USS Unicorn, ponte ologrammi.
Puntare direttamente al bersaglio. Era questo quello che aveva imparato in
tanti anni di navigazione. Puntare al bersaglio seguendo la via più diretta,
era sempre stata la tattica dell'Ammiraglio Nelson ed era diventata una
delle tattiche più in voga fra i capitani dei vascelli inglesi. Aveva
utilizzato anche quella volta la stessa tattica: non appena la vedetta aveva
avvisato di vela in vista, e non appena si erano accorti che si trattava di
un brigantino francese, aveva dato ordine di spiegare la velatura e di fare
rotta diretta verso la nave avversaria. Si era domandato cosa ci facesse in
quelle acque un vascello francese, era da più di sei mesi che i mari
circostanti Mauritius erano pattugliati costantemente dalla flotta inglese
di stanza nell'Oceano Indiano. Sapevano di manovre francesi, ma non avrebbe
mai pensato che si sarebbero spinti così lontano dal grosso della propria
flotta. Dopo mezza giornata di inseguimento aveva capito cosa era successo:
all'orizzonte avanzava senza sosta un fronte di tempesta che evidentemente
aveva consigliato al comandante francese di passare più a sud, troppo forse.
Lo aveva inseguito da subito e da subito era risultato chiaro che sarebbe
stato un lungo, lunghissimo inseguimento, il brigantino francese era stabile
e alto sull'acqua, governato egregiamente, una tecnica di bolina superba,
grandi marinai i francesi. Il vascello di prima classe inglese vantava una
maggiore velatura e un equipaggio affiatato, un bellissima nave, ma
controvento di bolina era già tanto se riusciva a mantenere la distanza dal
brigantino che fuggiva.
Due giorni di duro lavoro, due giorni in cui avevano guadagnato si e no un
miglio, in cui avevano perso il l'albero di velaccino a alcune aste, due
giorni in cui avevano visto buttare a mare tutti i cannoni del brigantino
francese in modo da guadagnare un paio di nodi di velocità. Coraggioso il
Capitano francese, da subito aveva puntato verso il fronte di tempesta, in
effetti l'unica via di salvezza per lui e il suo equipaggio, ogni altra
direzione avrebbe significato o lo scontro diretto con gli inseguitori o
finire in bocca della flotta inglese. Da circa tre ore si trovavano entro il
fronte, non era ancora piena tempesta equatoriale, ma se avessero continuato
ancora per mezza giornata le cose si sarebbero messe male.
Lamarc camminava nervosamente sul cassero, era solo, doveva pensare, era
quasi un anno che viveva a puntate quell'inseguimento e si era sempre
domandato cosa sarebbe successo se fossero finiti nella tempesta prima di
ingaggiare la battaglia con i francesi. Forse un vero comandante inglese
avrebbe lasciato la preda ben prima, al limite costringendo i francesi a
spingersi verso il maltempo. La comodità del ponte ologrammi era quella di
poter sperimentare tutto senza l'assillo della realtà che incombe. Se le
cose fossero andate male, bastava dire al computer di ricominciare da un
qualche punto precedente della storia, molto semplice.
Spruzzi veementi di acqua salmastra arrivavano fino alla postazione in cui
si trovava, era solo un'ora che aveva attivato il programma ed era già
fradicio fino al fondo degli stivali, il suo umore era ancora più nero, se
possibile, di quanto non lo fosse prima di entrare. Si domandava perché non
avesse scelto il torrido pomeriggio mediorientale di Ascalona. Lo sapeva
benissimo perché.
I suoi pensieri furono interrotti da una voce che imprecava in una lingua
incomprensibile, la si poteva sentire distintamente sopra il fischio del
vento e il gemere del sartiame. Lamarc si voltò verso la prua della nave e
vide uno dei marinai in piedi a mezza nave che si agitava senza sosta. Un
mezzo sorriso si dipinse sul volto del Consigliere della Unicorn, scese i
pochi gradini che lo dividevano dal ponte di coperta e si diresse verso lo
strano individuo.
«Mi scusi Signore! Ma lei questo lo chiama divertimento?!»
«Qualcosa non va Capo Kadra?»
«Con tutto il rispetto Signore, direi che la sua domanda offende la mia e la
sua intelligenza! Sarebbe che sono inzuppato da capo a piedi e fa un gran
freddo, non si riesce a stare in piedi e la mensa fa schifo. Signore!»
«Un vero spasso, non trova?»
L'attendente bajoriano di Lamarc si limitò ad osservare con aria di supplica
il suo superiore, evidentemente stava pensando che non era stata una buona
idea quella di partecipare ad una delle avventure del Consigliere. Bofonchiò
qualcosa e si rimise a fare quello che stava facendo e cioè cercare di
impiombare un paio di cime. Lamarc tornò verso il cassero non prima però di
essersi sincerato che l'albero di maestra e quello di mezzana sopportassero
lo sforzo del vento. La velatura era già stata ridotta da tempo, ma anche
con le poche vele a riva che stavano utilizzando era comunque una situazione
difficile per la struttura della nave, nessun campo di integrità a
salvaguardare il vascello e nessun smorzatore inerziale soprattutto.
I francesi si trovavano alla stessa distanza di due ore prima, diretti
imperterriti verso nord, verso il cuore della tempesta. Ironico come un
francese stesse impersonificando uno dei nemici storici della sua patria, ma
il giorno in cui decise di farlo si era detto che i suoi compatrioti del
tempo erano un po' troppo noiosi e spocchiosi, non che non lo fossero gli
inglesi, ma di certo meno impomatati e di sicuro molto meglio Re Giorgio che
Napoleone, su questo non si discuteva.
Decidere, alla fine ogni piccola interruzione dei suoi pensieri lo
distoglieva da ciò che avrebbe dovuto fare: decidere. Rischiare di perdere
una nave di prima classe facendo naufragio in una tempesta tropicale, solo
per rincorrere la gloria personale e catturare un brigantino, nemmeno un
vascello di pari potenza, era di certo un azzardo. Anche perché era sicuro
che gli ordini di bordo dei francesi sarebbero stati gettati in mare alla
prima occasione se le cose si fossero messe male per loro.
Decidere.
«Computer, fine simulazione.»
In un attimo il ponte ologrammi pose termine alla simulazione, al centro
rimasero Lamarc e il Capo Kadra che, se possibile, aveva un'espressione
ancora più smarrita.
«Ma. mi scusi. perc.»
«Capo, è ora di piantarla con i giochi. Si prepari a partire per Romulus.»
Kadra strabuzzò gli occhi, ma non parlò, i due, ancora bagnati nei loro
antichi abiti replicati, uscirono dal ponte ologrammi in silenzio. Lamarc si
cambiò in fretta e si diresse verso la plancia.
«Tenente Comandante Lamarc ad Ammiraglio Fressen, se possibile vorrei
conferire con lei in sala tattica.»
Formale e teso, Fressen avrebbe capito.
«[Qui Fressen, arrivo Comandante.]»
USS Unicorn, sala tattica.
Fressen aveva assunto un'aria grave, Lamarc era stato chiaro: aveva tutta l'
intenzione di partire per Romulus.
«Non è una buona idea Comandante.»
Il francese era teso e in fondo anche un po' stufo di tutta quella storia.
«Niente di tutto quello che è successo è stata una buona idea Ammiraglio,
soprattutto quella dei nostri amici vulcan.»
«Abbiamo già inviato l'Ardena verso Romulus, il Capitano Knight è la persona
adatta per questa missione.»
«Già, peccato che non sappia niente di quella che è la verità.»
«Saprà improvvisare.»
Lamarc si alzò dalla poltrona che normalmente era occupata da Knight.
«Esatto, non poteva usare migliore parola Ammiraglio: "improvvisare". Mi
sembra che la Flotta Stellare abbia improvvisato anche troppo e con tutto il
rispetto anche la gestione di questa operazione mi sembra piuttosto, come
dire, "improvvisata".»
Fressen mutò la sua espressione e si fece più risoluto, quanta vitalità in
quell'anziano Ufficiale!
«Comandante mi sembra che lei stia esagerando!»
«Davvero Ammiraglio? E lei come definirebbe l'aver utilizzato una nave non
della Flotta Stellare, capace di occultamento, per una missione di soccorso
in territorio romulano, missione atta al recupero di un membro della
Federazione ch, per quanto ne sappiamo, potrebbe essere un terrorista?»
«Necessità.», disse Fressen con calma e un pizzico di fatalismo.
Non avrebbe potuto usare parola e tono peggiore, Marcel fece ricorso a tutte
le sue doti di diplomatico per non saltare al collo dell'Ammiraglio.
«Bene. So che lei è molto amico del Capitano Knight, ma non è sfuggito ai
miei occhi e alla mia sensibilità il grave disagio del Capitano nell'intraprendere
questa missione, le ha chiesto molto e lui ha obbedito ad un
amico e ad un suo superiore. Ma io non sono suo amico e se mi permette in
tutta questa faccenda non la considero nemmeno un mio superiore, penso che
non tutto sia stato fatto alla luce dell'ufficialità da parte sua e non
credo di sbagliarmi su questo. Quindi adesso faremo una cosa: io darò ordine
di partire per Romulus e se a lei sembrerà opportuno, prima di intraprendere
il silenzio radio una volta entrati nella Zona Neutrale, lei potrà
liberamente contattare il Comando di Flotta e comunicargli che il facente
funzione Ufficiale Comandante della Unicorn nonché Consigliere, sta
apertamente violando il Trattato di Algeron.»
Lamarc osservò un silenzioso Fressen.
«Ma se lo farà, io la costringerò a svelare all'Ammiragliato ogni singola
operazione da lei ordinata affinché si potesse procurare l'Ardena e i motivi
che l'hanno spinta ad inviare il Capitano Knight e gli altri graduati su
Romulus.»
Fressen non parlò, il suo volto era eloquente: la rabbia lo aveva assalito e
i suoi occhi ardevano.
«Allora siamo d'accordo Ammiraglio. Ovviamente se vuole rimanere in
territorio Federale sarò lieto di lasciarle una navetta con pilota.»
«Non ce ne sarà bisogno, Consigliere.»
Detto ciò Fressen si alzò e uscì dalla stanza. Lamarc si sedette, le gambe
tremavano, era spossato. Mai più, la prossima volta Knight avrebbe dovuto
trovarsi un altro sostituto al comando della sua nave.
USS Unicorn, plancia.
Lamarc era seduto sulla poltrona centrale, la più scomoda su cui si fosse
mai seduto.
«Guardiamarina, tracci la rotta più diretta verso Romulus, curvatura otto.»
La giovane Ufficiale si voltò di scatto.
«Come Signore?»
Lamarc sospirò, in un attimo tutti gli occhi dei presenti sul ponte di
comando erano puntati su di lui.
«Rotta per Romulus, curvatura otto.»
Il francese attese l'ovvia risposta da codice.
«Signore, mi permetta di ricordarle che entrare in territorio romulano è una
grave infrazione al trattato di Algeron stipulato fra la Federazione e l'
Impero Romulano.»
«Ne sono consapevole Guardiamarina, a tal proposito chiunque avesse delle
obiezioni in merito, le esponga: verranno registrate nel diario di bordo.»
Doveva essere detto.
«Si Signore. Rotta per Romulus tracciata, curvatura otto.»
«Attivare.», fu più un sospiro che un ordine.
La Unicorn entrò in curvatura e scomparve, finalmente si erano lasciati
dietro il campo di asteroidi vicino al quale avevano sostato da quando
avevano incontrato l'Ardena. Da allora molte cose erano cambiate. Lamarc si
domandava cosa avrebbe pensato di lui il Capitano Haiess, di certo avrebbe
avuto da ridire su qualcosa, come la solito, maledetto bastardo arrogante.
Forse era proprio colpa del suo ex-Capitano se adesso si trovava in quella
situazione: l'arroganza era una brutta malattia, infettiva.
USS Unicorn, infermeria.
Un sibilo delle porte precedette Lamarc. L'infermeria sembrava vuota. Solo
il ronzio dei computer, ma sapeva che Zeela si trovava lì. Si diresse verso
l'ufficio del Medico Capo, quello che normalmente era di Selenjak. Trovò
Turrell al terminale, i suoi lunghi capelli erano legati sulla nuca, ma
alcune ciocche le ricadevano sul viso, ciocche che tentava di mettere a
posto senza successo mentre digitava alcuni comandi. Lamarc si appoggiò alla
vetrata divisoria sporgendosi verso l'interno e bussò sul montante della
porta. Zeela alzò il viso e sorrise istintivamente, un sorriso che prese con
un groppo alla gola il francese.
«Ciao.»
«Ciao Zeela.»
«Come mai da queste parti?»
Lamarc entrò nella piccola stanza.
«Volevo avvertirti delle novità.»
Turrell sorrise ancora e tornò a lavorare.
«Intendi del fatto che stiamo andando su Romulus?»
«E tu come lo sai?»
«Io so sempre tutto di te.»
Questa volta a sorridere fu Lamarc.
«Uhm. e visto che sai tutto, sai anche per caso se ho fatto bene?»
La dottoressa alzò nuovamente la testa, sempre sorridendo.
«Un Capitano non chiederebbe mai una cosa del genere.»
«Vero, ma io non sono un Capitano.»
«Vero, ma è anche peggio: sei un Consigliere, sono gli altri che dovrebbero
chiedere a te se le loro decisioni sono giuste o sbagliate.»
«Me lo merito, avanti, infierisci.»
«Come sei scemo.»
Ci fu un attimo di silenzio, poi Zeela si fece più preoccupata.
«Credi che ce la faremo?»
«Non sarei mai partito se non lo pensassi, e poi ho promesso al Capitano che
non li avremmo lasciati soli. Il contesto è cambiato, loro non conoscono i
retroscena e la situazione per loro è molto pericolosa.»
«E l'Ammiraglio Fressen?»
«Rimarrà con noi, alla fine credo che anche lui si sia reso conto che il
nostro intervento è necessario, nonostante la mia arringa in favore della
nostra partenza se non fosse stato d'accordo con me, a quest'ora avremmo
alle calcagna l'intera Flotta Stellare.»
«Ceniamo insieme?»
Una mazzata al cuore di Lamarc, un'invito diretto e semplice, quasi
sfrontato.
«Oh, certo, cucino io però.»
«Alle otto allora.»
«Alle otto, va bene, specialità provenzali.»
Zeela sorrise di nuovo.
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