Diario personale di Paolo Maroncelli
Data Stellare sconosciuta
(diamine.....ho sempre desiderato dirlo; dirlo veramente, intendo!)
- Sai....io penso che dovremmo starci, - disse Maroncelli mentre il
turboascensore saliva silenzioso verso la meta.
I due erano riusciti a procurarsi una tazza fumante di nero caffe' e
un buon cioccolato caldo, e avevano ritenuto che questa impresa fosse
gia' stata sufficientemente eroica per preoccuparsi di trovare qualche
abito decente che sostituisse i pigiamini dell'infermeria che ancora
indossavano.
Aristide getto' lo sguardo sulla tazza di cioccolato che Paolo
sorseggiava lentamente e scaccio' un pensiero inquietante.
- Starci in che senso? -
- Starci nel senso di stare al gioco. Vivere la situazione nel
migliore dei modi, intendo. -
- E secondo te quale sarebbe il migliore dei modi per vivere un
delirio? -
- Potrebbe anche non essere un delirio, no? Potrebbe essere
qualcos'altro che adesso non capiamo. -
- Non ho idea di cosa sia o di chi, tra di noi, abbia mangiato cosi'
pesante! E ti assicuro che sto facendo uno sforzo veramente sovrumano
per non farmi prendere dal panico; fatto sta che in questo momento
quello di "starci" e' l'ultimo dei miei pensieri. -
In quell'istante le porte del turboascensore si aprirono in una grande
stanza spaziosa, dai colori chiari e illuminata a giorno da una luce
calda e intensa ma rilassante allo stesso tempo. L'ambiente era
completamente gremito di console e apparecchiature elettroniche di
vario tipo, le quali emettevano una serie di deboli ronzii e trilli
sintetici che, misti all'onnipresente mormorio da vibrazione che
scaturiva dalle pareti e dal pavimento, creavano l'inconfondibile
rumore di fondo della plancia di comando della nave.
Tutto era al suo posto: la console tattica, le poltroncine del
capitano, del consigliere e del primo ufficiale ..... le postazioni
avanzate del capo operazioni e del navigatore ... gli ingressi per la
sala tattica e la sala riunioni ... e le superfici dei terminali viste
di persona avevano un aspetto futuristico che dal vivo andava oltre
l'immaginazione: non sembravano semplici pannelli di plexiglass
retroilluminati, come sembrava guardando la TV, ma davano
un'impressione quasi aliena .... di una tecnologia che andava oltre la
comprensione.
Ma Ari e Paolo rimasero affascinati dal grande visore principale che
occupava interamente la parete opposta. Restituiva un'immagine
incredibilmente vivida e nitida, come nessun televisore o schermo
degli anni 2000 sarebbe riuscito ad ottenere. Su di esso campeggiava
la morbida e affascinante immagine di un corpo celeste a distanza
ravvicinata; un pianeta accarezzato dai raggi di una stella invisibile
i quali ne sfioravano la superficie e ne restituivano delicate
sfumature bianco-azzurre.
Sembrava la terra ma i due si rendevano conto che in effetti non lo
era.
Tanto era lo stupore e l'emozione che i due riuscirono a reprimere il
bisogno ormai impellente di usare un bagno che, comunque, nessuno di
loro era ancora riuscito a trovare.
In televisione non si era mai visto e non ricordavano di averne mai
parlato nei loro racconti; forse che questo era sufficiente per
negarne l'esistenza?!
Paolo percorse la dolce discesa che permetteva di raggiungere il
centro della plancia e si avvicino' allo schermo principale, mentre
Aristide ingoio' un abbondante sorso di caffe'.
- Ari, - disse Paolo, - potra' sembrarti assurdo ma, dopo il terrore
iniziale, lo sgomento, lo spavento e il disorientamento, ora credo di
essere....contento, si'. -
- Ah si'? Mah, ti diro', vada per la distrazione ma io la vacanza
avrei preferito continuare a farmela a Capri. A meno che tu non abbia
un'idea anche vaga di dove sia Risa e di come arrivarci. Poi credo che
non sia stata una buona idea venire in plancia senza gli altri. Forse
dovremmo tornare in infermeria e aspettare che tutti siano svegli. -
- No, davvero, e' fantastico vivere di persona tutte le fantasie che
per anni mi sono frullate nella testa come folletti dispettosi. C'e'
anche una punta di orgoglio nel trovarsi a bordo della Unicorn.
Capisci, non siamo su una nave qualsiasi: siamo sulla Unicorn! Nei
confronti della Unicorn ho sempre provato un certo infantile
attaccamento; d'altronde sono il primo ad ammettere di essere rimasto
un po' troppo bambino, ma la Unicorn e' la *nostra* nave! Mi sono
sempre entusiasmato all'idea di farle vivere avventure eccitanti e di
consegnarla alla storia come Star Trek ha fatto con l'Enterprise. -
Aristide sorrise mentalmente e fini il caffe' con un ultimo sorso.
- C'e' un bagno in sala tattica? - chiese a Paolo.
- Non....non lo so. -
- Beh, se non lo sai tu. -
I due risero e appoggiarono le tazze vuote su una delle postazioni che
correvano lungo le pareti della stanza.
Il terminale recava la scritta "INGEGNERIA 2".
Buffo, Aristide non capiva una virgola di quella console, mentre
probabilmente Newport avrebbe potuto avviare a freddo il nucleo di
curvatura da qui senza neanche bisogno di scendere in sala macchine!
- Non sei poi tanto .... pienotto. - disse rivolto a Paolo.
- Knight e' un tipo corpulento ma tu non gli somigli molto. Quando si
parla di alter ego le scuole di pensiero sono due: somiglianza totale
per sentire una maggiore aderenza col personaggio oppure l'esatto
opposto per illudersi di essere come si vorrebbe essere e come non si
e'. -
Paolo sembro' leggermente imbarazzato e getto' un'occhiata alla tazza
di cioccolato che aveva appena poggiato; nella vita reale non beveva
quasi mai cioccolato: ne era goloso ma sapeva che se ne avesse bevuto
regolarmente avrebbe vanificato la dieta che gli aveva fatto perdere
un po' di peso nell'ultimo anno.
Knight beveva cioccolato, non lui.
- Si', sono un po' dimagrito. - rispose all'altro.
- Non posso dire di essere magro, ma sicuramente piu' di prima, quando
ho immaginato Knight. Tu invece...non so, ma non sei molto differente
da come immaginavo Newport. -
- Ah si'? Mah, non so, diciamo che io e Newport siamo una specie di
lontani parenti. Qualche somiglianza potrebbe anche esserci, ma tieni
presente che il Newport che immagini tu probabilmente e' diverso da
quello che immagino io, sebbene l'abbia descritto nel curriculum
vitae. -
- Si', probabilmente e' cosi'. -
I due rimasero in silenzio per qualche attimo, poi Aristide riprese a
parlare.
- C'e' un pensiero che mi frulla per la testa: ammesso che questa sia
veramente la Unicorn e che funzioni come dovrebbe e che la' fuori sia
tutto come ci ricordiamo essere, questo significa che se proveremo a
contattare la Flotta ci risponderanno quei pazzi di Starfleet Italy?
No perche', onestamente, questo non mi darebbe grandi garanzie:
Stefano Zanero, cioe' Raistlin, sara' anche un gran bravo ragazzo,
simpatico, cordiale e disponibile, ma non credo che sappia come si
manda avanti una vera flotta stellare, se capisci quello che intendo.-
Paolo sorrise.
- Sarebbe davvero bello scoprirlo! Proviamo? -
- No, ti prego! Non so come la prenderei se qualcuno dall'altre parte
ci rispondesse veramente! Prima vediamo di capire qualcosa tra di
noi.-
- Umh...questo ci porta alla domanda fatidica: e adesso che facciamo?-
Paolo non aspetto' la risposta di Aristide e continuo' contitato.
- Sai cosa pensavo? Che forse qualcuno si aspetta che noi facciamo
qualcosa di....non so....di giusto. Che stiamo al gioco, come ti
dicevo. -
- Questa cosa di stare al gioco mi convince sempre meno. E poi
"qualcuno" chi? -
- Non lo so, ma se proprio ci dobbiamo svegliare tra poco almeno
godiamoci lo spasso! Io penso che dovremmo sbarcare sulla superficie
del pianeta. Li' probabilmente troveremo una civilta' primitiva
governata e controllata da un computer adorato come una divinita'.
Oppure un paradiso illusorio. Oppure un mondo segnato da profonde
divisioni interne che cercheremo di appianare. Oppure qualcosa che
semplicemente non capiremo. Oppure....chi lo sa; e' uno strano nuovo
mondo, no? -
Paolo fisso' Aristide con un sorriso smagliante e una brillante luce
negli occhi, in attesa che colui che aveva sempre conosciuto come
l'ingegnere capo della nave aggiungesse qualcosa.
- Credo che tu non la stia prendendo troppo bene, sai? Sforzarsi di
essere il capitano Knight non giovera' alla tua salute mentale e ho
idea che ti procurera' qualche problema quando torneremo da dove siamo
venuti. Dal canto mio, Newport e' una cara canaglia alla quale sono
sicuramente molto affezionato, ma lasciamolo dove deve stare,
d'accordo? -
- Cioe' sulla Unicorn! - disse Paolo.
- E magari ci sta veramente! - ribatte' Gorizia. - Vogliamo fare un
salto in sala macchine?-
- OK, ammettiamo che questa nave sia deserta e che ci siamo solo noi.-
rispose Paolo e continuo' con piu' calma:
- C'era una puntata di TNG, "Ricordati di me" mi pare, che pareva piu'
o meno cosi': la dottoressa perdeva lentamente tutti i compagni e
finiva per rimanere sola sulla nave. Se ci siamo solo noi, beh ...
siamo noi a dover mandare avanti la baracca, no? -
- Guardami un attimo, - disse Aristide.
- Io non sono Newport: non ho mai corteggiato una vulcaniana in vita
mia, te lo posso assicurare, e non ho idea di cosa sia un giunto di
potenza o un condotto ODN o una bobina al plasma. Quindi ..... se in
sala macchine non c'e' nessuno questa nave non ha un ingegnere capo! -
Era vero.
Aristide non era un ingegnere e di certo Paolo non era un capitano
della Flotta Stellare.
E allora, che fare?
Le meditazioni dei due furono interrotte dal rumore ovattato delle
porte del turboascensore che si aprivano.
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