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GLI OSSERVATORI - PARTE II di Aristide Gorizia
1 agosto 1999

    Il primo contatto di Newport

    Appena il raggio di teletrasporto lo ricompose su Chamersis tre, il tenete Newport rammentò immediatamente cosa comportava per lui scendere su un pianeta nuovo.
    Un intenso pizzicore lo aggredì ai ricettori olfattivi e quasi starnutì, poi pian piano che si adattava, l'odore gli fece solo storcere il naso. L'inconfondibile puzzo di pianeta é qualcosa a cui non si pensa spesso quando si fà parte della flotta ma purtroppo é una realtà alquanto spiacevole, che aggredisce chiunque prenoti per la prima volta un biglietto per un altro sistema.
    Dopo un pò che si gira per lo spazio non viene più notato, diventa qualcosa di talmente scontato che nessuno ci fà caso e per cortesia, le comunità interplanetarie ignorano la cosa potendoci fare ben poco.

    Ogni pianeta ha un odore particolare causato dalle secrezioni ghiandolari della fauna, le particolarità riproduttive vegetali e le combinazioni minerali locali, che bene o male, si diffondono nell'atmosfera. Tutti i mondi abitati o meno hanno un loro odore caratteristico che i suoi abitanti non sentono ma che la maggior parte degli stranieri trova quasi sempre disgustoso.
    La sensazione in genere passa dopo un paio d'ore di permanenza sulla superfice o anche prima, ma chi ci fà caso si stupisce sempre. Specie quando incontra il fenomeno per la prima volta o quando, come nel caso di Newport, si é rimasti a lungo in ambienti controllati.

    Vista la diffusione delle infrastrutture federali, chi lavora nello spazio finisce per respirare, anche a distanza di parecchi anni luce, sempre la stessa atmosfera. Qualche sfumatura può essere dovuta al popolo che abita in maggioranza la struttura ma il genere le differenze sono minime. Solo scendendo sul pianeta madre si puo "godere" del profumo proprio di ogni ambiente.
    Per esempio, é noto che Vulcano é uno dei pianeta più "odorosi" del quadrante e la Terra viene considerata letteralmente una fogna da chi arriva dalla cintura esterna dello spazio della federazione o vi torna dopo una prolungata assenza. Al contrario invece, quasi ironicamente, l'odore del pianeta capitale Klingon sembra stimoli sensazioni molto forti e piacevoli grazie alla maggiore quantita di ferormoni ed endorfine che i Klingon liberano nell'aria.
    Casi strani dell'universo.
    Fortunatamente basta poco tempo per adattarsi e Newport sperò che il buio avesse nascosto la sua espressione di disgusto.

    La squadra cominciò a lavorare all'avamposto in silenzio. Anche se erano inoltrati nella foresta Chamersiana, non era il caso di farsi notare da qualche passante occasionale. Con perizia spianarono il terreno e in breve tempo montarono le strutture prefabbricate, attivarono i generatori e collegarono la strumentazione di sopravvivenza e di monitoraggio. Furono distratti per un pò quando un piccolo animale, un roditore locale probabilmente, andò a sbattere contro il piccolo scudo difensivo che avevano alzato per attuire i rumori ma vista l'urgenza e la delicatezze dell'operazione, non si permisero altre interruzioni. Due ore prima dell'alba avevano già finito.

    Mentre gli altri si occupavano dell'interno, Newport rimase all'esterno per controllare la staticità dell'impianto. È vero che il piccolo generatore di campo avrebbe fornito una robustezza adeguata ma un piccolo controllo di sicurezza non avrebbe fatto male.
    Il capo ingegnere smise per un attimo di guardare il tricorder, chiuse gli occhi e fece un profondo respiro. Ora che la prima sgradevole sensazione era passata, era in grado di apprezzare la purezza dell'aria di quella zona. L'evoluzione industriale della popolazione Chamersiana non sembrava aver danneggiato troppo l'atmosfera. Era bello tornare a risentire il rumore della natura e il suo profumo, anche se in un atmosfera più rarefatta.
    Emise un paio di colpi di tosse e si ricordò che il dottor Selenjak aveva raccomandato di fare attenzione a come si fosse inspirato in quell'atmosfera. Stava per riprendere a scansire le pareti della struttura quando improvvisamente si accorse che qualcosa non andava. Alzò gli occhi stupito e si guardò intorno cercando di penetrare nel buio. Per un attimo pensò che qualcuno fosse uscito dal rifugio e che lo stesse cercando ma non si vedeva nessuno e non si sentiva nessun richiamo al suo indirizzo, anzi, non si sentiva assolutamente nulla. Era solo.

    L'aria era frizzante, le cime degli alberi nascondevano la maggior parte del cielo stellato e nell'aria non si sentiva nessun rumore. Nessun rumore...
    Quando si erano materializzati avevano destato sospetto nella fauna locale e visto che era notte la squadra di sbarco non si era stupita del silenzio che l'aveva accolta. Dopo qualche minuto gli animali si erano però abituati e avevano ripreso la loro solita routine riempiendo la notte di richiami, suoni e rumori di tutti i generi. Erano riusciti a non sconvolgere troppo la vita locale. Un innocuo coniglio locale aveva mosso qualche passo verso di loro spinto dalla curiosità e si era scontrato contro lo scudo difensivo. Ora invece tutto era tornato silenzioso, come se qualcosa avesse nuovamente interrotto le attività notturne.

    Si allontanò qualche metro per cercare di capire che cosa succedeva. Dal folto della boschiglia non arrivava nessun rumore, nessun richiamo animale e la cosa lo preoccupava. Solo un grosso e abile predatore notturno poteva destare tanta paura e muoversi al contempo così silenziosamente. Istintivamene esitò con l'idea di allontanarsi dal buio del fondo della boscaglia quando un fruscio leggero attirò la sua attenzione. Improvvisamente, dall'ombra uscì un piccolo animale simile a quello che si era avvicinato qualche ora prima, anzi, sembrava essere lo stesso individuo.

    L'animale si mise al centro di una chiazza illuminata da uno dei pochi raggi di luna che riuscivano a penetrare il tetto di foglie. Miracolosamente ritto sulle zampe posteriori, teneva tra quelle anteriori un bastoncino di legno che rosicchiava con dei possenti incisivi e lo fissava intensamente con piccoli occhietti rossi e brillanti. Newport trovò la scena molto buffa, l'animale poteva essere un vero coniglio terrestre o forse un cane della prateria se non fosse stato per le orecchie molto piccole e per il fatto che la metà ventrale del corpo era praticamente nuda e priva di peluria.
    Puntò il tricorder verso il roditore combiandone le funzioni per registrare quello strano pasto. Il laboratorio di Xenobiologia gli sarebbe stato grato se avesse riportato qualche dato preso da così vicino. La missione prevedeva la massima discrezione in fatto di contatti con gli aborigeni e un occasione del genere non poteva andare sprecata.

    Il tricorder però gli diede delle letture sconcertanti. L'animale non era solo. Il monitor mostrava che tutto intorno a lui c'erano altri esemplari della stessa specie. Molti altri, quasi un centinaio. Il buio intorno era molto profondo e lui non aveva notato nulla di particolare ma ora focalizzando lo sguardo riuscì a notare molti altri puntini rossi che lo fissavano.
    -Vedo che ti sei portato un pò di compagnia stavolta- scherzò il capo ingegnere tentando di alleggerire l'atmosfera che si era creata, ma non si sentiva più tanto tranquillo. Al suono della sua voce, altri uscirono dal buio e da quello che poteva vedere erano tutti ritti sulle zampe posteriori. Il loro sguardo, stranamente non era più tanto buffo. Newport ebbe una fugace visione di un roditore che per cacciare, correva su due zampe ed se la memoria scolastica non lo tradiva, quel animale terrestre era onnivoro.

    Sempre più preoccupato fece un passo indietro e il branco si avvicinò di un altro pezzettino. Il tricorder mostrò che gli animali si erano spostati tutti insieme, coordinati. Freddamente fece qualche considerazione tentando di razionalizzare la situazione. Gli occhi rossi e brillanti dimostravano che la specie faceva probabilmente uso di una visione dell'infrarosso e quindi era di tipo notturno. Anche considerando che in genere la maggior parte degli animali diurni due ore prima dell'alba dorme nella propria tana. I lunghi incisivi erano l'ideale per un alimentazione vegetale e questo li denunciava come roditori ma questo non escludeva che potessero anche mordere la carne o al limite spezzare le ossa. La postura bipede indicava una certa confidenza con animali di taglia più grande e il movimento del branco all'unisono, indicava la presenza di una organizzazione sociale al sopra delle capacità della maggior parte dei roditori a lui noti. Giunse alla conclusione, alla preoccupante conclusione, che forse erano dei predatori notturni. Non tanto innoqui come avevano pensato un paio d'ore prima.

    Lo sguardo di quei piccoli animali sembrò farsi più minaccioso. Era per questo che la boschiglia si era fatta più silenziosa, gli altri animali sapevano che cosa si preparava.
    Il dubbio sulle loro intenzioni si fece quasi certezza quando il primo "coniglio", quello che aveva visto per primo, fece un passo avanti smettendo di rosicchiare il bastoncino senza che gli altri si muovessero di un palmo.
    Doveva essere il capobranco o una specie di esploratore e gli altri forse stavano aspettando un qualche segnale. Newport si portò lentamente la mano al fianco ma inutilmente. Non aveva creduto necessario portarsi un arma e aveva lasciato il phaser all'interno del rifugio, accanto l'uscita. Non osava attivare il comunicatore per paura che l'improvviso suono della sua voce potesse scatenare una corsa al pasto, come ormai si sentiva. Con la coda dell'occhio cercò di valutare la distanza che lo separava dall'avamposto e si accorse di essersi allontanato parecchio.

    A mani nude avrebbe potuto fermarne una dozzina, con l'aiuto dei naniti forse poteva arrivare ad una trentina, non senza però che qualche morso andasse segno. Ma se tutto il branco l'avesse attaccato, come sembravano essere intenzionati, non avrebbe avuto scampo. Sarebbe morto masticato ancora vivo.
    L'unica via di salvezza era una classica fuga a rotta di collo, al riparo dello schermo olografico che poteva essere usato anche come scudo deflettivo. Fortunatamente il capo ingegnere si teneva in forma facendo quotidianamente del jogging, non sarebbe stato difficile raggiungere un velocità di fuga ma la domanda era: sarebbe stato più veloce di loro?

    Dei fruscii ai lati gli rivelarono che probabilmente stavano tentando una manovra di accerchiamento. Molto furbo da parte loro pensò. Decisamente non erano dei conigli comuni. Gli ricordarono dei ratti che si trovavano su Tarsis, un pianeta del settore romulano su cui era sbarcato cinque anni prima. Per poco ci stava per restare secco e allora aveva un phaser federale e un disgregatore klingon a disposizione.
    Senza pensarci su troppo, si girò di scatto e cominciò a correre.

    Non era il caso di aspettare la loro prossima mossa. L'ingresso del rifugio era sicuramente chiuso ma non ebbe dubbi che si sarebbe aperto appena il sensore di apertura avesse avvertito la sua presenza.
    O almeno ci sperava molto intensamente. La buona notizia era che non avevano ancora attivato il campo olografico e quindi poteva vedere distintamente l'ingresso, la cattiva era che si era allontanato più di quanto avesse pensato, almeno una trentina di metri. Alle sue spalle, un fruscio intenso gli rivelò che in fondo non si era sbagliato sulle intenzioni di quegli "innocui" animaletti. Lo stavano inseguendo. Non perse tempo a girarsi per accertarsene e aumentò ancora di più l'andatura visto che con la coda dell'occhio riusciva ad intravederne un paio avvicinarsi sempre di più, correndo sulle zampe posteriori.

    Aveva completamente dimenticato il comunicatore quando questo eruppe con la voce del tenente Krugar.
    -Newport si porti alla sua sinistra!-
    Il capo ingegnere non se lo fece ripetere due volte e tirando un sospiro mozzato, scartò di lato.
    A quel punto, ai suoi fianchi passarono due raggi azzurrognoli che illuminarono la picola radura che avevano scelto per istallare il rifugio d'osservazione. Con quella luce riuscì ad intravedere davanti a se la dottoressa Selenjak e, poco distante, il tenete Krugar che sparavano alle sue spalle con phaser ad ampio raggio.
    Finì la sua corsa lanciandosi tra i due e finendo la corsa con una capriola per attuire l'impatto con la parete del rifugio.I due ufficiali superiori stavano innaffiando il branco con dei colpi di phaser a bassa intensità e questi cadevano storditi a decine, a pochi metri di distanza dai tre. Krugar portò la mano al petto e attivato il comunicatore, urlò;
    -Attivare scudo difensivo! Ora!!-

    La zona fu illuminata dalle scintille dello scudo invisibile causate dai roditori che sopravvissuti ai colpi dei pasher, vi si infrangevano contro. Le ultime file non sembravano rendersi conto della fine dei loro compagni e vi salivano sopra formando dei mucchi che crescevano un pò alla volta. Finquando i piccoli corpi rimanevano shoccati dalla bassa tensione dello scudo che li faceva svenire. La carica durò per meno di un minuto ma a Newport sembrò un eternità. Alla fine, pochi erano rimasti svegli e osservavano stupiti i corpi dei loro compagni che per la maggior parte si ammassavano contro la parete invisibile che li divideva dalle loro prede. I più erano caduti sotto i colpi dei phaser o nell'impatto e molti si muovevano appena, alcuni letteralmente seppelliti da altri corpi.

    I tre ufficiali della flotta si guardavano in giro con sospetto. La dottoressa Selenjak estrasse il tricorder medico e cominciò a scansire gli animali per appurarne le condizioni. La sua espressione era ferma ma Newport ci intravide un segno di rimprovero quando controllò anche le sue funzioni vitali. Il tenente Krugar invece non disse una parola continuando a tener d'occhio il branco con il phaser spianato, aspettandosi una ripresa improvvisa delle ostilità.
    Newport fu scosso da un brivido alla schiena quando realizzò il pericolo che aveva corso e si sedette a terra poggiando la schiena alla parete del rifugio.
    -Grazie...- riuscì a dire con un filo di voce.
    Krugar si girò verso di lui. Era arrabbiato e si vedeva. Non esiste un metodo klingon per rimproverare e fu per questo che il capo della sicurezza non disse una parola ma per qualche istante sembrò che stesse per contravvenire alla regola. Invece voltò le spalle quasi disgustato e disse.
    -Questo figurerà sul suo ruolino di servizio. -
    Newport annuì, sapeva benissimo che intendeva. Era uno dei tanti motivi che lo avevano convinto a lasciare la flotta. Il suo ruolino di servizio era pieno di note del genere e ormai non gli faceva né caldo né freddo riceverne, però quella volta un pò forse gli dispiaceva. Non aveva intenzione provocare un danno simile anche se quelle creature, di cui non sapeva nulla, lo avevano attaccato ed erano comunque sopravvissute. Poco per volta gli animali che erano rimasti in piedi si allontanarono correndo via a quattro zampe. Quando non ce ne fu più nessuno che si reggeva, Krugar fece calare gli scudi e i piccoli mucchi che si erano formati a ridosso della parete crollarono per la mancanza di supporto.

    Subito dopo dall'interno del rifugio venne attivato lo schermo olografico di camuffamento e ricomparve la collinetta che il rifugio aveva sostituito. Poco tempo dopo gli animali si sarebbero risvegliati e forse sarebbero ritornati ai loro rifugi diurni. Sicuramente non avrebbero più avuto possibilità di danneggiare la squadra di sbarco.
    I tre entrarono e chiusero per bene l'ingresso. D'ora in poi probabilmente gli spostamenti sarebbero stati fatti tramite teletrasporto. Newport che fu l'ultimo a rientrare diede un ultimo sguardo verso la foresta. In lontananza, tra il fogliame, si intravedeva il primissimo chiarore dell'aurora.
    Bel modo di cominciare una missione si disse. Prima di sigillare l'uscio raccolse un fiore di campo che cresceva solitario ad un metro dalla parete di roccia simulata. Un ricordo di Chamersis. Almeno non era macchiato di sangue. Poi sparì anch'egli all'interno della montagnola.

    Non visti, lontano una decina di metri nel buio, un paio di puntini rossi avevano assistito all'intero avvenimento. L'espressione di quei occhi non era pacifico. Nell'aria erano ripresi i suoni del bosco ma nell'angolo buio l'unico suono era un forsennato rosicchiamento.



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