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ATTO SECONDO di Paolo Maroncelli
22 agosto 2002

    Diario personale di Paolo Maroncelli
    Data Stellare sconosciuta
    (diamine.....ho sempre desiderato dirlo; dirlo veramente, intendo!)

    - Sai....io penso che dovremmo starci, - disse Maroncelli mentre il turboascensore saliva silenzioso verso la meta.
    I due erano riusciti a procurarsi una tazza fumante di nero caffe' e un buon cioccolato caldo, e avevano ritenuto che questa impresa fosse gia' stata sufficientemente eroica per preoccuparsi di trovare qualche abito decente che sostituisse i pigiamini dell'infermeria che ancora indossavano.
    Aristide getto' lo sguardo sulla tazza di cioccolato che Paolo sorseggiava lentamente e scaccio' un pensiero inquietante.
    - Starci in che senso? -
    - Starci nel senso di stare al gioco. Vivere la situazione nel migliore dei modi, intendo. -
    - E secondo te quale sarebbe il migliore dei modi per vivere un delirio? -
    - Potrebbe anche non essere un delirio, no? Potrebbe essere qualcos'altro che adesso non capiamo. -
    - Non ho idea di cosa sia o di chi, tra di noi, abbia mangiato cosi' pesante! E ti assicuro che sto facendo uno sforzo veramente sovrumano per non farmi prendere dal panico; fatto sta che in questo momento quello di "starci" e' l'ultimo dei miei pensieri. -

    In quell'istante le porte del turboascensore si aprirono in una grande stanza spaziosa, dai colori chiari e illuminata a giorno da una luce calda e intensa ma rilassante allo stesso tempo. L'ambiente era completamente gremito di console e apparecchiature elettroniche di vario tipo, le quali emettevano una serie di deboli ronzii e trilli sintetici che, misti all'onnipresente mormorio da vibrazione che scaturiva dalle pareti e dal pavimento, creavano l'inconfondibile rumore di fondo della plancia di comando della nave.

    Tutto era al suo posto: la console tattica, le poltroncine del capitano, del consigliere e del primo ufficiale ..... le postazioni avanzate del capo operazioni e del navigatore ... gli ingressi per la sala tattica e la sala riunioni ... e le superfici dei terminali viste di persona avevano un aspetto futuristico che dal vivo andava oltre l'immaginazione: non sembravano semplici pannelli di plexiglass retroilluminati, come sembrava guardando la TV, ma davano un'impressione quasi aliena .... di una tecnologia che andava oltre la comprensione.

    Ma Ari e Paolo rimasero affascinati dal grande visore principale che occupava interamente la parete opposta. Restituiva un'immagine incredibilmente vivida e nitida, come nessun televisore o schermo degli anni 2000 sarebbe riuscito ad ottenere. Su di esso campeggiava la morbida e affascinante immagine di un corpo celeste a distanza ravvicinata; un pianeta accarezzato dai raggi di una stella invisibile i quali ne sfioravano la superficie e ne restituivano delicate sfumature bianco-azzurre.

    Sembrava la terra ma i due si rendevano conto che in effetti non lo era.

    Tanto era lo stupore e l'emozione che i due riuscirono a reprimere il bisogno ormai impellente di usare un bagno che, comunque, nessuno di loro era ancora riuscito a trovare.
    In televisione non si era mai visto e non ricordavano di averne mai parlato nei loro racconti; forse che questo era sufficiente per negarne l'esistenza?!

    Paolo percorse la dolce discesa che permetteva di raggiungere il centro della plancia e si avvicino' allo schermo principale, mentre Aristide ingoio' un abbondante sorso di caffe'.

    - Ari, - disse Paolo, - potra' sembrarti assurdo ma, dopo il terrore iniziale, lo sgomento, lo spavento e il disorientamento, ora credo di essere....contento, si'. -
    - Ah si'? Mah, ti diro', vada per la distrazione ma io la vacanza avrei preferito continuare a farmela a Capri. A meno che tu non abbia un'idea anche vaga di dove sia Risa e di come arrivarci. Poi credo che non sia stata una buona idea venire in plancia senza gli altri. Forse dovremmo tornare in infermeria e aspettare che tutti siano svegli. -
    - No, davvero, e' fantastico vivere di persona tutte le fantasie che per anni mi sono frullate nella testa come folletti dispettosi. C'e' anche una punta di orgoglio nel trovarsi a bordo della Unicorn. Capisci, non siamo su una nave qualsiasi: siamo sulla Unicorn! Nei confronti della Unicorn ho sempre provato un certo infantile attaccamento; d'altronde sono il primo ad ammettere di essere rimasto un po' troppo bambino, ma la Unicorn e' la *nostra* nave! Mi sono sempre entusiasmato all'idea di farle vivere avventure eccitanti e di consegnarla alla storia come Star Trek ha fatto con l'Enterprise. -

    Aristide sorrise mentalmente e fini il caffe' con un ultimo sorso.

    - C'e' un bagno in sala tattica? - chiese a Paolo.
    - Non....non lo so. -
    - Beh, se non lo sai tu. -

    I due risero e appoggiarono le tazze vuote su una delle postazioni che correvano lungo le pareti della stanza.
    Il terminale recava la scritta "INGEGNERIA 2".
    Buffo, Aristide non capiva una virgola di quella console, mentre probabilmente Newport avrebbe potuto avviare a freddo il nucleo di curvatura da qui senza neanche bisogno di scendere in sala macchine!

    - Non sei poi tanto .... pienotto. - disse rivolto a Paolo.
    - Knight e' un tipo corpulento ma tu non gli somigli molto. Quando si parla di alter ego le scuole di pensiero sono due: somiglianza totale per sentire una maggiore aderenza col personaggio oppure l'esatto opposto per illudersi di essere come si vorrebbe essere e come non si e'. -
    Paolo sembro' leggermente imbarazzato e getto' un'occhiata alla tazza di cioccolato che aveva appena poggiato; nella vita reale non beveva quasi mai cioccolato: ne era goloso ma sapeva che se ne avesse bevuto regolarmente avrebbe vanificato la dieta che gli aveva fatto perdere un po' di peso nell'ultimo anno.

    Knight beveva cioccolato, non lui.

    - Si', sono un po' dimagrito. - rispose all'altro.
    - Non posso dire di essere magro, ma sicuramente piu' di prima, quando ho immaginato Knight. Tu invece...non so, ma non sei molto differente da come immaginavo Newport. -
    - Ah si'? Mah, non so, diciamo che io e Newport siamo una specie di lontani parenti. Qualche somiglianza potrebbe anche esserci, ma tieni presente che il Newport che immagini tu probabilmente e' diverso da quello che immagino io, sebbene l'abbia descritto nel curriculum vitae. -
    - Si', probabilmente e' cosi'. -

    I due rimasero in silenzio per qualche attimo, poi Aristide riprese a parlare.
    - C'e' un pensiero che mi frulla per la testa: ammesso che questa sia veramente la Unicorn e che funzioni come dovrebbe e che la' fuori sia tutto come ci ricordiamo essere, questo significa che se proveremo a contattare la Flotta ci risponderanno quei pazzi di Starfleet Italy? No perche', onestamente, questo non mi darebbe grandi garanzie: Stefano Zanero, cioe' Raistlin, sara' anche un gran bravo ragazzo, simpatico, cordiale e disponibile, ma non credo che sappia come si manda avanti una vera flotta stellare, se capisci quello che intendo.-

    Paolo sorrise.
    - Sarebbe davvero bello scoprirlo! Proviamo? -
    - No, ti prego! Non so come la prenderei se qualcuno dall'altre parte ci rispondesse veramente! Prima vediamo di capire qualcosa tra di noi.-
    - Umh...questo ci porta alla domanda fatidica: e adesso che facciamo?-

    Paolo non aspetto' la risposta di Aristide e continuo' contitato.
    - Sai cosa pensavo? Che forse qualcuno si aspetta che noi facciamo qualcosa di....non so....di giusto. Che stiamo al gioco, come ti dicevo. -
    - Questa cosa di stare al gioco mi convince sempre meno. E poi "qualcuno" chi? -
    - Non lo so, ma se proprio ci dobbiamo svegliare tra poco almeno godiamoci lo spasso! Io penso che dovremmo sbarcare sulla superficie del pianeta. Li' probabilmente troveremo una civilta' primitiva governata e controllata da un computer adorato come una divinita'. Oppure un paradiso illusorio. Oppure un mondo segnato da profonde divisioni interne che cercheremo di appianare. Oppure qualcosa che semplicemente non capiremo. Oppure....chi lo sa; e' uno strano nuovo mondo, no? -

    Paolo fisso' Aristide con un sorriso smagliante e una brillante luce negli occhi, in attesa che colui che aveva sempre conosciuto come l'ingegnere capo della nave aggiungesse qualcosa.

    - Credo che tu non la stia prendendo troppo bene, sai? Sforzarsi di essere il capitano Knight non giovera' alla tua salute mentale e ho idea che ti procurera' qualche problema quando torneremo da dove siamo venuti. Dal canto mio, Newport e' una cara canaglia alla quale sono sicuramente molto affezionato, ma lasciamolo dove deve stare, d'accordo? -
    - Cioe' sulla Unicorn! - disse Paolo.
    - E magari ci sta veramente! - ribatte' Gorizia. - Vogliamo fare un salto in sala macchine?-
    - OK, ammettiamo che questa nave sia deserta e che ci siamo solo noi.- rispose Paolo e continuo' con piu' calma:
    - C'era una puntata di TNG, "Ricordati di me" mi pare, che pareva piu' o meno cosi': la dottoressa perdeva lentamente tutti i compagni e finiva per rimanere sola sulla nave. Se ci siamo solo noi, beh ... siamo noi a dover mandare avanti la baracca, no? -

    - Guardami un attimo, - disse Aristide.
    - Io non sono Newport: non ho mai corteggiato una vulcaniana in vita mia, te lo posso assicurare, e non ho idea di cosa sia un giunto di potenza o un condotto ODN o una bobina al plasma. Quindi ..... se in sala macchine non c'e' nessuno questa nave non ha un ingegnere capo! -

    Era vero.

    Aristide non era un ingegnere e di certo Paolo non era un capitano della Flotta Stellare.

    E allora, che fare?

    Le meditazioni dei due furono interrotte dal rumore ovattato delle porte del turboascensore che si aprivano.



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