04.01 "Gabbia"
di T'Val , Pubblicato il 13-11-2014
PIANETA HAN II
Data astrale: sconosciuta
Ora: sconosciuta
Polly Miller avvertì il rumore e si gettò verso il muro caldo della casa
crollata. Schiacciò il volto contro il terreno sporco di detriti sentendo
nel fragore delle raffiche le urla della sua squadra. Frammenti di cemento
sbriciolati le piovevano addosso. Il calore dei colpi bruciava l'aria sopra
di lei. Non poteva allungare lo sguardo per vedere chi era stato colpito.
Scorse uno squarcio nel muro grigio, vi rotolò dentro, trascinandosi dietro
il peso del fucile. Dietro il muro, si raccolse su sé stessa, quasi in
posizione fetale. Sopra, poteva vedere pezzi di cielo trafitti da spuntoni
d'acciaio bruciato che sporgevano dai relitti del palazzo annerito.
Qualcuno gridava ancora. Attraverso il muro bollente sentiva parole in una
lingua che non era federale, ma la voce era quella di Sayed. Afferrò il
tricorder, ma, come la prima volta, sapeva che non avrebbe visto niente, a
parte i segni vitali di tre esseri. Tutti umani. Tutti della sua squadra.
Dove diavolo erano quei cecchini? Dove si nascondevano? Come?
Una luce si spense sul tricorder. Anche la voce di Sayed. Nessun altro
gridava. Dov'era Miral? Adesso avrebbero finito gli altri due, poi i
cecchini si sarebbero occupati di lei. Strinse il fucile. Sapeva che il
comunicatore non avrebbe funzionato, ma lo prese ugualmente:
"Miller a Thunder!" - urlò - "Miller a Thunder... Siamo sotto attacco! E'
un'imboscata! Rispondete! Rispondete!"
Uno spuntone di acciaio sopra di lei esplose in un fiotto di goccioline
bollenti che le caddero addosso striandole la divisa. Il dolore le fece
lacrimare gli occhi. Lanciò uno sguardo allo squarcio grigio nel cemento,
quindi balzò in piedi fra le gocce d'acciaio roventi ed iniziò a sparare.
PIANETA HAN II
Sede del comando Imperiale
Data astrale: 03/02/2284
Ora: 22,15 circa
Il corpo nudo del ragazzo sussultava attraverso il vetro spesso
dell'agonizzatore.
Alejana King apprezzò mentalmente l'isolamento con cui era stata costruita
la stanza. La stanza - quasi un anfiteatro al centro del quale brillava la
stretta gabbia del congegno - non aveva angoli oscuri o ambiguità. Una luce
fredda illuminava a giorno un ambiente di un nitore abbacinante, nel quale
non si sentiva nessun grido, nessun lamento, come in un olofilm antico cui
qualcuno avesse tolto l'audio. Non riuscivano a penetrare attraverso il
vetro lucido del dispositivo nemmeno i miasmi della paura, del sudore, del
sangue che gli colava dalle mani - doveva aver inutilmente battuto a lungo
contro le pareti della cella.
Il colonnello Farrel lanciò un'occhiata all'uomo in nero che era ai comandi.
Non lo aveva presentato quando lei e Seldon erano entrati nella sala, ma i
simboli sulla sua divisa lo identificavano come il medico capo. Quello
doveva essere il dottor Nolan, quindi, se le schede che aveva letto riguardo
al personale della Base imperiale del pianeta erano aggiornate, pensò
Alejana. Non lo avrebbe mai detto. Il dottore aveva un volto flaccido,
rotondo, circondato da capelli troppo lunghi ed una rada barba grigiastra
che gli dava un aspetto sfatto e banale. Non sembrava il tipo d'uomo con le
capacità necessarie per un lavoro tanto importante, ma forse aveva doti
nascoste. O dei protettori importanti. Troppo facile sottovalutarlo,
rifletté lei.
L'uomo girò una manopola sulla consolle, ed il ragazzo si accasciò sul
vetro, ansimante. L'alito tracciò sul vetro aloni che ne confondevano i
tratti del volto. Alejana si alzò dalla poltroncina accanto a quella di
Seldon e si avvicinò a guardare. Dodici, o forse tredici anni, in apparenza.
"E' un umano?" - domandò, interessata.
"Il piccolo Allen, si, è umano" - confermò il colonnello Farrel - "La sua
famiglia è stata trapiantata qui con altri coloni provenienti da vari
pianeti, per colonizzare questo posto dove c'erano i nativi, per ordine
dell'Impero.
Ma loro si sono messi dalla parte di quei mezzi animali. A dar retta a loro,
tutti gli umani di questo pianeta sarebbero dovuti rimanere sulla Terra. Il
nostro Impero non avrebbe alcun futuro nello Spazio, se fosse per questa
gente."
Sul volto di Seldon si dipinse una espressione di disgusto:
"Sono molte le famiglie di coloni umani che hanno tradito il loro Impero?
Come questi qui?"
"Purtroppo si" - ammise Farrel - "Personalmente, ritengo che sia il frutto
avvelenato della politica di dislocazione attuata con manica troppo larga.
Gran parte dei coloni, sono stati trasferiti qui da posti come Jonas I o
Iota Vulcano IV. Tutti posti in cui la sedizione è stata ampiamente diffusa"
"Come?" - domandò vivacemente Seldon - "Tutti i ribelli di quei pianeti sono
stati annientati. Come hanno fatto a finire qui su Han II?"
"I ribelli sono stati annientati, certo. Ma le loro famiglie sono state solo
deportate, non passate per le armi come avrebbero dovuto... Così, i semi di
quelle sedizioni si sono diffusi anche qui. E questo..." - accennò disgustato
al ragazzo semisvenuto nell'agonizzatore - "...E' il risultato di quella
politica troppo tenera"
Alejana spostò di nuovo lo sguardo verso il giovane. Era appoggiato al
vetro, quasi senza fiato. Attraverso ciocche di capelli lunghi e scomposti,
dalle punte più scure delle radici, si vedevano lacrime. Mentre lo fissava,
le palpebre si mossero scoprendo iridi chiarissime, quasi trasparenti, che
spiccavano sugli occhi iniettati di sangue. L'orioniana appoggiò una mano
sul vetro, in corrispondenza del volto.
"Può sentirmi?" - domandò.
Farrel accennò al dottor Nolan, che premette un pulsante:
"Adesso si!" - borbottò il medico.
"Mi senti?" - chiese lei, a voce bassa. Sapeva di non dover urlare.
Il corpo del ragazzo vibrò per un istante, prima di dare un cenno di
assenso.
"Noi non vogliamo farti questo. Mi capisci?"
Gli occhi di lui si richiusero. Niente cenni di assenso. Alejana sentì sulle
spalle lo sguardo interessato di Nolan, ma non staccò il contatto visivo con
il piccolo Allen.
"Sai perché ti stiamo facendo questo?" - incalzò - "Tu lo sai, vero?
Possiamo rimandarti a casa. Perché tu vuoi rivedere i tuoi... Vero?"
Le spalle nude del ragazzo sussultarono ancora. Alejana si ritrasse,
irritata. Stava ridendo di lei?
"Come se non io sapessi... Lo so che i miei sono stati giustiziati" - la
voce
del ragazzo risuonò metallica attraverso i diffusori della gabbia. Spalancò
gli occhi, dalle pupille dilatate - "Lo so che ucciderete anche me. Ma
mio fratello mi vendicherà. Vi ammazzerà tutti!"
"Tuo fratello?"
"Tutti i ribelli del suo gruppo si chiamano fratelli e sorelle tra loro" -
spiegò Nolan - "Anche se non sono collegati da vincoli genetici. Il fratello
di cui parla è Coral, il loro capo. Uno di quei mezzi animali dei nativi di
qui."
"Quelli che chiami mezzi animali ti distruggeranno!" - urlò Allen, battendo
il palmo contro il vetro dell'agonizzatore. Alejana d'istinto si ritrasse -
"E distruggeranno il tuo imperatore!"
"Naturalmente" - commentò sarcastico il capitano Seldon. Alejana scambiò
un'occhiata con lui, staccandosi dalla gabbia di vetro, quindi alzò le spalle e fece
cenno al dottor Nolan di chiudere la comunicazione. L'uomo eseguì, poi tornò
a girare la manopola dell'agonizzatore.
Il colonnello Farrel si voltò verso il corridoio che portava ai piani
superiori. Il capitano Seldon lanciò un'occhiata espressiva ad Alejana King
prima di scrutare il corridoio verso il quale si stava incamminando il
colonnello. L'uomo si girò un istante, come sorpreso che i due stessero
esitando a seguirlo. Seldon fece passare ancora un paio di secondi prima di
decidersi ad alzarsi dalla poltroncina dell'anfiteatro.
Il colonnello si irrigidì. L'orioniana intuì il sorrisetto di
autocompiacimento che doveva aleggiare sulle labbra del capitano, mentre si
incamminavano nel corridoio. Il messaggio che lui era stato incaricato di
recapitare era sicuramente giunto a destinazione, adesso. Per quanto Jack
Farrel avesse ancora protettori importanti, nessuno di loro era abbastanza
potente da allontanargli di dosso il pericolo di un richiamo sulla Terra.
Non all'infinito, sicuramente. Ora, sapeva di doversi impegnare molto di
più. Una condanna per inettitudine non era appellabile.
"Francamente, colonnello, non capisco le sue difficoltà" - disse il capitano
Seldon - "E' per questo che lei ha richiesto l'intervento della nave più
nuova e potente dell'Impero. Per stroncare una ribellione fatta da
ragazzini?"
"Non sono certo tutti ragazzini - ribatté secco Farrel - Sono bene armati.
Riescono ad arrivare dovunque, sfuggendo ai nostri sensori. Ed in ogni caso,
io ho solo richiesto l'intervento di truppe fresche in supporto: le mie sono
state decimate da dozzine di attentati e di attacchi"
"Per non parlare delle diserzioni" - intervenne Alejana. Farrel sussultò.
L'orioniana sorrise sorniona:
"Si, sappiamo anche questo. Il vostro commissario politico è riuscito a far
arrivare alla nostra nave un rapporto, prima di sparire misteriosamente
qualche giorno prima del nostro arrivo" aggiunse lei. Farrel si fermò di
fronte alla porta di un ascensore, cupo:
"Purtroppo il commissario politico Humbert è stato una delle vittime di una
imboscata" - disse cupo Farrel - Il suo sacrificio e quello degli uomini che
erano con lui sarà ricordato con onore nell'Impero"
Seldon non commentò. Attese di vedere l'altro entrare nella cabina
dell'ascensore prima di seguirlo.
"Il nostro colonnello Miral avrà bisogno di tutti i dati tattici e
strategici per contribuire alla missione" - disse il capitano.
"Naturalmente. Nel mio ufficio ho tutto quello che..."
La luce dell'ascensore barcollò, si spense, mentre la cabina del
turboascensore si bloccava a metà. Alejana d'istinto si resse alla parete
con una mano, mentre l'altra correva al manico del pugnale legato alla
coscia. Nel buio improvviso sentì le esclamazioni dei due uomini. Ne
localizzò i respiri, puntando con forza le spalle ai pannelli.
"Sono loro! - urlò Farrel - E' un attacco!"
"Com'è possibile? - urlò Seldon - Come fanno a..."
Un nuovo scossone gli impedì di continuare, scagliando i due uomini addosso
ad Alejana. Il collo di Farrel odorava di sudore e di paura e l'orioniana
tentò di respingerlo, ma l'ascensore pendeva in maniera innaturale,
schiacciandolo contro di lei. Sotto le unghie, le pareti erano troppo lisce
per aggrapparsi.
Sentì la voce di Seldon. Era riuscito ad afferrare il comunicatore:
"Seldon a Thunder!Seldon a Thunder! Tre da teletrasportare! Tirateci fuori
di qui, immediatamente!"
Il pavimento tremò ancora. Capì che con un altro colpo l'ascensore si
sarebbe staccato dalle guide e che la cabina sarebbe precipitata. Attraverso
le paratie avvertì il suono dell'onda d'urto che si propagava all'interno
del condotto e mentalmente si preparò all'impatto.
PIANETA HAN II
Posizione: sconosciuta
Data stellare: sconosciuta
Ora: sconosciuta
Polly Miller aprì gli occhi, contando gli uomini. Otto figure in nero
controllavano i dintorni seguendo la procedura standard.
Nelle narici inalò il familiare odore di polvere di cemento e di morte,
mentre osservava la strada dove si trovavano. Sotto gli stivali, sentiva
scricchiolare il cemento sbriciolato dei palazzi. Era stata bombardata a
tappeto fin dai primi giorni di quella ribellione. Secondo le istruzioni che
erano state date dal colonnello Farrel, erano stati trasportati nella zona
degli edifici pubblici, ma nessuno dei palazzi che circondavano la zona era
più in piedi, e non sarebbe stata in grado di identificare la loro funzione
prima della guerra. Adesso erano solo rovine. In fondo alla strada, sapeva
che avrebbe visto una piattaforma che sosteneva ancora il basamento di una
statua - o forse era stata una fontana, chissà.
Non perse tempo a controllare il tricorder od aprire il comunicatore. Sapeva
che il comunicatore non avrebbe funzionato e che il tricorder non avrebbe
segnalato nessuna forma di vita intorno a loro, o almeno, nessuna a parte
quelle degli uomini che le erano davanti. Li contò di nuovo, come per fare
l'appello.
Maril.
Dobbs.
Yung.
Boyl.
Conrad.
Leha.
...Sayed. Mancava Miral, ma si sarebbe chiesta un'altra volta dov'era andato
a finire il suo colonnello. Adesso doveva capire cosa fare per tornare viva a
casa... Sulla sua nave.
Tanto, gli altri in ogni caso non ce l'avrebbero fatta...
ISS THUNDER
Plancia di comando
Data astrale: 03/02/2284
Ora: 22,31 circa
"Capitano in plancia!" - avvisò Bellatrix Laris, facendo scattare
sull'attenti gli ufficiali di turno.
"Capitano, nel suo studio!" - la corresse Seldon, percorrendo la plancia a
lunghi passi decisi, seguito dalla primo ufficiale - "Ed anche voi!" -
aggiunse, puntando un dito contro di lei e contro l'ufficiale politico. La
vulcaniana alzò un sopracciglio e si diresse verso la porta dello studio del
capitano, subito imitata da Bellatrix.
Il capitano si sedette sulla poltrona della sua scrivania ed attese un
istante che le donne prendessero posto. Dopo qualche istante, si aprì la
porta dello studio e li raggiunse il colonnello Miral.
"Avete visto sugli schermi quello che è successo giù, su Han II?"- attaccò
Seldon.
"Non proprio. Stavo facendo un breafing con i miei uomini quando è avvenuto
l'attacco" - disse Miral - Quando sono stato avvisato, l'attacco dei
terroristi contro la nostra Base si era già concluso"
"Dalla nostra postazione tattica, abbiamo identificato e bombardato la zona
da cui è partito l'attacco... Ma senza alcun risultato visibile, purtroppo"-
rispose T'Val.
"La zona da cui è partito l'attacco risultava desertica e priva di alcuna
forma di vita sia prima che dopo. Io ho registrato tutto dalla postazione
scientifica" - disse Bellatrix - "Insieme all'ufficiale politico. Quando
siete arrivati, stavo riguardando le immagini registrate dai nostri
strumenti" - disse l'ufficiale scientifico - "Ecco, guardate voi stessi.
Posso?" - la donna si alzò in piedi, allungando la mano verso un tasto sulla
scrivania del capitano. Sulla parete si illuminò lo schermo.
"Qui siamo immediatamente prima dell'attacco" - indicò la betazoide. Sullo
schermo era visibile la cupola della Base. Si intravvedevano le torri nere
del centro operativo nel quale Seldon e la King erano stati fino a pochi
minuti prima. Allargò la visuale fino a ridurre la cupola a poco più di un
circolo scuro immerso nel colore rosso crudo del deserto. In distanza, linee
diritte puntavano verso le rovine di quella che era stata la città
principale del pianeta.
"Fra le rovine della città vivono tuttora centinaia di migliaia di persone,
tutte nelle periferie... Il centro cittadino, che aveva ancora in piedi gli
antichi palazzi del governo locale, è stato completamente evacuato. E' certo
che fra i superstiti ci siano i membri della ribellione, ma finora le
decimazioni e delle rappresaglie del colonnello Farrel sulla popolazione
civile non sono riuscite a stroncarla. E adesso..." -
Bellatrix regolò il passo del filmato ad un fotogramma dopo l'altro. Una
serie di lampi brillarono sulla superficie grigia della cupola. Alejana si
avvicinò, osservando quei lampi quasi con bramosia :
"Da dove sono stati lanciati?" - domandò l'orioniana - "Da dove proveniva
l'attacco?"
"Esattamente da qui" - l'ufficiale scientifico bloccò il filmato e centrò
una zona desertica non lontano dalla cupola.
"Un momento..." - intervenne Miral. Le sue antenne erano puntate in
direzione dello schermo - "Sta dicendo che Farrel è tanto idiota da non
tenere sotto il suo stretto controllo la zona d'ombra attorno alla sua base
operativa? E' un errore strategico elementare, in una situazione come
quella!"
"Non lo ha fatto" - rispose Seldon - "Nemmeno uno come lui può essere
così tanto stupido. L'intero deserto è sotto controllo 24/7 con sensori e
pattuglie armate. Ma i ribelli in qualche modo riescono a sfuggire sia ai
sensori che alle pattuglie." - si interruppe un istante, sorvegliando le
espressioni degli ufficiali, poi continuò - "Se questo è vero... Se quei
ribelli sono realmente riusciti a trovare un sistema per schermarsi dai
sensori imperiali, al punto da riuscire ad attaccare senza farsi scorgere
una nostra Base protetta da un campo di forze di ultima generazione, forse
Farrel non sta esagerando nel definire pericolosi quei piccoli bastardi...
Ed è nostro preciso dovere imporre a questa gente un castigo esemplare"
"E' logico" - intervenne T'Val - "Per la gloria del nostro Impero, non
possiamo permettere a questa gente di ribellarsi impunemente. Il castigo
deve essere esemplare e senza remissione"
Seldon si rilassò sulla poltrona:
"Non così in fretta" - disse. "Sul pianeta vivono anche leali sudditi
dell'Impero, trasferiti qui per colonizzarlo e sfruttarne le risorse secondo
le sue leggi. Spero di avere tutto il vostro supporto in nella scoperta dei
veri colpevoli per poterli colpire con tutta la forza dell'Impero. Non
possiamo punire la popolazione civile, a meno che non si scopra una sua
complicità alla ribellione."
La vulcaniana aggrottò le sopracciglia, ma Bellatrix quasi sorrise a quelle
parole. A nessuno degli ufficiali poteva sfuggire quanto stava realmente
dicendo Seldon: il pianeta sarebbe stato messo a ferro e fuoco, secondo ogni
buona tradizione dell'Impero... Ma non prima che il capitano avesse messo le
mani su qualunque cosa usassero i nativi per nascondere i loro attacchi dai
sensori imperiali. A voce alta:
"Se il colonnello Farrel può passarci le informazioni sui precedenti
attacchi dei ribelli, potremmo cominciare ad analizzarli, assieme a quello
di oggi, per scoprire se seguono uno schema" - propose la betazoide.
"E' una buona idea, comandante" - approvò il capitano.
"Nel frattempo..." - disse Alejana King - "Colonnello Miral, se non sbaglio,
lei ha già le sue istruzioni, vero?"
"Naturalmente" - gli occhi dell'andoriano mandarono lampi irosi - "Stavo
appunto informando i miei delle istruzioni ricevute quando c'è stato
l'attacco"
*E sappiamo tutti che si tratta di istruzioni che non sono piaciute per
niente, Miral* - pensò maliziosa Bellatrix.
"Io avrei una proposta" - fece T'Val quietamente. Gli occhi sospettosi di
Alejana si spostarono sull'ufficiale politico.
"Sarebbe?" - domandò il capitano.
"Secondo le note, fra i cittadini dell'Impero che vivono sul pianeta ci sono
molti vulcaniani" - fece notare T'Val.
"Lo so. Sono stati..." - Seldon si interruppe per cercare un sinonimo alla
parola 'deportati' - "trasferiti qui da Iota Vulcano IV, una colonia di
vulcaniani"
"Un pianeta che è stato debitamente punito dalle forze imperiali" -
sottolineò T'Val - "E' molto facile che ci siano simpatizzanti dei ribelli
fra di loro. Un altro vulcaniano, o meglio una vulcaniana potrebbe avere
buon gioco a mescolarsi con loro"
"Non è così facile!" - reagì il primo ufficiale - "Pensa di andare lei? Come
diavolo pensa di accattivarsi la loro fiducia? Per quanto siano mezzi
animali, come dice Farrel, dubito che sarebbero così idioti da far entrare
nella loro ribellione il primo che capita"
"Primo, non intendo semplicemente infiltrarmi fra loro, ma solo...
comprendere la portata della loro propaganda e di conseguenza la dimensione
della ribellione contro l'Impero. Dobbiamo sapere quanto vasto e diffuso è
il supporto della popolazione civile, per sapere quanto a fondo dovranno
incidere le forze imperiali per schiacciarla. E comunque non sarei il primo
che capita." - disse T'Val - "Ma la figlia di una donna nota per essere
stata giustiziata per ordine dell'Imperatore in persona. Fra i vulcaniani la
vicenda della mia famiglia è abbastanza nota... Non è molto noto invece il
fatto che io sia membro della Flotta Imperiale. Ho controllato: su Han II
vivono, fra l'altro, anche alcuni lontani parenti della famiglia di mia
madre. Sono sicura di potermi presentare a loro fingendomi in fuga"
"E' troppo semplice..." - interloquì Miral - "Non riuscirai a dargliela a
bere"
"Non intendo 'dargliela a bere', secondo la sua colorita espressione,
comandante... Non a lungo almeno. Solo quanto sufficiente a farmi rendere
conto della dimensione e del potere dei ribelli" -
"Perché no, in fondo?" - intervenne il capitano Seldon - "Sono sicuro che il
comandante T'Val conosce il suo mestiere...."
E che è una buona occasione per liberarsi della tutela ingombrante
dell'ufficiale politico, fece in tempo a pensare Bellatrix. Bisognava dire
che era bravo, il capitano Seldon, a non trasudare gioia alla
prospettiva che l'altra gli aveva messo su un piatto d'argento.
"Ha il mio permesso per infiltrarsi fra i vulcaniani del pianeta,
comandante..." - sentì il capitano continuare - "Può iniziare quando vuole,
ma voglio che faccia rapporto alla nave ogni dodici ore locali e che non
prenda iniziative senza informarmi. Chiaro, comandante?"
"Chiarissimo, capitano" - sulle labbra della vulcaniana comparve una sorta
di sorriso - "Avrò bisogno tuttavia dell'aiuto del dottor Van Ladden"
"Perché? Non ha detto che si presenterà con il suo nome?" - domandò
vivacemente Alejana.
"Infatti. Ma sarebbe assurdo che una ricercata vagasse per il territorio
imperiale conservando il proprio aspetto" - rimarcò T'Val - "Devo essere
io... Ma non avere la mia faccia, o non sarei credibile, neanche per quel
minimo indispensabile a rendermi conto della portata della ribellione."
"Bene, signori" - concluse Seldon, alzandosi in piedi - "Ognuno di noi ha
molto da fare. Non possiamo permettere a questi mezzi animali di
infastidirci. E' nostro preciso dovere fare il massimo per supportare le
forze imperiali nella loro lotta per rendere pacifica e sicura questa
regione dello Spazio. Per la gloria dell'Impero, signori: Al lavoro!"
PIANETA HAN II
Posizione: sconosciuta
Data astrale: sconosciuta
"Tu seguirai i miei ordini, Sayed! E non andremo da quella parte!" - sibilò
Polly Miller furibonda. Gli occhi del subordinato la fissavano sbalorditi -
"Vuoi finire di fronte ad un plotone, per insubordinazione? Non hai che da
dirlo... Sono pronta anche adesso!"
"No, signore!" - mormorò l'uomo, quasi senza fiato - "Io dicevo solo che..."
"Cosa? Cosa stavi insinuando?"
"Niente, davvero, signore!" - protestò l'uomo - "E' solo che le istruzioni
ricevute durante il breafing dicevano..."
"So benissimo che cosa ha detto il colonnello Miral, stupido!" - sbraitò la
Miller - "C'ero anche io a quel dannato briefing! E se fosse qui, Miral
sarebbe il
primo a dirti che cosa fare delle istruzioni ai breafing che si tengono
lontano dai campi di battaglia..." - la voce di Polly si incrinò un poco.
Sperò che l'altro non si fosse accorto della sua preoccupazione per lui -
"Ma Il colonnello Miral non è qui. E che non siamo in grado nemmeno di
parlare
con lui, o con la nave, da quando siamo stati teletrasportati sulla
superficie di questo fottuto PIANETA!" - terminò urlando.
Sayed tacque, abbassando lo sguardo. Polly approfittò della pausa per
guardarsi intorno, fissando gli uomini che a loro volta evitavano di
guardare la scena, mostrando evidente imbarazzo. Era riuscita a convincerli
a rimanere in una posizione riparata o quasi, ma dal loro punto di vista,
lei doveva sembrare impazzita o isterica... O forse le era spuntata fuori
una seconda testa dalla schiena e non se ne era accorta. O magari avrebbe
finito con lo scoprire di essere finita sul set di un dannato vecchio
olofilm, e non le mancava altro che di mettersi a cantare I Got You Babe in
mezzo alla strada, con equipaggiamento pesante e fucile da usare come
bastone per il tip tap.
*Il fatto è che non posso dire niente a nessuno di loro... Ci ho già
provato, dannazione!* - pensò Polly disperata. Non c'era niente che potesse
fare?
Respirò a fondo, per riprendere il controllo:
"Adesso vi dirò io cosa dobbiamo fare" - disse, cercando di simulare
sicurezza - "Non, e sottolineo non, faremo quello che ci si aspetta da noi.
So che in teoria dovremmo tornare al luogo di teletrasporto e attendere lì
che qualcuno si degni di venirci a tirare fuori da questo fottuto buco, ma
non attraverseremo quella strada" - puntò il dito in direzione del palazzo
di cemento grigiastro che si scorgeva da dietro il piedistallo della fontana
distrutta - "Quella strada, dicevo, circondata da rovine da cui spuntano
cecchini ad ogni passo... Abbiamo già perso Maril e Yung, dannazione! In due
diversi attacchi di cecchini. E vi dico anche perché non andremo al luogo
del rendez vous..." - tacque un istante - "Perché nessuno può venirci a
prendere laggiù. Come non abbiamo il segnale dei nostri comunicatori, sulla
nave non possono rilevare la nostra posizione sui loro sensori. In qualche
modo i ribelli riescono a impedire ai sensori della nave di vederci... E se
non possono vederci, e non possono comunicare con noi, non possono nemmeno
teletrasportarci via da qui. Dobbiamo cavarcela da soli... Siamo soli."
E chissà dov'era andato a finire Miral.
PIANETA HAN
Posizione: sconosciuta
Data stellare: sconosciuta
Le antenne si mossero per prime, prima ancora delle palpebre, come tastando
l'ambiente circostante per valutarne la consistenza.
"Curioso... Mmmolto curioso" - la voce gli veniva di lontano. O forse gli
sembrava solo lontana, ed invece era vicinissima a lui, con quel curioso
tono - come mugolante - nel pronunciare le parole in federale standard. Gli
ricordava il suono emesso dai vermi del ghiaccio poco prima di morire,
quando venivano buttati sulla piastra bollente - forse appena più basso di
così, ma non di molto.
Era disteso, nudo su qualcosa di caldo e rigido come pietra. La pietra aveva
la consistenza e la ruvidezza della pomice. Quando provò a muovere le dita,
si accorse di essere impedito nei movimenti. Provò a respirare più a fondo,
ma qualcosa gli opprimeva il petto.
"So che è sveglio... Commmandante Mmiral"
Gli occhi del colonnello Miral si aprirono di botto. Di fronte a lui apparve
un uomo di piccola statura. I capelli erano più bianchi dei suoi ed
apparivano sfibrati, ma il volto di lui, con quei suoi occhi color cremisi
su un volto liscio e privo di rughe, emanava una brusca energia.
Provò a muoversi, ma il suo corpo appariva come incollato alla rigida lastra
di pietra sotto di lui. Si accorse di poter a malapena articolare il collo.
Il luogo dove si trovavano era una sorta di caverna sotterranea, scavata nel
vivo di una roccia di colore rossastro luminescente.
"Il mio nome è Miral del clan..." - iniziò.
L'uomo alzò una mano con un gesto imperioso:
"So chi è lei ed in realtà non mi interessa affatto quello che ha da dire
sul suo nome, grado e numero di matricola... So già quasi tutto quello che
mi interessa su di lei"
"Ed immagino che sia per quel quasi che io sono ancora vivo, vero?" -
sogghignò Miral sarcastico.
"E' ancora vivo perché io ho deciso così" - rispose l'alieno - "E niente
altro"
"Ci sarà un motivo" -
"C'è" - rispose l'alieno laconico - "Lei è il primo andoriano che vede la
mia gente. L'impero ha trasportato qui per vivere al nostro posto
Vulcaniani, umani di ogni tipo... Ma non avevo mai visto un andoriano"
"Il meglio viene alla fine" - commentò sarcastico Miral.
"Non ne sono sicuro..." - fece l'uomo.
Le pupille erano differenti da quelle di qualunque altra razza che Miral
avesse visto. Sembravano più simili a quelle di un rettile, con la pupilla
nera ridotta ad una sottile linea verticale che divideva esattamente a metà
una vasta iride rosso cupo.
"Dove sono gli altri membri della mia squadra?" - domandò infine Miral -
"Sono morti?"
L'alieno scosse la testa, in un gesto che Miral trovò curiosamente umano:
"No... Adesso non comprendi... Ma li vedrai... Prometto che li vedrai"
Arretrò, lentamente, senza mai perderlo di vista. Arrivato alla parete si
fermò un istante, quindi fra di loro si frappose una parete rocciosa.
Istantaneamente, Miral sentì l'oppressione sul petto svanire. Provò a
muovere le dita, quindi un piede. La lunga costrizione lo fece gemere per i
crampi, ma forzò il movimento. Con prudenza, si tirò su a sedere, quindi
poggiò le estremità a terra, fissando il punto della parete dietro il quale
era svanito l'alieno.
Allungò una mano per toccare la superficie rocciosa. Sembrava avere la
stessa identica consistenza ruvida, da pietra pomice, del piano sul quale era
stato disteso fino a qualche istante prima.
Avvertì un rumore.
Dietro di lui si era aperta un'altra sezione della parete rocciosa. Si
avvicinò, chiedendosi che cosa quegli alieni avessero in serbo per lui.
Emise un'esclamazione, si avventò verso la fenditura.
Una mano invisibile percosse il suo corpo con una scarica elettrica
scagliandolo contro il lettino, bloccandogli il respiro. Miral gemette,
piegandosi a terra. Tutto il suo corpo gridava di dolore, mentre le sue dita
si aggrappavano alla pietra ruvida in cerca di un appoggio.
Si rialzò, ansimando. Allungò di nuovo la mano, in direzione dell'apertura
nella roccia, ed avanzò piano, finché sentì sotto le dita qualcosa di caldo
ed urticante.
"A quanto pare, questo è il limite della mia cella" - mormorò fra sé Miral,
avvicinandosi per affacciarsi alla fenditura. Si appoggiò all'uscio, l'urto
subito gli faceva ancora male.
Dall'altra parte, poteva vedere una serie di lettini di pietra uguali al
suo. Dalla sua posizione, non riusciva ad identificare con certezza tutte le
figure immobili sui lettini, e non poteva sapere se erano ancora vivi, o se
lo erano tutti, ma prese fiato ed iniziò a gridare...
"T'VAAAAAAL...!"