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USS HOPE - MISSIONE 06 RSS USS HOPE - Missione 06

06.04 " Qualcosa cui appartenere "

di Lon Basta, Pubblicato il 16-03-2017

Punto di Imbarco - Cantieri di Utopia Planitia- 20 Novembre 2395 - Ore 00:01


Sapeva che l'avrebbe trovata lì ad osservare la nave che sarebbe potuta diventare la sua nuova casa, la loro nuova casa. Ascoltò il rumore del mare increspato che erano i sentimenti di lei e per un secondo valutò l'idea di restare così, semplicemente a guardarla e basta, ma sarebbe stato da vigliacchi spiare, perciò si avvicinò.

"Cos'hai intenzione di fare?" Nessuna sorpresa nella voce di lei, come se si fossero dati un appuntamento. Lon Basta si appoggiò al corrimano osservando le linee eleganti dell'astronave e strinse le spalle. Era sempre stato così con l'adesso 'tenente Junior Grade Melanne Graahn', se non sapeva come risponderle, si limitava a stare zitto piuttosto che fingere sicurezze che non aveva. Non mentiva, non con lei.

"Tu?"

Il pugno lo colpì sulla spalla strappandogli un sorriso. "L'ho chiesto prima io!"

Lon prese tempo. Aveva sempre dato per scontato che una volta diplomati avrebbero preso strade diverse, non si era mai concesso il lusso di credere che sarebbe stato altrimenti ed era rimasto totalmente spiazzato dal miscuglio di sentimenti che l'aveva investito all'annuncio dell'ammiraglio: Si girò a guardarla.

"Non lo so", rispose onestamente. Non so cosa farai tu, voglio che tu me lo dica così sarà più facile per me scegliere, aggiunse solo nella sua testa.

L'increspatura del mare si trasformò in tanti torrenti che percorrevano strade diverse, piene di possibilità, Melanne sospirò fissandosi le mani. Lon cercò di non farsi spaventare da quel mare.

"Hai sempre detto di volere un'assegnazione in prima linea", mormorò lei dopo qualche secondo, "la Hope non è certamente quello cui aspiravi".

"Scherzi? Con Bueller come capitano finiremo nei guai nemmeno un'ora dopo aver lasciato il cantiere".

Melanne sorrise.

"Il problema non è lui", continuò Lon esitando impercettibilmente prima di aggiungere "ma chi altro deciderà di accettare..."

"Intendi Rest?"

No! Ma ora che lei l'aveva nominato si rese conto che c'era la possibilità che, se avesse scelto la Hope, avrebbe avuto ancora a che fare con il vulcaniano. Non aveva dimenticato come Rest l'avesse manipolato e la cosa gli bruciava ancora parecchio. Strinse le labbra incupendosi.

"L'universo è pieno di persone ambiziose", lo sgridò Melanne, "il tenente Rest non sarà il primo ne l'ultimo che attraverserà la tua strada".

Lon rispose con una smorfia infastidita, "posso rimettere al loro posto persone come lui, l'ho fatto già molte altre volte".

"Non puoi sempre usare i pugni".

"Perché no? Funzionano".

"Sei un ufficiale adesso".

"Non significa che io indossi i guanti".

"Ma rischi molto di più di una reprimenda!"

"Sei preoccupata per me?" Le chiese con un sorrisetto provocatorio.

"No! Certo!"

"Non farò nulla di stupido".

"Ah!"

I torrenti erano sempre li, ma nel cielo era spuntato il sole.

Lon sorrise divertito, Melanne sbuffò.

"Sarai a bordo della Hope?" Le chiese a bruciapelo

"Tu?"

"L'ho chiesto prima io stavolta".

"La Hope è una possibilità intrigante, ce ne sono molte altre però".

Lon nascose la propria irritazione per quella risposta. Non poteva costringerla a scegliere, ma sarebbe stato di gran lunga molto più semplice per lui se lei l'avesse fatto.

"Vero", annuì alla fine senza aggiungere altro.



Terra - San Francisco - Complesso Residenziale "Last Hope" - 20 Novembre 2395 - Ore 03:00


Nuvole nere minacciose illuminate da lampi improvvisi del colore della passione che non rischiarano nulla dando solo un sollievo temporaneo. E poi un tuono di una tale potenza da scuotere la terra che si ripercuote nel corpo. Uno solo, sufficiente ad affrettare il respiro e a trattenere un grugnito di soddisfazione che si conclude con un ansimare soddisfatto.

"E' stato fantastico".

Lon aprì gli occhi per fissare incredulo quelli scuri della donna seduta a cavalcioni su di lui. Falso, ma era brava a mentire, qualcuno diverso da lui ci sarebbe cascato. Girò la testa per evitare le labbra di lei e allungò la mano per recuperare il bicchiere. Lei interruppe il gesto con una smorfia seccata che scomparve immediatamente quando lui tornò a guardarla. Lon sapeva che avrebbe dovuto darle qualcosa di più, ma non era nelle sue corde, soprattutto non quella notte. Rimasero perciò così, in silenzio, ancora per qualche secondo: il betazoide che beveva lentamente e la terrestre che lo fissava accarezzandogli il collo. Le nubi erano scomparse lasciando solo il buio della notte in cui non comparivano stelle, nemmeno quella di lei, che aveva brillato in maniera accecante quando l'aveva vista. Lon le passò due dita sul viso cercando di nuovo quello splendore, ma si rese conto che era stata solo un'illusione.

"Devo andare", con un gesto quasi infastidito si staccò dall'abbraccio e la spinse all'indietro.

"Di già?"

"Già", rispose fingendo di non vedere la delusione sul volto della ragazza.

"E' ancora buio fuori", protestò lei, "avevi detto di avere tempo fino a domani mattina!"

"Non ho fatto alcuna promessa", ribatté in tono calmo Lon mentre si rivestiva ignorando deliberatamente l'improvviso agitarsi della nebbia che ora la rappresentava. L'espressione di lei non corrispondeva affatto a quello che pensava veramente, nulla di lei, lo faceva. Lon l'aveva capito non appena l'aveva vista e gli era andata bene così. Non cercava onestà, solo sesso. Con un sorriso cinico le accarezzò nuovamente il viso.

"Troverai di meglio".

"Non come te" falso, di nuovo, ma comunque gratificante. Il sorriso di Lon si addolcì leggermente, "non siamo andati oltre la cucina", si lamentò lei.

"Non è poi andata così male, in cucina". Ironizzò lui.

A quella battuta lei storse il naso, "sei incredibilmente irritante per essere un betazoide".

"Sono fatto così".

Lei sbuffò mentre lui recuperava la giacca da terra. "Prima o poi qualcuno ti strapperà dal viso quell'aria da duro".

"Non mi sembra che ti sia dispiaciuta poi così tanto prima", ribatté Lon afferrandola per la vita.

"Non dovevi andare?" Nella nebbia si accesero deboli luci di speranza, ma Lon le scacciò via con un bacio prepotente che sapeva di addio, poi la lasciò di botto.

"Esatto".

Non attese di sentire la porta chiudersi alle sue spalle per allontanarsi dal grigiore che minacciava di avvolgerlo e catturarlo, il rumore di qualcosa che andava in pezzi portò con se anche un vago senso di colpa che lui si affrettò ad allontanare infastidito. Sarebbe stato facile per lui nascondersi in quel mare di nebbia che rappresentava le emozioni della ragazza e dimenticare chi era ancora per qualche ora non era la prima volta che lo faceva e non sarebbe stata l'ultima. Non era così però che avrebbe preso la sua decisione.

Mentre l'ascensore lo portava al piano terra, le luci della città disegnarono sul suo viso combinazioni di colori che andarono a fondersi con quelli che gli affollavano la testa. Li allontanò con un gesto irritato.

Se Melanne gli avesse risposto invece di batterlo al suo stesso gioco non avrebbe vagato per San Francisco in preda alla frustrazione e non avrebbe cercato qualcuno con cui sfogarla. Inutilmente. E ora non sarebbe stato ancora nell'incertezza.

Aveva sempre saputo che una volta diplomati avrebbero intrapreso strade diverse, solo ora si rendeva conto però che avrebbe potuto non vederla per mesi, anni, mai più e questo non gli piaceva per nulla. Idiota.

Alzando il bavero della giacca si incamminò lungo la strada sotto il cielo di un mattino che sapeva ancora di notte.

Melanne era stata la sua prima vera amicizia in accademia, l'unica vera amicizia. C'erano state persone con le quali aveva legato, ma senza mai arrivare a più di qualche battuta. Lui poneva i confini e lui decideva fino a che punto potevano spingersi gli altri. Certe volte pensava che se non ci fosse stato quell'incidente durante l'addestramento, se loro due non si fossero trovati da soli a dover risolvere una situazione drammatica e lei non gli avesse gridato di smettere di fare lo stupido e collaborare con lei, non sarebbero mai diventati amici. Sarebbe stata una perdita davvero enorme per lui. Enorme.

Poteva continuare senza di lei?

Si fermò in mezzo alla strada improvvisamente nuovamente conscio della città attorno a se. Certo che si, concluse seccamente riprendendo a camminare e si fermò di nuovo. Certo che no. Ammise. Non come era stato finora, si corresse. Inspirò a fondo e chiuse gli occhi lasciando per un istante che la tavolozza di colori che era San Francisco lo riempisse di nuovo. Sarebbe stato solo.

Certo che no. Aprì gli occhi di scatto sorpreso.

Nel momento stesso in cui aveva legato, seppur in modo strano, con Tucci quando aveva coperto Rodriguez proprio all'imbarco sulla Hope ammirato silenziosamente l'abilità e la spavalderia di Luna continuato a sfuggire all'attenzione del consigliere Caytlin, pur tenendola d'occhio quando si lanciava nelle sue intuizioni. Quando si era stupito per le capacità di Doohan ed aveva imparato a rispettare la serietà e la forza di Xy persino nell'accettare i folli piani di Bueller, aveva di fatto smesso di essere solo.

In quell'anno a bordo della Hope aveva, volontariamente o meno, ammesso altre persone nella sua cerchia ristretta, che loro lo sapessero o meno. Il suo baricentro si era semplicemente spostato da se stesso alla nave.

La nave.

Si accigliò.

No, non sarebbe stato solo se avesse scelto di tornare sulla Hope, non del tutto almeno. Certo, c'era anche la possibilità che nessuno degli altri avrebbe accettato l'offerta dell'ammiraglio. Un sorriso scettico gli si disegnò sul viso: figuriamoci se Bueller avrebbe rinunciato ad un'occasione del genere, fresco d'accademia e già capitano. No, lui era quasi una certezza, come probabilmente Luna. Riprese a camminare.

Il punto non era se avrebbe ritrovato le stesse persone, ma se avrebbe sentito lo stesso senso di appartenenza su un'altra nave. Anche se, concluse con una smorfia mentre accelerava il passo, se almeno avesse avuto la certezza che Melanne sarebbe stata a bordo, la sua decisione sarebbe stata molto molto più facile.



Terra - Accademia Flotta Stellare - Ufficio Ammiraglio Evelin Lennox - 20 Novembre 2395 - Ore 09:00


Lon Basta fissava l'ammiraglio Lennox cercando di farsi largo fra i rami che formavano intrecci impossibili nella sua mente. Erano solo le nove del mattino e già era a quel livello di concentrazione? Si chiese stupito cercando di mantenere la sua espressione impassibile.

"Signor Basta, si accomodi".

Lon obbedì, suo malgrado intrigato, continuando ad osservala mentre lei posava il padd che aveva tenuto in mano e gli sorrideva. Quello sguardo gli parlò all'improvviso di Betazed, silenzi, parole non dette, unione, casa, ma fu un attimo poi il complesso intreccio di rami tornò quello che era e lui si ritrovò nuovamente davanti ad un superiore con un'improvvisa nostalgia.

"La sua decisione?" Gli chiese l'ammiraglio senza preamboli.

"Accetto l'incarico", rispose lui altrettanto rapidamente.

L'ammiraglio annuì senza dire altro. Non serviva, entrambi sapevano che se lui avesse voluto aggiungere qualcosa l'avrebbe fatto e che se lei avesse voluto sapere qualcosa di più non avrebbe dovuto che chiederlo. "Può andare tenente".

"Grazie signore", Lon si alzò andando verso l'uscita.

"Tenente?"

"Si ammiraglio?"

"Chiami i suoi parenti ogni tanto".

Basta fece per dire qualcosa, poi chiuse di scatto la bocca ed uscì.