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LA TEMPESTA di Roberto Messora
26 febbraio 2001

    USS Unicorn, ponte ologrammi.

    Puntare direttamente al bersaglio. Era questo quello che aveva imparato in tanti anni di navigazione. Puntare al bersaglio seguendo la via più diretta, era sempre stata la tattica dell'Ammiraglio Nelson ed era diventata una delle tattiche più in voga fra i capitani dei vascelli inglesi. Aveva utilizzato anche quella volta la stessa tattica: non appena la vedetta aveva avvisato di vela in vista, e non appena si erano accorti che si trattava di un brigantino francese, aveva dato ordine di spiegare la velatura e di fare rotta diretta verso la nave avversaria. Si era domandato cosa ci facesse in quelle acque un vascello francese, era da più di sei mesi che i mari circostanti Mauritius erano pattugliati costantemente dalla flotta inglese di stanza nell'Oceano Indiano. Sapevano di manovre francesi, ma non avrebbe mai pensato che si sarebbero spinti così lontano dal grosso della propria flotta. Dopo mezza giornata di inseguimento aveva capito cosa era successo: all'orizzonte avanzava senza sosta un fronte di tempesta che evidentemente aveva consigliato al comandante francese di passare più a sud, troppo forse. Lo aveva inseguito da subito e da subito era risultato chiaro che sarebbe stato un lungo, lunghissimo inseguimento, il brigantino francese era stabile e alto sull'acqua, governato egregiamente, una tecnica di bolina superba, grandi marinai i francesi. Il vascello di prima classe inglese vantava una maggiore velatura e un equipaggio affiatato, un bellissima nave, ma controvento di bolina era già tanto se riusciva a mantenere la distanza dal brigantino che fuggiva.
    Due giorni di duro lavoro, due giorni in cui avevano guadagnato si e no un miglio, in cui avevano perso il l'albero di velaccino a alcune aste, due giorni in cui avevano visto buttare a mare tutti i cannoni del brigantino francese in modo da guadagnare un paio di nodi di velocità. Coraggioso il Capitano francese, da subito aveva puntato verso il fronte di tempesta, in effetti l'unica via di salvezza per lui e il suo equipaggio, ogni altra direzione avrebbe significato o lo scontro diretto con gli inseguitori o finire in bocca della flotta inglese. Da circa tre ore si trovavano entro il fronte, non era ancora piena tempesta equatoriale, ma se avessero continuato ancora per mezza giornata le cose si sarebbero messe male.
    Lamarc camminava nervosamente sul cassero, era solo, doveva pensare, era quasi un anno che viveva a puntate quell'inseguimento e si era sempre domandato cosa sarebbe successo se fossero finiti nella tempesta prima di ingaggiare la battaglia con i francesi. Forse un vero comandante inglese avrebbe lasciato la preda ben prima, al limite costringendo i francesi a spingersi verso il maltempo. La comodità del ponte ologrammi era quella di poter sperimentare tutto senza l'assillo della realtà che incombe. Se le cose fossero andate male, bastava dire al computer di ricominciare da un qualche punto precedente della storia, molto semplice.
    Spruzzi veementi di acqua salmastra arrivavano fino alla postazione in cui si trovava, era solo un'ora che aveva attivato il programma ed era già fradicio fino al fondo degli stivali, il suo umore era ancora più nero, se possibile, di quanto non lo fosse prima di entrare. Si domandava perché non avesse scelto il torrido pomeriggio mediorientale di Ascalona. Lo sapeva benissimo perché.
    I suoi pensieri furono interrotti da una voce che imprecava in una lingua incomprensibile, la si poteva sentire distintamente sopra il fischio del vento e il gemere del sartiame. Lamarc si voltò verso la prua della nave e vide uno dei marinai in piedi a mezza nave che si agitava senza sosta. Un mezzo sorriso si dipinse sul volto del Consigliere della Unicorn, scese i pochi gradini che lo dividevano dal ponte di coperta e si diresse verso lo strano individuo.
    «Mi scusi Signore! Ma lei questo lo chiama divertimento?!»
    «Qualcosa non va Capo Kadra?»
    «Con tutto il rispetto Signore, direi che la sua domanda offende la mia e la sua intelligenza! Sarebbe che sono inzuppato da capo a piedi e fa un gran freddo, non si riesce a stare in piedi e la mensa fa schifo. Signore!»
    «Un vero spasso, non trova?»
    L'attendente bajoriano di Lamarc si limitò ad osservare con aria di supplica il suo superiore, evidentemente stava pensando che non era stata una buona idea quella di partecipare ad una delle avventure del Consigliere. Bofonchiò qualcosa e si rimise a fare quello che stava facendo e cioè cercare di impiombare un paio di cime. Lamarc tornò verso il cassero non prima però di essersi sincerato che l'albero di maestra e quello di mezzana sopportassero lo sforzo del vento. La velatura era già stata ridotta da tempo, ma anche con le poche vele a riva che stavano utilizzando era comunque una situazione difficile per la struttura della nave, nessun campo di integrità a salvaguardare il vascello e nessun smorzatore inerziale soprattutto. I francesi si trovavano alla stessa distanza di due ore prima, diretti imperterriti verso nord, verso il cuore della tempesta. Ironico come un francese stesse impersonificando uno dei nemici storici della sua patria, ma il giorno in cui decise di farlo si era detto che i suoi compatrioti del tempo erano un po' troppo noiosi e spocchiosi, non che non lo fossero gli inglesi, ma di certo meno impomatati e di sicuro molto meglio Re Giorgio che Napoleone, su questo non si discuteva.
    Decidere, alla fine ogni piccola interruzione dei suoi pensieri lo distoglieva da ciò che avrebbe dovuto fare: decidere. Rischiare di perdere una nave di prima classe facendo naufragio in una tempesta tropicale, solo per rincorrere la gloria personale e catturare un brigantino, nemmeno un vascello di pari potenza, era di certo un azzardo. Anche perché era sicuro che gli ordini di bordo dei francesi sarebbero stati gettati in mare alla prima occasione se le cose si fossero messe male per loro.
    Decidere.
    «Computer, fine simulazione.»
    In un attimo il ponte ologrammi pose termine alla simulazione, al centro rimasero Lamarc e il Capo Kadra che, se possibile, aveva un'espressione ancora più smarrita.
    «Ma. mi scusi. perc.»
    «Capo, è ora di piantarla con i giochi. Si prepari a partire per Romulus.»
    Kadra strabuzzò gli occhi, ma non parlò, i due, ancora bagnati nei loro antichi abiti replicati, uscirono dal ponte ologrammi in silenzio. Lamarc si cambiò in fretta e si diresse verso la plancia.
    «Tenente Comandante Lamarc ad Ammiraglio Fressen, se possibile vorrei conferire con lei in sala tattica.»
    Formale e teso, Fressen avrebbe capito.
    «[Qui Fressen, arrivo Comandante.]»

    USS Unicorn, sala tattica.

    Fressen aveva assunto un'aria grave, Lamarc era stato chiaro: aveva tutta l' intenzione di partire per Romulus.
    «Non è una buona idea Comandante.»
    Il francese era teso e in fondo anche un po' stufo di tutta quella storia.
    «Niente di tutto quello che è successo è stata una buona idea Ammiraglio, soprattutto quella dei nostri amici vulcan.»
    «Abbiamo già inviato l'Ardena verso Romulus, il Capitano Knight è la persona adatta per questa missione.»
    «Già, peccato che non sappia niente di quella che è la verità.»
    «Saprà improvvisare.»
    Lamarc si alzò dalla poltrona che normalmente era occupata da Knight.
    «Esatto, non poteva usare migliore parola Ammiraglio: "improvvisare". Mi sembra che la Flotta Stellare abbia improvvisato anche troppo e con tutto il rispetto anche la gestione di questa operazione mi sembra piuttosto, come dire, "improvvisata".»
    Fressen mutò la sua espressione e si fece più risoluto, quanta vitalità in quell'anziano Ufficiale!
    «Comandante mi sembra che lei stia esagerando!»
    «Davvero Ammiraglio? E lei come definirebbe l'aver utilizzato una nave non della Flotta Stellare, capace di occultamento, per una missione di soccorso in territorio romulano, missione atta al recupero di un membro della Federazione ch, per quanto ne sappiamo, potrebbe essere un terrorista?»
    «Necessità.», disse Fressen con calma e un pizzico di fatalismo. Non avrebbe potuto usare parola e tono peggiore, Marcel fece ricorso a tutte le sue doti di diplomatico per non saltare al collo dell'Ammiraglio. «Bene. So che lei è molto amico del Capitano Knight, ma non è sfuggito ai miei occhi e alla mia sensibilità il grave disagio del Capitano nell'intraprendere questa missione, le ha chiesto molto e lui ha obbedito ad un amico e ad un suo superiore. Ma io non sono suo amico e se mi permette in tutta questa faccenda non la considero nemmeno un mio superiore, penso che non tutto sia stato fatto alla luce dell'ufficialità da parte sua e non credo di sbagliarmi su questo. Quindi adesso faremo una cosa: io darò ordine di partire per Romulus e se a lei sembrerà opportuno, prima di intraprendere il silenzio radio una volta entrati nella Zona Neutrale, lei potrà liberamente contattare il Comando di Flotta e comunicargli che il facente funzione Ufficiale Comandante della Unicorn nonché Consigliere, sta apertamente violando il Trattato di Algeron.»
    Lamarc osservò un silenzioso Fressen.
    «Ma se lo farà, io la costringerò a svelare all'Ammiragliato ogni singola operazione da lei ordinata affinché si potesse procurare l'Ardena e i motivi che l'hanno spinta ad inviare il Capitano Knight e gli altri graduati su Romulus.»
    Fressen non parlò, il suo volto era eloquente: la rabbia lo aveva assalito e i suoi occhi ardevano.
    «Allora siamo d'accordo Ammiraglio. Ovviamente se vuole rimanere in territorio Federale sarò lieto di lasciarle una navetta con pilota.»
    «Non ce ne sarà bisogno, Consigliere.»
    Detto ciò Fressen si alzò e uscì dalla stanza. Lamarc si sedette, le gambe tremavano, era spossato. Mai più, la prossima volta Knight avrebbe dovuto trovarsi un altro sostituto al comando della sua nave.

    USS Unicorn, plancia.

    Lamarc era seduto sulla poltrona centrale, la più scomoda su cui si fosse mai seduto.
    «Guardiamarina, tracci la rotta più diretta verso Romulus, curvatura otto.»
    La giovane Ufficiale si voltò di scatto.
    «Come Signore?»
    Lamarc sospirò, in un attimo tutti gli occhi dei presenti sul ponte di comando erano puntati su di lui.
    «Rotta per Romulus, curvatura otto.»
    Il francese attese l'ovvia risposta da codice.
    «Signore, mi permetta di ricordarle che entrare in territorio romulano è una grave infrazione al trattato di Algeron stipulato fra la Federazione e l' Impero Romulano.»
    «Ne sono consapevole Guardiamarina, a tal proposito chiunque avesse delle obiezioni in merito, le esponga: verranno registrate nel diario di bordo.»
    Doveva essere detto.
    «Si Signore. Rotta per Romulus tracciata, curvatura otto.»
    «Attivare.», fu più un sospiro che un ordine.
    La Unicorn entrò in curvatura e scomparve, finalmente si erano lasciati dietro il campo di asteroidi vicino al quale avevano sostato da quando avevano incontrato l'Ardena. Da allora molte cose erano cambiate. Lamarc si domandava cosa avrebbe pensato di lui il Capitano Haiess, di certo avrebbe avuto da ridire su qualcosa, come la solito, maledetto bastardo arrogante. Forse era proprio colpa del suo ex-Capitano se adesso si trovava in quella situazione: l'arroganza era una brutta malattia, infettiva.

    USS Unicorn, infermeria.

    Un sibilo delle porte precedette Lamarc. L'infermeria sembrava vuota. Solo il ronzio dei computer, ma sapeva che Zeela si trovava lì. Si diresse verso l'ufficio del Medico Capo, quello che normalmente era di Selenjak. Trovò Turrell al terminale, i suoi lunghi capelli erano legati sulla nuca, ma alcune ciocche le ricadevano sul viso, ciocche che tentava di mettere a posto senza successo mentre digitava alcuni comandi. Lamarc si appoggiò alla vetrata divisoria sporgendosi verso l'interno e bussò sul montante della porta. Zeela alzò il viso e sorrise istintivamente, un sorriso che prese con un groppo alla gola il francese.
    «Ciao.»
    «Ciao Zeela.»
    «Come mai da queste parti?»
    Lamarc entrò nella piccola stanza.
    «Volevo avvertirti delle novità.»
    Turrell sorrise ancora e tornò a lavorare.
    «Intendi del fatto che stiamo andando su Romulus?»
    «E tu come lo sai?»
    «Io so sempre tutto di te.»
    Questa volta a sorridere fu Lamarc.
    «Uhm. e visto che sai tutto, sai anche per caso se ho fatto bene?» La dottoressa alzò nuovamente la testa, sempre sorridendo. «Un Capitano non chiederebbe mai una cosa del genere.»
    «Vero, ma io non sono un Capitano.»
    «Vero, ma è anche peggio: sei un Consigliere, sono gli altri che dovrebbero chiedere a te se le loro decisioni sono giuste o sbagliate.»
    «Me lo merito, avanti, infierisci.»
    «Come sei scemo.»
    Ci fu un attimo di silenzio, poi Zeela si fece più preoccupata.
    «Credi che ce la faremo?»
    «Non sarei mai partito se non lo pensassi, e poi ho promesso al Capitano che non li avremmo lasciati soli. Il contesto è cambiato, loro non conoscono i retroscena e la situazione per loro è molto pericolosa.»
    «E l'Ammiraglio Fressen?»
    «Rimarrà con noi, alla fine credo che anche lui si sia reso conto che il nostro intervento è necessario, nonostante la mia arringa in favore della nostra partenza se non fosse stato d'accordo con me, a quest'ora avremmo alle calcagna l'intera Flotta Stellare.»
    «Ceniamo insieme?»
    Una mazzata al cuore di Lamarc, un'invito diretto e semplice, quasi sfrontato.
    «Oh, certo, cucino io però.»
    «Alle otto allora.»
    «Alle otto, va bene, specialità provenzali.»
    Zeela sorrise di nuovo.



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