Post precedente: "L'inizio della fine"Post successivo: "Boom!"Primo post della missione: "Specchi di sabbia - parte I"Ultimo post della missione: "La fine"Missione precedente: "Base Stellare 137: Un Nuovo Inizio"Missione successiva: "Centro Medico Triven Soth"Apre una pagina adatta alla stampaPagina stampabile MISSIONE: Specchi di sabbia
 65 
SE NON SOPPORTI IL CALDO . . . di Paolo Maroncelli
5 novembre 1999

    CHAMERSIS II
    Area di sbarco della navetta Amundsen

    La porta dello shuttle si era appena chiusa, e gia' il respiro dei tre uomini della squadra di sbarco iniziava ad echeggiare all'interno dei caschi.
    La perturbazione che aveva reso estremamente difficoltoso l'atterraggio, e che aveva seriamente danneggiato la gloriosa Shyron Yurik, poteva ancora essere vista all'orizzonte, con il suo carico di pesanti nuvole sabbiose sospinte da venti di inusitata violenza, sicuramente capaci di scarnificare un essere umano in pochi secondi.
    La squadra del tenente Peters muoveva i primi passi sulla soffice sabbia chamersiana, alternando velocemente lo sguardo tra l'inespressiva, infinita distesa di sabbia color ocra e i sofisticati tricorder che ognuno teneva in mano.
    Come molti temevano, le prime rilevazioni si rivelarono assolutamente infruttuose, con gli strumenti che cedevano buona parte della propria funzionalita' alla pesante ionizzazione dell'atmosfera. Le tute ambientali costituivano una efficace protezione, ma livelli piu' elevati avrebbero sicuramente iniziato a minacciare anche i sistemi di schermatura, esponendo i tre a campi elettromagnetici potenzialmente pericolosi.

    - Peters a Unicorn. Mi sentite Unicorn? -
    Il comunicatore rimase muto. Il giovane ufficiale non si fece prendere dallo sconforto; forse la nave riusciva a ricevere ma non a comunicare.
    - D'accordo. Iniziamo l'esplorazione preliminare dell'area di sbarco della Shyron Yurik. Le rilevazioni iniziali non rivelano nessuna traccia della squadra del Comandante Dhek. Nessun segno di vita, e nessuna traccia di attivita'. Proseguiamo in direzione nord, dove la ionizzazione pare essere minore, con la speranza di ottenere letture piu' precise e significative. Peters, chiudo. -

    Il Comandante Goryme fisso' Peters per qualche attimo, in attesa di un ordine. Il fatto che un suo inferiore in grado fosse al comando della squadra non la infastidiva affatto; senza considerare che tra i due esisteva un profondo rapporto di amicizia che pareva rinsaldarsi mese dopo mese. Era stata lei a spingere Peters verso la sezione tattica, riuscendo ad intuire in maniera magistrale quali fossero i talenti naturali del giovane amico.

    Peters ricambio' lo sguardo della Goryme, quando improvvisamente qualcosa di inaspettato travolse la squadra.
    Il cielo, che gia' lasciava passare buona parte dei raggi luminosi della stella Chamersiana, si accese della luce piu' sfolgorante, intensa ed accecante che i tre avessero mai visto, come se la superificie del pianeta fosse stata investita dall'esplosione di mille soli.
    La polarizzazione automatica dei caschi non riusci' ad intervenire con la dovuta velocita', e per pochi istanti le intense radiazioni luminose colpirono i volti dei membri della squadra. Ognuno ebbe la sensazione che la pelle del proprio viso stesse andando a fuoco, e il gesto istintivo che tutti compirono fu di proteggersi gli occhi con le mani guantate.
    Tra le grida di dolore, quella del Comandante Goryme spicco' su tutte:
    - Oh Dio, non ci vedo piu'!! Non ci vedo piu'! Aiutatemi......non ci vedo piu'! -

    Nello stesso istante, tutti gli allarmi delle tute presero a risuonare all'interno dei caschi, e la sensazione di bruciore al viso si estese immediatamente al resto del corpo; attraverso le spesse e pesanti suole degli scarponi, la sabbia gia' scottava in maniera insopportabile.

    - Dentro, dentro! Tutti dentro! Andiamocene da qui'! -
    disse con concitazione il tenente Peters mentre, con lo sguardo annebbiato dalle lacrime di irritazione che riempivano i suoi occhi feriti, arrancava verso Goryme, che continuava a gridare in preda al panico.

    Uno dopo l'altro, i sistemi automatici delle tute iniziarono a cedere al caldo infernale, mentre la sabbia si scioglieva e si faceva piu' viscosa. Senza sapere come ci fosse arrivato, Peters si ritrovo' avvinghiato a Goryme sul pavimento rovente dello shuttle Amundsen. La povera donna continuava a lamentarsi, ma le sua grida era sempre piu' flebili e probabilmente sarebbe svenuta di li' a poco. Noto' con terrore che il suo volto era completamente ricoperto da bruciature profonde, mentre l'area delle orbite aveva assunto un innaturale colore viola; il terribile spettacolo lo indusse a considerare i dolori lancinanti che pervadevano anche lui, dal viso fino ai piedi.
    Tento' di alzarsi in piedi e di arrancare fino ai comandi, ma si rese conto che il compito era reso ancora piu' arduo dai violenti movimenti tellurici che avevano inziato a scuotere il terreno. Erano scosse imprevedibili, e rendevano pressoche' impossibile rimanere sulle gambe.

    Striscio' accanto al corpo dell'Ufficiale della Sicurezza, che pareva svenuto, e tento' di raggiungere i comandi. Era come se l'aria si fosse trasformata in fuoco, e ad ogni movimento aveva l'impressione di sentire la propria carne sfrigolare.
    Dal pannello trasparente dello shuttle, si accorse che sulla superficie del pianeta si stavano aprendo enormi voragini, e il fatto che lo shuttle non ne fosse ancora stato inghiottito aveva del miracoloso. La sabbia aveva iniziato a vetrificarsi, e nella sua tuta ormai funzionava solo l'erogatore di ossigeno e lo stabilizzatore di pressione, mentre il regolatore di temperatura probabilmente aveva gia' ceduto all'aria arroventata.
    = Ma che diavolo sta succedendo, qui'! = penso' tra se' e se' sforzandosi di non svenire al dolore delle ustioni che probabilmente stavano martoriando il suo corpo.
    Il calore si faceva piu' intenso di secondo in secondo, e tra poco sarebbero sicuramente tutti morti, con i liquidi organici in ebollizione e le carni bruciate.
    = Gran brutta morte. = si disse.

    Raggiunti i comandi, si rese dolorosamente conto che nessuno dei sistemi della navetta sembrava funzionare. Scrutando attraverso il pannello trasparente, vide il Tormònio che avrebbe dovuto rinforzare lo scafo evaporare nell'aria in piccole nuvole biancastre. Riusci' per poco ad evitare di fissare il cielo incandescente del pianeta, ma continuo' a chiedersi come se la sarebbero potuta cavare.
    C'era un odore che cominciava a diffondersi all'interno dello shuttle........odore di bruciato; la navetta iniziava a sciogliersi.

    = Bene. Basta cosi'. = urlo' a se' stesso, ed effettuo' un ultimo sforzo per alzarsi e mettersi ai comandi.
    Raggiunse il pannello situato sotto la consolle di navigazione e lo strappo' con violenza, avvertendo l'orribile sensazione dei guanti della tuta che gli si scioglievano sulla pelle.
    Tento' di fare mente locale su quali fossere i controlli dei motori ed inizio' a disconnettere, cambiare, togliere e reinserire come in uno dei test del corso di Ingegneria all'Accademia.
    = I motori di uno shuttle sono molto resistenti, e la temperatura di ebollizione del deuterio e ben piu' elevata di questa. La nave DEVE muoversi! =.
    Si ripete' la frase almeno dieci volte, nel tentativo di autoconvincersi che una via di uscita doveva pur esistere.

    Una scossa di terremoto particolarmente violenta gli fece cadere di mano i chip isolineari che aveva appena disconnesso, e si rese conto di non avere piu' la manualita' necessaria per afferrarli. Ogni dito piegato era un onda di dolore che pareva percorrere tutto il corpo. Probabilmente la pelle era completamente bruciata, e il guanto arroventato toccava la carne viva. Si sforzo' di non pensarci.
    = OK. Dovrebbe funzionare ugualmente. = menti' a se' stesso.
    Continuando ad agire dal pannello di manutenzione, fece scattare un rele' e i motori della navetta diedero un debole segno di vita.
    Riprovo'.....riprovo'.......e poi provo' ancora fino a quando osservo' con terrore il vetro del pannello trasparente incurvarsi ed esplodere all'interno, inondandolo di schegge finissime; un vetro progettato per resistere al vuoto cosmico.
    Fuori era l'inferno.
    Provo' ancora......fino a quando ebbe l'impressione che i motori si fossero accesi e stessero andando a regime.
    Niente supporto vitale, niente stabilizzazione, niente sistemi di sicurezza, niente di niente........solo, alzati!
    I motori spinsero verso il basso, ma lo shuttle non si mosse, imprigionato come era in quella che una volta era sabbia, e che ora era una distesa di vetro che andava in frantumi ad ogni scossa.
    Fu l'ultima di queste ad aprire una voragine sotto la navetta, che pote' finalmente erogare tutta la propria spinta e spiccare un deciso balzo verso l'alto.
    Peters, annegato in un bagno di sudore, senti' che le forze iniziavano ad abbandonarlo. Le ultime cose che vide furono altissime lingue di fuoco che si alzavano dalla superficie e tentavano di afferrare la navetta.
    Cio' che sarebbe successo l'avrebbe saputo solo al risveglio........…



Torna all'inizio della pagina