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I MIEI ULTIMI ISTANTI E COME LI VISSI di Aristide Gorizia
20 luglio 2001

    Aprii gli occhi non perché ne avessi voglia ma perché sentivo un dolore sordo che mi costringeva a cercare un pò di sollievo. Fu il primo errore. Cominciai a boccheggiare dal dolore. Quasi non riuscivo a respirare.
    La luce, i suoni, l'atmosfera, tutto cercò di penetrarmi nella corteccia cerebrale nel tentativo di friggermene gran parte. Almeno così mi parve per tre lunghi lunghissimi secondi. Poi cominciò ad andare meglio. Rimase solo il dolore sordo.
    Riuscii ad emettere solo un gemito mentre cercavo di rialzarmi sui gomiti e al contempo cercavo di bloccare quelle sensazioni serrando le palpebre. Per un pò andò bene. Abbastanza bene da rendermi conto dove ero finito.
    Avevo sentito di casi di malfunzionamento del teletrasporto ma quello proprio non riuscivo a capirlo.
    In passato avevo letto di casi in cui il processo di teletrasporto aveva rivoltato come un guanto il "passeggero". Episodi in cui la distrazione dell'operatore lo aveva poggiato in buche distanti pochi metri, a tre o più metri d'altezza e addirittura all'interno di una paratia, un pilastro non captato o in tantissimi tipi differenti di oggetti solidi che a detta dall'operatore non erano lì prima di iniziare il processo di teletrasporto. Addirittura si racconta in giro di qualcuno rimasto all'interno del buffer per più di cinquant'anni o di forme di vita che vivevano all'interno del raggio. Tutte leggende urbane ovviamente ma chi fà spesso uso del teletrasporto, inconsciamente sa che basta un piccolissimo errore per far "fallire", dolce eufemismo, un lancio. Specie se fatto da un apparecchio di cui non si conosce l'affidabilità.
    Certo che con le macchine di oggi un inconveniente é piuttosto difficile. Il programma é talmente controllato che se anche una percentuale dello 0,000000001 per cento o anche meno, non rientra nelle specifiche, il processo non si attiva ed allarmi di tutti i generi si accendono sulla consolle.
    E niente mi era apparso sospetto prima che il raggio ci catturasse. Casi della vita. Suppongo che si sia sempre qualcosa di nuovo che si possa imparare sul proprio lavoro ma almeno quella lezione non sembrava esser costata troppo.
    Avevo ancora il dolore persistente alla testa ma sembravo l'unico a soffrirne. Il resto del gruppo era piuttosto sbattuto ma niente di particolarmente grave. Il capitano Knight sembrava il più pallido ma mentre si rialzava dal pavimento riconquistò nuovamente la sua solità dignità.
    Il comandante Dhek fu il primo a riconquistare la sua dignità personale a cui diede sfogo gridando all'indirizzo di chissachi.

    - EHI, C'E' NESSUNO? - grido' Dhek, ma la sua richiesta cadde nel vuoto.
    - Le coordinate del teletrasporto erano sbagliate, - disse O'Broinn.
    - Ne dubito fortemente, - disse Dhek


    Quello poche frasi furono come coltelli nella mia già tormentata testa. Diavolo: non ho mai avuto neanche un postumo di sbronza tanto disastroso. Avrei voluto strozzare Dhek in quel momento. Poi però qualcosa di più importante attirò la mia attenzione.

    [[....e' qui.....e' qui......e' qui........]]

    Selenjak boccheggiava alcune parole inconsistenti ed lasciai perdere i miei problemi per qualche istante. Sentii il sangue defluire via dal mio volto mentre la circondammo per sorreggerla. Ero spaventato a morte.
    Knight cercò di farle riaquistare il controllo mentre lei indicava quella che sembrava un ingresso con l'indice della mano.
    Non avevo mai visto la mano di Selenjak tremare in quel modo.
    Il fruscio della porta che spariva nella paratia attirò la nostra attenzione verso l'esterno. Qualcosa o qualcuno aveva aquisito prepotentemente il nostro interesse e forse anche qualcos'altro. Il mio mal di testa divenne più acuto. O'Broinn riuscì a biascicare solo qualche parola...

    -Ma c-c-cosa sta succedendo?? - chiese O'Broinn.

    Mi lacrimavano gli occhi ma riuscivo a vedere chiaramente il nostro ospite. Sostanzialmente aveva un aspetto riconoscibile ma sapevo come una lunga tunica ed un cappuccio riuscissero a far apparire tutti più o meno uguali.
    Mi sorprese comunque quando l'essere si scostò il cappuccio e rivelò...un genotipo vulcanoide.
    O per meglio dire "Romuloide" se mi é concessa la disgressione. Fu Selenjak a riconscerlo tale.
    Così come mi avevano spaventato le sue convulsioni mi spaventò il suo repentino miglioramento. Riuscì ad alzarsi e come se niente fosse accaduto disse rivolgendosi al nuovo arrivato.

    - Interessante. Mi ci e' voluto parecchio tempo per riuscire a filtrarti. Non sei romulano, vero? -

    Il tipo strano non disse niente ma non per questo non fece nulla. Selenjak perse nuovamente colore ed sul suo volto apparve una smorfia di dolore che difficilmente si ha la possibiltà di scorgere su un vulcaniano.
    Fu terribile. Sentii qualcosa trafiggermi la nuca e caddi sulle ginocchia mentre Selenjak fu invisibilmente sbattuta verso una parete. Il romulano posò un contenitore sul pavimento spingendolo all'interno della cella e con la loquacità che lo aveva contraddistinto, richiuse la porta e, suppongo, andò via.
    Così come era cominciato, tutto finì repentivamente. Mi restò la sensazione di avere un paletto piantato nella nuca ma sorprendentemente, mi ci ero abituato. Riuscivo a formulare uno o due pensieri senza cadere svenuto dal dolore.
    Onestamente, potevo fare anche di più ma avete mai provato un persistente dolor di denti e riuscire a pensare chiaramente? Ma ci si abitua a tutto suppongo...

    Cominciammo ad affrontare la situazione con il tipico stoicismo federale. Aprimmo il contenitore e lo scoprimmo pieno di cibo. Le condizioni di tutti, comprese quello di Selenjak, erano tornate più o meno buone ed il capitano chiese al comandante Dhek di distribuire le porzioni ed ordinò a tutti di mangiare qualcosa.
    Anche se non se ne sentiva il bisogno.
    Era chiaro che i nostri ospiti ci volevano sazi e, relativamente parlando, in buona salute. L'episodio accaduto alla nostra dottoressa era imputabile alle sue innate facoltà psioniche naturali e non sembravano esserci motivi che potessero ripetersi.
    Ci accomodammo tutti più o meno sul pavimento o appoggiati alle pareti. Non me la sentivo di ingoiare nulla ma il capitano aveva ragione. Non aveva senso restare digiuni ed indebolirsi ulteriormente. Ad O'Broinn venne il dubbio che il cibo potesse essere avvelenato o nel migliore dei casi, drogato, ma Quill ribatté che i nostri ospiti avevano ben altri mezzi per ucciderci o per interrogarci che non alterare il cibo. E lo disse scrutando con sospetto la porzione che aveva in mano. Conoscendo Quill, quanto mai non ha scrutato con sospetto un piatto di cibo che non ha preparato con le sue mani? Anche sulla Unicorn lo si vedeva raramente mangiare in compagnia. Idiosincrasie da Andoriano, credo.
    E siccome raramente un federale riesce a mangiare senza parlare, cominciammo a discutere di quello che ci era accaduto. Chiaramente eravamo stati dirottati col teletrasporto. Non é una cosa facile da fare ma come confermammo io e Quilli, non impossibile. Il dubbio era: perché era stato così doloroso risvegliarsi e per quale motivo i Romulani ancora non ci avevano interrogati per sapere il nostro scopo nel loro territorio?
    Sempre che poi lo fossero romulani. Tutto diceva il contrario. Per come mi sentivo, ero pronto a "cantare come un canarino" se fossero riusciti a far smettere il fastidio che avevo nella testa. Ma questo ovviamente non lo dissi agli altri.
    Poi fu il capitano a cominciare a dare una spiegazione

    Questi... <<Antichi>>..." disse Knight; "Erano noti per le loro capacità >psioniche? Per quale motivo lasciarono Vulcano?"

    Fu chiaro per tutti allora che non ci trovavamo nelle mani dei romulani ma dei loro parenti più prossimi a quanto pare. L'ho detto che non riuscivo a ragionare con chiarezza? Quello che per gli altri appariva scontato fin dall'inizio, per me fu logico solo a sentire la domanda del capitano.
    Selenjak era in condizioni migliori delle mie a quanto pare perché diede una esaurente anche se limitata spiegazione. Stavo per dare la mia opinione quando...

    - Eppure..." intervenne Quill; "Il fatto che ci abbiano offerto del cibo, indica che non hanno intenzioni ostili nei nostri confronti, almeno per ciò che riguarda l'immediato futuro. Purtroppo, se hanno ritenuto necessario fornirci una fonte di nutrimento, c'è una forte possibilità che abbiano pianificato di >trattenerci in questo luogo alquanto a lungo..."

    Il pensiero attraversò la mente di tutti suppongo, ma l'unico che riuscì a ribattere fu il tenente O'Broinn.
    La piacevole conversazione fu interrotta dalla dottoressa.

    Quill stava per replicare, quando Selenjak alzò una mano;
    -Attenti. Stanno tornando. Lo sento." Un attimo dopo, la porta si aprì.


    Questa volta erano in due. Rassicuranti come il sorriso di un giudice, le due figure incappucciate ci fecero segno di uscire dalla cella. E accompagnarono con un l'invito che nessuno di noi riuscì ad ignorare.

    [[SEGUITECI.]]
    La voce rimbombò dolorosamente all'interno delle menti dei prigionieri, come se i loro crani venissero usati come casse di risonanza. Il tono era imperioso e severo, e non ammetteva esitazioni nè repliche


    Per poco non vomitai quello che avevo appena mangiato ma dall'espressione che vidi sui volti degli altri, non ero il solo a provare quella sensazione.
    Chiaramente, dopo un lauto pranzo, una buona passeggiata non fece che piacere a tutti. Però, chissa perché nessuno sembrava molto felice. Io poi ero convinto che ci aspettava l'equivalente locale di una patibolo. Il pessimismo di Newport fece capolino.
    È sempre strano come nelle più assurde situazioni, si facciano altrettanto assurde osservazioni. Per tutto il tragitto non pensai altro a quanto fosse squallida l'architettura locale. Il salone dove ci condussero poi era l'apoteosi del pessimo gusto in stile dark-Gothic tecno alieno. Ecco, nella mia prossima vita, voglio reincarnarmi in un critico di architettura. Scommetto che difficilmente si allontanano dalla Terra. Ed al massimo posso essere perseguitati dal fantasma di Frank Lloyd Wright.
    Il losco figuro che troneggiava (é il caso di dirlo) sul resto della sala ci fece il suo saluto che come al solito fu per me alquanto doloroso.

    [[ PRIGIONIERI! ]] tuonò all'improvviso la ben conosciuta voce mentale;
    [[ PRESTATE ORA ATTENZIONE ALLE PAROLE DEL GRAN CONSIGLIERE CHK'MRR! ]] l'ultima parola sarebbe risultata praticamente inpronunciablie, se non si fosse trattato di una proiezione mentale.


    "Io sono il Gran Consigliere Chk'Mrr dell'ordine della Lama Insanguinata, Conduttore della settima falange dei guerrieri Aegis, Per volontà dell'Imperatore!"

    Forse fu la vicinanza o l'incredibile potenza della proiezione mentale o magari l'altrettanto incredibile presunzione del tono ma non riuscii più a reggere il dolore.
    Era lancinante. Era...non lo so. Non riesco a trovare un metro di paragone abbastanza ampio.
    Portai le mani alle tempie ed urlai con tutto il fiato che avevo in corpo. Tutti si girarono verso di me e quell'assurdo individuo sul trono taque, suppongo dallo stupore.
    -Tenente Newport...? Che succede?- Chiese Knight preoccupato. Mi sentii Offuscare. Vedevo attraverso un velo di sangue e sentii crescere dentro di me un furore incotrollabile.
    Delle tante cose che ho sentito sul mio conto, mai qualcuno aveva supposto che potessi avere del sangue "rosa" nella mia ascendenza. Eppure urlando come un Klingon mi voltai verso una delle guardie che ci avevano scortato nella sala.
    Con la coda dell'occhio vidi Selenjak inpallidire nuovamente ma questa volta preoccupata per la mia reazione. Dhek stava per poggiare la mano sulla mia spalla per calmarmi ma fui più rapido di lui. E della guardia alle mie spalle.
    Col palmo della mano aperta diedi alla guardia un violento colpo al naso dal basso verso l'alto. Fu un piacere sentire la cartilagine spezzarsi e presumibilmente penetrare alla base del cervello. Il Romuloide si portò entrambi le mani al volto sanguinante e rovinò per terra lasciando cadere la lancia con cui ci minacciava. La lancia, poco più alta di me, doveva servire solo come orpello tanto era decorata ed intarsiata. Non aveva una gran punta ma era tutto quello che avevo a disposizione.
    L'afferrai prima che potesse toccare il suolo e con violenza la piantai nel fianco dell'altra guardia. Esattamente dove sapevo che i vulcanoidi hanno il cuore.
    La guardia riuscì solo a fissarmi con stupore prima di cedere alla gravità. Un pace irreale si trasmise in tutta la sala.
    A rigor del vero, non so perché reagii in quel modo. Ripensandoci, sono altrettanto stupito di quella guardia della mia reazione ma in quel momento mi sembrava tutto piuttosto ragionevole. Almeno se ci sono momenti in un cui é ragionevole una reazione del genere. Comunque, la reazione dei nostri ospiti non si fece attendere. E neanche quella dei miei compagni. Mentre accorrevano dei rinforzi, armati molto meglio di una lancia, Quill si impossessò della seconda lancia e cominciò ad usarla anche meglio di me.
    O'Broinn e Dhek cominciarono un corpo a corpo nel tentativo di aprire una via di fuga mentre il capitano prese per le spalle Selenjak nel tentativo di proteggerla.
    Il caos era totale. Ed io mi divertivo come raramente mi era capitato. Il dolore alla testa era sparito e godevo di una inusuale chiarezza di pensiero.
    Roteai la lancia sulla testa, la usavo come un bastone mirando al volto e a quelli che sapevo essere punti deboli dei romulani, che poi non sono dissimili da quelli vulcaniani e di tanto in tanto infilzavo qualcuno.
    I nostri avversari erano una ventina ed ne arrivarono ancora, brandendo quelli che potevano essere dei phaser. Purtroppo però erano troppo accalcati. Non riuscivano ad usare le loro armi senza il timore di colpire qualcuno dei loro. Erano costretti, loro malgrado, ad un corpo a corpo che almeno in parte, nonostante la loro forza individuale, proprio in virtù del loro numero, li vedeva al momento perdenti.
    In pratica si intralciavano a vicenda e nessuno riusciva a sparare un colpo. Io e Quill eravano la punta del nostro gruppo. Con le nostre lance tenevamo il grosso degli avversari ed io lo facevo con tutto il furore possibile.
    Dhek ed O'Broinn si mantenevano alle nostre spalle colpendo quelli che sfuggivano alle nostre punte. Dietro a tutti Knight e Selenjak si seguivano attenti.
    Gran lavoro di squadra.
    Guadagnavamo centimentro per centimetro l'uscita ma sapevo che avevamo pochissimi istanti. Non dubitavo che saremmo riusciti a scappare una volta usciti da quella sala, o forse non mi importava, ma avevamo davvero i secondi contati prima che i nostri avversari si fossero organizzati meglio. E sentivo anche che qualcuno accorreva anche dalle nostre spalle.
    La mia reazione furiosa aveva sorpreso un pò tutti ma non poteva durare. Neanche la mia adrenalina poteva durare e come tutte le cose belle, anche quel momento fortunato finì.
    Avevo l'angolo della visuale piuttosto limitato. Sapevo che Quill era al mio fianco perché non arrivavano avversari da quel lato. Improvvisamente però da dietro mi arrivò un colpo ai reni. Non caddi riverso solo perché avevo un romuloide o due infilzati sulla punta che mi reggevano ma il colpo fu sufficente a farmi perdere la concentrazione.
    Mi voltai di scatto ed il contracolpo spezzo la lancia. La fissai per un istante e mi stupii quanto fosse durata visto che probabilmente non era stata forgiata per quel lavoro.
    Fu un istante di troppo. Un romuloide mi afferrò alle gambe mentre altri due mi si buttarono sulle spalle.
    Caddi per l'impatto e non rovinai solo perché caddi sul quello che incosciamente individuai come il corpo di Quill.
    Knight e Selenjak era appoggiati ad una parete e circondati da quattro quattro armati che li tenevano sotto la mira di armi. Dhek e O'Broinn non riuscivo a vederli. da sotto un gruppo vidi le gambe di uno dei due ma non riuscii ad individuare che dei due fosse. Mi girai su me stesso e presi a dare pugni a chiunque si affacciasse al mio campo visivo o poco oltre.
    Ma per quanti ne dessi, me ricevevo altrettanti se non di più. Sul volto, sui fianchi, allo stomano, nel ventre e credo perfino alle gambe.
    Non sentivo più il dolore. Non sentivo più nulla. Ripensandoci ora credo che la comunità di naniti con cui vivo in simbiosi abbia isolato il mio cervello da ricevere il dolore dal resto del corpo. Sentivo solo il rombo del sangue che scorreva all'interno delle mie orecchie. Lanciavo ordini al mio corpo di lottare e colpire e lottare ancora. Non volevo riprovare il dolore che mi aveva straziato al saluto di Chk'Mrr.
    Come dicono i Klingon? Forse é un buon giorno per morire. Per me era un ottimo motivo. E dopo la fortuna, fini anche la resistenza del mio corpo.
    Semplicemente le mie membra si rifiutavano di continuare. In quattro presero il mio corpo e lo alzarono in piedi e lo tennero in piedi contro la sua volontà. Gli occhi tumefatti mi impedivano di vedere nient'altro che un bagliore rosso con lunghi intervalli bui. Sentivo sulla lingua il sapore metallico del sangue e nonostante le labbra fossero piuttosto gonfie, sentivo che il lavoro del mio dentista andava rifatto.
    Ora percepivo chiaramente che avevo un ginocchio spezzato ed innumerevoli parti del mio corpo erano doloranti. Ma era ben poco rispetto a quello che avevo provato da quanto eravamo stati rapiti. Era quasi un sollievo ed avrei sorriso se le mie labbra non fossero state tanto tumefatte.
    Solo le braccia dei miei cicisbei mi impedivano di crollare nuovamente sul corpo di Quill. Oh signore, non fosse stato drammatico, c'era quasi da ridere.
    Chk'Mrr fece sentire finalmente la nua voce.
    In piedi, sul palco che reggeva il suo osceno trono, ruggiva dalla rabbia e dalla frustrazione. Altro motivo di piacere.
    -Prigionieri! Il vostro comportamento é stato inperdonabile! Il vostro disprezzo per il rappresentante dell'imperatore é un grave affronto per l'ordine della Lama Insanguinata e non può passare impunito.-
    Poi il silenzio cadde nella sala. Chk'Mrr aveva dato un ordine silenzioso. Sentii più che vedere. Selenjak emise un breve urlo. Knight trattenne il fiato tanto rumorosamente da preoccuparmi per la sua salute ed io sentii un colpo secco e doloroso provenire dal mio petto.
    Altrettanto dolorosamente riuscii ad aprire le palpebre abbastanza da vedere il mio corpo.
    Dal centro del mio petto fuoriuscivano almeno venti centimetri di punta di lancia.
    Lo stesso tipo di lancia che avevo usato pochi minuti prima. Probabilmente quella che di Quill visto che la mia l'avevo lasciata nel fianco di uno dei miei avversari. La punta era macchiata del verde e del rosso del sangue sparso.
    Mi correggo; era completamente ricoperta del sangue che pochi istanti prima era nel mio cuore. Lo stesso cuore che ora attraversava da una parte all'altra.
    Freddamente notai che sgocciolava lentamente sul tappeto. Chissa perché mi chiesi come avrebbero fatto a smacchiarlo poi aprii la bocca per dire qualcosa ma dalle labbra mi uscì solo del sangue nerastro e senza accorgemene, rivoltai la testa all'indietro e sospirando un ultimo saluto all'universo, semplicemente...morii.



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