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RIVELAZIONI INATTESE di Roberto Messora
3 ottobre 2000

    Romulus, capitale imperiale, quartieri sud

    Il Comandante Palek camminava nervoso verso casa. Ancora alcuni isolati in quella calda giornata e avrebbe avuto il ristoro che tanto anelava. Una persona nella sua posizione non sarebbe dovuta tornare a casa a piedi in quella maniera, un Ufficiale del suo rango avrebbe avuto diritto ad un mezzo ed una scorta. Sarebbe successo tutto ciò se non fosse uscito dal Senato imperiale sbattendo la porta dell'ufficio del Pretore in persona. Forse la sua carriera era terminata, forse lo avrebbero mandato a pattugliare la Zona Neutrale con uno scout e pochi uomini sotto il suo comando. Avrebbero persino potuto imprigionarlo, torturarlo, darlo in pasto alla Tal Shiar. Non gli importava, non dopo quello che aveva dovuto sentire. Non poteva credere ad una parola, non poteva credere che a parlare fossero stati proprio personaggi del calibro del Senatore Tapek. Chi erano costoro che osavano ridicolizzare davanti a tutto il Senato riunito in sessione plenaria un Comandante della flotta imperiale? Non gli importava che fossero i politici più importanti di tutto l'Impero, lo avevano messo in ridicolo di fronte all'intero popolo romulano e questo non lo poteva accettare in nessun modo.
    Stava sudando, faceva caldo, ma non era quella la fonte di calore che lo bruciava, non era quello che lo stava consumando. Si fermò un istante, si guardò intorno come se stesse cercando qualcosa. Si tolse la giacca della divisa e se la mise sottobraccio, il suo sguardo già di per se arcigno come quello di ogni altro romulano, si fece ancora più duro.
    Non era quello il momento di tornarsene a casa, non poteva permettere che tutto quello a cui aveva assistito potesse metterlo fuori causa. Si guardò ancora attorno, non era mai stato in quelle strade, senza perdersi d'animo si diresse verso il fondo della strada, all'incrocio. Giunto a destinazione si guardò nuovamente in giro, trovò una stazione di teletrasporto pubblica, si incamminò verso di essa mentre si rimetteva la divisa, al suo arrivo il tecnico lo salutò militarmente non senza una certa dose di deferenza. Palek non rispose, non parlò, disse solo "stazione stellare 19" e si mise sulla pedana in attesa che venisse smaterializzato. Trascorsero solo pochi istanti, si ritrovò immerso nella penombra di una sala teletrasporto secondaria, evidentemente la destinazione usuale di una postazione pubblica. Forse era meglio che fosse arrivato senza destare clamore.

    Romulus, stazione stellare 19

    Il suo Falco da Guerra era in attesa di incarico all'attracco 12, la sua meta era quella, in quel momento riusciva solo a pensare che con la sua nave le cose sarebbero potute cambiare, con la sua nave le cose sarebbero cambiate.
    Il suo umore era mutato: il furore cieco che lo aveva pervaso durante l'udienza con il Pretore era svanito, in quel momento una sorda determinazione lo guidava passo per passo verso un futuro che Palek poteva vedere chiaro e netto, cristallino.
    Non potevano capire, non avevano visto, ma aveva sperato che la parola di un Comandante avesse il suo peso, che venisse presa sul serio. Aveva vissuto tutta la sua vita per l'Impero, aveva dato tutto, anche gli anni migliori della sua vita pattugliando zone di confine che solo qualche decennio prima erano considerate di scarsissimo interesse.
    Ma le cose erano cambiate, era accaduto quello che nemmeno nei suoi incubi peggiori aveva sognato.
    Stavano tornando.
    E con loro il passato più lontano del popolo romulano e di quello vulcaniano. Alla fine la resa dei conti era arrivata.
    Eppure nessuno lo aveva creduto. Poteva vedere ancora di fronte a se il sorriso sarcastico del Pretore mentre parlava, mentre esponeva in pochi minuti, gli unici che gli erano stati concessi, cinque anni di rilevamenti sul confine esterno dell'Impero, nel profondo del Quadrante Beta. Favole per i bambini, stupide leggende vulcaniane, inventate per spaventare i "ribelli" che non volevano seguire gli insegnamenti del grande Surak, la via dell'IDIC.
    Che cosa ne potevano sapere loro del confine, presi dalla Zona Neutrale e dal Dominio, dai borg e dai cardassiani. Cosa si aspettava da una cricca di personaggi intenti a protendersi verso l'altro lato della galassia, verso la Federazione e tutto ciò che quegli stupidi esploratori si erano portati dietro dai loro viaggi.
    Era giunto al portello di imbarco del suo Falco da Guerra. Si incamminò verso il suo alloggio, le luci attive erano al minimo, una tonalità verdastra rendeva ancora più spigolosi i tratti tirati del Comandante. Non incontrò nessuno, non aveva voglia di incontrare nessuno, ma doveva sbrigarsi, doveva agire.
    «Comandante Palek a Vicecomandante Tolak.»
    «[Qui Vicecomandante Tolak, agli ordini.]»
    «Mi raggiunga immediatamente nel mio alloggio, dobbiamo parlare.» «[Sissignore.]»
    Trascorsero pochi minuti quando l'allarme di prossimità risuonò quasi impercettibile nella stanza dove Palek se ne stava in piedi ad osservare il vuoto oltre la vetrata.
    «Avanti.»
    «Comandante.»
    «Si sieda Tolak e mi ascolti attentamente.»
    Ci fu un attimo di silenzio dove il nuovo arrivato cercò di interpretare l' enigmatica espressione del suo superiore.
    «Dobbiamo partire subito per Remus, tutte le altre unità della nostra squadra sono là in attesa di ordini.»
    «Subito? Credevo che saremmo rimasti qui per alcuni giorni.»
    Palek serrò la mascella fissando incollerito il suo subalterno.
    «Partiremo subito Vicecomandante. Richiami tutti gli uomini.»
    «Si Signore.»
    Palek voltò le spalle al suo interlocutore e si prese la mani dietro al schiena, alzò la testa e sospirò.
    «Non mi hanno creduto.»
    Tolak si alzò dalla sua poltrona incredulo.
    «Come? Non le hanno creduto?»
    «Esattamente. esattamente.»
    «Ma è semplicemente ridicolo!»
    «Non ridicolo, assurdo. e dannatamente pericoloso.»
    «Possiamo comunque affrontarli.»
    Palek si girò di scatto irato, sembrava disprezzare il suo secondo.
    «Ma non capisce che se aspettiamo troppo tutti nel Quadrante Alfa sapranno che abbiamo grossi problemi da affrontare che necessariamente ci distoglieranno da altri fronti?»
    Tolak esitò.
    «Saremmo deboli ai loro occhi, e basterebbe poco, soprattutto quei bastardi dei klingon approfitterebbero subito della situazione.»
    «Che cosa ha intenzione di fare?»
    «Intanto andare immediatamente su Remus e riunirmi alla squadra.»
    «Con quale autorizzazione?»
    «Sono riuscito a farmi assegnare un trasporto molto delicato, dopo cinque interi anni lontano da Romulus mi hanno riconosciuto certi privilegi per il servizio recato all'Impero e ho potuto scegliere a mio piacimento. Altrimenti avremmo rischiato di rimanere qui in attesa per secoli.»
    «Di quale trasporto si tratta?»
    «Una spia vulcaniana.»
    La sorpresa per Tolak fu grande.
    «Una spia vulcaniana. tentano ancora la riunificazione? Stolti.»
    «Dobbiamo trasferirlo su Remus, sembra che la Tal Shiar vi abbia creato un centro strategico negli ultimi anni. Lo vogliono là, un'occasione perfetta per lasciare questo posto.»
    «E poi?»
    Tolak aveva toccato il tasto giusto, Palek per un attimo sembrò indeciso.
    «Poi terrò a riunione gli altri comandanti, in un modo o nell'altro dobbiamo agire. Bene Tolak, può andare.»
    Tolak osservò il suo Comandante con deferenza in silenzio, salutò seccamente e uscì dall'alloggio. Palek si sedette, solo in quel momento si rese conto di quanto fosse stanco e teso. Si mise a dormire, i suoi sogni furono abitati da strane presenze, qualcuno che veniva dal loro passato, freddo e determinato, logico e spietato. Qualcuno che aveva promesso di non tornare mai più e che invece si era ripresentato anche se nessuno sembrava crederlo.

    USS Unicorn, sala tattica

    Il Capitano Knight se ne stava di fronte alla finestra della sua sala ad osservare l'immane distesa di asteroidi che si trovava a poca distanza dalla sua nave. Il riflesso del suo viso sulla superficie di alluminio trasparente non sembrava a Lamarc quanto di più soddisfatto. Il corpulento Ufficiale Comandante si girò verso il suo Consigliere e fece cenno di sedersi, lo stesso fece Kinght sospirando.
    «Marcel, quando tutto questo sarà finito ci berremo una birra scura in qualche oscuro locale dei docks di Londra in attesa che qualcuno dell' Ammiragliato venga a portarti buone nuove riguardo il raddobbo del tuo vascello di seconda classe. Ho in mente alcuni gustosi particolari in merito alla tua idea di mixare le due nostre simulazioni olografiche, potrei diventare un tuo passeggero, chissà.»
    Lamarc sorrise a quelle parole, pensare per un momento alla sua simulazione ottocentesca come Capitano di Vascello di Sua Maestà il Re d'Inghilterra lo fece rilassare.
    «Fino ad allora però non credo che mi vedrete sorridere molto immagino.»
    Knight non si era ancora arreso allo scenario che Lamarc gli aveva esposto: non sarebbe andato con loro sull'Ardena, sarebbe rimasto sulla Unicorn.
    «Capitano, non possiamo troncare la testa pensante della Unicorn in questo modo. Non sarà certo un'assegnazione ortodossa quella di mettermi al comando, ma come lei ben sa il mio curriculum di studio all'Accademia è stato in grandissima parte nella Sezione Comando. E poi non credo che Fressen possa obiettare altrimenti potremmo anche rifiutarci di muovere un passo se prima non ci vengono dati ulteriori chiarimenti.»
    Knight non era contento, gli avrebbe fatto comodo avere al fianco Lamarc, la sua abilità diplomatica e di prima contatto ne facevano il candidato perfetto per le relazioni "esterne" su Romulus, doveva cominciare a pensare che sarebbe stato egli stesso a farlo.
    «E poi ho un problema difficilmente risolvibile.», detto ciò tamburellò due dita sul suo braccio sinistro all'altezza dell'ascella.
    Knight capì al volo:
    «I tuoi impianti medici. in tutto questo via vai non ci avevo minimamente pensato, immagino che tu non lo possa disattivare ed estrarre.»
    «Direi di no, o meglio, si, ma avrebbe un compagno con un braccio al collo, inutilizzabile. Qualsiasi bioscanner individuerebbe immediatamente gli impianti e le nanosonde che sono di origine tecnologica borg. Ci sarebbe l'alternativa di un campo multifasico di schermatura, ma avrei bisogno di una fonte di energia portatile e sarebbe una scomodità di non poco conto.»
    «Sarà sempre così?»
    «Me lo sono chiesto anch'io. Su Triven Soth il Dottor Dalmar mi ha assicurato che troverà la soluzione per le emissioni energetiche del mio bracciale, ha intenzione di inserire un micromodulatore che le converta nel campo del subspazio: in pratica vuole fare del mio impianto un segnalatore subspaziale, un po' come quello dei droni borg.»
    «Sapremmo sempre dove venirla a prendere se scappa con la mia nave.»
    I due uomini sorrisero all'unisono, l'atmosfera seppur tesa a causa degli eventi in cui erano coinvolti si fece molto più distesa.
    «Bene Consigliere, allora resterà qui e avrà il comando della Unicorn, confido nella sua capacità di decisione e nella sua chiarezza di pensiero.»
    Il discorso sembrava rimasto a metà, Marcel se ne accorse e attese che Knight decidesse se continuare o meno.
    «. e mi raccomando, la Dottoressa Turrell non ha preso molto bene la mia decisione di lasciarla a bordo. bè, è lei il Consigliere, lo psicologo, immagino sappia come comportarsi. È tutto, può andare.»
    Lamarc annuì e si alzò congedandosi, ma giunto alla porta, prima che si aprisse si voltò verso Knight:
    «Lei lo sa Capitano che non vi lascerò soli.»
    Knight abbozzò un sorriso, sapeva benissimo che non li avrebbe lasciati soli anche a costo di violare la Zona Neutrale.

    Remus, centro operativo Tal Shiar

    Il Comandante Palek se ne stava seduto di fronte ad un burocrate del servizio segreto che continuava a porgli domande inutili e senza senso. La sua pazienza stava per oltrepassare il limite, pensava che ormai il suo discredito nell'impero fosse tale da non peggiorare la sua situazione se anche avesse insultato un membro della Tal Shiar.
    «Mi scusi..», la nota seccata di Palek non passò inosservata. Il romulano che gli stava di fronte alzò brevemente la testa per poi tornare a fare quello che stava facendo.
    «. è ancora lunga la questione?»
    A quella domanda l'agente smise del tutto di lavorare e fissò con durezza il militare.
    «La "questione" durerà quanto deve durare e questo è tutto.»
    Palek si alzò di scatto e puntò le mani sul tavolo.
    «Mi stia bene a sentire, sono stato cinque lunghissimi anni lontano dal mio pianeta, ho servito l'Impero al meglio delle mie possibilità ed anche oltre, ho trascorso gli ultimi tre giorni nel modo peggiore che potessi immaginare e per finire lei mi sta irritando non poco. Quindi.», il membro della Tal Shiar sembrò voler intervenire, ma Palek gli si avvicinò sporgendosi ancor di più e sibilando il resto della frase.
    «. e quindi mi faccia il favore: la finisca qui o me ne vado senza il prigioniero.»
    Il Comandante del Falco da guerra si sedette osservando sornione il suo dirimpettaio, questi sostenne il suo sguardo, ma attivò la comunicazione con un altro ufficio.
    «Qui Redar, avrei finito con il Comandante Palek, è tutto in ordine.»
    «[Bene, lo faccia passare.]»
    «Comandante Palek, il Comandante Joral la sta aspettando, prego.»
    Palek si alzò e si diresse alla porta che gli era stata indicata, per niente sollevato o trionfante si apprestò ad incontrare un altro membro di quella che pensava essere la rovina dell'Impero. Oltrepassò la porta e si trovò in una stanza spoglia, solo un consolle ed alcune sedie, al centro si trovava quello che doveva essere la spia vulcaniana, intorno alcuni uomini romulani alle spalle di quello che doveva essere il Comandante Joral.
    «Ben arrivato Comandante Palek, la stavamo aspettando.»
    Joral sfoderò il miglior sorriso di circostanza che possedesse, ma Palek non rispose e si limitò a squadrare il suo parigrado soffermandosi poi sul prigioniero.
    «Sarò breve Comandante, immagino che sarà stanco e so quanto possano essere tediose le pratiche burocratiche a volte. Questo come sa è il nostro ospite, un nostro cugino vulcaniano che ha tentato maldestramente di introdurre su Romulus una sorta di agente batterico appositamente studiato per la fisiologia romulana, una sorta di "ammorbidente" mentale, ma non starò qui a dilungarmi su questioni tecniche che non la riguardano.»
    Palek guardò con astio il suo interlocutore, lo stava trattando come un idiota, sapeva benissimo che avrebbe solo fatto da scorta armata per il servizio segreto, ma un affronto del genere non lo sopportava. Cominciava a pensare che conque anni lontano da casa erano stati decisamente troppi: non riconosceva più il suo mondo.
    «Il suo compito è quello di scortare noi e il nostro ospite al confine dell' Impero, una zona che lei ben conosce a quanto ho sentito.»
    Palek sbiancò di colpo, non credeva alle sue orecchie.
    «Posso permettermi di chiedere la ragione di questa destinazione? Ho un intero equipaggio che non sarà molto contente di sentire quanto avrei da dirgli: tornare da dove sono appena venuti dopo un'assenza così lunga non è quello che immaginavano, almeno non così presto.»
    Joral studiò per un attimo il romulano.
    «Vediamo, le basterà sapere che questo personaggio, durante le sue farneticazioni, ha accennato ad una minaccia che viene da lontano, una minaccia per l'Impero e per gli stessi vulcaniani. Ovviamente non gli crediamo, ma nonostante i nostri "accurati" metodi di indagine, ha continuato ad asserire che questo pericolo è reale.»
    Il Comandante Palek stentava a credere che tutto ciò stesse accadendo realmente, guardò inorridito il vulcaniano che sembrava essere imbottito di una qualche droga perché gli restituì solo un'occhiata vaga e vuota. In qualche modo sapeva e nemmeno gli "accurati" metodi della Tal Shiar avevano scalfito la sua convinzione che un terribile pericolo fosse alle porte.
    In fondo poteva comprendere lo scetticismo della Tal Shiar, nemmeno lui aveva creduto ai rapporti che aveva ricevuto finché non aveva visto con i suoi occhi due Falchi da guerra esplodere quasi senza senso, quasi senza una ragione apparente. Quasi, perché dopo approfondite analisi si erano resi conto della terribile realtà che si celava dietro tutti quegli episodi. Esisteva una antica leggenda vulcaniana, una leggenda che risaliva a molto tempo prima che gli esuli di Vulcano approdassero su Romulus, una leggenda nata durante le terribili guerre che avevano squassato Vulcano ai tempi delle armi psioniche, anch'esse ritenute a torto leggende fino a qualche anno prima, quando ancora non si era scoperto che la Pietra di Gol era realmente esistita (nota: si fa riferimento alla puntata di TNG "L'arma perduta").
    I romulani non erano stati i primi, e fino ad allora unici, esuli da Vulcano, molto tempo prima un'altra fazione aveva lasciato il pianeta. Si narrava che durante una sanguinosa faida una delle famiglie più potenti di Vulcano fosse stata praticamente annientata e che solo la clemenza dei suoi avversari avesse scongiurato la totale eliminazione, i sopravvissuti giurarono di non tornare mai più e se ne andarono in cerca di una nuova patria e da allora non se ne seppe più niente. Molte delle storie che facevano parte della storia più antica di Vulcano erano di sicuro leggende senza valore, ma altre, dal sapore leggendario anch'esse, erano realtà seppur spesso romanzata.
    Palek aveva mostrato i risultati delle analisi condotte sul luogo del disastro che aveva visto la distruzione di due vascelli imperiali, analisi che aveva visto anche il Pretore in persona, ma nessuno gli aveva creduto. In effetti non c'era stato molto da analizzare, ma una cosa era chiara, un dato che lo aveva perseguitato in quell'ultimo anno. Un residuo di traccia psionica, tenue, ma esistente. All'inizio nemmeno lui aveva dato peso a quel fatto, inoltre non era uno scienziato, ma con il passare del tempo aveva cominciato a sondare ogni più piccola possibilità. Lo aveva fatto in quanto era lui a capo della spedizione e aveva perso in un colpo solo due Falchi, quasi la metà della sua flotta composta da cinque navi dello stesso tipo. Non poteva tornare su Romulus senza una risposta, anche perché i messaggi in subspazio che riceveva dal comando centrale erano chiari: indagare e riportare spiegazioni chiare.
    Aveva cercato risposte ovunque senza trovarle finché aveva cominciato a sondare il poco plausibile e addirittura l'impossibile. Ed era giunto alla conclusione che i leggendari esuli erano tornati. Tutto quadrava seppur nell 'inverosimiglianza dell'ipotesi: armi psioniche e guerrieri suicida che sacrificavano la propria vita per la vittoria. Il modo di combattare estremo degli antichi vulcaniani. I suoi Falchi da guerra erano stati distrutti in quel modo: in qualche modo guerrieri suicida erano saliti a bordo e mediante le proprie armi psioniche aveva distrutto dall'interno i vascelli, polverizzato sarebbe stato meglio dire.
    Ovviamente nessuno gli aveva creduto e avevano tacciato di puerile autodifesa il suo tentativo di spacciare come vera un'ipotesi del genere. Ma le parole di quel vulcaniano che se ne stava seduto inebetito a fissare il muro erano qualcosa che forse avrebbe preferito non sentire. In quel momento si rese conto che sarebbe stato meglio se lui, un Comandante della flotta imperiale, fosse caduto in disgrazia piuttosto che avere alle porte un nemico pericoloso come quello che sembrava essere. Tanto pericoloso da non lasciare nessuna traccia di sé, nemmeno un sensore a lungo raggio aveva segnalato qualcosa, una nave occultata o una traccia di curvatura, qualsiasi cosa fuori dal normale.
    «Comandante Palek, crede di essere in grado di fare ciò che le ho chiesto?»
    Palek si scosse e guardò nuovamente con ostilità Joral.
    «Farò quello che devo fare, come ho sempre fatto Comandante Joral.»
    «Bene, allora prepari la sua nave, partiremo fra tre giorni.»

    USS Unicorn, infermeria

    Lamarc se ne stava nel corridoio di fronte alla porta di entrata dell' infermeria. Non sapeva se entrare o meno, voleva comunicare a Zeela che sarebbe rimasto a bordo, ma si domandava come l'avrebbe presa la betazoide. In fondo la reciproca simpatia che provavano poteva essere benissimo un' affinità professionale, almeno per lei. Per Marcel era difficile capire cosa provava, un comportamento decisamente fuori luogo per un Consigliere. Turrel era una betazoide e lui aveva sempre saputo che mal sopportava e betazoidi, i suoi anni di università su Betazed non erano stato certo felici fuori dal contesto di studio. Non gli piaceva che qualcuno potesse "leggere" le sue emozioni. Eppure quella dolce dottoressa lo aveva colto di sorpresa. Si era comportata con estrema naturalezza e senza essere invadente, forse aveva letto il suo curriculum e si era tenuta sulla difensiva, comunque fosse si sentiva attratto da lei e non poteva farci niente. In realtà non voleva farci niente, anche se la conosceva da veramente poco tempo. Sua nonna gli ripeteva sempre che quando lo sai lo sai e basta, non c'era altro da dire. In fondo sarebbe stato al comando della nave e se un giorno fosse diventato quel diplomatico che il Capitano Haiess continuava a ripetergli avrebbe dovuto affrontare situazione ben peggiori. Era solo un'illusione: nessuna situazione era peggiore di quella. Non voleva innamorarsi, non di una betazoide.
    La porta si aprì e Lamarc entrò in infermeria. Selenjak si trovava ancora sul suo bioletto, era sveglia e alzò un sopracciglio quando vide il Consigliere, lui si avvicinò e la salutò con calore. Era nettamente migliorata, la trovò affaticata, ancora debole, ma presente e vigile, una perfetta vulcaniana.
    «Non affatichi troppo la mia paziente Consigliere, mi raccomando.»
    Marcel tarasalì, chi aveva parlato era Zeela che si stava avvicinando.
    «Non si preoccupi Dottoressa, volevo solo salutarla la sua paziente e poi è anche mi paziente.»
    Selenjak guardò quasi spazientita (se può essere spazientito un vulcaniano) i due, forse la ripetizione della parola "paziente" non le piaceva.
    «Mi dica, è venuto qui per vedere come sta la sua paziente?»
    Marcel sorrise, quello scambio di battute aveva reso la sua tensione un vago ricordo e il sorriso di risposta di Zeela gli infuse una certa baldanza.
    «Si, ma non solo, volevo anche comunicarle di persona il nuovo assetto delle mansioni a bordo.»
    Zeela parve non capire:
    «E come mai è proprio lei a farlo? Non dovrebbe essere il Primo Ufficiale a fare una cosa del genere?»
    «In effetti si, ma visto che sarò io al comando della nave durante la missione esterna degli altri Ufficiali superiori volevo che lo sentisse direttamente da me.»
    Le due dottoresse guardarono all'unisono Lamarc sorprese.
    «Interessante, Comandante, pensavo che lei sarebbe venuto con noi.», disse Selenjak.
    «Anche io avevo pensato di venire, ma una serie di motivi mi hanno fatto pensare che fosse meglio rimanere qui a bordo.»
    Zeela era sorpresa, ma in qualche modo imperscrutabile:
    «Bene, almeno non me ne starò qui da sola mentre gli altri si divertono.»
    Marcel non era un empatico, ma non serviva per notare un certo tono polemico nella voce di Turrell.
    «Dottoressa Selenjak, il Capitano vuole vederla non appena lascerà l' infermeria. Bene credo che sia tutto, se avete bisogno di me sarò nel mio ufficio.»
    Detto ciò Lamarc se ne andò, ma una volta nel corridoio venne fermato dalla voce di Turrell sulla soglia della porta dell'infermeria.
    «Comandante... mi fa piacere che rimanga, cioè... mi fa piacere che sia lei a rimanere. insomma... ha capito, no?»
    Marcel non aveva capito, aveva paura di aver capito, si sentiva un idiota, ma era contento, stupidamente contento.
    «Grazie...», e sorrise in risposta al sorriso di Zeela. Cominciavano ad essere numerosi i loro sorrisi, qualcosa doveva significare.



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