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FORSE . . . di Lorenzo Monti
15 novembre 2002

    AMMASSO DI FELSEMIS
    U.S.S. Providence

    Sotto l'illuminazione alterata dei compartimenti in allarme ancora accessibili, le saltuarie indicazioni sull'evacuazione esalate dal computer di bordo suonavano distanti e fuori luogo come il latrato di una megattera alla sua ultima lega di mare aperto.

    Il suo sangue di viaggiatore, nomade da generazioni, ribolliva di entusiasmo ogni volta che si trovava di fronte a situazioni estreme come questa.

    Ma forse gli occhi di Dehann, due innaturali sfere color ozono, si erano troppo spesso meravigliati di fronte alla fierezza con cui la Providence sfrecciava nei cieli; forse il valore di una nave ingegnerizzata e realizzata con l'apporto di migliaia di persone, strumenti d'avanguardia e cantieri ciclopici, non meritava l'amaro sapore sacrificale che assumevano certi accrocchi riciclati, orgoglio dell'arte di sapersi arrangiare, prerogativa della dimenticata stirpe dei Rijian Ovijian...

    Forse invece, semplicemente, questo cosiddetto "capo delle operazioni" non era più il ricognitore pronto a sacrificare il proprio mezzo per ottenere l'obiettivo del suo viaggio, soprattutto da quando sulle sue spalle avevano cominciato a pesare le vite di centinaia di persone.

    - Infermeria a ponte 12. Rispondete! E' il Tenente Comandante Dehann Razi che vi parla. -
    Ma ovviamente, anche questo ennesimo messaggio non stava ricevendo risposta.
    - Ripeto: non tentate di raggiungere o contattare la plancia! Raggiungete le scialuppe! -

    Certo, nemmeno le scialuppe erano utilizzabili, ma dare un punto di rendez-vous o anche solo una speranza all'equipaggio ancora attivo poteva facilitare le cose.

    Tutti i reparti erano stati avvisati, dove ci fosse movimento. Non che fosse un dato affidabile, fornito da una nave in stato di gravissima avaria. In ogni caso, non poteva sperare oltre, attendere ancora che la Unicorn, là fuori, facesse un miracolo.
    Il momento era arrivato.

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    Gocciolando via dalla elegante figura della Unicorn, due gusci di titanio, resistenti alle durissime condizioni ambientali di questo angolo sperduto della galassia, fluttuavano verso la USS Providence, non senza difficoltà:
    - Tenente, c'è qualcosa che non va... -
    - Lo vedo! - rispose Maddington, mentre sull'inquadratura mostrata dallo schermo della navetta un'insolita interferenza distorceva i colori.
    - Tenente, guardi qui! -
    Su un pannello secondario per il monitoraggio esterno, i sensori mostravano una sorta di placenta color indaco che avvolgeva la Providence, fino a stirarsi come in un cordone ombelicale che raggiungeva il vicino corpo celeste.

    In avvicinamento, lembi di questa insolita forma plasmatica lambivano i piccoli gusci di titanio.
    - Tenente, il navigatore non risponde! La nostra rotta viene modificata -
    - RowKreg, che significa? -
    - Significa che ora qualcun altro pilota questa navetta, è... -
    - Sì? -
    - La Providence... -

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    La nascita di una nuova stella era ancora un'incognita sotto certi punti di vista.
    Studi come quelli condotti in questo luogo erano piuttosto rari e preziosi, soprattutto per le paradossali condizioni fisiche, quantiche e temporali che si manifestavano.

    Mai nessuno, fra i casi riportati negli annali scientifici, si era imbattuto in un caso come questo. Quando stai sondando un campo eliostatico ed i sensori rispondono con frasi sconnesse anzichè dati numerici...
    Quando tenti di raggiungere la sala macchine e l'ascensore risponde consigliandoti l'area ricreativa...
    Quando l'autodoc conduce un'autopsia sul corpo vivo e in salute di un membro dell'equipaggio e comincia ad intasare il computer di navigazione con dati che assomigliano più al codice Hammer che a mappe stellari...
    Ecco, è allora che capisci quanto preferivi le scorrerie ai margini dei sistemi Klingon, o i primi anni dell'accademia passati a schernire gli ufficiali e ad importunare le bigotte compagne di corso...

    Era successo semplicemente così. Da un momento all'altro, il computer di bordo si dimostrava senziente, autocosciente, ma senza alcuna memoria storica. Si affacciava alle proprie banche dati con un infantile interesse verso il nuovo ed un'insuperabile attitudine al caos. Fino a quando le analisi di emergenza, condotte con i mezzi non servoassistiti, in condizioni estreme, chiarirono che l'autocoscienza non era da attribuire al computer di bordo.
    Questo infatti era strutturalmente deprivato delle meccaniche evolutive e non si sarebbe mai sognato di schermare le comunicazioni di propria iniziativa.

    Piuttosto, sembrava chiaro che qualcosa di esterno stesse utilizzando il computer di bordo della nave come un'interfaccia per analizzare, studiare, sezionare le forme di vita e di conoscenza che la abitavano. Cosa importava se testare tutte le possibilità in esse incluse significava distruggerle?

    Inoltre, un'altra sicurezza era emersa.
    Si crede che la formazione di una stella sia un processo caratterizzato da tempi lunghissimi.
    Invece, la NASCITA di un astro risulta una reazione molto complessa, un frattale incredibilmente minuzioso ed in rapidissima evoluzione, senza tregua. E senza tregua, freneticamente, qualcosa aveva concentrato il suo interesse sulla nave, l'aveva analizzata, aveva studiato la miriade di segnali che emetteva ed aveva trovato il modo di farne parte; forse per proteggerla, aveva anche eretto un muro, un'interferenza in grado di falsare tutte le informazioni che potessero essere sondate dall'esterno.

    Ogni fotone conserva uno stato. E' come una lampadina, che può essere accesa o spenta, gialla o blu, grande o piccola e, con il suo stato, rappresentare un'informazione. In qualche modo, l'immenso bagliore che avevamo di fronte era in grado non solo di memorizzare, evolversi e comunicare, ma anche di provare ...
    ... un infantile interesse verso il nuovo ...
    ... come un neonato che spalanca occhi, bocca e mani per apprendere a pieno tutto quello che gli sta intorno ...

    Ora, Dehann aveva solo la speranza di salvarsi comunicando con il canale utilizzato attualmente da questa coscienza: occorreva raggiungere la plancia e parlare con il Capitano Dionigi. Ma chi avrebbe risposto?

    - Capitano Dionigi, è ancora lì dentro? Mi risponda! -

    Da un condotto di areazione, dove si era rifugiato da un droide delle pulizie riadattato a terminator, Dehann stava ora parlando ad uno speaker che dava su un controllo navigazione della plancia. Riadattarlo a microfono non era stato facile, ma era servito a non fargli pensare a come se la stesse cavando il resto dell'equipaggio.

    - Cosa... non ricordo nulla, chi parla? Dove sono? -
    - Capitano Dionigi! Qui è Dehann Razi, ricorda? Ha perso il controllo della situazione, poco fa. -

    Per un attimo nessuna risposta. Aveva lasciato il capitano da ore ormai. Pitchfork l'aveva tramortito, cercando di non ucciderlo, mentre tutti lo lasciavano lì a vaneggiare sulla "vivisezione dell'equipaggio come metodo per contattare le forme spirituali più evolute" in mezzo ad una plancia devastata.

    - Come siamo piccoli. La nostra vita è così breve... -
    La voce continuava a parlare, ma molto lentamente. Dava l'impressione di provenire da altrove.
    - Capitano? Mi sente? -
    - Ssiete vvenuti qui ad assistere alla mia breve esistenza, fforse mmolti altri verranno, ma presto lo spettacolo finirà. Vvedo gli aaltri come me... mmorti? Ii vvostri strumenti mi parlano di nnoi, mma a vvoi non interessa questa morte, vvoi lla chiamate "formazione di un astro", vveroooooooooooo?-

    Il capitano sembrava aver terminato i suoi vaneggiamenti. Forse attendeva una risposta, forse si riusciva a comunicare tramite quel piccolo speaker. Forse si poteva intavolare una discussione, ma con quali effetti sul futuro della nave? Forse là fuori qualcuno stava arrivando e temporeggiare sarebbe significato salvarsi; magari nei suoi vaneggiamenti questa presenza aveva smesso di dissimulare tutte le avarie e là fuori potevano accorgersi di qualcosa.

    O forse mettersi a parlare con una stella significava aver finito le idee e mettersi a sperare in un miracolo...

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    Intanto, là fuori…



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