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USS SEATIGER - MISSIONE 12 RSS USS SEATIGER - Missione 12

12.01 "L'eco del silenzio"

di Arjian Kenar Geran, Pubblicato il 13-08-2025


USS Seatiger, Plancia
03/09/2398, ore 09:11 - D.S. 75672.28


Il tempo aveva assunto una fluidità quasi beffarda nell'universo in cui la Seatiger si trovava suo malgrado ancora a navigare. Era una distorsione che si rifletteva nell'anima di chiunque a bordo della nave. Dopo l'ennesima fuga rocambolesca appena qualche giorno prima, con la nave malconcia che aveva a malapena superato lo strappo dimensionale, la plancia era avvolta in un silenzio assordante che rasentava l'assurdità. Non gli allarmi stridenti dei Rettiliani o i sibili assordanti delle sfere Borg, ma una quiete innaturale, quasi che lo spazio stesso trattenesse il respiro in attesa di qualcosa.

Il Capitano Arjian Kenar Geran, seduto sulla sua poltrona di comando, teneva la mano destra serrata sul bracciolo. I lineamenti Trill apparivano come tirati da pensieri inespressi, mentre osservava lo spazio profondo sul monitor principale. La costellazione di macchie che gli correvano lateralmente lungo il viso e che scendevano sotto il colletto della divisa, improvvisamente si fecero più scure, contrapponendosi alle luminose costellazioni che riempivano la vista sul grande schermo principale. Ogni stella lì fuori era un promemoria della loro lontananza da casa, da quel punto nello spazio-tempo da cui erano stati sradicati.Il peso della responsabilità verso il suo equipaggio gravava su di lui come un macigno, sempre di più. Una via verso casa era là fuori, e lui la doveva trovare.

Improvvisamente, senza alcun preavviso strumentale - le console rimasero silenziose, lo schermo principale si fece completamente vuoto ed i sensori risultarono improvvisamente ciechi: una risonanza profonda e complessa investì la nave e si diffuse in ogni angolo della Seatiger, penetrando le menti di tutti i presenti a bordo. 
Non era un messaggio udibile, ma un'ondata di sensazioni, di immagini e di emozioni purissime che si intrecciavano e che si srotolavano direttamente nella coscienza collettiva dell'equipaggio. 
Per un istante, Kenar sentì il suo simbionte agitarsi e una fitta acuta provenire dall'addome. Gli sembrò di vedere nitidamente la placida orbita della Terra, la superficie desertica e montagnosa di Vulcano, il blu ghiaccio di Andoria e infine il suo pianeta natale, Trill. Ogni ricordo era assolutamente vivido, come una promessa sussurrata: "casa". Poi, il timbro si modificò. Quella che in precedenza era stata una semplice, rassicurante ninna nanna, ora si trasformava in una melodia più complessa, intrisa di visioni contorte: percorsi non lineari, scelte estenuanti, e un indefinito, pesante "costo" che sembrava permeare l'intera trasmissione.

Al Primo Ufficiale, il Comandante Dewey Finn, la risonanza arrivò come il fragore di un assolo di chitarra distorto, un'esplosione di pensieri senza melodia né ritmo. La sua mente, abituata al battito regolare del rock and roll, cercò disperatamente un tempo, una struttura, un qualcosa a cui aggrapparsi. Le affermazioni non chiare e i percorsi non lineari veicolati dalla telepatia crearono come un caos viscerale, un'improvvisazione senza senso che lo colsero alla sprovvista, maa la sua indole ottimista e la sua tendenza a pensare "fuori dagli schemi" lo resero immediatamente proiettato verso la speranza. "Capitano," ansimò, la voce tremante, "Loro... gli Ovoidi! Ci stanno chiamando! È il segno... è la via per tornare a casa!".

Il Tenente Comandante T'Kar, pur impassibile, inarcò un sopracciglio Vulcaniano, un gesto quasi impercettibile che per lui equivaleva a un grido di allarme. "Capitano," disse con la sua consueta calma monocorde mentre leggeva i dati che avevano ricominciato a fluire sulla sua console scientifica, "la mia analisi primaria sta rilevando una singolarità telepatica diretta. Tuttavia, la natura di questa trasmissione è... ambigua. Il rischio di sfasamento cognitivo per l'equipaggio è stimato al 78,43% se l'esposizione continua. Non sembrerebbe essere un semplice messaggio, ma un viaggio forzato nella mente".

Il brusio iniziale di speranza si affievolì ancora, sostituito ora da un freddo realismo. Fu la volta infatti dell'Ingegnere Capo Droxine Carelli. Il suo primo istinto, analitico, la spinse a razionalizzare. Tentò di mappare le frequenze, di dare un senso ai picchi energetici che le saturavano i sensi. Voleva incasellare quella energia improvvisa e inattesa, in una tabella, in una formula che potesse domare. Ma le visioni erano frammenti contorti, immagini non lineari che si sovrapponevano e si dissolvevano prima che la sua mente potesse afferrarle. Non erano dati, non erano codice: erano caos puro, e quel caos minacciava di cancellare il controllo che lei cercava sempre di avere su ciò che la circondava. "Qualsiasi interferenza quantica è un rischio per i sistemi..." mormorò "e non solo. T'Kar ha ragione, l'esposizione sul lungo periodo dell'equipaggio potrebbe essere pericolosa. Dobbiamo riuscire a schermarci in qualche modo".

Poco più in là, il Tenente Comandante Jason Queen, Ufficiale Scientifico Capo, si portò le mani alla testa, un gemito trattenuto, mentre la cacofonia di sensazioni e dati si riversava nella sua mente. Sembrava che stesse lottando con sé stesso per dare un senso scientifico al caos che gli affollava la mente.

Accanto a Jason, l'Ufficiale Medico Capo Althea Sheva avvertì l'ondata telepatica in modo viscerale. Da Betazoide, la sua mente era un ricevitore finemente sintonizzato per le emozioni e le esperienze altrui, ma questa volta il segnale risultò soverchiante. Le sue labbra si strinsero, mentre con la sua solita determinazione, velata da una preoccupazione più profonda, cercava di decifrare il tumulto. "Capitano," disse, con la voce sorprendentemente calma data l'intensità della percezione, "questa risonanza non è solo informativa, è intrisa di emozioni. Percepisco una speranza quasi febbrile, ma anche una profonda rassegnazione e un terrore atavico, come quello che hanno già manifestato gli Ovoidi. È un 'percorso verso casa', ma avverto un costo... un sacrificio non quantificabile." La sua espressione rivelava una lotta interna per dare un senso medico e telepatico a quella che si annunciava come una promessa dolorosa.

Il Consigliere Anena Lawtoein chiuse gli occhi. La sua espressione di "joie de vivre" si incrinò. "Il prezzo della conoscenza... è sempre più alto di quanto si creda", sussurrò, più a sé stesso che agli altri. La sua sensibilità ai sentimenti altrui probabilmente avevano amplificato l'implicito "costo incalcolabile" contenuto in quella rivelazione telepatica.

Anche il Capo della Sicurezza Anna Maria Calvi, la "Tigre Rossa", avvertì l'ondata improvvisa. I suoi occhi si strinsero. La sua fu una percezione acuta e al contempo inquietante di quella "comunicazione essenziale" ma così foriera di speranze intrise di dolore.

Il peso delle reazioni del resto della squadra di comando ricadde sulla plancia, annullando l'iniziale euforia di Finn. La speranza del ritorno a casa era tornata, ma il modo in cui si manifestava era tutt'altro che semplice. Kenar, con la responsabilità di ogni persona sulla sua nave, sentì il suo simbionte agitarsi: la complessa esperienza sensoriale ed emotiva degli Ovoidi stava già mettendo alla prova la sua determinazione. La domanda che si formava nella sua mente era chiara, anche se non osava pronunciarla: questa era davvero la via per la libertà, o solo l'inizio di una nuova, più insidiosa prigionia? Di quale dolore era intrisa quella inattesa speranza che li stava investendo?