Data Stellare 58007.2 (03/01/2381, ore 15.20)
U.S.S. Providence
Ponte 13
-Che cosa sta succedendo, mamma?-
La piccola Rishia guardava implorante il volto della madre, coi grandi
occhi colmi di paura e di apprensione, mentre tentava con una mano di
stringersi più forte a lei e con l'altra di non perdere il suo peluche
preferito, una bianca tigre andoriana che doveva aver visto giorni migliori.
La giovane madre l'abbracciò con più ardore e le pose un bacio sulla
fronte, accarezzandole i capelli e cercando di tranquillizzarla.
-Dev'essere senz'altro un forte vento che viene da quella grande stella là
fuori...- rispose accennando col capo all'oblò, da cui proveniva un'intensa
luce argentea.
-E' come quella volta su Virisa, quando eravamo bloccati in casa dalla
tempesta e papà non arrivava mai, ti ricordi Rishia?- la bimba annuì, persa
ora nello sguardo della madre -Tu avevi tanta paura che lui si perdesse e
che il tetto crollasse, vero? Ma alla fine è passato tutto e abbiamo visto
un bellissimo arcobaleno insieme a papà.- La bimba sorrise, annuendo al
racconto della mamma, e parve rassicurata.
-Vedrai che anche oggi non succederà niente. E alla fine vedremo un
bellissimo arcobaleno là fuori...- ma benchè volesse credervi fermamente,
anche Ardea Leyson aveva paura.
Quello che era successo fino a poche ore prima non era normale, non era
dovuto semplicemente a interferenze causate dalla formazione della stella
che stavano studiando. Nessuno aveva mai registrato squilibri simili nel
sistema e nelle apparecchiature di una nave in una tale circostanza, e la
mancanza di risposte aveva reso l'equipaggio nervoso e insicuro. E i
bambini, che prima si divertivano a parlare col computer di bordo che dava
risposte assurde, quasi bambinesche, e proponeva loro giochetti infantili,
ora erano davvero spaventati, vedendo i loro genitori sempre più in
apprensione mentre i computer tutt'intorno impazzivano.
Ardea si era chiusa nel loro alloggio quando le comunicazioni interne erano
impazzite e dai replicatori ubicati nel laboratorio botanico era cominciato
ad uscire olio bollente, gelpack e polvere di noce moscata. Aveva raggiunto
la piccola Rishia nella nursery e l'aveva portata via, sigillando le porte
della loro stanza e avendo cura di distruggere anche il loro replicatore
privato. Ora erano tagliate fuori dal resto della nave, anche se a volte
avvertiva deboli ronzii e suoni incomprensibili provenire dal corridoio.
Persino il suo dispositivo di comunicazione giaceva interte in fondo alla
vasca dei pesci, dopo che una strana voce aveva cominciato a chiamare
Rishia e a chiederle di giocare ancora. Ora Ardea aspettava, ma come in un
film dell'orrore, immaginava che da un momento all'altro un mostro sarebbe
piombato là dentro e avrebbe cercato di inghiottirle. Se solo Richard fosse
stato con loro...
Ardea strinse a sè la piccola con un gesto improvviso, cercando di
soffocare le lacrime tra i capelli della figlia, e provocando le proteste
della bimba, colta di sopresa.
- Mamma, così non respiro, dai!-
- Perdonami, Rishia.- si scusò la madre, lasciandola e sorridendole
teneramente con occhi luccicanti.
La bambina, pensando di averla ferita, si arrampicò al collo della donna e
le schioccò un bacio sonoro sulla guancia.
- Oh, ma non mi hai fatto male. Ti perdono mamma!-
Ardea la guardò ammirata e sentì il cuore accelerare e il volto distendersi
in una maschera di beata ammirazione. Non avrebbe mai permesso che
accadesse qualcosa alla sua piccola stella.
Rishia cominciò a sbadigliare vistosamente: evidentemente anche lei era
provata da quella situazione, e forse un po' di riposo avrebbe fatto bene a
entrambe. Stranamente, anche Ardea tutt'a un tratto sentì le membra farsi
più pesanti e capì che sarebbe stato meglio sdraiarsi e attendere così il
ritorno di Richard.
La mamma prese in braccio la piccola e la portò nella stanza da letto,
sdraiandosi accanto a lei. E così, vinte dalla stanchezza e dalla tensione,
entrambe si abbandonarono lentamente all'improvviso e inatteso oblio del
sonno.
Non rividero mai la stella che le attendeva fuori, e non risposero alla
voce ronzante del computer di bordo che continuava a chiamare la piccola
Rishia, invitandola a prendere un te' nel Bar di Prora. Ebbero una dolce
morte, a causa dell'imprevista variazione chimica dell'atmosfera su tutto
il ponte 13. Non furono le prime a morire, nè le ultime vittime degli
assurdi avvenimenti che funestarono la missione della Providence, ma furono
le uniche a morire serenamente.
Quasi a fare da contraltare alla nascita di un nuovo astro, la Providence
si stava lentamente trasformando in un immenso cimitero.
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