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DOTTORE! AIUTAMI! di Llilya
24 maggio 2000

    Lungo il percorso che portava all'alloggio di Knight, Selenjak cominciò a rimuginare su quello che avrebbe detto al Capitano.
    Aveva molto da dire, e per questo si chiedeva in che ordine fosse più logico affrontare gli argomenti, in modo da non rovesciare nella gia' oberata mente del Capitano una valanga di dati, osservazioni, dubbi e problemi da risolvere.
    La cosa di cui Selenjak avrebe parlato più volentieri con Knight era la cena con Data, ma questo argomento era sicuramente il più irrilevante, per cui non era il caso di affrontarlo, almeno per quella volta - senza contare che non avrebbe saputo esatamente cosa dire - mentre tutti gli altri argomenti erano ugualmente importanti e gravi.

    Arrivò alla conclusione che sarebbe stato meglio affrontare il problema della sua situazione: l'unico che in qualche modo avrebbe potuto presentare degli imprevisti non risolvibili con le proprie forze.
    Stilò mentalmente un breve riassunto di quanto avrebbe dovuto esporre ed imboccò il corridoio che portava agli alloggi di Knight. Molti pensieri - quasi tutti opprimenti - affollavano la mente di Selenjak, ma all'improvviso si fece largo nella sua mente una sorta di lampo:

    Ora si trovava in tutt'altro luogo: un posto lugubre che avrebbe sicuramente impressionato un essere dotato di minore autocontrollo. Si trattava di una sorta di trincea a più livelli concentrici, scavata in una pietra molto friabile: una specie di castello di sabbia al contrario.
    Sicuramente era in corso qualche evento drammatico, forse una guerra civile: uno di quegli eventi che portano dolore, distruzione ed epidemie.
    Selenjak si guardò intorno: ovunque posasse lo sguardo, c'era gente sofferente; il suo impulso primario fu quello di correre in soccorso degli innumerevoli malati e feriti, ma si rese conto che non sarebbe stato possibile salvarli tutti: erano troppo numerosi, e tutti in condizioni molto precarie.

    La Vulcaniana continuò a guardarsi attorno, sempre più velocemente: i pazienti aumentavano a dismisura; tutti si lamentavano, molti le rivolgevano uno sguardo disperato, altri tendevano le braccia verso di lei, in cerca di aiuto.
    Chi avrebbe dovuto assistere per primo (rischiando di condannare gli altri ad una fine atroce) ? Che fare ? Ormai il suolo era interamente ricoperto di corpi mutilati, gente con ferite sanguinanti, persone incondizioni pietose, e la situazione continuava a peggiorare.
    La dottoressa non aveva con sé nemmeno il kit medico di emergenza: avrebbe dovuto fare l'impossibile con mezzi difortuna, ma il compito era sproporzionato alle sue forze: non avrebbe potuto salvare che un paio di persone al massimo, in quella condizione.

    Cerco' di mantenere il proprio sangue freddo, per valutare quale fosse il primo paziente da assistere, ma il compito era davvero arduo: erano tutti cosi' devastati, cosi' vicini alla fine....
    I pochi ancora in grado in grado di parlare, si appellavano alle poche forze rimaste per chiamarla per nome: "Selenjak...." - quasi un sussurro, o forse un gemito che veniva da molto lontano:
    "Dottore, aiutami !"
    "Selenjak...."
    "Dottore, La prego, non mi lasci!" "Selenjak...."
    "Selenjak....""Selenjak..."

    "Selenjak! Mi sente? Riesce a sentirmi ? "
    La voce di Knight risuonò per tutto il corridoio.
    Il Capitano si era affacciato sulla soglia del proprio alloggio: aveva sentito suonare, ma alla sua risposta, nessuno era entrato. Aveva ripetuto più di una volta l'invito ad entrare, ma senza esito, per cui si era deciso ad uscire, per vedere cosa fosse successo.
    Selenjak era immobile, davanti all'ingresso dell'alloggio di Knight, con il braccio ancora appoggiato al campanello; aveva gli occhi aperti, ma la sua mente era evidentemente altrove.

    Knight, aveva provato a chiamare la dottoressa più d'una volta, senza risultato; preoccupato per la situazione, pose una mano sulla spalla della Vulcaniana, con un gesto pieno di attenzione paterna.
    Al suo tocco, Selenjak sembrò tornare in sé: lo sguardo si fece meno vitreo e Knight ebbe l'impressione che la dottoressa fosse uscita improvvisamente da uno stato simile all'ipnosi.

    "Va tutto bene?" chiese Knight, con un tono molto premuroso
    "Si', io stavo.... io stavo....."
    "Forse sarebbe meglio se si accomodasse e si sedesse per qualche istante"
    "Si', sarebbe meglio" rispose con un filo di voce Selenjak.

    La Vulcaniana era visibilmente disorientata: un istante prima si trovava nel mezzo di una situazione di emergenza, e ora era finita.... dove ? Certo, era su una nave stellare, ma come ci era finita? E chi era quell'uomo gentile che la stava invitando a sedere nel proprio alloggio ?

    "Si sente bene, dottoressa?" chiese Knight, accompagnandola sulla sedia più vicina
    "Si', io sto bene, ma... noi ci conosciamo ?" rispose con una certa esitazione Selenjak
    Knight sgranò gli occhi quella frazione di secondo necessaria per sincerarsi di aver sentito bene, poi utilizzò il comunicatore:
    "Dottor Turrell, qui é il Capitano Knight; il dottor Selenjak ha bisogno di assistenza medica; si presenti immediatamente nel mio alloggio, insieme al Consigliere Lamarc".
    Zeela percepi' la grande preoccupazione del Capitano e rispose:
    "Arrivo subito, Signore, ma se le condizioni di Selenjak sono gravi, forse sarebbe meglio farla teletrasportare in infermeria, dove potremmo....."
    Knight la interruppe: "fisicamente il dottore non corre nessun pericolo, almeno per ora, e credo non sia opportuno spostarla di qui, per adesso. Comunque , faccia presto".

    Il Capitano guardò nuovamente la dottoressa - sembrava un bambino che avesse perso la mamma in mezzo alla folla, pensò - e si sedette accanto a lei, prendendole la mano per rassicurarla.
    Il gesto di Knight sembrò sorprendere Selenjak, che ebbe un piccolo sussulto, tuttavia la Vulcaniana non ritrasse la mano: evidentemente aveva bisogno di conforto!

    "Davvero non ricorda di avermi conosciuto? Provi a sforzarsi: sa dove ci troviamo?" chiese con il tono più rassicurante possibile Knight
    "Io... suppongo che ci troviamo nel suo alloggio; siamo certamente su una nave stellare, ma.. non saprei dire altro, né di lei, né di questo posto......"
    Selenjak tacque per pochi istanti e prosegui', con espressione triste: "né ... di me stessa"
    E chino' la testa, per rinchiudersi in un desolato mutismo.



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