DS16 Gamma - Stiva di carico 2
01/07/2404 - ore 08:12
La stiva giaceva in un silenzio irreale, illuminata solo dalla luce fredda dei pannelli superiori che proiettava ombre nette sulle pareti grigie.
La corazza di Lady Lukara riposava su un cuscino nero, priva di peso apparente, quasi sospesa nel vuoto.
Il metallo brunito pareva vivo: un respiro impercettibile ne muoveva le giunture, mentre venature più chiare tracciavano rune dimenticate.
Non era tecnologia, non era arte: era un frammento d'anima.
Tara Keane avanzò a passi misurati, attratta da un'energia magnetica.
Ogni cellula del suo corpo rispondeva ad un richiamo ancestrale.
Fece un passo dietro l'altro, quasi senza rendersene conto, come se un filo invisibile la tirasse verso l'armatura.
Il cristallo rifletteva la sua figura, alta e slanciata, i capelli rosso rame raccolti in una treccia che le cadeva sulla spalla.
Si avvicinò lentamente alla teca: non c'era alcun motivo operativo per farlo.
Era solo... attratta.
Il metallo brunito sembrava pulsare.
Non vibrava, non emetteva suoni.
Eppure Tara sentiva qualcosa: una voce nella sua mente.
Nessun suono esterno, nessuna vibrazione nell'aria: soltanto un pensiero chiaro e solenne, che risuonò nelle pieghe più profonde della sua coscienza.
"Figlia del sangue diviso. Tu mi conosci."
Tara si fermò. Il cuore le batteva forte.
Guardò l'armatura, e per un istante le sembrò che le placche si muovessero, come se respirasse.
"Tu hai amato contro le regole, eppure con verità . Tu sei mia."
La voce non era minacciosa. Era solenne.
Tara allungò una mano, sfiorando il bordo della teca contenente la corazza ed un brivido le attraversò il braccio, come se il metallo fosse vivo.
Il battito del suo cuore si fece tambureggiante e Tara sentì i ricordi di antiche ferite affiorare, di battaglie combattute nell'ombra, di amori proibiti sussurrati tra corridoi segreti.
Vide il suo nome scritto nelle stelle e cancellato dai giudizi della storia.
Tara si voltò guardandosi attorno.
Riprese un attimo fiato poi, con mano tremante, sfiorò nuovamente la teca contenente la corazza ed un nuovo brivido le scosse il braccio, come se una corrente di energia avesse attraversato la pelle.
In un lampo, la visione di un campo di battaglia esplose davanti ai suoi occhi: donne klingon con il volto dipinto di rosso, con urla tremende che fendevano l'aria.
E Lukara, alta e orgogliosa, brandiva la bat'leth contro un traditore di sangue, il cuore pieno di dolore e giuramenti infranti.
Poi il silenzio tornò sovrano.
Tara si ritrasse di scatto, il respiro corto, la mente in subbuglio.
Le placche brunite restarono immobili, ma la sua anima non lo era più.
"Che cosa sei?" mormorò, la voce rotta da un'emozione nuova.
"Sono memoria. Sono scelta. Sono eredità ."
La risposta giunse come un'eco lontana, restò vibrante nel suo petto.
Tara voltò lo sguardo verso il corridoio vuoto: nessuno l'aveva vista, nessuno l'aveva sentita.
Eppure l'armatura aveva parlato e qualcosa dentro di lei era cambiato.
DS16 Gamma - Stiva di carico 2
01/07/2404 - ore 08:45
Durani era tornata nella stiva con l'intento di verificare ed implementare i protocolli di sicurezza dopo la visita della delegazione.
Si era fermata, ascoltando il proprio respiro e il battito del cuore che sembrava risuonare contro le superfici fredde.
Il compito che si era prefissata le imponeva di restare lì solo qualche istante in più, ma dentro di sé avvertiva un richiamo più forte di qualsiasi procedura.
Non era semplice senso del dovere, era qualcosa di più profondo: un'attrazione primordiale, un'esigenza di fronte a un simbolo di gloria perduta.
Durani si avvicinò alla teca che conteneva l'armatura di Lady Lukara.
Era chiusa, ma la sua presenza riempiva la stanza.
I suoi occhi scuri si posarono sulla corazza, e, per un istante, il tempo parve fermarsi: ogni centimetro guadagnato sembrava rallentare i secondi, come se l'armatura respirasse quell'attesa.
Il metallo brunito emanava una sottile sensazione di calore, capace di insinuarsi nelle ossa e accendere ricordi sopiti.
All'improvviso, nella sua mente scoppiò una voce: un pensiero antico, carico come un ruggito.
"Figlia della Casata spezzata. Guerriera senza gloria. Tu mi cerchi."
Durani sentì il petto contrarsi, come se un colpo di bat'leth l'avesse colpita all'altezza del cuore.
Le dita si serrarono a pugno, e la fronte si corrugò in uno sguardo feroce.
Durani si irrigidì. "Chi parla?"
"Io sono la memoria di Lukara. Io ne sono la prova. Io sono il fuoco che non si è spento."
La Klingon fece un passo avanti, il respiro accelerato.
"Non sono degna," disse a denti stretti. "La mia casata ha riconquistato da poco il suo onore. Io non ho ancora vinto nulla."
"Eppure sei qui. Il sangue non si misura in vittorie, ma in volontà ."
Durani si chinò leggermente, come davanti ad un altare. Il suo cuore batteva forte.
Vide, per un istante, la sala d'onore della sua casata, vuota e silenziosa.
Vide il suo bisnonno Kheldas, seduto sul trono spezzato.
Vide se stessa, sola, con la spada in mano, davanti ad un Alto Consiglio che non la ascoltava in quanto donna.
Poi vide Lukara.
Alta, fiera, con gli occhi pieni di fuoco.
La guerriera sollevava la bat'leth, pronta a difendere l'onore, sola contro mille.
"Tu puoi riportare il nome dei Kanjis tra le stelle. Ma devi scegliere. Devi combattere."
Durani sentì il sangue ribollire sotto la pelle. Il cuore le martellava nelle orecchie, e la voce risuonava ancora, più vicina, più forte.
"Se mi chiami, io verrò. Se mi accetti, io combatterò."
La voce si affievolì, ma non scomparve.
Rimase dentro di lei, come un giuramento.
Durani uscì dalla stiva, il passo più deciso. Non disse nulla a nessuno.
Ma sapeva.
L'armatura l'aveva chiamata.
E lei aveva risposto.
DS16 Gamma - Stiva di carico 2
01/07/2404 - ore 09:20
La stiva era vuota, ma la dottoressa non era mai davvero sola.
La mente di Bly, come quella di tutti i Betazoidi, era un mare calmo capace di percepire le correnti più sottili: emozioni represse, pensieri non detti, fantasmi di memorie lontane.
E da quando l'armatura di Lady Lukara era stata portata sulla stazione, Bly percepiva qualcosa.
Non era né paura né rabbia, ma una presenza palpabile, simile al battito di un cuore invisibile.
Era venuta lì con la scusa di controllare i protocolli medici per la conservazione degli eventuali reperti biologici, ma la verità era che voleva avvicinarsi.
Sentire. Capire.
Si fermò davanti alla teca.
Il cristallo era opaco, ma il metallo all'interno sembrava brillare di una luce propria.
Chiuse gli occhi e si concentrò sul flusso di sensazioni che la attraversava, lasciando scivolare le proprie barriere.
Fu allora che la voce arrivò, non come un suono nell'aria, ma come un sussurro dentro il suo spirito:
"Tu che ascolti ciò che gli altri non dicono. Tu che curi ciò che non si vede. Tu mi senti."
Bly spalancò gli occhi, il respiro le si fermò per un istante.
Le labbra rimasero un filo socchiuse, mentre l'eco di quella parola la avvolgeva come un manto di seta e di piombo insieme.
"Chi sei?" chiese, la voce impastata dall'emozione.
"Sono la memoria. Sono la ferita. Sono la guarigione."
La voce non era aggressiva. Era... triste.
Bly sentì un'ondata di dolore, antico e profondo, come se l'armatura stessa avesse conosciuto la perdita, il lutto, la solitudine.
Vide, per un istante, una guerriera klingon inginocchiata accanto al corpo di un compagno caduto.
Vide le sue mani tremare, il sangue colare, il grido silenzioso di chi non può piangere.
"Tu puoi guarire ciò che è stato spezzato. Ma devi accettare il dolore. Devi portarlo con te."
Bly si avvicinò alla teca, posando una mano sul cristallo.
"Non sono una guerriera," disse piano. "Sono una guaritrice."
"Anche Lukara lo era. Dopo la battaglia, dopo la gloria. Chi guarisce, protegge. Chi protegge, combatte."
La voce si spense lasciando un'eco luminosa, un canto sommesso che continuava a fluire attraverso i suoi pensieri. Bly aprì gli occhi: il volto era pallido, ma negli occhi brillava una nuova determinazione.
L'armatura l'aveva chiamata.
E lei aveva ascoltato.
DS16 Gamma - Stiva di carico 2
01/07/2404 - ore 10:05
L'ambasciatrice T'Lani era tornata indietro, dopo che la delegazione Klingon aveva lasciato la stiva. Aveva chiesto qualche minuto di riflessione, e nessuno aveva osato contraddirla.
A centocinquantasei anni, T'Lani era considerata una delle menti più lucide della diplomazia interstellare.
La sua compostezza era leggendaria, il suo autocontrollo assoluto.
Ma anche lei, davanti all'armatura di Lady Lukara, sentiva qualcosa che non riusciva a classificare.
Si avvicinò alla teca con passo lento ed il volto impassibile.
Il vetro blindato della teca respirava lievemente, assorbendo e riverberando la luce come una superficie liquida.
Dietro quel velo, il metallo brunito dell'armatura pareva vivo: sottili velature iridescenti tagliavano le placche con geometrie arcane, come se una forza antica ne avesse forgiato l'anima.
Il metallo sembrava vibrare, ma non emetteva alcun suono.
Le sue uniche armi erano la logica e il silenzio, eppure percepiva il calore lontano di quell'armatura.
Chiuse gli occhi e si abbandonò a un istante di concentrazione assoluta.
Fu allora che la voce esplose dentro la sua mente, netta e penetrante:
"Tu che hai scelto la logica. Tu che hai rinunciato al fuoco. Tu mi sfidi."
Le parole non erano un suono, bensì un'eco vibrante nel profondo.
La vulcaniana mantenne la postura immobile, come se un rituale antico la vincolasse al centro di un cerchio invisibile.
"Non vi è nulla da sfidare. Sono qui per osservare," rispose con tono misurato, privo di emozione esteriore.
"Eppure sei qui. La logica ti ha guidata. Ma il richiamo ti ha condotta."
T'Lani aprì gli occhi. Il cristallo sembrava più trasparente, come se l'armatura la stesse guardando.
Vide Lukara.
Non in battaglia, ma in consiglio. Circondata da guerrieri che non volevano ascoltarla. Vide la sua voce ferma, il suo sguardo fiero, il suo silenzio carico di significato.
"La logica è una lama. Ma anche la lama deve essere impugnata. Tu la puoi impugnare."
Con gesto calmo, T'Lani si avvicinò ancora e appoggiò due dita sulla superficie traslucida della teca. Il contatto le trasmise un fremito sottile, come un battito di vita imprigionato.
"Non sono Klingon. Non sono guerriera."
"Ma sei erede. Di pensiero. Di scelta. Di volontà ."
La voce si affievolì, ma non scomparve. Rimase dentro di lei, come un'onda silenziosa.
T'Lani si voltò lentamente, il volto immobile, ma gli occhi tradivano una tensione nuova.
L'armatura l'aveva chiamata.
E lei, figlia della logica e del silenzio, aveva compreso.