Il primo contatto di Newport
Appena il raggio di teletrasporto lo ricompose su Chamersis tre, il
tenete Newport rammentò immediatamente cosa comportava per lui scendere su
un pianeta nuovo.
Un intenso pizzicore lo aggredì ai ricettori olfattivi e quasi starnutì,
poi pian piano che si adattava, l'odore gli fece solo storcere il naso.
L'inconfondibile puzzo di pianeta é qualcosa a cui non si pensa spesso
quando si fà parte della flotta ma purtroppo é una realtà alquanto
spiacevole, che aggredisce chiunque prenoti per la prima volta un biglietto
per un altro sistema.
Dopo un pò che si gira per lo spazio non viene più notato, diventa qualcosa
di talmente scontato che nessuno ci fà caso e per cortesia, le comunità
interplanetarie ignorano la cosa potendoci fare ben poco.
Ogni pianeta ha un odore particolare causato dalle secrezioni ghiandolari
della fauna, le particolarità riproduttive vegetali e le combinazioni
minerali locali, che bene o male, si diffondono nell'atmosfera. Tutti i
mondi abitati o meno hanno un loro odore caratteristico che i suoi abitanti
non sentono ma che la maggior parte degli stranieri trova quasi sempre
disgustoso.
La sensazione in genere passa dopo un paio d'ore di permanenza sulla
superfice o anche prima, ma chi ci fà caso si stupisce sempre. Specie
quando incontra il fenomeno per la prima volta o quando, come nel caso di
Newport, si é rimasti a lungo in ambienti controllati.
Vista la diffusione delle infrastrutture federali, chi lavora nello spazio
finisce per respirare, anche a distanza di parecchi anni luce, sempre la
stessa atmosfera. Qualche sfumatura può essere dovuta al popolo che abita
in maggioranza la struttura ma il genere le differenze sono minime.
Solo scendendo sul pianeta madre si puo "godere" del profumo proprio di
ogni ambiente.
Per esempio, é noto che Vulcano é uno dei pianeta più "odorosi" del
quadrante e la Terra viene considerata letteralmente una fogna da chi
arriva dalla cintura esterna dello spazio della federazione o vi torna dopo
una prolungata assenza. Al contrario invece, quasi ironicamente, l'odore
del pianeta capitale Klingon sembra stimoli sensazioni molto forti e
piacevoli grazie alla maggiore quantita di ferormoni ed endorfine che i
Klingon liberano nell'aria.
Casi strani dell'universo.
Fortunatamente basta poco tempo per adattarsi e Newport sperò che il buio
avesse nascosto la sua espressione di disgusto.
La squadra cominciò a lavorare all'avamposto in silenzio. Anche se erano
inoltrati nella foresta Chamersiana, non era il caso di farsi notare da
qualche passante occasionale. Con perizia spianarono il terreno e in breve
tempo montarono le strutture prefabbricate, attivarono i generatori e
collegarono la strumentazione di sopravvivenza e di monitoraggio. Furono
distratti per un pò quando un piccolo animale, un roditore locale
probabilmente, andò a sbattere contro il piccolo scudo difensivo che
avevano alzato per attuire i rumori ma vista l'urgenza e la delicatezze
dell'operazione, non si permisero altre interruzioni. Due ore prima
dell'alba avevano già finito.
Mentre gli altri si occupavano dell'interno, Newport rimase all'esterno per
controllare la staticità dell'impianto. È vero che il piccolo generatore di
campo avrebbe fornito una robustezza adeguata ma un piccolo controllo di
sicurezza non avrebbe fatto male.
Il capo ingegnere smise per un attimo di guardare il tricorder, chiuse gli
occhi e fece un profondo respiro. Ora che la prima sgradevole sensazione
era passata, era in grado di apprezzare la purezza dell'aria di quella
zona. L'evoluzione industriale della popolazione Chamersiana non sembrava
aver danneggiato troppo l'atmosfera. Era bello tornare a risentire il
rumore della natura e il suo profumo, anche se in un atmosfera più
rarefatta.
Emise un paio di colpi di tosse e si ricordò che il dottor Selenjak aveva
raccomandato di fare attenzione a come si fosse inspirato in
quell'atmosfera. Stava per riprendere a scansire le pareti della struttura
quando improvvisamente si accorse che qualcosa non andava. Alzò gli occhi
stupito e si guardò intorno cercando di penetrare nel buio. Per un attimo
pensò che qualcuno fosse uscito dal rifugio e che lo stesse cercando ma non
si vedeva nessuno e non si sentiva nessun richiamo al suo indirizzo, anzi,
non si sentiva assolutamente nulla. Era solo.
L'aria era frizzante, le cime degli alberi nascondevano la maggior parte
del cielo stellato e nell'aria non si sentiva nessun rumore.
Nessun rumore...
Quando si erano materializzati avevano destato sospetto nella fauna locale
e visto che era notte la squadra di sbarco non si era stupita del silenzio
che l'aveva accolta. Dopo qualche minuto gli animali si erano però abituati
e avevano ripreso la loro solita routine riempiendo la notte di richiami,
suoni e rumori di tutti i generi. Erano riusciti a non sconvolgere troppo
la vita locale. Un innocuo coniglio locale aveva mosso qualche passo verso
di loro spinto dalla curiosità e si era scontrato contro lo scudo
difensivo. Ora invece tutto era tornato silenzioso, come se qualcosa avesse
nuovamente interrotto le attività notturne.
Si allontanò qualche metro per cercare di capire che cosa succedeva. Dal
folto della boschiglia non arrivava nessun rumore, nessun richiamo animale
e la cosa lo preoccupava. Solo un grosso e abile predatore notturno poteva
destare tanta paura e muoversi al contempo così silenziosamente.
Istintivamene esitò con l'idea di allontanarsi dal buio del fondo della
boscaglia quando un fruscio leggero attirò la sua attenzione.
Improvvisamente, dall'ombra uscì un piccolo animale simile a quello che si
era avvicinato qualche ora prima, anzi, sembrava essere lo stesso
individuo.
L'animale si mise al centro di una chiazza illuminata da uno dei pochi
raggi di luna che riuscivano a penetrare il tetto di foglie.
Miracolosamente ritto sulle zampe posteriori, teneva tra quelle anteriori
un bastoncino di legno che rosicchiava con dei possenti incisivi e lo
fissava intensamente con piccoli occhietti rossi e brillanti.
Newport trovò la scena molto buffa, l'animale poteva essere un vero
coniglio terrestre o forse un cane della prateria se non fosse stato per le
orecchie molto piccole e per il fatto che la metà ventrale del corpo era
praticamente nuda e priva di peluria.
Puntò il tricorder verso il roditore combiandone le funzioni per registrare
quello strano pasto. Il laboratorio di Xenobiologia gli sarebbe stato grato
se avesse riportato qualche dato preso da così vicino. La missione
prevedeva la massima discrezione in fatto di contatti con gli aborigeni e
un occasione del genere non poteva andare sprecata.
Il tricorder però gli diede delle letture sconcertanti. L'animale non era
solo. Il monitor mostrava che tutto intorno a lui c'erano altri esemplari
della stessa specie. Molti altri, quasi un centinaio. Il buio intorno era
molto profondo e lui non aveva notato nulla di particolare ma ora
focalizzando lo sguardo riuscì a notare molti altri puntini rossi che lo
fissavano.
-Vedo che ti sei portato un pò di compagnia stavolta- scherzò il capo
ingegnere tentando di alleggerire l'atmosfera che si era creata, ma non si
sentiva più tanto tranquillo. Al suono della sua voce, altri uscirono dal
buio e da quello che poteva vedere erano tutti ritti sulle zampe
posteriori. Il loro sguardo, stranamente non era più tanto buffo. Newport
ebbe una fugace visione di un roditore che per cacciare, correva su due
zampe ed se la memoria scolastica non lo tradiva, quel animale terrestre
era onnivoro.
Sempre più preoccupato fece un passo indietro e il branco si avvicinò di un
altro pezzettino. Il tricorder mostrò che gli animali si erano spostati
tutti insieme, coordinati. Freddamente fece qualche considerazione tentando
di razionalizzare la situazione. Gli occhi rossi e brillanti dimostravano
che la specie faceva probabilmente uso di una visione dell'infrarosso e
quindi era di tipo notturno. Anche considerando che in genere la maggior
parte degli animali diurni due ore prima dell'alba dorme nella propria
tana. I lunghi incisivi erano l'ideale per un alimentazione vegetale e
questo li denunciava come roditori ma questo non escludeva che potessero
anche mordere la carne o al limite spezzare le ossa. La postura bipede
indicava una certa confidenza con animali di taglia più grande e il
movimento del branco all'unisono, indicava la presenza di una
organizzazione sociale al sopra delle capacità della maggior parte dei
roditori a lui noti. Giunse alla conclusione, alla preoccupante
conclusione, che forse erano dei predatori notturni. Non tanto innoqui come
avevano pensato un paio d'ore prima.
Lo sguardo di quei piccoli animali sembrò farsi più minaccioso. Era per
questo che la boschiglia si era fatta più silenziosa, gli altri animali
sapevano che cosa si preparava.
Il dubbio sulle loro intenzioni si fece quasi certezza quando il primo
"coniglio", quello che aveva visto per primo, fece un passo avanti
smettendo di rosicchiare il bastoncino senza che gli altri si muovessero di
un palmo.
Doveva essere il capobranco o una specie di esploratore e gli altri forse
stavano aspettando un qualche segnale. Newport si portò lentamente la mano
al fianco ma inutilmente. Non aveva creduto necessario portarsi un arma e
aveva lasciato il phaser all'interno del rifugio, accanto l'uscita.
Non osava attivare il comunicatore per paura che l'improvviso suono della
sua voce potesse scatenare una corsa al pasto, come ormai si sentiva. Con
la coda dell'occhio cercò di valutare la distanza che lo separava
dall'avamposto e si accorse di essersi allontanato parecchio.
A mani nude avrebbe potuto fermarne una dozzina, con l'aiuto dei naniti
forse poteva arrivare ad una trentina, non senza però che qualche morso
andasse segno. Ma se tutto il branco l'avesse attaccato, come sembravano
essere intenzionati, non avrebbe avuto scampo. Sarebbe morto masticato
ancora vivo.
L'unica via di salvezza era una classica fuga a rotta di collo, al riparo
dello schermo olografico che poteva essere usato anche come scudo
deflettivo. Fortunatamente il capo ingegnere si teneva in forma facendo
quotidianamente del jogging, non sarebbe stato difficile raggiungere un
velocità di fuga ma la domanda era: sarebbe stato più veloce di loro?
Dei fruscii ai lati gli rivelarono che probabilmente stavano tentando una
manovra di accerchiamento. Molto furbo da parte loro pensò. Decisamente non
erano dei conigli comuni. Gli ricordarono dei ratti che si trovavano su
Tarsis, un pianeta del settore romulano su cui era sbarcato cinque anni
prima. Per poco ci stava per restare secco e allora aveva un phaser
federale e un disgregatore klingon a disposizione.
Senza pensarci su troppo, si girò di scatto e cominciò a correre.
Non era il caso di aspettare la loro prossima mossa. L'ingresso del rifugio
era sicuramente chiuso ma non ebbe dubbi che si sarebbe aperto appena il
sensore di apertura avesse avvertito la sua presenza.
O almeno ci sperava molto intensamente. La buona notizia era che non
avevano ancora attivato il campo olografico e quindi poteva vedere
distintamente l'ingresso, la cattiva era che si era allontanato più di
quanto avesse pensato, almeno una trentina di metri. Alle sue spalle, un
fruscio intenso gli rivelò che in fondo non si era sbagliato sulle
intenzioni di quegli "innocui" animaletti. Lo stavano inseguendo. Non perse
tempo a girarsi per accertarsene e aumentò ancora di più l'andatura visto
che con la coda dell'occhio riusciva ad intravederne un paio avvicinarsi
sempre di più, correndo sulle zampe posteriori.
Aveva completamente dimenticato il comunicatore quando questo eruppe con la
voce del tenente Krugar.
-Newport si porti alla sua sinistra!-
Il capo ingegnere non se lo fece ripetere due volte e tirando un sospiro
mozzato, scartò di lato.
A quel punto, ai suoi fianchi passarono due raggi azzurrognoli che
illuminarono la picola radura che avevano scelto per istallare il rifugio
d'osservazione. Con quella luce riuscì ad intravedere davanti a se la
dottoressa Selenjak e, poco distante, il tenete Krugar che sparavano alle
sue spalle con phaser ad ampio raggio.
Finì la sua corsa lanciandosi tra i due e finendo la corsa con una capriola
per attuire l'impatto con la parete del rifugio.I due ufficiali superiori
stavano innaffiando il branco con dei colpi di phaser a bassa intensità e
questi cadevano storditi a decine, a pochi metri di distanza dai tre.
Krugar portò la mano al petto e attivato il comunicatore, urlò;
-Attivare scudo difensivo! Ora!!-
La zona fu illuminata dalle scintille dello scudo invisibile causate dai
roditori che sopravvissuti ai colpi dei pasher, vi si infrangevano contro.
Le ultime file non sembravano rendersi conto della fine dei loro compagni e
vi salivano sopra formando dei mucchi che crescevano un pò alla volta.
Finquando i piccoli corpi rimanevano shoccati dalla bassa tensione dello
scudo che li faceva svenire. La carica durò per meno di un minuto ma a
Newport sembrò un eternità. Alla fine, pochi erano rimasti svegli e
osservavano stupiti i corpi dei loro compagni che per la maggior parte si
ammassavano contro la parete invisibile che li divideva dalle loro prede.
I più erano caduti sotto i colpi dei phaser o nell'impatto e molti si
muovevano appena, alcuni letteralmente seppelliti da altri corpi.
I tre ufficiali della flotta si guardavano in giro con sospetto. La
dottoressa Selenjak estrasse il tricorder medico e cominciò a scansire gli
animali per appurarne le condizioni. La sua espressione era ferma ma
Newport ci intravide un segno di rimprovero quando controllò anche le sue
funzioni vitali. Il tenente Krugar invece non disse una parola continuando
a tener d'occhio il branco con il phaser spianato, aspettandosi una ripresa
improvvisa delle ostilità.
Newport fu scosso da un brivido alla schiena quando realizzò il pericolo
che aveva corso e si sedette a terra poggiando la schiena alla parete del
rifugio.
-Grazie...- riuscì a dire con un filo di voce.
Krugar si girò verso di lui. Era arrabbiato e si vedeva. Non esiste un
metodo klingon per rimproverare e fu per questo che il capo della sicurezza
non disse una parola ma per qualche istante sembrò che stesse per
contravvenire alla regola. Invece voltò le spalle quasi disgustato e disse.
-Questo figurerà sul suo ruolino di servizio. -
Newport annuì, sapeva benissimo che intendeva. Era uno dei tanti motivi che
lo avevano convinto a lasciare la flotta. Il suo ruolino di servizio era
pieno di note del genere e ormai non gli faceva né caldo né freddo
riceverne, però quella volta un pò forse gli dispiaceva. Non aveva
intenzione provocare un danno simile anche se quelle creature, di cui non
sapeva nulla, lo avevano attaccato ed erano comunque sopravvissute. Poco
per volta gli animali che erano rimasti in piedi si allontanarono correndo
via a quattro zampe. Quando non ce ne fu più nessuno che si reggeva, Krugar
fece calare gli scudi e i piccoli mucchi che si erano formati a ridosso
della parete crollarono per la mancanza di supporto.
Subito dopo dall'interno del rifugio venne attivato lo schermo olografico
di camuffamento e ricomparve la collinetta che il rifugio aveva sostituito.
Poco tempo dopo gli animali si sarebbero risvegliati e forse sarebbero
ritornati ai loro rifugi diurni. Sicuramente non avrebbero più avuto
possibilità di danneggiare la squadra di sbarco.
I tre entrarono e chiusero per bene l'ingresso. D'ora in poi probabilmente
gli spostamenti sarebbero stati fatti tramite teletrasporto. Newport che fu
l'ultimo a rientrare diede un ultimo sguardo verso la foresta. In
lontananza, tra il fogliame, si intravedeva il primissimo chiarore
dell'aurora.
Bel modo di cominciare una missione si disse. Prima di sigillare l'uscio
raccolse un fiore di campo che cresceva solitario ad un metro dalla parete
di roccia simulata. Un ricordo di Chamersis. Almeno non era macchiato di
sangue. Poi sparì anch'egli all'interno della montagnola.
Non visti, lontano una decina di metri nel buio, un paio di puntini rossi
avevano assistito all'intero avvenimento. L'espressione di quei occhi non
era pacifico. Nell'aria erano ripresi i suoni del bosco ma nell'angolo buio
l'unico suono era un forsennato rosicchiamento.
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