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ISS THUNDER - MISSIONE 04 RSS ISS THUNDER - Missione 04

04.05 "Samsara"

di T'Val , Pubblicato il 13-11-2014

Pianeta HAN II
Data: 08/02/2284 - Ore: 12:20
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Il calore lo colpì come una condanna. Dalle narici Riccardo Seldon aspirò
aria rovente, mista all'odore di sabbia e di pietre, mentre perdeva un istante
per controllare la posizione degli uomini della prima ondata. Metà di loro si
erano già posti a cerchio a controllare la piana desertica ostile alle loro
spalle. Un gruppo di uomini stavano posizionando un pezzo pesante appena
trasferito dalla nave, puntandolo verso un costone di roccia rossastra.

Nessuna resistenza. Nessun contatto con il nemico.

*Finora * - aggiunse il capitano Seldon, raggiungendo rapidamente il gruppo con
il cannone faser. Si rese conto con un moto di disappunto della debolezza
strategica della posizione in cui si erano teletrasportati. Se dei cecchini
fossero stati appostati su quel costone... Il tricorder non registrava nessun
segno di vita a parte i loro, ma Seldon dubitava che potessero fidarsi delle
indicazioni dei sensori. Gli uomini di Farrel avevano percorso quel deserto con
i sensori al massimo, senza mai trovare traccia del nemico.

La ragazza che era al comando del pezzo lo riconobbe e lo salutò:

"Abbiamo trovato un punto in cui la roccia è più sottile. Pensiamo che ci sia
un'apertura nascosta" - disse

"Allora, che aspettate? - abbaiò - Che il sole di questo pianeta diventi una
nana bianca? Sparate!"

Secondo le indicazioni dei teletrasporti, T'Val si trovava a poco più di
settanta metri di profondità sotto di loro. Forse avrebbe dovuto far
trasportare direttamente le truppe nel luogo dove si trovava la vulcaniana?
Scosse la testa: troppo pericoloso. Senza avere una idea precisa della
conformazione dei luoghi, senza il supporto dei sensori, era eccessiva la
possibilità di far materializzare le truppe in mezzo ad una roccia o farle
tranciare da qualunque cosa ci fosse là sotto. Non sapendo quanti ribelli
fossero appostati in quel rifugio, doveva preservare al massimo le truppe che
aveva a disposizione.

La ragazza - si chiamava Troy, se non ricordava male - si era chinata sul
pezzo, puntandolo con cura:

"Attenti!" - urlò. Gli uomini si protessero le orecchie, mentre la ragazza
premeva il contatto.

L'aria tremò per l'onda d'urto. L'odore rovente delle rocce che venivano
vaporizzate in un nugolo di fumo e polvere si sovrappose a quello familiare
dell'ozono. Per un attimo parve che non fosse successo niente, poi il fumo si
diradò, rivelando uno squarcio scuro nella roccia.

"Il passaggio! - esultò la ragazza.

* Li ho trovati! * pensò trionfante Seldon *Quell'imbecille di Farrel ha avuto
mesi a disposizione per sconfiggere i ribelli e non è riuscito neanche a
guardarli in faccia!*

Adesso si trattava di piegare la resistenza.

*E trovare Alejana... * - scosse la testa per scacciare dalla sua mente ogni
ricordo della donna. Non poteva permettersi di pensare a lei, non in quel
momento.

Accennò al primo gruppo di MACO. Gli uomini penetrarono nella breccia, evitando
le rocce arroventate, quindi scomparvero all'interno. Il secondo gruppo avanzò
in linea, quindi a sua volta si infilò nel rifugio.

*Tocca a me * - pensò il capitano. Gli uomini dovevano vederlo entrare lì
dentro.

"Voi - disse, rivolgendosi alla ragazza - Copriteci le spalle. Pronti a
portare dentro il pezzo. OK?"

"OK, signore!"



Pianeta HAN II

Luogo imprecisato -

Data: 08/02/2284 -

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Alejana si alzò a fatica dal gelido piano di pietra sul quale era distesa.
Respirò profondamente per riprendere il controllo. Si trovava in una cella
scavata nella roccia. L'aria sapeva di chiuso. L'illuminazione era scarsa, ed
in gran parte proveniente da un varco che dava su un corridoio.

Si avvicinò al varco, tentandolo con una mano.

"Non lo tocchi. C'è un campo di forze" - disse T'Val.

"Sto cercando di non pensare a lei!" - sbottò il primo ufficiale - "Se Coral
sente i miei pensieri..."

Un suono sommesso, simile ad un mugolio, la interruppe. Per un attimo pensò che
fosse stata T'Val ad emettere quel suono, poi capì e si girò verso l'apertura
della cella. Nel riquadro della porta era apparso un alieno piuttosto basso di
statura. Le sue spalle sussultavano, e Alejana comprese che l'alieno stava
ridendo.

"Si, commmandante..." - confermò l'alieno - "Sto ridendo di lei. Credeva
veramente di riuscire a difendere i suoi pensieri? Da uno come me?"

"Questo è Coral - disse T'Val - Il capo della ribellione. Il telepate."

"Esatto. Vede comandante... - iniziò. Parlava federale standard con un tono
basso, tanto che Alejana a volte non riusciva a distinguere con precisione le
parole - Quando si ha... ecco, una dote come la mia, è difficile venire
sorpresi. Qualunque cosa accada, il pensiero in genere anticipa l'azione. Ed io
sono sempre in grado di intercettare i pensieri di chi si trova nei miei
paraggi. Oggi, invece, sono stato sorpreso, e per ben due volte. Una sorpresa
me l'ha data lei: non mi aspettavo di ricevere in dono una prigioniera in più,
consegnata da qualcuno dei suoi stessi sottoposti. L' altra sorpresa... - le
pupille verticali di Coral si spostarono sulla figura della vulcaniana, in
piedi sul fondo della cella - Quando mi sono reso conto che uno dei miei
prigionieri era riuscito a sottrarsi, almeno in parte, al mio condizionamento
mentale. E' la prima volta che avviene, e sarò molto felice di esplorare la
mente che è riuscita a tanto, e di provarla in nuove esperienze... non appena
mi sarò liberato dai vostri amici"

* Seldon! * - si fece sfuggire il primo ufficiale, prima di riuscire a
censurare i propri pensieri.

"Non si preoccupi... Il suo amante... si, so anche questo... il suo amante sarà
ricevuto come si conviene. Saranno i suoi stessi uomini a sparargli. "

"Maledetto bastardo!" - furiosa, Alejana si avventò contro il campo di forze.
Coral arretrò di un passo, mentre il corpo dell'orioniana impattava
violentemente con l'energia. Un dolore bruciante la sollevò da terra
scaraventandola all'indietro. Batté il fianco contro il piano e si ritrovò con
il volto sulla pietra. In bocca avvertì il sapore del suo sangue.

"Un tentativo piuttosto stupido, comandante. E sarà punito come si conviene -
stavolta la voce mugolante di Coral era più chiara, e non aveva nessuna traccia
di insolenza. Alejana non si girò a guardarlo, aveva bisogno di tempo per
domare il dolore che le trasmetteva il proprio corpo - Ma in questo momento
non mi posso occupare di lei o della sua collega. Ho da fare... Farò ugualmente
in modo che la vostra prigionia vi impegni a dovere, anche in mia assenza. Ho
giusto quello che ci vuole..."

La voce si spense. Il primo ufficiale percepì due mani che venivano ad aiutarla
a tirarsi su:

"Qualcosa di rotto, comandante?" - domandò la voce piatta di T'Val.

"Forse un dente. - sibilò Alejana - Ma non è nulla rispetto a quello che gli
farò io non appena riuscirò a mettergli le mani addosso a modo mio!" - Ma non
sarebbe stato il solo, pensò l'orioniana. Anche chi l'aveva colpita alle spalle
sulla Thunder avrebbe avuto sue notizie. E riusciva a pensare solo ad una
persona che avrebbe avuto l'arroganza di mettersi così contro di lei.

T'Val l'aiutò a distendersi di nuovo sul piano di pietra:

"Per il momento, sarà meglio non fare altri tentativi del genere. Quel campo di
forze è reale, non una delle illusioni di Coral"

"Oh, me ne sono accorta!"

"Si è accorta anche di un'altra cosa? - domandò T'Val - Coral si è tirato
indietro"

"Cosa?" - Alejana era confusa dal dolore.

"Coral si è tirato indietro quando lei si è avventata verso di lui. C'era il
campo di forze in mezzo, e lui lo sapeva. Ma si è tirato indietro... Come se
l'improvvisa violenza lo avesse spaventato"

"Non lo aveva previsto - suppose l'orioniana - Perché io non l'avevo pensato,
prima di farlo... Non è vero che il pensiero preceda sempre l'azione..."

"Questo è interessante - commentò T'Val - dobbiamo tenerne conto. Forse abbiamo
appena scoperto una debolezza di Coral. Qualcosa che forse - sempre forse -
potremo sfruttare a nostro vantaggio"

*Nostro? Anche questo forse è qualcosa di cui tenere conto* - pensò il primo
ufficiale, guardando di sottecchi la vulcaniana.

"Un'altra..." - notò. La prima era il fatto che quella dannata vulcaniana era
riuscita a sfuggire al condizionamento di Coral. Questo voleva dire che, per
quanto non avesse nessuna fiducia in lei, T'Val le serviva. Premette sul
fianco, per diminuire il dolore. Le faceva un male dannato, e sapeva anche
senza guardare che stava diventando nero. Ma non poteva pensarci, non
adesso... Anche perché era sicura avrebbe fatto un gran piacere a Coral sentire
la sua sofferenza.

Sussultò.

No. Non era stata lei. Era stato il piano su cui era distesa a trasmetterle una
vibrazione. Ma non era solo il piano. La pietra in cui era stata scavata la
cella sembrava in qualche modo gemere. Si tirò sui gomiti:

"Ha sentito?"

"Si... A meno che non si tratti di un terremoto, sembra che questo posto sia
sotto il fuoco di artiglieria pesante."

"Devono essere i nostri - disse il primo ufficiale - Stanno attaccando le
postazioni dei ribelli!"

"E' probabile" assentì T'Val.

Un nuovo colpo fece tremare le pareti.

"Dobbiamo uscire da qui!" - esclamò Alejana.

T'Val si avvicinò all'apertura, allungando prudentemente una mano, fino a far
sprizzare delle scintille d'energia:

"Prima o poi uno dei colpi farà saltare l'energia dei campi di forza delle
celle. Dobbiamo essere pronte, a quel punto..."

"Sempre che non ci crolli tutto addosso! - disse l'orioniana. Un nuovo rumore
la fece voltare. La luminescenza di un teletrasporto illuminò per un istante la
cella. Ci mise un istante a riconoscere il volto dell'uomo che era stato
trasportato all'interno della loro cella:

"Dottor Van Ladden!"

L'uomo sembrava guardarle confuso:

"Non era nella stessa posizione, prima... - mormorò - E la vulcaniana, da dove
spunta?"

Alejana si girò verso T'Val:

"E' veramente il dottore? O è una illusione?"

La vulcaniana scosse la testa:

"Non sono in grado di dirlo..." - si avvicinò al dottore. Il volto dell'uomo si
aprì in un sorriso divertito:

"Ma in fondo perché no? A me piace spassarmela un po'... E qui, a quanto pare,
posso farlo..."

Con una mano, afferrò T'Val e la trascinò sul piano di pietra, sopra il corpo
disteso di Alejana.



Pianeta HAN II

Luogo ed ora imprecisati

Data: 08/02/2284





Qualcosa era successo. Capì che il suo corpo non era più legato alla parete, ma
non aveva percepito il momento in cui era caduto per terra. O forse non era in
grado di ricordarlo. Adesso, Miral si rendeva conto di essere raggomitolato
contro una parete, ma non riusciva più a muoversi. Si accontentava di trovare
il refrigerio nella roccia più fresca alle sue spalle. L'atmosfera era bollente
e sapeva del suo sudore. Sentiva la bocca arida. Aveva sete e fame. Nessuno gli
aveva portato cibo od acqua da quando era stato preso prigioniero. Forse faceva
anche quello parte del trattamento.

Curioso... La parete di pietra si era richiusa. Non aveva più una chiara
visuale delle altre celle, come l'aveva avuta fino a... Quanto tempo poteva
essere passato? Era rimasta solo l'apertura della porta, che dava sul corridoio
delle celle. Dalla sua posizione poteva vedere l'apertura di un'altra cella, ma
era troppo buio per guardare chi vi fosse rinchiuso, o se vi fosse realmente
qualcuno.

Riuscì a distendere una gamba, e quel breve movimento riuscì a dargli un minimo
di sollievo.

Bisognava dire che Van Ladden si era dimostrato un dannato esperto. Lui e.. .

Il maggiore Miller che prendeva in mano uno staffile, dicendo: Giochiamo?

Ed aveva stracciato la sua divisa, usando poi lo staffile sulla sua carne,
senza risparmio.

La sua divisa.

La sua divisa...

La sua divisa?

Aprì gli occhi. I pantaloni erano sporchi, la giacca gli pendeva addosso, ma...
L'aveva addosso! Come era possibile?

Avevano giocato a lungo con lui. Ricordava ogni momento e... Ma lo avevano
fatto davvero?

"Coral, maledetto str..." - mormorò. Così, era stato tutto nella sua testa. Lo
sguardo di feroce godimento che aveva visto nel maggiore Miller, lei e Van
Ladden che si rotolavano sul pavimento davanti al suo corpo sanguinante...
Tutto falso.

Il suo volto si piegò in un rictus, mentre dentro di sé si prendeva gioco di
se' stesso. Prima, quando era riuscito ad avere ragione dei campi di forze di
quella cella per entrare nella cella di fronte, aveva rievocato il mantra che
gli era servito nella lotta contro l'aenar, tanti anni fa...



Coral doveva averlo letto nei suoi pensieri. Ed aveva fatto in modo che il suo
vero nemico fosse in effetti la sua mente. Il suo cervello aveva memorizzato
piaghe che il suo corpo non aveva realmente ricevuto.

"Figlio di... - mormorò Miral - Non me ne frega niente se mi senti, hai capito,
Coral?"

Chiuse gli occhi. La sua gola bruciava per il bisogno di acqua. Ma se era solo
la sua mente a ricordare le torture, forse poteva spingere il suo corpo ad
uscire dall'entropia.

Facendo forza sui gomiti riuscì a staccarsi dalla parete. Scoprì di non avere
abbastanza energia per sollevarsi, ma si rovesciò sul ventre, trascinandosi sul
pavimento, in direzione della panca di pietra.

Si bloccò.

La roccia aveva avuto un tremito.

Avvertì un rumore di piccoli frammenti che cadevano a terra, polverizzati.
Allungò una mano, e percepì con precisione con il tatto i minuscoli detriti che
si erano appena staccati dalla volta.

Questo era reale, decise.

Se dalla Thunder erano riusciti ad individuare il rifugio ribelle, era
probabile che avessero iniziato un attacco. Questo significava che le vite dei
prigionieri erano più a rischio che mai. Anche nel caso della vittoria più
completa, l'ultimo ribelle rimasto in piedi avrebbe potuto sfogare su di loro
la rabbia della sconfitta.

Anche questo era reale.

Raddoppiò i suoi sforzi, fino a che le sue dita uncinarono il basamento della
panca. Tirò il resto del corpo, arrivando ad abbracciare il piedistallo. Si
concesse un istante per riprendere fiato, poi spinse il proprio corpo verso
l'alto, verso il piano.

Si aggrappò al piano, riuscendo a stendersi a metà su di esso. Perse un
istante per massaggiarsi le membra e riattivare la circolazione. Da ogni punto
del suo corpo sentiva arrivare fitte di dolore, ma decise di ignorarle.

Un altro po', pensò, solo un altro po' di pazienza e riuscirò a stare in
piedi... E allora...

Si rese conto che c'era rumore di passi nel corridoio delle celle. Si irrigidì,
pensando ai ribelli, e facendo forza sul piano, si lanciò verso lo stipite
della porta. Guardò fuori, verso l'apertura della cella, l'unica che era
rimasta visibile.

Nel riquadro comparve un soldato. Alle sue spalle spuntò un nuovo fucile
faser, che esplorò il corridoio da dietro l'angolo. Erano dei suoi!

"Sono qui! - chiamò.

Il sollievo gli morì in gola. Miral li vide oltrepassare la soglia della sua
cella, per andarsi a posizionare più in fondo. Una sagoma si fermò, esplorando
il vano con la bocca del suo fucile. Poi, proseguì, seguito dall'intera
squadra.

Miral si sentì morire. Aveva riconosciuto il MACO che si era fermato.

Era Polly. Il maggiore Miller.





Pianeta HAN II

Luogo ed ora imprecisati

Data: 08/02/2284 -



Sayed aveva smesso di sparare. Aveva gli occhi spalancati, e le pupille
sembravano l'unica cosa in movimento sul volto sporco di polvere di cemento e
di sudore. Anche gli altri avevano smesso di sparare. C'era silenzio. Solo
l'aria puzzava di caldo e di ozono.

Non le importava veramente. Polly Miller aveva smesso già da un po' di
combattere. Tanto, era tutto inutile. Tutto ricominciava allo stesso modo, e
finiva alla stessa maniera. Forse, era quello l'inferno di cui parlavano le
favole che aveva sentito da bambina: perché morivano tutti, l'uno dopo l'altro.
Lei compresa.

Un faser spianato, fuoco che la distrugge, sapore del sangue in bocca, dolore
feroce di ogni atomo del suo corpo che brucia, brucia, brucia...

*Quante volte sono già morta, qui?* - pensò Polly, appoggiando il capo
all'indietro, contro il muro della trincea. Aveva anche provato a girare il
fucile faser contro sé stessa. Come tutte le altre volte, si era ritrovata in
strada, con la sua squadra pronta per essere massacrata da cecchini che nessuno
riusciva a vedere ed i tricorder non riuscivano a registrare. E nessuno, a
parte lei, che ricordasse le vite precedenti.

Così, questa volta, si era tirata via, riparandosi dietro il muro di un
edificio distrutto. Sayed, vedendola inerte, aveva preso il comando della
squadra - senza dubbio pensando al momento in cui l'avrebbe preso
definitivamente, quel bastardo! - ma tanto non l'avrebbe avuto a lungo... I
cecchini avevano sempre la meglio su di loro.

Purché stavolta finisca in fretta... Qualunque cosa è meglio di questo assurdo
refrain.

Lo registrò quasi senza accorgersene, ed istintivamente si rimise in ascolto.
Una sorta di movimento, un'onda sonora trasportata dal vento. Riaprì gli occhi,
in tempo per vedere il corpo di Sayed teso a guardare al di là della trincea,
al punto che quasi si era alzato in piedi.

"Stai giù, imbecille!" - reagì Polly. Sayed si accosciò, poi le lanciò
un'occhiata:

"Di nuovo tra noi?" - motteggiò.

"E tu, quante volte vuoi morire?" - rimandò Polly.

Sayed si morse le labbra, poi accennò oltre la trincea:

"Non so quanto possa interessarla, maggiore..." - pronunciò il suo grado come
se lo vedesse già sul proprio colletto - "Ma ci sono movimenti sulla piazza"

Questa era nuova. Polly si chiese se il suo atteggiamento rinunciatario avesse
fatto scattare qualcosa. Se c'era qualcuno dietro a tutte le sue morti, forse
aveva deciso di passare il gioco ad un livello superiore.

D'accordo, allora. Giochiamo.

"Che genere di movimenti?" - domandò, avvicinandosi con cautela a Sayed per
guardare al di là della trincea.

"Una navetta non identificata è passata ad ore 11, dirigendosi verso la piazza.
Credo che sia atterrata al di là di quell'ex edificio governativo"

"Di nuovo!" - esclamò Maryl, che li aveva raggiunti - "Di là!"

Polly guardò nella direzione indicata. Un lampo verde scuro stava attraversando
il cielo, districandosi fra le rovine dei palazzi.

"Non è una delle nostre!" - disse Polly - "Non è di nessun tipo in dotazione
alla Flotta Imperiale!"

La navetta disegnò una spirale finendo dietro lo scheletro del fabbricato.
Puntò il tricorder, ma, come sempre, non individuò alcuna traccia.

"Se è il nemico, perché non le hanno usate per bombardarci?" - chiese Sayed.

"Perché là dietro quel palazzo stanno facendo sbarcare truppe di terra!" - Una
navetta come quella potrebbe avere dodici-quindici posti, rifletté il maggiore
Miller. "Dopo aver sbarcato le truppe, ci saranno addosso con il fuoco di
copertura!"

"Come fanno dei ribelli ad avere delle navette?" - domandò Maryl.

Polly scosse la testa:

"E come fanno ad avere una schermatura tale che noi non possiamo né vederli né
rilevarli?" - aggiunse la Miller - C'è una sola spiegazione, quelli che abbiamo
di fronte non possono essere semplici ribelli... Hanno degli alleati!"

"Squadre d'assalto? Invasori?" - si era aggiunto Yung. Il ragazzo venne ad
inginocchiarsi vicino a Maryl - "Chi sono?"

Gli altri - Boyl, Conrad, Leha - non si erano mossi dalla postazione assegnata,
ma guardavano verso di lei.

"Chiunque siano, noi faremo il nostro fottuto dovere, è chiaro?" - proclamò la
Miller, afferrando di nuovo il proprio fucile faser - "Comincerò a fare fuoco
di copertura a largo raggio per distrarre i cecchini. Uno alla volta,
attraversate la strada. Prima Sayed, quindi Maryl, ultima io. Se riusciamo a
passare attraverso le rovine di quel palazzo governativo, dovremmo avere una
buona visuale delle truppe nemiche, almeno quanto basta per fare rapporto al
comando imperiale quando i nostri verranno a riprenderci. OK?"

Non aspettò una risposta. Si girò, controllando la carica del faser. Quindi,
iniziò a sparare.

D'accordo, bastardi! E' un gioco? Giochiamo...





Pianeta HAN II

Dentro il rifugio -

Data: 08/02/2284 - ore 12:45





L'attacco arrivò senza preavviso. Un uomo si mise in ginocchio, un altro gridò,
mentre il compagno accanto a lui veniva inchiodato da una raffica ustionante ed
esplodeva lanciando intorno minutissime gocce di verde sangue bruciato.

Seldon si buttò dietro una colonna, rincorso dall'eco delle grida e degli
spari, mentre le prime file dei MACO venivano assalite da una serie di lampi
che riempivano l'aria del familiare sentore di ozono. Il capitano si guardò
intorno, controllando la posizione. Erano arrivati ad un ambiente chiuso, dalla
pianta circolare sostenuta da pesanti pilastri di pietra, a circa venti metri
di profondità sotto la roccia. Il centro dell'ambiente era occupato da una
ampia piscina, che specchiava i lampi dei faser sui muri e sulle colonne,
rendendo impossibile stabilirne l'esatta traiettoria.

Seldon girò intorno al pilastro, puntando il faser ad alzo zero, ma non riuscì
ad individuare il nemico. Le urla dei suoi miste all'eco dei colpi gli davano
un senso di stordimento. Il mirino del faser segnalava solo il calore dei corpi
dei suoi. Perse un istante per aprire il tricorder, ma dopo un istante lo
richiuse. Sapeva che non avrebbe trovato traccia del nemico sui sensori.

Seldon si sporse, intuì più che vedere l'ombra di una figura che sporgeva da
una feritoia sul muro in alto, sparò. La figura sparì, sparì anche la stessa
feritoia che si confuse con il muro circostante, per poi riaprirsi in un'altra
posizione.

"Le feritoie! Sparate alle feritoie!" - urlò, ma il suo ordine si confondeva
con le grida dei feriti. Un uomo aveva buttato il fucile per trascinare via
dalla linea del fuoco un compagno ferito ad una gamba.

"Imbecille!" - urlò Seldon, ma non aveva tempo di pensare ad una punizione, né
per annotarsi il nome dell'idiota. I colpi erano una pioggia battente. Sparò
ancora senza sapere esattamente dove. I faser stavano colpendo anche l'acqua
della piscina, che adesso sfrigolava e bolliva, rendendo l'atmosfera rovente di
vapore.

Un corpo cadde gridando nella piscina. Urlava in una lingua che Seldon non
conosceva, affondando tra i fumi dell'acqua bollente. Seldon riconobbe la tuta
dei MACO, ma attraverso il vapore non capiva di chi si trattasse. Le sue grida
disperate si riverberavano insieme ai lampi d'artiglieria. Ebbe la tentazione
di abbassare il tiro per colpire la sagoma in nero, poi scosse la testa. Aveva
bisogno di ogni singolo joule di carica in quella situazione, e sarebbe stato
uno spreco usarne per dare il colpo di grazia ad uno dei suoi.

Afferrò il comunicatore:

"Qui Seldon! Sbrigatevi con quel cannone! Lo voglio SUBITO QUI!"

Tornò a sparare. La sala era illuminata a giorno dai faser, fin quasi a far
male agli occhi. Un rumore più vicino degli altri lo costrinse ad alzare lo
sguardo. Si accorse che la colonna che lo proteggeva iniziava a sgretolarsi.

* Se crolla il tetto della caverna, qui sotto facciamo la fine dei topi! * -
pensò, senza smettere di sparare.

Premette il comunicatore:

"Seldon a Thunder!" - disse - "Pronti a ritrasportarci a bordo, al mio ordine...
Pronti!"

Colse un movimento dietro di sé, e si rese conto che lo avevano raggiunto le
truppe che aveva lasciato a proteggere le spalle. Identificò Troy e gli altri
con il mezzo pesante.

"Qui!" - segnalò, continuando a sparare - "Puntate al muro interno! Bassa
intensità, non voglio che ci crolli tutto addosso!"

Una nuova pioggia di lampi si staccò dal muro interno, per lanciarsi verso le
truppe in arrivo. L'aria era irrespirabile per il vapore misto a cloro e a
sapore di carne bruciata che arrivava fino in gola. Troy lo raggiunse,
tenendosi bassa, quindi con l'aiuto dei due uomini della squadra puntò il
cannone verso la parete in fondo.

"Al coperto!" - Seldon, turandosi le orecchie.

Il faser lampeggiò una, due volte, mentre il vapore rifrangeva e spezzava il
raggio in mille gocce incandescenti. Urla disperate lo raggiunsero mentre il
muro di fronte spariva, come inghiottito dalle volute di fumo.

E poi fu silenzio.

Seldon si alzò in piedi, con prudenza. La sala era sporca di sangue e di
impronte lasciate dai corpi. Un ferito aveva perso le gambe, e si trascinava
sul pavimento lasciando dietro di sé una lunga scia bluastra. Accennò a
qualcuno di occuparsi del ferito, quindi passò sul limite della piscina,
aggirandola. L'acqua era quasi sparita, lasciando sul fondo la sagoma immobile
di un cadavere irriconoscibile.

Il muro alle spalle della sala era crollato in parte. Qualcosa sporgeva da
sotto il pietrisco, e Seldon si chinò, scostando i detriti per scoprire il
volto.





ISS Thunder

Plancia di comando

Data: 08/02/2284 - ore 12:49



^!^ Seldon a Thunder! Pronti a ritrasportarci a bordo, al mio ordine... Pronti!
^!^

La voce del capitano risuono' in plancia. Grace Mullen, di turno alla
postazione tattica, si chinò a premere il pulsante per passare l'ordine alla
sala teletrasporto. Una mano la bloccò.

"Ordine revocato" - disse, calma, il tenente comandante Bellatrix Laris.

"Ma il capitano..." - abbozzò la donna, ma incrociando lo sguardo irridente
dell'altra, Grace capì di dover tacere.

Bellatrix sorrise, quindi andò a posizionarsi esattamente alla poltrona
centrale:

"Comunicazione a tutti i settori - ordinò - Il capitano si trova attualmente
sotto l'influenza di un nemico alieno in grado di controllarne i pensieri ed il
comportamento. Il primo ufficiale Alejana King è prigioniera dello stesso
nemico alieno, come pure l'ufficiale medico capo Van Ladden. Da questo momento,
quale ufficiale più alto in grado in servizio, prendo il comando effettivo
della nave. Fine comunicazione"

Le parole caddero in un silenzio rotto solo dal ticchettio degli strumenti. Il
navigatore scambiò un'occhiata con la timoniera, leggendo su di lei lo stesso
sconcerto e la stessa indecisione. La donna poggiò con fare casuale una mano
sul bordo dello stivale, dove, l'altro lo sapeva, teneva il pugnale
d'ordinanza.

Il navigatore azzardò un'occhiata alle spalle. Bellatrix Laris fissava il
piccolo schermo sul bracciolo della poltrona centrale, apparentemente senza
badare alla reazione del personale di plancia. Gli altri si guardavano l'uno
con l'altro, tutti tranne Grace Mullen. L' umana fissava la schiena
dell'ufficiale scientifico come se volesse perforarla con lo sguardo. Il
navigatore vide la donna prendere una decisione, e tirare fuori il faser dalla
fondina:

"Il capitano ha detto di tirarlo fuori da lì!" - esclamò Grace, facendo un
passo fuori dalla propria postazione. Il suo faser puntava decisamente verso lo
schienale della poltrona. Il navigatore ebbe un moto di reazione, poi si
accorse che Bellatrix sorrideva tranquilla.

Troppo tranquilla.

Rimase dov'era.

"Si alzi da lì! Non ha il diritto di stare sulla poltrona di comando!" - urlò
Grace.

Bellatrix rise apertamente:

"Oh, che paura!" - motteggiò, girandosi con tutta la poltrona per guardare
verso la postazione tattica. Quindi alzò comicamente le mani. Il navigatore si
accorse che aveva un telecomando tra le dita:

"Attenti!" - gridò, gettandosi a terra. Ma Bellatrix aveva già premuto. Il
navigatore si protesse la testa con le mani, aspettandosi spari, esplosioni,
chissà...

Non successe niente.

Nessuna esplosione.

Nessuno sparo.

Solo il ticchettio degli strumenti, come era avvenuto prima. Ed il faser che
cadeva dalle mani di Grace Mullen.

Il navigatore abbassò le mani, alzandosi lentamente. L'umana era ancora in
piedi. Il suo sguardo sembrava spalancato nel vuoto. Come pietrificata,
trasformata in una statua in marmo nero dalla Medusa che adesso era seduta
nella poltrona centrale.

"Riprendi il tuo faser" - ordinò Bellatrix, girando di nuovo la poltrona verso
lo schermo centrale. Ogni traccia di divertimento era sparita dal suo volto.

Grace si chinò a terra. I suoi movimenti erano rigidi, come se una parte di lei
si sforzasse di non ubbidire agli ordini, ma non potesse evitarlo. Raccolse
l'arma.

"Sorveglia la sala" - continuò Bellatrix - "Non vogliamo che qualcuno si faccia
venire troppe idee, vero?"

Il suo sguardo si posò sul navigatore, che si affrettò a rimettersi alla sua
postazione. Non capiva esattamente cosa fosse successo a Grace Mullen, ma
sentiva di essere ancora troppo giovane per mettersi a discutere.

"Aprite un canale con il pianeta. Voglio parlare con il colonnello Farrel" -
sentì dire. Di fronte a lui, si aprì lo schermo centrale. Il volto del
colonnello sembrava enorme visto dalla sua postazione.

^!^ Qui Farrel - l'uomo bofonchiò - Che cosa volete, ancora?^!^

"Calma, colonnello... Non c'è ragione di essere arrabbiato. Non con me, almeno.
- disse Bellatrix Laris, suadente - In effetti, la sto chiamando per una buona
notizia. Credo che il Comando Imperiale stia riconsiderando la sua
destituzione"

Gli occhi di Farrel si socchiusero in una espressione astuta:

^!^ Il capitano Seldon è stato informato della cosa?^!^ - domandò.

"Non ancora. Abbiamo trovato il rifugio dei ribelli, ed il capitano Seldon ha
guidato le truppe all'assalto, ma sfortunatamente è caduto vittima
dell'influenza dell'alieno Coral. Coral è un potente telepate"

^!^ Capisco. E' per questo che anche le mie truppe hanno avuto così tante
defezioni^!^

"Spero che capisca davvero. Le sto offrendo l'opportunità di riscattarsi agli
occhi del Comando Imperiale..."

^!^ Non mi ha detto in che modo^!^ - disse Farrel.

Bellatrix compitò alcune cifre sulla tastiera del bracciolo. Il navigatore vide
Farrel guardare verso la sua destra, attirato da qualcosa che era fuori dal
quadro:

"Quello che le ho appena spedito - disse l'ufficiale scientifico - Sono le
coordinate del rifugio ribelle. Sto per dare l'ordine di bombardare il rifugio,
in modo da schiacciare la ribellione con un unico colpo mortale. Sarebbe bene,
per la sua reputazione, che lei aggiungesse alle armi di questa nave anche i
sistemi di difesa terrestre"

Un sorriso feroce comparve sul volto gigantesco dello schermo:

^!^ Faremo la nostra parte - disse - Ci dia qualche minuto per allineare le
armi e posizionare gli uomini... Qui Farrel, chiudo ^!^

Il navigatore ci mise un secondo a comprendere che cosa volesse dire
posizionare gli uomini. Farrel avrebbe dovuto per prima cosa liberarsi degli
uomini che troppo in fretta si erano schierati con Seldon, dopo la sua
destituzione. Solo dopo sarebbe stato pronto a bombardare il rifugio ribelle.

E le loro truppe, insieme ad esso.

E Maryl, insieme alle truppe, pensò l'uomo, con una stretta al cuore. Ma rimase
al suo posto.





Pianeta HAN II

Luogo ed ora imprecisati

Data: 08/02/2284





I colpi si erano acquietati da un paio di minuti. Miral si sentiva addosso il
pulviscolo ed i detriti caduti dal tetto della cella. Durante l'attacco, aveva
avvertito rumori di una lotta e voci concitate provenire da qualche parte alla
sinistra della sua cella. Non pensava che si trattasse ancora di Coral. Quel
bastardo alieno doveva avere il suo daffare a mettere i suoi MACO gli uni
contro gli altri, quindi era difficile che si occupasse di lui... Almeno per un
po'.

Si rialzò, a forza, ignorando il dolore che gli arrivava da ogni parte del suo
corpo, ed andò all'apertura della porta. Sfiorando la soglia, seppe che il
campo di forza era ancora attivo.

"Ehi... - gridò - C'è qualcuno?"

"E' Miral!"

"Colonnello!"

Le voci di T'Val e di Alejana King gli risposero quasi contemporaneamente.

"Qui il campo di forze della cella è sempre attivo. Voi siete ancora
prigioniere?"

"Positivo - rispose la voce dell'orioniana - Insieme a noi c'è anche il dottor
Van Ladden... Che però abbiamo dovuto mettere a dormire..."

"Era evidentemente sotto l'influenza di Coral" - sottolineò la vulcaniana.

"Non è il solo..." - disse Miral - In questo momento sta evidentemente
concentrando i suoi poteri telepatici sui soldati che ha inviato contro i
nostri..."

Un nuovo scossone lo interruppe. Piccoli frammenti di roccia gli piovvero
addosso. La luce tremò, si spense, si riaccese, si spense di nuovo. Le celle
caddero nel buio piu' profondo. Miral allungò una mano, tastando il muro fino a
trovare l'apertura, vi affondò con la mano, vi entrò, appoggiandosi al muro
esterno della cella:

"Il campo di forze è andato! - urlò - Dobbiamo approfittarne adesso, prima che
entri in funzione qualche fottuto generatore d'emergenza"

"Continui a parlare! - ordinò Alejana - Dobbiamo trovarla, in questo buio".

Il buio acuiva i suoi sensi. Avvertiva il suono dei passi incerti delle due
donne, il loro respiro che diventava più pesante. Finalmente avvertì qualcosa
che lo toccava, e si rese conto che si trattava del braccio della vulcaniana.

"Non possiamo portare con noi Van Ladden" - disse T'Val, afferrandolo per la
mano - Dobbiamo lasciarlo qui..."

"Adesso occupiamoci di noi"- disse Alejana, raggiungendoli - "Nessuno di noi è
ancora in salvo. E nessuno di noi può attualmente fare a meno dell'altro. Di
Van Ladden ci occuperemo quando i nostri avranno il controllo di questo
posto".

"Bene... - disse Miral - Allora, cerchiamo una via d'uscita."



ISS Thunder

Corridoio dell'infermeria

Data: 08/02/2284 - ore 12:57





Dannazione, dannazione, dannazione!

David Jones aveva capito di essere fottuto nel secondo esatto in cui Bellatrix
Laris aveva emesso la sua comunicazione. Non poteva fare a meno di sentirsela
riecheggiare in testa: ...Da questo momento, quale ufficiale più alto in grado
in servizio, prendo il comando effettivo della nave. Fine comunicazione.

No. Non la comunicazione. Era lui ad essere finito, ora e sempre. La Thunder
non era abbastanza grande per nascondercisi all'infinito. Era balzato fuori del
suo alloggio, senza perdere altro tempo che quello di afferrare la fondina del
suo faser, ma dove avrebbe potuto trovare rifugio? E perché non c'era
resistenza? In un cambio al vertice di quel tipo, c'era sempre qualche
fedelissimo che faceva il giapponese nella seconda guerra mondiale... Anche
perché avrebbe avuto troppo da perdere con il nuovo comando.

Come lui.

I corridoi erano quasi deserti, per fortuna. I MACO stavano combattendo sul
pianeta, gli alti comandi idem, e la maggior parte della bassa manovalanza
probabilmente stava tenendo un profilo basso in attesa degli eventi. Lui, il
più fottuto era lui... Regalmente, sovranamente, imperialmente fottuto!

L'infermeria era solo ad un corridoio di distanza. Sull'impiantito avvertì il
passo pesante di una squadra della sicurezza, quindi scartò a sinistra,
cercando scampo dentro la cabina di un turboascensore fortunatamente aperta. Si
schiacciò contro la parete della cabina, lasciando il l'ascensore in apparenza
aperto e libero, ed attese.

David Jones lasciò sfuggire appena un respiro leggero, quel tanto da non andare
in apnea. Si accorse con terrore che i passi si erano fermati proprio là
davanti.

No, per favore, non ditemi che avete bisogno proprio dell'ascensore!

Non parlavano. C'era solo il loro respiro, a pochi centimetri dalla sua testa.
La sua mano sudava sul calcio del faser, schiacciata contro la parete. Quanti
potevano essere? Due, tre, a giudicare dai passi.

Quanti poteva farne fuori, con quel suo misero faser prima di essere fritto?

Gli uomini si mossero. David ascoltò i passi che si allontanavano
dall'ascensore senza osare fare un movimento.

Infine, si girò, lanciando un'occhiata rapida sul corridoio.

Vuoto!

Con prudenza, avanzò un piede nel corridoio, guardando nella direzione in cui
gli uomini erano scomparsi. Lasciò il turboascensore, correndo poi a perdifiato
nell'infermeria.

"Lena!" - Lena Hernandez si alzò dalla scrivania, andandogli incontro.

"Cosa fai qui? Pensavo..."

Che ormai fossi morto, completò Jones mentalmente:

"No, come puoi pensare che sia finita? Il capitano Seldon..."

"Seldon non è qui. Invece, tutta la sicurezza della nave è con la Laris"

David si avvicinò a Lena, lentamente, guardandola fisso negli occhi. Sapeva di
piacerle, ma in queste condizioni, con la comandante usurpatrice contro di lui,
l'avrebbe aiutato o avrebbe pensato a salvarsi il bel didietro? Non aveva
ancora chiamato la sicurezza, quindi forse, aveva ancora una bella presa su di
lei...

"Vuoi aiutarmi, Lena?"

La sua mano salì a carezzarle una guancia, quindi accostò le labbra a quelle di
lei, spingendola poi piano contro la scrivania. Le circondò la vita con
entrambe le mani, mentre afferrava fra i denti il labbro inferiore della donna,
invadendo poi le labbra con la lingua. La donna cercò equilibrio appoggiandosi
alla scrivania.

"Vuoi aiutarmi?" - ripeté.

"Cosa vuoi?" - ansimò la dottoressa. Il camice era aperto e scomposto. Con una
mossa rapida, le alzò la gonna fin sopra la vita.

"Devi dirmi una cosa - le bisbigliò all'orecchio. Le sue mani continuavano a
sfiorarne il corpo, scegliendo con cura i luoghi e le carezze. Conosceva quel
corpo, sapeva come farlo vibrare, ma sapeva anche di non avere molto tempo.
Chiunque poteva capitare in infermeria da un momento all'altro. Qualcuno della
sicurezza, per esempio... Doveva fare in fretta a tirarle fuori un po' di
verità - Dimmi...Come lo sapevi? Come sapevi che Rizzo, che Seldon considerava
fra i suoi uomini più fedeli, stava lavorando per la Laris?"

Approfittò di un istante per aggiustare il proprio corpo contro quello di lei.
Cominciò a muoversi, ritmicamente, cercando di penetrarla piano.

"Lui... Aveva un chip" - disse lei.

"Si... - la parola gli uscì come un mugolio, senza volerlo - Certo... Lo so. Me
lo avevi già detto. Seldon gli ha fatto mettere un chip, per controllarlo...
Quando è stato trasformato in Sensini"

Lena sorrise:

"E non sai chi ha fatto quel chip? - alitò lei - Non lo immagini?"

David si bloccò un istante, comprendendo:

"Lei? Bellatrix Laris?"

"Ah... Continua. Non fermarti!" - mormorò Lena - "Si, si... Si, è stata lei.
Nel laboratorio scientifico. Ma non era il primo..."

"Come? Dimmi..."

"Ah... non era il primo. E' già da un po'... Si..."

"Si, cosa?"

"Si, David...Anche la sicurezza... Con un pretesto o l'altro... Li ha
impiantati con un chip... Io non sapevo di che si trattasse. Mi aveva detto...
Ah... Che erano per un esperimento... Solo poi, quando ho visto Rizzo prendere
l'orioniana ho capito..."

Razza di idiota, pensò David, continuando a muoversi fuori e dentro di lei. Si
chinò a morderle il lobo dell'orecchio, quindi la gola, con la tentazione quasi
di affondarle i denti dentro le arterie. Possibile che non sapesse che cosa
stesse facendo, quando impiantava quei chip dentro gli uomini della sicurezza?

Spiò il suo volto, cercando di capire se fingesse. Non poteva saperlo... . Ma
in fondo non era quello l'importante. L'importante era finire... ed uscire di
lì. L'importante era...

Il laboratorio!

Si ritrasse, riaggiustandosi i pantaloni. Lena aprì gli occhi, stupita.

"...Cosa?"

"Finiremo questa discussione un'altra volta - disse David, freddamente -
Adesso, devo trovare il mezzo di entrare nella consolle privata di Bellatrix
Laris, perché è fin troppo chiaro che lei ha perfezionato il suo chip lì
dentro"

"Oh, certo - commentò la dottoressa - Ed immagino che io dovrei aiutarti? Ed in
cambio di cosa? Delle tue strabilianti capacità amatorie?"

"Non solo delle mie, tesoro..." - mormorò David - "Non pensi che il capitano e
la primo ufficiale ci sarebbero molto grati se tornando a bordo trovassero il
problema Bellatrix risolto?"

Dentro di sé, stava già pensando ad un piano. In fondo, era solo un'altra
partita a scacchi.

Tutto stava a non essere il pedone.









ISS Thunder

Plancia di comando

Data: 08/02/2284 - ore 12:57



^!^ Qui Farrel. Chiedo scusa per il ritardo, ma abbiamo avuto... Dei piccoli
problemi tecnici da risolvere ^!^ -

Il navigatore abbassò involontariamente lo sguardo, poi decise che tutto
sommato non aveva niente da seguire sui suoi strumenti, e che poteva
permettersi di fissare il colonnello sullo schermo centrale.

Sembrava soddisfatto, pensò. Per qualche motivo, la telecamera non inquadrava
solo il suo volto, ma lo vedeva seduto al centro di una sala non troppo
dissimile dalla plancia di una nave. Alle sue spalle stavano passando degli
uomini, che sembravano reggere un corpo dalle mani e dai piedi, senza una
barella o un carrello antigravità. Probabilmente c'erano più cadaveri che
barelle, pensò il navigatore. Chissà se Maryl era ancora viva...

"Capisco" - stava rispondendo secca Bellatrix Laris, dalla poltrona centrale -
Siete pronti, adesso?"

^!^ Prontissimi. Armi pronte e centrate sull'obbiettivo. Attendo il vostro via.
^!^ - Farrel accennò ad un altro umano, che andò a posizionarsi alla sua
destra, poco dietro il colonnello.

"Mullen, pronti a far fuoco sul rifugio ribelle?"

"Pronti... comandante" - la voce di Grace sembrava strozzata, ma il navigatore
non osò dare un'occhiata alle proprie spalle. Non aveva nessuna voglia di
attirare l'attenzione.

"Al mio via, fuoco a volontà" - disse Bellatrix.

Il navigatore sbatté le palpebre. L'immagine era saltata in un brusio confuso.

"Che succede?" - saltò su Bellatrix.

"Una interferenza sul canale... - rispose la voce di Grace Mullen - "Non so di
che cosa si tratta, ma sembra una trasmissione proveniente da questa nave. Sto
provando un altro canale... Ecco, credo che sia..."

L'immagine tornò, saltò di nuovo, tornò ancora, e per un istante il navigatore
pensò che ci fosse qualcosa di sbagliato. Sentì delle grida, di sorpresa, di
rabbia, o chissà, ma lui non capiva. Doveva essere un'altra sala, un altro
posto...

Poi, riconobbe Farrel.

"Cosa?" - Bellatrix raggiunse la consolle di navigazione, fissando lo schermo
con gli occhi sgranati. Farrel si muoveva ancora, piegato sui resti della
poltrona centrale, come in parte saldato ad essa. Le ultime faville della vita
di Farrel si spensero, mentre la telecamera inquadrava il braccio del soldato
che lo stava uccidendo.

L'assassino si girò verso la telecamera, con un ghigno sornione sul volto.

"Non è possibile! Rizzo!" - gridò Bellatrix. La sua mano corse alla cintura,
dove aveva messo il telecomando.

Grace Mullen le piombò alle spalle, rovesciandola a terra. Il telecomando le
sfuggì di mano. Il navigatore dimenticò ogni prudenza, e corse a schiacciare
l'oggetto sotto la suola delle scarpe, mentre la statuaria agente di sicurezza
allungava un calcio diretto al mento dell'ufficiale scientifico. Bellatrix le
afferrò lo stivale, tirando l'altra a terra, le bloccò le mani, prendendole
dalla cintura il faser d'ordinanza, e rapida come il pensiero rotolò a terra,
si rimise in piedi e spianò l'arma con un gesto circolare, verso tutti gli
ufficiali di plancia.

"Fermi!" - urlò la donna.

"Non puoi sparare a tutti! - disse Grace Mullen.

"Vuoi essere la prima? - ribatté Bellatrix. La donna si mosse arretrando verso
la porta della plancia, continuando a tenere sotto tiro gli ufficiali:

"Posso aver perso il controllo dei chip dentro di te o dentro Rizzo, ma ho
ancora abbastanza seguaci, qui a bordo, da mantenere il controllo della nave...
E prendere ognuno di voi!" - salì le scale, premendo la chiamata del
turboascensore.

"Non cercate di fermarmi!" - urlò Bellatrix.

La porta si aprì.

Un braccio circondò la vita della donna, tirandola a sé, e d'improvviso
comparve un fiore sul petto della donna, un fiore rosso fuoco che sprizzava i
suoi petali in un fiotto che investiva la plancia, gli uomini, le donne, le
macchine all'intorno del suo centro. La donna guardò in un ultimo istante di
consapevolezza lo stelo metallico che le sporgeva dal petto, ma non poté capire
chi le avesse piantato quel fiore addosso.

Il navigatore alzò gli occhi, mentre la donna cadeva a terra. L'uomo che le era
comparso alle spalle tirò via il pugnale, quindi avanzò di un passo.

Era coperto di sangue, e gli ci volle un istante per riconoscere in lui il
tenente David Jones.