"Salve!" disse loro uno sconosciuto vestito con logori abiti cenciosi, una
bombetta mangiucchiata e un paio di scarpe dalle suole consunte, che uscì
timidamente dall'ascensore.
L'uomo, dal viso scavato e dalla barba incolta, si avvicinò ai due,
studiandoli con aria incuriosita, poi, senza nemmeno degnare d'uno sguardo
la plancia della nave, trasse di tasca un vecchio orologio d'ottone, e
consultò l'ora.
"E questo chi dovrebbe essere?" bisbigliò Aristide nel più perfetto stile
di chi bisbiglia con la bocca storta per non farsi sentire da chi ha dinnanzi.
"E che cavolo ne so" rispose in modo altrettanto sibillino Paolo, storcendo
la bocca il più possibile e avvicinandosi all'amico.
L'uomo li colse in quell'atteggiamento a dir poco curioso, e pensando
avessero una strana paresi facciale o un brutto male, non fece commenti per
non essere scortese.
Rivolse un'altra occhiata al suo orologio, poi si guardò intorno con aria
distratta, e prese a passeggiare in modo chiaramente frenetico su e giù,
davanti al turboascensore.
"Forse sarebbe meglio chiedergli che vuole" azzardò Paolo.
"Tu sei il capitano, parla tu.." gli fece eco Aristide.
"Solo nella simulazione!" si difese Paolo, che chiaramente aveva già
giudicato il tipo piuttosto pericoloso, specie con quel suo strano pacco
incartato sotto braccio... a già, il pacco! Com'è che prima non l'avevano
notato?
"E questa che sarebbe? non è forse una simulazione?.. e per giunta venuta
parecchio male.." si difese Ari (e in quel momento nella sua testa echeggiò
il ritornello ormai storico di 'Arì, Arì, Arì Arì Arì' reso celebre da
quella pietra miliare del cinema del XX secolo che era "L'allenatore nel
Pallone")
Paolo, scevro di rabbia e anche di dizionario (che avrebbe potuto
illuminare tutti sul vero significato di quella parola), decise di prendere
di petto la situazione, e gonfiando la pancia si avvicinò allo sconosciuto.
"Scusi, lei forse sarebbe il nuovo membro dell'equipaggio? Quello che ha il
terminale fuori uso?"
L'uomo lo guardò come se avesse appena visto un marziano (o forse un
vulcaniano), poi fece capire che Paolo si sbagliava scuotendo la testa.
"E allora chi è?" insistette il prode Maroncelli, che oramai dominava la
plancia come dominava il suo conto in banca.
"Come, voi non siete qui per lui?" chiese l'uomo, prendendo tutti in
contropiede.
"Lui chi?" chiese Aristide.
"Madd'e'che'??" si aggiunse Paolo, facendo il gesto tipico dello struzzo
detto anche del pinocchietto felice, che il buon Totò aveva regalato alla
storia della civiltà umana anni e anni addietro.
"Lui-LUI!" rispose lo sconosciuto tronfio ed egagro, come se si fosse
trovato di fronte i due più stralunati della galassia, manco avesse detto
Gianni e Pinotto.
"Scusi, ma qui continuiamo a non capirci" cercò di riprendere il filo
Paolo, che finalmente era uscito dal labirinto della sua mente grazie al
filo di Aristide, che ancora gli sporgeva tra i denti (ma che Ari
prontamente pensò di tagliare). "Lei chi sta aspettando?"
"Ma volete dirmi che non siete qui per lui? Non l'avete proprio visto??"
sembrò alterarsi l'uomo, stringendo il pacco ancora più saldamente.
"MA LUI CHI!???" sbottò Aristide, che cominciava ad avere un colorito
verdastro a causa della bile che risaliva lentamente la china come Coppi ai
bei tempi.
"Calma calma" lo esortò Paolo, improvvisamente rivestito di uno spesso
aplomb inglese in doppio petto. Rendendosi conto di essere vestito come un
maggiordomo, dopo aver precisato che non aveva ucciso nessuno (ancora) nè
che avrebbe servito Ferrero Rocher, riprese il filo del discorso che
Aristide gli aveva tagliato poco prima.
"Scusi signore, ma lei cosa c'è venuto a fare qui sulla Unicorn?"
Chiaro, semplice, preciso, pulito. Glen Grant.
"Alla salute!" disse il ragionier Gorizia, mentre stappava la prima
bottiglia sotto gli occhi strabuzzati degli altri due. Non tanto perchè gli
oggetti avevano preso a materializzarsi dal nulla, quanto perchè il Gorizia
era apparso vestito da veterinario con un cerbiatto sotto braccio,
sbagliando clamorosamente reclame.
"Come, UNICORN??" si allarmò l'uomo. "Volete dire che qui non è dove
pensavo di essere?"
"Temo di sì.." annuì Paolo con viso davvero rattristato (per questa scena
avrebbe poi preteso la menzione d'onore ai David di Donatello)
"Nooooo!" l'urlò straziante dell'uomo riempì la plancia e anche la testa di
Gorizia, che stava appunto riprendendosi da una sbornia colossale col Glen
Grant.
"Ma allora..." cercò di farsi coraggio lo sconosciuto, mentre si asciugava
il sudore con un lembo del lago di Como che volgeva a mezzogiorno "allora,
mi scusi, ma per andare dove devo andare, per dove devo andare?"
Lo spaesato Maroncelli lo guardò restando di sasso, ma il ragionier
Gorizia, con un improvviso lampo di genio puntò il dito indice (che appunto
svolgeva questa funzione nel corpo umano, e lui, uomo prammatico, lo aveva
da tempo appreso) verso il turboascensore da cui l'uomo era uscito, e
profferì un perentorio: "LA'!"
L'uomo parve rasserenato, e dopo essersi speso in inchini e ringraziamenti
a profusione, che a loro volta portarono i due ad inchinarsi a vicenda,
finendo nella più terribile delle gag sui giapponesi, si avviò verso
l'ascensore.
Poco prima che le porte si chiudessero, ebbe però l'occasione di dire
ancora una cosa, su cui i due avrebbero meditato per lungo tempo:
"But.... Mango? Why Mango?"...
E così i due rimasero lì, un po' baccalà e un po' baccaqua', chiedendosi
perchè il traduttore universale non avesse funzionato e aspettando lui che
non sarebbe mai arrivato... (almeno, non in questa parte della farsa)...
Ma un'altra sorpresa era in agguato per loro, poichè proprio mentre stavano
per riprendersi dai dubbi amletici che li attanagliavano, un'altra porta di
un altro turboascensore (uno dei tanti, che si sa, a bordo di una nave di
classe Galaxy II si sprecano) si aprì, salutandoli con un perentorio…
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