Romulus, capitale imperiale, quartieri sud
Il Comandante Palek camminava nervoso verso casa. Ancora alcuni isolati in
quella calda giornata e avrebbe avuto il ristoro che tanto anelava. Una
persona nella sua posizione non sarebbe dovuta tornare a casa a piedi in
quella maniera, un Ufficiale del suo rango avrebbe avuto diritto ad un
mezzo ed una scorta. Sarebbe successo tutto ciò se non fosse uscito dal
Senato imperiale sbattendo la porta dell'ufficio del Pretore in persona.
Forse la sua carriera era terminata, forse lo avrebbero mandato a
pattugliare la Zona Neutrale con uno scout e pochi uomini sotto il suo
comando. Avrebbero persino potuto imprigionarlo, torturarlo, darlo in pasto
alla Tal Shiar. Non gli importava, non dopo quello che aveva dovuto sentire.
Non poteva credere ad una parola, non poteva credere che a parlare fossero
stati proprio personaggi del calibro del Senatore Tapek. Chi erano costoro
che osavano ridicolizzare davanti a tutto il Senato riunito in sessione
plenaria un Comandante della flotta imperiale? Non gli importava che fossero
i politici più importanti di tutto l'Impero, lo avevano messo in ridicolo di
fronte all'intero popolo romulano e questo non lo poteva accettare in nessun
modo.
Stava sudando, faceva caldo, ma non era quella la fonte di calore che lo
bruciava, non era quello che lo stava consumando. Si fermò un istante, si
guardò intorno come se stesse cercando qualcosa. Si tolse la giacca della
divisa e se la mise sottobraccio, il suo sguardo già di per se arcigno come
quello di ogni altro romulano, si fece ancora più duro.
Non era quello il momento di tornarsene a casa, non poteva permettere che
tutto quello a cui aveva assistito potesse metterlo fuori causa. Si guardò
ancora attorno, non era mai stato in quelle strade, senza perdersi d'animo
si diresse verso il fondo della strada, all'incrocio. Giunto a destinazione
si guardò nuovamente in giro, trovò una stazione di teletrasporto pubblica,
si incamminò verso di essa mentre si rimetteva la divisa, al suo arrivo il
tecnico lo salutò militarmente non senza una certa dose di deferenza.
Palek non rispose, non parlò, disse solo "stazione stellare 19" e si mise
sulla pedana in attesa che venisse smaterializzato. Trascorsero solo pochi
istanti, si ritrovò immerso nella penombra di una sala teletrasporto
secondaria, evidentemente la destinazione usuale di una postazione pubblica.
Forse era meglio che fosse arrivato senza destare clamore.
Romulus, stazione stellare 19
Il suo Falco da Guerra era in attesa di incarico all'attracco 12, la sua
meta era quella, in quel momento riusciva solo a pensare che con la sua nave
le cose sarebbero potute cambiare, con la sua nave le cose sarebbero
cambiate.
Il suo umore era mutato: il furore cieco che lo aveva pervaso durante l'udienza
con il Pretore era svanito, in quel momento una sorda determinazione
lo guidava passo per passo verso un futuro che Palek poteva vedere chiaro e
netto, cristallino.
Non potevano capire, non avevano visto, ma aveva sperato che la parola di un
Comandante avesse il suo peso, che venisse presa sul serio. Aveva vissuto
tutta la sua vita per l'Impero, aveva dato tutto, anche gli anni migliori
della sua vita pattugliando zone di confine che solo qualche decennio prima
erano considerate di scarsissimo interesse.
Ma le cose erano cambiate, era accaduto quello che nemmeno nei suoi incubi
peggiori aveva sognato.
Stavano tornando.
E con loro il passato più lontano del popolo romulano e di quello
vulcaniano. Alla fine la resa dei conti era arrivata.
Eppure nessuno lo aveva creduto. Poteva vedere ancora di fronte a se il
sorriso sarcastico del Pretore mentre parlava, mentre esponeva in pochi
minuti, gli unici che gli erano stati concessi, cinque anni di rilevamenti
sul confine esterno dell'Impero, nel profondo del Quadrante Beta.
Favole per i bambini, stupide leggende vulcaniane, inventate per spaventare
i "ribelli" che non volevano seguire gli insegnamenti del grande Surak, la
via dell'IDIC.
Che cosa ne potevano sapere loro del confine, presi dalla Zona Neutrale e
dal Dominio, dai borg e dai cardassiani. Cosa si aspettava da una cricca di
personaggi intenti a protendersi verso l'altro lato della galassia, verso la
Federazione e tutto ciò che quegli stupidi esploratori si erano portati
dietro dai loro viaggi.
Era giunto al portello di imbarco del suo Falco da Guerra. Si incamminò
verso il suo alloggio, le luci attive erano al minimo, una tonalità
verdastra rendeva ancora più spigolosi i tratti tirati del Comandante. Non
incontrò nessuno, non aveva voglia di incontrare nessuno, ma doveva
sbrigarsi, doveva agire.
«Comandante Palek a Vicecomandante Tolak.»
«[Qui Vicecomandante Tolak, agli ordini.]»
«Mi raggiunga immediatamente nel mio alloggio, dobbiamo parlare.»
«[Sissignore.]»
Trascorsero pochi minuti quando l'allarme di prossimità risuonò quasi
impercettibile nella stanza dove Palek se ne stava in piedi ad osservare il
vuoto oltre la vetrata.
«Avanti.»
«Comandante.»
«Si sieda Tolak e mi ascolti attentamente.»
Ci fu un attimo di silenzio dove il nuovo arrivato cercò di interpretare l'
enigmatica espressione del suo superiore.
«Dobbiamo partire subito per Remus, tutte le altre unità della nostra
squadra sono là in attesa di ordini.»
«Subito? Credevo che saremmo rimasti qui per alcuni giorni.»
Palek serrò la mascella fissando incollerito il suo subalterno.
«Partiremo subito Vicecomandante. Richiami tutti gli uomini.»
«Si Signore.»
Palek voltò le spalle al suo interlocutore e si prese la mani dietro al
schiena, alzò la testa e sospirò.
«Non mi hanno creduto.»
Tolak si alzò dalla sua poltrona incredulo.
«Come? Non le hanno creduto?»
«Esattamente. esattamente.»
«Ma è semplicemente ridicolo!»
«Non ridicolo, assurdo. e dannatamente pericoloso.»
«Possiamo comunque affrontarli.»
Palek si girò di scatto irato, sembrava disprezzare il suo secondo.
«Ma non capisce che se aspettiamo troppo tutti nel Quadrante Alfa sapranno
che abbiamo grossi problemi da affrontare che necessariamente ci
distoglieranno da altri fronti?»
Tolak esitò.
«Saremmo deboli ai loro occhi, e basterebbe poco, soprattutto quei bastardi
dei klingon approfitterebbero subito della situazione.»
«Che cosa ha intenzione di fare?»
«Intanto andare immediatamente su Remus e riunirmi alla squadra.»
«Con quale autorizzazione?»
«Sono riuscito a farmi assegnare un trasporto molto delicato, dopo cinque
interi anni lontano da Romulus mi hanno riconosciuto certi privilegi per il
servizio recato all'Impero e ho potuto scegliere a mio piacimento.
Altrimenti avremmo rischiato di rimanere qui in attesa per secoli.»
«Di quale trasporto si tratta?»
«Una spia vulcaniana.»
La sorpresa per Tolak fu grande.
«Una spia vulcaniana. tentano ancora la riunificazione? Stolti.»
«Dobbiamo trasferirlo su Remus, sembra che la Tal Shiar vi abbia creato un
centro strategico negli ultimi anni. Lo vogliono là, un'occasione perfetta
per lasciare questo posto.»
«E poi?»
Tolak aveva toccato il tasto giusto, Palek per un attimo sembrò indeciso.
«Poi terrò a riunione gli altri comandanti, in un modo o nell'altro dobbiamo
agire. Bene Tolak, può andare.»
Tolak osservò il suo Comandante con deferenza in silenzio, salutò seccamente
e uscì dall'alloggio. Palek si sedette, solo in quel momento si rese conto
di quanto fosse stanco e teso. Si mise a dormire, i suoi sogni furono
abitati da strane presenze, qualcuno che veniva dal loro passato, freddo e
determinato, logico e spietato. Qualcuno che aveva promesso di non tornare
mai più e che invece si era ripresentato anche se nessuno sembrava crederlo.
USS Unicorn, sala tattica
Il Capitano Knight se ne stava di fronte alla finestra della sua sala ad
osservare l'immane distesa di asteroidi che si trovava a poca distanza dalla
sua nave. Il riflesso del suo viso sulla superficie di alluminio trasparente
non sembrava a Lamarc quanto di più soddisfatto. Il corpulento Ufficiale
Comandante si girò verso il suo Consigliere e fece cenno di sedersi, lo
stesso fece Kinght sospirando.
«Marcel, quando tutto questo sarà finito ci berremo una birra scura in
qualche oscuro locale dei docks di Londra in attesa che qualcuno dell'
Ammiragliato venga a portarti buone nuove riguardo il raddobbo del tuo
vascello di seconda classe. Ho in mente alcuni gustosi particolari in merito
alla tua idea di mixare le due nostre simulazioni olografiche, potrei
diventare un tuo passeggero, chissà.»
Lamarc sorrise a quelle parole, pensare per un momento alla sua simulazione
ottocentesca come Capitano di Vascello di Sua Maestà il Re d'Inghilterra lo
fece rilassare.
«Fino ad allora però non credo che mi vedrete sorridere molto immagino.»
Knight non si era ancora arreso allo scenario che Lamarc gli aveva esposto:
non sarebbe andato con loro sull'Ardena, sarebbe rimasto sulla Unicorn.
«Capitano, non possiamo troncare la testa pensante della Unicorn in questo
modo. Non sarà certo un'assegnazione ortodossa quella di mettermi al
comando, ma come lei ben sa il mio curriculum di studio all'Accademia è
stato in grandissima parte nella Sezione Comando. E poi non credo che
Fressen possa obiettare altrimenti potremmo anche rifiutarci di muovere un
passo se prima non ci vengono dati ulteriori chiarimenti.»
Knight non era contento, gli avrebbe fatto comodo avere al fianco Lamarc, la
sua abilità diplomatica e di prima contatto ne facevano il candidato
perfetto per le relazioni "esterne" su Romulus, doveva cominciare a pensare
che sarebbe stato egli stesso a farlo.
«E poi ho un problema difficilmente risolvibile.», detto ciò tamburellò due
dita sul suo braccio sinistro all'altezza dell'ascella.
Knight capì al volo:
«I tuoi impianti medici. in tutto questo via vai non ci avevo minimamente
pensato, immagino che tu non lo possa disattivare ed estrarre.»
«Direi di no, o meglio, si, ma avrebbe un compagno con un braccio al collo,
inutilizzabile. Qualsiasi bioscanner individuerebbe immediatamente gli
impianti e le nanosonde che sono di origine tecnologica borg. Ci sarebbe l'alternativa
di un campo multifasico di schermatura, ma avrei bisogno di una
fonte di energia portatile e sarebbe una scomodità di non poco conto.»
«Sarà sempre così?»
«Me lo sono chiesto anch'io. Su Triven Soth il Dottor Dalmar mi ha
assicurato che troverà la soluzione per le emissioni energetiche del mio
bracciale, ha intenzione di inserire un micromodulatore che le converta nel
campo del subspazio: in pratica vuole fare del mio impianto un segnalatore
subspaziale, un po' come quello dei droni borg.»
«Sapremmo sempre dove venirla a prendere se scappa con la mia nave.»
I due uomini sorrisero all'unisono, l'atmosfera seppur tesa a causa degli
eventi in cui erano coinvolti si fece molto più distesa.
«Bene Consigliere, allora resterà qui e avrà il comando della Unicorn,
confido nella sua capacità di decisione e nella sua chiarezza di pensiero.»
Il discorso sembrava rimasto a metà, Marcel se ne accorse e attese che
Knight decidesse se continuare o meno.
«. e mi raccomando, la Dottoressa Turrell non ha preso molto bene la mia
decisione di lasciarla a bordo. bè, è lei il Consigliere, lo psicologo,
immagino sappia come comportarsi. È tutto, può andare.»
Lamarc annuì e si alzò congedandosi, ma giunto alla porta, prima che si
aprisse si voltò verso Knight:
«Lei lo sa Capitano che non vi lascerò soli.»
Knight abbozzò un sorriso, sapeva benissimo che non li avrebbe lasciati soli
anche a costo di violare la Zona Neutrale.
Remus, centro operativo Tal Shiar
Il Comandante Palek se ne stava seduto di fronte ad un burocrate del
servizio segreto che continuava a porgli domande inutili e senza senso. La
sua pazienza stava per oltrepassare il limite, pensava che ormai il suo
discredito nell'impero fosse tale da non peggiorare la sua situazione se
anche avesse insultato un membro della Tal Shiar.
«Mi scusi..», la nota seccata di Palek non passò inosservata.
Il romulano che gli stava di fronte alzò brevemente la testa per poi tornare
a fare quello che stava facendo.
«. è ancora lunga la questione?»
A quella domanda l'agente smise del tutto di lavorare e fissò con durezza il
militare.
«La "questione" durerà quanto deve durare e questo è tutto.»
Palek si alzò di scatto e puntò le mani sul tavolo.
«Mi stia bene a sentire, sono stato cinque lunghissimi anni lontano dal mio
pianeta, ho servito l'Impero al meglio delle mie possibilità ed anche oltre,
ho trascorso gli ultimi tre giorni nel modo peggiore che potessi immaginare
e per finire lei mi sta irritando non poco. Quindi.», il membro della Tal
Shiar sembrò voler intervenire, ma Palek gli si avvicinò sporgendosi ancor
di più e sibilando il resto della frase.
«. e quindi mi faccia il favore: la finisca qui o me ne vado senza il
prigioniero.»
Il Comandante del Falco da guerra si sedette osservando sornione il suo
dirimpettaio, questi sostenne il suo sguardo, ma attivò la comunicazione con
un altro ufficio.
«Qui Redar, avrei finito con il Comandante Palek, è tutto in ordine.»
«[Bene, lo faccia passare.]»
«Comandante Palek, il Comandante Joral la sta aspettando, prego.»
Palek si alzò e si diresse alla porta che gli era stata indicata, per niente
sollevato o trionfante si apprestò ad incontrare un altro membro di quella
che pensava essere la rovina dell'Impero. Oltrepassò la porta e si trovò in
una stanza spoglia, solo un consolle ed alcune sedie, al centro si trovava
quello che doveva essere la spia vulcaniana, intorno alcuni uomini romulani
alle spalle di quello che doveva essere il Comandante Joral.
«Ben arrivato Comandante Palek, la stavamo aspettando.»
Joral sfoderò il miglior sorriso di circostanza che possedesse, ma Palek non
rispose e si limitò a squadrare il suo parigrado soffermandosi poi sul
prigioniero.
«Sarò breve Comandante, immagino che sarà stanco e so quanto possano essere
tediose le pratiche burocratiche a volte. Questo come sa è il nostro ospite,
un nostro cugino vulcaniano che ha tentato maldestramente di introdurre su
Romulus una sorta di agente batterico appositamente studiato per la
fisiologia romulana, una sorta di "ammorbidente" mentale, ma non starò qui a
dilungarmi su questioni tecniche che non la riguardano.»
Palek guardò con astio il suo interlocutore, lo stava trattando come un
idiota, sapeva benissimo che avrebbe solo fatto da scorta armata per il
servizio segreto, ma un affronto del genere non lo sopportava. Cominciava a
pensare che conque anni lontano da casa erano stati decisamente troppi: non
riconosceva più il suo mondo.
«Il suo compito è quello di scortare noi e il nostro ospite al confine dell'
Impero, una zona che lei ben conosce a quanto ho sentito.»
Palek sbiancò di colpo, non credeva alle sue orecchie.
«Posso permettermi di chiedere la ragione di questa destinazione? Ho un
intero equipaggio che non sarà molto contente di sentire quanto avrei da
dirgli: tornare da dove sono appena venuti dopo un'assenza così lunga non è
quello che immaginavano, almeno non così presto.»
Joral studiò per un attimo il romulano.
«Vediamo, le basterà sapere che questo personaggio, durante le sue
farneticazioni, ha accennato ad una minaccia che viene da lontano, una
minaccia per l'Impero e per gli stessi vulcaniani. Ovviamente non gli
crediamo, ma nonostante i nostri "accurati" metodi di indagine, ha
continuato ad asserire che questo pericolo è reale.»
Il Comandante Palek stentava a credere che tutto ciò stesse accadendo
realmente, guardò inorridito il vulcaniano che sembrava essere imbottito di
una qualche droga perché gli restituì solo un'occhiata vaga e vuota. In
qualche modo sapeva e nemmeno gli "accurati" metodi della Tal Shiar avevano
scalfito la sua convinzione che un terribile pericolo fosse alle porte.
In fondo poteva comprendere lo scetticismo della Tal Shiar, nemmeno lui
aveva creduto ai rapporti che aveva ricevuto finché non aveva visto con i
suoi occhi due Falchi da guerra esplodere quasi senza senso, quasi senza una
ragione apparente. Quasi, perché dopo approfondite analisi si erano resi
conto della terribile realtà che si celava dietro tutti quegli episodi.
Esisteva una antica leggenda vulcaniana, una leggenda che risaliva a molto
tempo prima che gli esuli di Vulcano approdassero su Romulus, una leggenda
nata durante le terribili guerre che avevano squassato Vulcano ai tempi
delle armi psioniche, anch'esse ritenute a torto leggende fino a qualche
anno prima, quando ancora non si era scoperto che la Pietra di Gol era
realmente esistita (nota: si fa riferimento alla puntata di TNG "L'arma
perduta").
I romulani non erano stati i primi, e fino ad allora unici, esuli da
Vulcano, molto tempo prima un'altra fazione aveva lasciato il pianeta. Si
narrava che durante una sanguinosa faida una delle famiglie più potenti di
Vulcano fosse stata praticamente annientata e che solo la clemenza dei suoi
avversari avesse scongiurato la totale eliminazione, i sopravvissuti
giurarono di non tornare mai più e se ne andarono in cerca di una nuova
patria e da allora non se ne seppe più niente. Molte delle storie che
facevano parte della storia più antica di Vulcano erano di sicuro leggende
senza valore, ma altre, dal sapore leggendario anch'esse, erano realtà
seppur spesso romanzata.
Palek aveva mostrato i risultati delle analisi condotte sul luogo del
disastro che aveva visto la distruzione di due vascelli imperiali, analisi
che aveva visto anche il Pretore in persona, ma nessuno gli aveva creduto.
In effetti non c'era stato molto da analizzare, ma una cosa era chiara, un
dato che lo aveva perseguitato in quell'ultimo anno. Un residuo di traccia
psionica, tenue, ma esistente. All'inizio nemmeno lui aveva dato peso a quel
fatto, inoltre non era uno scienziato, ma con il passare del tempo aveva
cominciato a sondare ogni più piccola possibilità. Lo aveva fatto in quanto
era lui a capo della spedizione e aveva perso in un colpo solo due Falchi,
quasi la metà della sua flotta composta da cinque navi dello stesso tipo.
Non poteva tornare su Romulus senza una risposta, anche perché i messaggi in
subspazio che riceveva dal comando centrale erano chiari: indagare e
riportare spiegazioni chiare.
Aveva cercato risposte ovunque senza trovarle finché aveva cominciato a
sondare il poco plausibile e addirittura l'impossibile. Ed era giunto alla
conclusione che i leggendari esuli erano tornati. Tutto quadrava seppur nell
'inverosimiglianza dell'ipotesi: armi psioniche e guerrieri suicida che
sacrificavano la propria vita per la vittoria. Il modo di combattare estremo
degli antichi vulcaniani. I suoi Falchi da guerra erano stati distrutti in
quel modo: in qualche modo guerrieri suicida erano saliti a bordo e mediante
le proprie armi psioniche aveva distrutto dall'interno i vascelli,
polverizzato sarebbe stato meglio dire.
Ovviamente nessuno gli aveva creduto e avevano tacciato di puerile
autodifesa il suo tentativo di spacciare come vera un'ipotesi del genere. Ma
le parole di quel vulcaniano che se ne stava seduto inebetito a fissare il
muro erano qualcosa che forse avrebbe preferito non sentire. In quel momento
si rese conto che sarebbe stato meglio se lui, un Comandante della flotta
imperiale, fosse caduto in disgrazia piuttosto che avere alle porte un
nemico pericoloso come quello che sembrava essere. Tanto pericoloso da non
lasciare nessuna traccia di sé, nemmeno un sensore a lungo raggio aveva
segnalato qualcosa, una nave occultata o una traccia di curvatura, qualsiasi
cosa fuori dal normale.
«Comandante Palek, crede di essere in grado di fare ciò che le ho chiesto?»
Palek si scosse e guardò nuovamente con ostilità Joral.
«Farò quello che devo fare, come ho sempre fatto Comandante Joral.»
«Bene, allora prepari la sua nave, partiremo fra tre giorni.»
USS Unicorn, infermeria
Lamarc se ne stava nel corridoio di fronte alla porta di entrata dell'
infermeria. Non sapeva se entrare o meno, voleva comunicare a Zeela che
sarebbe rimasto a bordo, ma si domandava come l'avrebbe presa la betazoide.
In fondo la reciproca simpatia che provavano poteva essere benissimo un'
affinità professionale, almeno per lei. Per Marcel era difficile capire cosa
provava, un comportamento decisamente fuori luogo per un Consigliere. Turrel
era una betazoide e lui aveva sempre saputo che mal sopportava e betazoidi,
i suoi anni di università su Betazed non erano stato certo felici fuori dal
contesto di studio. Non gli piaceva che qualcuno potesse "leggere" le sue
emozioni. Eppure quella dolce dottoressa lo aveva colto di sorpresa. Si era
comportata con estrema naturalezza e senza essere invadente, forse aveva
letto il suo curriculum e si era tenuta sulla difensiva, comunque fosse si
sentiva attratto da lei e non poteva farci niente. In realtà non voleva
farci niente, anche se la conosceva da veramente poco tempo. Sua nonna gli
ripeteva sempre che quando lo sai lo sai e basta, non c'era altro da dire.
In fondo sarebbe stato al comando della nave e se un giorno fosse diventato
quel diplomatico che il Capitano Haiess continuava a ripetergli avrebbe
dovuto affrontare situazione ben peggiori. Era solo un'illusione: nessuna
situazione era peggiore di quella. Non voleva innamorarsi, non di una
betazoide.
La porta si aprì e Lamarc entrò in infermeria. Selenjak si trovava ancora
sul suo bioletto, era sveglia e alzò un sopracciglio quando vide il
Consigliere, lui si avvicinò e la salutò con calore. Era nettamente
migliorata, la trovò affaticata, ancora debole, ma presente e vigile, una
perfetta vulcaniana.
«Non affatichi troppo la mia paziente Consigliere, mi raccomando.»
Marcel tarasalì, chi aveva parlato era Zeela che si stava avvicinando.
«Non si preoccupi Dottoressa, volevo solo salutarla la sua paziente e poi è
anche mi paziente.»
Selenjak guardò quasi spazientita (se può essere spazientito un vulcaniano)
i due, forse la ripetizione della parola "paziente" non le piaceva.
«Mi dica, è venuto qui per vedere come sta la sua paziente?»
Marcel sorrise, quello scambio di battute aveva reso la sua tensione un vago
ricordo e il sorriso di risposta di Zeela gli infuse una certa baldanza.
«Si, ma non solo, volevo anche comunicarle di persona il nuovo assetto delle
mansioni a bordo.»
Zeela parve non capire:
«E come mai è proprio lei a farlo? Non dovrebbe essere il Primo Ufficiale a
fare una cosa del genere?»
«In effetti si, ma visto che sarò io al comando della nave durante la
missione esterna degli altri Ufficiali superiori volevo che lo sentisse
direttamente da me.»
Le due dottoresse guardarono all'unisono Lamarc sorprese.
«Interessante, Comandante, pensavo che lei sarebbe venuto con noi.», disse
Selenjak.
«Anche io avevo pensato di venire, ma una serie di motivi mi hanno fatto
pensare che fosse meglio rimanere qui a bordo.»
Zeela era sorpresa, ma in qualche modo imperscrutabile:
«Bene, almeno non me ne starò qui da sola mentre gli altri si divertono.»
Marcel non era un empatico, ma non serviva per notare un certo tono polemico
nella voce di Turrell.
«Dottoressa Selenjak, il Capitano vuole vederla non appena lascerà l'
infermeria. Bene credo che sia tutto, se avete bisogno di me sarò nel mio
ufficio.»
Detto ciò Lamarc se ne andò, ma una volta nel corridoio venne fermato dalla
voce di Turrell sulla soglia della porta dell'infermeria.
«Comandante... mi fa piacere che rimanga, cioè... mi fa piacere che sia lei
a rimanere. insomma... ha capito, no?»
Marcel non aveva capito, aveva paura di aver capito, si sentiva un idiota,
ma era contento, stupidamente contento.
«Grazie...», e sorrise in risposta al sorriso di Zeela.
Cominciavano ad essere numerosi i loro sorrisi, qualcosa doveva significare.
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