tutto sembrava giusto... Pulito. Perfino le aree avvelenate, da lì, sembravano bellissime.
Questa è la pace, pensò. Quanto tempo potrò restare qui? Dovrei dire: se... Se potrò restare qui. Su un pianeta fuori dalla Federazione.
Lontano da tutti quelli che ho conosciuto e che mi conoscono. Lontano dalle stelle, dalle rotte e dalle profondità del Quadrante. Lontano da tutto quello che ho vissuto e che ho visto... E che ho fatto, in vita mia.
La sicurezza del pianeta non la impensieriva. Nonostante tutti i tentativi di riorganizzarla occorsi negli ultimi trent'anni, la sicurezza di Bajor era tutt'altro che efficiente. Alla fine dell'occupazione cardassiana, il governo aveva epurato i collaborazionisti più esposti, rimpiazzando gli uomini e le donne con persone che avevano avuto - in molti casi - più determinazione che capacità .
Un altro vantaggio, per lei...
Pianeta Q'Oonos
D.T. 28/06/2404
L'ambasciatore Rogal non tornava volentieri nella capitale del suo pianeta natale. Non gli piaceva per nulla il giro delle personalità più o meno rilevanti cui il suo rango lo costringeva. Era tornato stanco e irritato proprio da uno di quei giri e si era chiuso nel suo studio accampando la solita scusa del lavoro, solo per riposare un po'. Era uno sforzo per lui anche mantenere la facciata del suo matrimonio: la convivenza obbligatoria con quella che a ogni effetto era la sua sposa - una donna bella, intelligente, dotata di spirito e di coraggio - ma il cui attaccamento a lui era pari a quello che lui provava per lei - cioè, nessuno. Se non altro, non avrebbe più avuto pressioni per dare un erede alla dinastia: quel lavoro stava per essere portato a termine. Ma non riusciva a provare alcuna soddisfazione all'idea di stare per diventare padre. Semmai, aumentava le sue preoccupazioni. Che tipo di padre sarebbe stato? Che cosa avrebbe pensato di lui, questo suo figlio ancora ignoto? E poi...
Il flusso di pensieri fu interrotto dal suono del visore. Sospirando si alzò dalla poltrona per andare a mettersi alla scrivania e premette il pulsante della comunicazione. Cercò di non mostrare la sua sorpresa, vedendo il volto che appariva sullo schermo:
"Vikorn... Non ci siamo appena visti?" - L'attendente dell'Imperatore era stato nella sala dell'Alto Consiglio, durante il ricevimento da cui era appena tornato. Non aveva accennato ad avvicinarsi a lui, se non per i saluti di rito.
L'uomo sullo schermo scoperse i denti in un ghigno: =^= C'era troppa gente nella sala dell'Alto Consiglio per poter parlare, ambasciatore Rogal - disse l'altro - Nessun Klingon parlerebbe a bassa voce all'orecchio. La linea è sicura? =^=
Rogal dette un'occhiata al lato dello schermo. Il dispositivo anti intercettazione era rimasto inserito dall'ultima conversazione che aveva avuto con Tara. Aveva dovuto dirle della gravidanza di sua moglie, e per quanto lei sapesse che era dovuta ad inseminazione artificiale... Respinse il ricordo, e si concentrò sull'altro.
"Lo è abbastanza... Per qualsiasi cosa abbia da dirmi, Vikorn." - rispose.
=^= Mi fido di lei e spero che lei si fiderà di me. - abbassò la voce - Voglio dimostrare la mia amicizia nei riguardi suoi e del suo casato, ambasciatore. Le anticipo una notizia che sarà presto in tutti i notiziari dell'Impero... La notizia è che i Federali hanno arrestato delle persone. Contrabbandieri di opere d'arte. Erano in possesso di
materiali che sono stati razziati su un pianeta del Quadrante Gamma.=^=
"E la cosa dovrebbe interessarmi?" replicò Rogal.
=^=Forse dovrei aggiungere che il pianeta dal quale provenivano i reperti da noi è conosciuto come Hur'q =^= Rogal non poté reprimere un sussulto. Il ghigno di Vikorn, al di là dello schermo, si fece più accentuato. Hur'q, pensò Rogal. La gente che secoli fa saccheggiò Q'Oonos. Che portò via reperti storici, mai più ritrovati, come...
"I Federali hanno trovato la Bath'leth di Kahless?"
Vikorn scosse la testa: =^= No, quella non era tra i reperti ritrovati, purtroppo! Ma ci sono altre cose, che quegli scellerati rubarono dal nostro pianeta e che appartengono alla nostra storia e ai nostri clan! L'imperatore è stato informato appena questa mattina, e si è subito attivato. Ho preparato con le mie mani l'ordine dell'Imperatore di contattare le autorità della Federazione per reclamare la restituzione di quei reperti... Non manca che la sua firma. Gli Hur'q che commisero quella azione infame contro i nostri antenati non esistono più... Non per merito nostro! E adesso non ci sarà una battaglia per riavere l'onore di riportare a casa i nostri reperti, ma solo l'intervento di diplomatici e chiacchiere di avvocati... Bah! =^=
"Sono uno di quei diplomatici presso i Federali" - sottolineò Rogal, secco - L'ordine dell'imperatore per trattare la restituzione dei reperti arriverà a me?"
Le labbra di Vikorn si tesero fino a scoprire le gengive: =^= Proprio così. Molti sono i diplomatici che combatterebbero per avere l'onore di riportare le preziose reliquie a Q'Oonos, ma l'imperatore ha fatto esplicitamente il suo nome, Rogal... Le reliquie - sempre che siano le autentiche - sono state trovate nel Quadrante Gamma, e quindi la nave della Flotta Stellare che le sta trasportando è diretta a Deep Space 16. Lei avrà la suprema responsabilità di trattare con i rappresentanti della Federazione, di ricevere quei sacri reperti, di verificarne l'autenticità e di riportarli qui. Qui, al mondo e alle casate cui appartengono. =^=
"L'imperatore mi fa un grande onore. Saprò essere all'altezza" Un lampo che Rogal non riuscì a decifrare passò nello sguardo dell'altro. Tuttavia, la sua voce assunse un tono discorsivo, lontano dall'enfasi con cui aveva parlato prima:
=^= Non appena l'Imperatore lo avrà firmato, le farò avere l'ordine, insieme, naturalmente, all'elenco dei reperti che ci è stato trasmesso dalla Flotta Stellare. Q'aplà ! =^=
Bajor - Piana di Dakhur
Centro di bonifica numero 4
D.T. 28/06/2404
Era suonata la sirena della fine del cambio turno. Gli operai si staccarono dagli impianti, che continuavano a ingoiare terriccio avvelenato, per essere sostituiti dai colleghi del nuovo turno. Lei attese che la raggiungesse il suo sostituto. Lo salutò con un gesto stanco, quindi si incamminò in fila con gli altri verso la sala degli armadietti, dove avrebbe lasciato la tuta da lavoro e la maschera pesante che la proteggeva dai miasmi, e che faceva assomigliare tutti gli operai a una sorta di alieni insettoidi. indipendentemente dalla loro razza. Meglio così... Sembravano tutti uguali, con le maschere addosso. C'era perfino un ragazzo cardassiano, tra loro: un senza casta, che era stato abbandonato da bambino sul pianeta. Tutti conoscevano la sua storia, ma veniva tenuto a distanza e - in alcuni casi - bullizzato dagli operai anziani. Appena pochi giorni prima lo aveva visto reagire ai nuovi soprusi in maniera stanca, come se fosse rassegnato, ma un lampo di odio nei confronti dei bajoriani le aveva detto che quel ragazzo era stato sul punto di scoppiare. Chissà chi ci avrebbe rimesso di più, quando sarebbe successo. In ogni caso, anche lei lo teneva a distanza.
Posò la maschera nell'armadietto, si sfilò la tuta, aspettò che una delle docce soniche ancora funzionanti fosse libera e si infilò lì sotto, per togliersi di dosso la sensazione di sporcizia che nonostante tuta e maschera le si appiccicava alla pelle. Poi si sarebbe messa qualcosa di pulito e sarebbe passata dal bancone, dove distribuivano i buoni per i replicatori alimentari agli operai che avevano completato il turno.
Il punto dolente era nella parola completato. Bastava la segnalazione da parte di un sorvegliante, che indicava un operaio che si fosse assentato dal nastro trasportatore per giusto un paio di minuti - cosa che in teoria, era consentita dal contratto di lavoro - per vedersi negare il diritto al buono. Il centro di bonifica era gestito da un gruppo privato per conto del governo di Bajor. Tutte le rimostranze da parte dei sindacati nei confronti dei sistemi osservati dalla dirigenza fino a quel punto erano cadute nel nulla. Al governo bajoriano bastava che ci fossero avanzamenti nella bonifica, e non importava nulla come la società operava realmente. Roba che al confronto il Grande Negus era un benefattore, pensò lei, pescando una felpa con il cappuccio dal fondo del proprio armadietto. Era l'ultima.
Avrebbe dovuto fare la lavatrice, appena arrivata all'alloggio... La indossò e si avviò verso l'uscita.
La sensazione di pericolo la colse all'improvviso.
Qualcuno la stava osservando.
Lei, tra tutti gli operai in fila per i buoni del replicatore.
Istintivamente curvò le spalle, e risalì con una mano al cappuccio per accertarsi che coprisse le sue lunghe orecchie vulcaniane. Non era l'unica aliena in quell'impianto, ed era sempre riuscita a passare praticamente inosservata. Adesso avvertiva sulla nuca il peso di uno sguardo attento. Nei primi tempi su Bajor aveva tenuto un'arma legata alla gamba destra, ma i cristalli di dilitio necessari per le cariche di energia erano difficili da trovare senza correre il rischio di incappare in spie della sicurezza, quindi aveva dovuto rinunciare a tenerla sempre pronta. Adesso, rimpiangeva di averla lasciata nel suo alloggio, con le sue preziose cariche ancora funzionanti nascoste sotto una lastra del pavimento.
Continuò a seguire la fila, con la testa bassa, ma gli occhi che guizzavano intorno, in cerca della minaccia. Di fronte a lei, la schiena di un'altra operaia. A sinistra e a destra, la sequenza di vetri sporchi del passaggio sospeso sopra il nastro trasportatore.
Dietro di lei... Arrischiò un'occhiata, ma incontrò solo il volto del ragazzo cardassiano, che la fissò con uno sguardo di fuoco.
Tornò a guardare avanti. La fila avanzava. Si lasciò alle spalle il passaggio sospeso, arrivando nell'androne di fronte ai cancelli di uscita. L'operaia di fronte a lei passò il badge al bancone, incassò il buono e proseguì verso il cancello.
Possibile che si fosse sbagliata? No, ne era sicura... Erano i federali?
L'avevano trovata?
Il ragazzo dietro di lei mugugnò qualcosa che preferì non capire.
Stava facendo ritardare la fila. Passò a sua volta il badge, chiedendosi se avrebbe fatto suonare qualche allarme, se sarebbe stata circondata da guardie, se avrebbe dovuto stendersi a terra e aspettare il freddo delle manette ai polsi.
Non successe niente.
Un bip le disse che aveva preso il buono. Il cancello metallico era di fronte a lei. Forse aspettavano di fuori, per non coinvolgere civili che potevano diventare danni collaterali - eufemismo per vittime non volute di fuoco amico. Esitò, quindi attraversò il cancello.
La mano sulla spalla non la colse impreparata. Afferrò le dita, le torse, quindi sferrò un colpo con il gomito verso l'alto. La mano perse presa. Approfittò per balzare in avanti, facendo un mezzo giro, e atterrò sull'impiantito già in posizione di attacco.
E si bloccò.
"Tu?" -
Era lo stesso e insieme diverso dalla persona che aveva conosciuto tanto tempo prima. I capelli gli erano diventati quasi bianchi, le rughe intorno alla bocca si erano approfondite, accentuando la smorfia arrogante che gli era sempre stata propria.
L'uomo si stava toccando il naso, lì dove il gomito aveva impattato il suo volto. La guardò senza rancore, anzi sorrise quasi con soddisfazione: "Sai... Avevo paura che dopo tutti questi anni tu non fossi più la tipa in gamba che conoscevo io..."
"Ma... come...?"
Le parole le si fermarono in gola. Di fronte al cancello, si stava formando un gruppo di operai appena usciti, fermi a guardarli.
Bajoriani. Il cardassiano.
"Vogliamo andare, T..."
"Oh, sta zitto!" - sbottò. Sopra la porta dell'impianto, c'era la telecamera della sicurezza. Se di una cosa poteva essere certa, era che stavolta non sarebbe riuscita a passare inosservata.
Si avvicinò all'uomo fino a sentirne forte l'odore.
"Andiamo, allora... - gli sussurrò all'orecchio - Devo recuperare le mie cose dall'alloggio, prima che la sicurezza del pianeta si decida a controllare con attenzione i documenti d'identità di un'operaia che si è messa a fare a botte in strada. Grazie a te, da oggi non ho più un rifugio."
Si girò. La stazione del teletrasporto pubblico era a pochi minuti a piedi da lì. Non si voltò a guardare l'uomo, sapeva che l'avrebbe seguita.
"Ho un motivo molto solido, per essere venuto a cercarti" - lo sentì.
I suoi passi risuonavano sull'impiantito.
"Voglio sperarlo. Per te! - disse - Hai da qui alla stazione del teletrasporto per dirmelo. Dopodiché, io troverò un modo per andarmene dal pianeta. E ti dirò addio per sempre."
"Ce l'ho io un modo per andartene dal pianeta. Una nave, piccola, ma comoda per un trasporto."
Sospirò:
"Sapevo che eri su Bajor. Mi sono fatto assumere oggi in quell'impianto apposta per trovarti. Ma dico... Proprio in un centro di bonifica dovevi nasconderti?"
"Non ho trovato di meglio. Non mi hai ancora detto perché sei venuto a cercarmi. E la stazione di teletrasporto è proprio qui davanti"
Si sentì afferrare. L'uomo la obbligò a fermarsi e a guardarlo dritto negli occhi. Non sorrideva più: "Ho bisogno della tua... come chiamarla? Capacità con le serrature e con
gli allarmi. Avrai abbastanza latinum per comprarti una nave per conto tuo e andartene in qualche buco in fondo al Quadrante, se lo vorrai. Ma devi venire con me oggi."
"Un colpo, insomma... Ma io non faccio più cose del genere. Da anni"
"Lo farai, se sei ancora la donna che io conoscevo."
"Perché?"
"Perché dei nostri amici sono finiti in gabbia. Gabbie federali"
Sbuffò: "Non cercare di prendermi in giro. Non ti è mai importato niente di quelli dei nostri che finivano nelle prigioni della Federazione"
"E va bene. Ma con loro, avevano delle cose. Cose per cui qualcuno mi ha già pagato e che non posso sostituire. Devo a tutti i costi recuperare quei maledetti affari che i federali hanno sequestrato, e darli al tipo che mi ha reclutato."
"Come se non ti fosse mai capitato di prendere il latinum di un tizio e partire verso l'ignoto... Non hai detto che hai una nave?"
"Non posso farlo. Non con questo tizio - calcò la voce sulle due ultime parole - Non stavolta. La mia pelle non varrebbe più niente se provassi a tirare un bidone. Senti: so che le cose saranno portate su Deep Space 16, insieme ai nostri amici che dovranno essere spediti in una prigione, in attesa di essere giudicati..."
"Su una base della Flotta Stellare!" - alzò gli occhi al cielo - Ma dico..."
"Come hai giustamente ricordato tu, sono passati degli anni. Nessuno ti è venuto a cercare, no? E non dirmi che la Federazione dei Pianeti Uniti non aveva le risorse per darti la caccia, se avesse voluto. Come ti ho trovato io, avrebbero potuto farlo anche loro."
"Può darsi. Ma mi cercheranno di nuovo, se farò un colpo su una Base della Flotta Stellare"
"E allora... Posso offrirti qualcosa che non puoi permetterti di rifiutare. Un nuovo rifugio, dopo il colpo"
"Un nuovo rifugio? E dove?"
L'uomo si avvicinò, fino quasi ad abbracciarla. Fu quasi investita dal suo acuto odore umano.
"Su un pianeta dell'Impero Klingon..." - le sussurrò all'orecchio. Appoggiò il capo sulla spalla dell'altro, riflettendo. Qualcuno che li avesse visti, avrebbe forse pensato alla riconciliazione di due amanti dopo un litigio. Forse...
Ma di nuovo, avvertì su di sé il peso di uno sguardo. Oltre la spalla dell'uomo, qualcuno li aveva visti, li aveva seguiti. Forse, aveva colto qualcosa della loro conversazione.
Korda, pensò. Il ragazzo cardassiano.