Eaven IV - Seatiger Island
06/09/2398 - ore 17:02 - D.S. 75681.39
La sabbia bianca scintillava sotto il sole mentre l'oceano scandiva il tempo con lo sciabordare dolce delle onde, accarezzate da una brezza leggera che portava odori marini: alieni e insieme stranamente familiari alle narici dei pigri ufficiali in licenza. Sparsi qua e là lungo la spiaggia, si lasciavano cullare dal calore del pianeta, avvolti da una natura ancora incontaminata.
La crew di plancia del turno Beta aveva occupato una porzione della spiaggia lunga e piatta, che si stendeva per quasi cinquecento metri prima di tuffarsi nell'oceano calmo. Alcune casse diffondevano musica nell'aria salmastra, mentre bevande e stuzzichini erano disposti su un tavolo improvvisato. Tutto era stato preparato per un unico scopo: salutare degnamente la collega appena promossa al turno Alfa e al grado di Tenente.
Amanda Kiss era seduta al centro dell'attenzione, circondata da colleghi che, per tutti i mesi prima di allora, avevano condiviso con lei turni infiniti, missioni rischiose e silenzi complici sulla plancia. Ora, ogni frase sembrava intessuta di orgoglio e di un pizzico di malinconia.
"Così la nostra Amanda diventa ufficiale tattico capo," rise Kavan, l'addetto ai sensori, sollevando il bicchiere. "Scommetto che il turno Alfa non è pronto per lei."
"Nessuno è pronto per Amanda, mai," aggiunse Leira, la navigatrice del turno Beta, facendo l'occhiolino a un gruppo di giovani ufficiali che passavano di lì con il suo solito fare provocante. "E poi, chi verrà a caccia di ragazzi con me, ora che te ne vai?" disse ammiccando in direzione di Amanda.
Amanda alzò il bicchiere e si limitò a sorridere all'amica, la sua migliore amica. Si ritrovò sorpresa a chiedersi se avrebbe ancora avuto il tempo di frequentarla, ora che l'avevano assegnata alla crew di comando. Spostò lo sguardo, che si stava rattristando, e lo volse all'orizzonte, perdendosi per un attimo a fissare il mare.
Nessuno fece caso al suo cambiamento di umore, e le risate si diffusero sulla spiaggia come naturale reazione alla battuta di Leira, interrotte soltanto da qualche applauso spontaneo. Qualcuno, con fare teatrale, lanciò uno sguardo verso Finn, che si stava scavando una buca nella sabbia lungo la costa in lontananza, dove presumibilmente si sarebbe coricato.
"Guardatelo là , il Primo Ufficiale," disse con tono di scherno. "Scommetto che non ha mai affrontato un'emergenza come le nostre. La nave sarebbe persa senza i ponti bassi... e poi è per colpa delle loro scelte scellerate che ci troviamo intrappolati in questo universo."
"Parla per te," ribatté un altro. "Il Comandante Dewey è molto empatico, e un ufficiale capace. Anche loro hanno fatto la gavetta come noi: non si trovano al comando per caso. E se siamo qui non è certo colpa loro: fanno del loro meglio, come tutti a bordo."
Amanda non si lasciava andare a eccessi di parole. Ringraziava con un cenno, un sorriso contenuto. La sua naturale eleganza sembrava amplificata dalla leggerezza di quel pomeriggio.
Poi, quasi in risposta al clima polemico che si stava delineando, estrasse dalla borsa da spiaggia un disco compatto che portava sempre con sé. L'oggetto era simile a un disco da hockey, solo un po' più grande, con una striscia luminosa che percorreva l'intera circonferenza e un piccolo display sulla superficie superiore.
Armeggiò per qualche secondo con le dita sul display, quindi lo posò sulla sabbia e arretrò di un paio di passi. Un bagliore azzurro saturò l'aria e rivelò un ologramma portatile: un pianoforte a coda, scuro, lucido, perfetto nel contrasto con la spiaggia chiara.
"Ah," sussurrò qualcuno tra i Beta, "finalmente Amanda ci mostra che non comanda solo con disciplina, ma suona anche con stile."
"Se dirige in plancia come suona," aggiunse Kavan, "il turno Alfa non sa cosa l'aspetta."
Si sedette allo sgabello del pianoforte olografico con grazia naturale, una postura affinata dalla disciplina impartitale dalla madre musicista. Diede due colpetti di tosse per richiamare l'attenzione: gli astanti si ammutolirono e, senza dire nulla, cominciò a suonare.
La musica si diffuse nell'aria. Le note non erano di celebrazione, ma un richiamo alla sua terra: melodie che odoravano di neve, di vento che corre sopra laghi ghiacciati. Mosca riviveva lì, per un attimo, davanti a compagni che nulla sapevano di quella vita, ma che tacquero rapiti.
Le note descrivevano scenari di steppa, lupi che correvano nella brughiera brulla, bruciata dal ghiaccio e sferzata da venti gelidi. Era impossibile non restare incantati da tanta bellezza e tanta disciplina. Le dita della Tenente danzavano sui tasti dell'illusione olografica in una danza perfetta, fatta di pause, note e cadenze armoniose che rapivano l'attenzione di chiunque fosse a portata d'orecchio.
Il brano continuò per alcuni minuti senza che nessuno parlasse o si muovesse, ad eccezione di Leira. La sua migliore amica si avvicinò con passo circospetto, cercando di disturbare il meno possibile l'interpretazione. Si sedette accanto ad Amanda e, con gesto naturale, le cinse i fianchi con un braccio.
Amanda si voltò un istante, senza smettere di suonare: le dita scivolavano sulla tastiera sicure anche senza l'ausilio dello sguardo, e le rivolse un sorriso strano. Dapprima ampio, grato per quell'attimo di intimità amicale, ma che presto si contrasse in una smorfia quasi di dolore. Lo stesso fece Leira. Per un attimo tra le due vi fu un'epifania: quel giorno segnava un punto di passaggio. Sarebbero sempre rimaste amiche, ma non avrebbero più, almeno per qualche tempo, condiviso fianco a fianco le interminabili giornate di lavoro sulla USS Seatiger.
Il brano terminò tra gli applausi del turno Beta e di altri ufficiali accorsi a presenziare al concerto improvvisato.
Leira, sempre seduta sullo sgabello accanto ad Amanda, si unì all'applauso. Amanda divenne leggermente rossa, fissò l'amica e le sorrise.
"La facciamo?" chiese, con uno sguardo brillante e un sorriso elegante.
Leira si guardò attorno e fece una smorfia. "Ora? In mezzo a tutti?"
Kiss sorrise. "E perché non dovremmo? Hai una voce fantastica, e la musica classica piace a tutti."
Leira scosse la testa leggermente sorridendo, ma poi rispose con un cenno di assenso e un lampo di decisione nello sguardo. Amanda cominciò a suonare le prime note.
Abbassò lo sguardo sulla tastiera olografica, lasciando scivolare le dita con delicatezza sui tasti. L'introduzione fluì morbida, fatta di accordi semplici, rotondi, quasi timidi: un richiamo che apparteneva a un'epoca lontana e a un artista della vecchia Terra. Alcuni dei presenti riconobbero subito la melodia, altri invece restarono sospesi, incuriositi.
Leira si schiarì la voce, colta da un improvviso imbarazzo, ma Amanda le rivolse un cenno d'incoraggiamento. Così, quando la sequenza introduttiva giunse al suo naturale punto d'appoggio, la voce di Leira si levò chiara, limpida, e attraversò la spiaggia con una semplicità disarmante:
"It's a little bit funny...
...This feeling inside"
Un sorriso percorse i volti di chi ascoltava. Non c'erano artifici, né tecniche da cantante professionista, solo la verità di un'amica che si lasciava andare. Amanda si unì appena, sottovoce, nel controcanto del ritornello, dando corpo e profondità al momento.
La musica cresceva, e con essa anche la complicità tra le due. Leira intonava con intensità crescente le frasi più intime, raccontando di sentimenti semplici e autentici, mentre Amanda teneva saldo il tempo e riempiva gli spazi con armonie leggere, quasi invisibili. Al ritornello, le loro voci si unirono:
"I hope you don't mind...
I hope you don't mind...
...That I put down in the words...
...how wonderful life is, while you're in the world."
L'applauso spontaneo fu soffocato da chi, con un gesto, invitava al silenzio: nessuno voleva spezzare quell'incanto.
Leira, più sciolta, chiuse gli occhi e lasciò che la canzone le scorresse dentro. Cantava di un dono modesto, di poche parole scritte in musica come fossero un regalo sincero. Amanda la seguiva con lo sguardo fiero, orgogliosa di quella voce che, pur non perfetta, trasmetteva intensi sentimenti.
Man mano che il brano scivolava verso la fine, la tensione emotiva si sciolse in una dolcezza malinconica. Leira cantava con un filo di voce, Amanda la sosteneva nei cori, e l'ultimo verso si allungò come un abbraccio che nessuno avrebbe voluto interrompere.
Le mani di Amanda sfiorarono gli ultimi accordi, lasciandoli svanire nell'aria come onde che si perdono nell'oceano. Per qualche secondo regnò il silenzio. Poi l'intera spiaggia esplose in un applauso caloroso, qualcuno gridò "bravissime!", altri fischiarono in segno di approvazione.
Leira rise, imbarazzata, e si coprì il volto con una mano. Amanda la strinse forte per le spalle, tirandola contro di sé, e per un attimo le due rimasero immobili...
...finché un urlo squarciò la quiete della spiaggia.
L'urlo di Finn tagliò l'aria come una lama. Tutti i volti si voltarono verso il punto dove poco prima avevano notato il Primo Ufficiale: lì, piegato su se stesso, respirava a fatica, le mani affondate nella sabbia accanto alla buca che stava scavando.
Gli ufficiali superiori accorsero poco dopo quasi all'unisono, da diverse direzioni. Si disposero intorno a lui in un cerchio compatto, come un muro, voci basse, gesti rapidi e controllati. I Beta e tutti gli ufficiali non appartenenti alla crew di comando rimasero immobili, esclusi da quella barriera invisibile che divideva i livelli di responsabilità a bordo.
Amanda non si mosse subito. Restò con lo sguardo perso sulla scena, sentendo il braccio di Leira che la stringeva, esitante, quasi a trattenerla. Dentro di lei, però, la risposta era già chiara: non apparteneva più al gruppo che guardava da lontano. Il suo posto era lì, al centro della cerchia, con chi portava il peso delle decisioni.
Inspirò a fondo. Il pianoforte olografico svanì con un crepitio azzurro, lasciando nell'aria un vuoto irreale. Raccolse il disco da terra, lo tenne stretto come fosse un'à ncora e iniziò a camminare.
Ogni passo affondava nella sabbia e dentro di lei apriva una distanza nuova: dal riso leggero degli amici, dalla complicità di Leira, dai giorni in cui era solo "una di loro". Sentiva il cuore battere forte, non per la paura, ma per la consapevolezza che stava varcando una soglia.
Quando raggiunse il cerchio, nessuno la fermò. Forse troppo concentrati su Finn, o forse già pronti a vederla come parte del gruppo che contava.
Amanda si fermò accanto al Capitano, inginocchiato a fianco del Primo Ufficiale. Rivide, come in un lampo, il momento di due giorni prima: il gesto solenne con cui le aveva appuntato il secondo pin dorato, mentre Finn, alle sue spalle, assisteva alla cerimonia con le mani dietro la schiena.
"Benvenuta nella crew di comando, Tenente Amanda Kiss" le aveva detto con un sorriso. "Ora è l'Ufficiale Tattico Capo della Seatiger, e sono sicuro che farà un ottimo lavoro."
Quel ricordo ora pesava davvero: non più simbolico, ma concreto, inciso come un giuramento nel metallo del distintivo che brillava sul suo petto.
Portò le mani ai fianchi, rigida, in un mezzo attenti che stonava con la sabbia della spiaggia che ricopriva i suoi piedi nudi. La voce le uscì ferma, più forte del battito nel cuore:
"Signore... posso essere d'aiuto?"
Mentre attendeva la risposta del Capitano, un improvviso torpore le invase le membra. Il respiro le si fece corto, la sabbia parve scivolare via sotto i piedi. L'aria si saturò di un silenzio innaturale...
Il mondo si spense in un battito di ciglia.
La sabbia sotto i piedi, il brusio dei colleghi, persino il respiro salmastro del mare: tutto si dissolse come polvere spazzata via dal vento.
Amanda si ritrovò sospesa nel vuoto. Nessuna luce, nessuna stella, solo un'oscurità compatta che le avvolgeva il corpo come un mantello gelido. Si guardò attorno, il cuore accelerato: non c'era alto né basso, solo silenzio e tenebra.
Poi, un movimento.
Ombre che prendevano forma, figure che emergevano lentamente dall'oscurità .
Erano corpi.
Fluttuavano intorno a lei, inerti, le divise lacerate, i volti pallidi e senza vita. Riconobbe gli sguardi vuoti di Kavan, Leira e di tutti i compagni del turno Beta: i sorrisi che poco prima l'avevano accompagnata mentre suonava al pianoforte, ora si erano trasformati in maschere di morte. I capelli si muovevano in ciocche lente come alghe sott'acqua, le dita rigide si protendevano verso di lei senza toccarla mai.
Amanda fu travolta dal terrore nel vedere i suoi compagni, e soprattutto la sua amica, ridotti in quel modo. Cercò di gridare, ma nessun suono riuscì ad abbandonare la sua gola. Un gelo improvviso le serrò il petto.
All'improvviso, un lampo di luce si accese alle sue spalle, e sotto di lei apparve la sagoma immensa della Seatiger. Ma non era la nave che conosceva: lo scafo era squarciato, le gondole di curvatura distrutte, i ponti spezzati come ossa infrante. La carcassa della nave si allontanava lentamente, trascinata dal nulla.
Dal ventre dilaniato dello scafo emersero altre figure. Non erano ombre indistinte: erano il Capitano, Finn e gli ufficiali di comando.
Fluttuavano come spettri, i volti pallidi ma riconoscibili, gli occhi fissi su di lei. Amanda sentì lo stomaco serrarsi, incapace di distogliere lo sguardo.
Le labbra delle figure si mossero all'unisono, e una voce corale e cavernosa si diffuse nello spazio vuoto, senza provenire da nessuna bocca in particolare:
"Ci eravamo fidati di te..."
Amanda scosse il capo, cercando di negare, cercò persino di giustificarsi a parole, ma nel vuoto dello spazio nessuna di esse riusciva a raggiungere i suoi funerei accusatori. Poi il coro riprese, più cupo, più vicino:
"...e ora la Seatiger è distrutta. E tu, avevi il compito di proteggerla."
Le parole caddero su di lei come macigni. La tenebra si strinse intorno, i corpi morti le fluttuavano accanto, sfiorandole la pelle fredda. Avvertì un senso di colpa schiacciante, un peso che le toglieva il fiato.
Il buio le serrò gli occhi e la trascinò nell'oblio. Si sentì prigioniera, cosciente eppure condannata a un eterno riposo che non dava pace. Le mani le tremavano, gli occhi spalancati incapaci di vedere altro che, il nero vuoto dell'imponderabile.
Poi un tocco. Una scossa alle spalle. Una voce lontana che la richiamava, pressante, insistente.
Amanda batté le palpebre: il vuoto si incrinò in schegge di luce.
Ancora una scossa, più forte. Qualcuno la teneva per le braccia, scuotendola.
E la spiaggia tornò di colpo.
Il sole, l'odore del mare, i volti preoccupati degli ufficiali di comando intorno a lei. Le mani del Capitano che non smettevano di stringerle le spalle, scuotendola per strapparla via da quell'incubo.
Amanda respirò a fondo, un singulto strozzato, mentre il cuore le martellava nel petto.
Riprese poco a poco il controllo, inspirando ampiamente, lo sguardo che vagava tra i volti tesi dei superiori.
"Ho visto..." mormorò, senza riuscire a concludere la frase.
Fu Finn a terminarla, fissandola con occhi che tradivano lo stesso terrore:
"...cose spaventose."
Gli altri ufficiali annuirono, scambiandosi sguardi carichi di comprensione.
Amanda abbassò lo sguardo, la voce appena un sussurro:
"Già ..."
Il Capitano le posò una mano sulla spalla, il tono calmo ma fermo:
"Non si preoccupi,Ttenente. È successo anche a me, poco fa."
Uno dopo l'altro, gli altri ufficiali alzarono le mani, ammettendo di aver vissuto la stessa esperienza.
Fu subito chiaro: non un incubo privato, ma un'allucinazione collettiva che li aveva colpiti tutti uno per uno, singolarmente.