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IN NOMINE PATRIS di Aristide Gorizia
26 ottobre 2001

    -In nomine patris et filii et spiritus sancti...-
    La labbra tremano. Le dita si incrociano. Le ginocchia dolgono. Non riesce a concentrarsi. Brutta sensazione. Le emozioni salgono a galla. Tornano indietro. Non riesce a controllare se stesso. Silias. Padre Silias. Gesuita. Si nasconde dietro un nome umano.
    Un nome inventato. Ma la verità viene a galla. Poco per volta. Un ramo alla volta. Un nervo alla volta.
    Ripete la preghiera. Ripete il ritornello. Ricerca la fede. La trova. Poi la riperde. Quasi si mette a piangere. No. Niente lacrime. Niente emozioni. Non può perdere di nuovo.
    Riapre gli occhi. È ancora buio. La cella é ancora buia. Nessuna luce. Nessuna rivelazione. Solo la colpa. La Sua colpa?
    La Colpa. Ci maiuscola. Ottanta anni. Sprecati. Buttati via. Cancellati. No. Piuttosto abbandonati. Sprecati.
    Riprova si dice. Qualsiasi ragazzino vulcaniano ci riesce. Concentrati. Focalizzati. Perdona te stesso. Pensa al futuro.
    C'é futuro per un peccatore. C'é sempre un futuro per chiunque sappia aspettare. No, meglio. C'é sempre una via di fuga. Basta aspettare. Riprende a pregare. Più intensamente. Più concentrato. Non importa dove si trova. Non importa quello che accadrà. Niente paura. Nessun timore. Anche con la morte c'é la salvezza. Eterna.
    Passano le ore.
    Ora riesce a rilassarsi. Ad accettarsi. Ha accettato la sua colpa. Ha accettato la sua presunzione. Può redimersi. Può salvarsi. Alla fine può. Un sottile sorriso compare sulle sue labbra. La penitenza non finirà mai.
    -Mea culpa. Mea maxima culpa...-
    Quanto é più facile...Quando si accetta il proprio destino. Fare del bene non é sufficiente. Bisogna saper farlo "per bene". Addio alla logica. Addio al Kol-ina-hr.
    Essere un prete significa anche accettare le proprie debolezze. Essere un prete vulcaniano significa averne di enormi. Non sorprenderti. Lo sapevi.
    Silias reprime il dolore. Silias reprime la passione. Sudore sulla fronte. Mani incrociate. Nocche imbiancate. La preghiera stenta ad uscire. Le labbra sono secche. Il cuore non riesce a esprimersi. Molok! La bestemmia l'aiuta. Stringe ancora le mani. Concentra di più il pensiero. Stringe le palpebre. Stringe ancora di più. Cadono le prime lacrime. Il dolore libera la mente. Il dolore aiuta la concentrazione. Poi si arrende.
    Cade a terra. Abbraccia il pavimento. Freddo metallo a contatto con la guancia. Calde lacrime salate.
    Si sente un traditore. Un reietto. Ha adottato un nome straniero. Ha tradito la sua patria. La sua famiglia. La sua razza. I suoi amici. Poi la sua chiesa. Ed ora...ha tradito anche sé stesso.
    Lo hanno lasciato al freddo. Lo hanno lasciato al buio. Non completamente. Un debole riflesso lo colpisce dall'oblò blindato. Dalle stelle ha capito dove si trova. Una stazione spaziale esiliata. Come lui. Lontana da un sole. Lontana da un pianeta. In mezzo al nulla. Le stelle girano troppo velocemente. Sempre le stesse. Sempre a guardarlo. Come a sorvegliarlo. Come si fà a sfuggire alle stelle? Dietro di esse c'é Dio. E Dio é dappertutto. Come le stelle. Un Rumore ovattato. Un piede strascicato. Un tacco. Due, tre/cinque o più paia di scarpe. Qualcuno arriva.
    Trova la parete in ombra. Si accomoda. Si raccoglie. Aspetta. Vengono a prenderlo? Sta per espiare finalmente? Aspetta si dice. Nulla é perduto. Al nulla si deve combattere. Al nulla non c'é rimedio. Poi la porta si apre. Un lama di luce entra per prima. Non lo colpisce. Arriva sul pavimento. Riflette sul pavimento. È abbastanza per abbagliarlo. Giorni di buio lo hanno abituato male. Il dolore penetra dalle sue palpebre. Poi ci si abitua.
    Una voce umana lo raggiunge prima che riapra gli occhi.
    -Maledizione é buio qui.-
    Tre uomini coprono l'ingresso. Due portano il terzo per le spalle.
    Poi una donna. Poi un altro ancora. Vengono spinti dentro. A forza.
    Poi la porta si richiude di nuovo.
    Niente espiazione. Solo compagni di cella. Piange per loro.
    -Ecco, sistematelo accanto alla parete.- dice la donna. Riconosce la cadenza. Appartiene al suo passato.
    -Come si sente Newport?- L'anziano é umano. È preoccupato. È un comandante. Il loro comandante.
    Un altro di loro é un andoriano. Le antenne lo tradiscono. Il quarto ancora non ha parlato. Il ferito é insondabile. Non vede bene se portano uniforme. Troppo buio. Troppo scuri i colori. Però ha capito. Sono federali. Il tono é quello.
    Si confonde ancora di più col buio. Cerca di nascondersi ancora di più.

    -Sto bene. Sto bene.- Risponde mesto Newport.
    -Hanno solo ceduto le gambe.-
    Knight ha dei dubbi. Appare preoccupato. Ma sicuro di sé.
    -Non ne dubito. Dopo quello che ci hanno raccontato...-
    Knight prende le decisioni. Knight prende le responsabilità. Knight prende l'ulcera. Selenjak prende l'iniziativa.
    -Fa freddo qui.- Selenjak si copre le spalle. Trema -Siamo su una stazione spaziale.-
    -Innegabile- conferma l'andoriano.
    -Inspiegabile- replica Knight. L'andoriano spiega.
    -La loro forza psionica é enorme e sospetto cumulativa. Non hanno bisogno di essere vicini ad un pianeta per controllarlo. E quale nascondiglio migliore del nulla?-
    -Giusto- afferra Knight. - Nessun posto é meglio del gelo interstellare per nascondersi. E il loro potere li porta dove vogliono.-
    - O porta a loro chi vogliono.- interviene Dehk indicanto loro stessi. Knight approva silenzioso.
    -Incredibile quello che riescono a fare. Entrano nelle menti, le controllano. Riescono a illuderle.- Newport assentisce con la testa.
    -Eravamo a pochi parsec da Romulus ed ora siamo qui. Chissa dove...-
    -Chissa dove...Ma ci siamo davvero?- Chiede dubbiosa Selenjak.
    -Che intende dottoressa.-
    -Se hanno creato un illusione tanto reale al tenente Newport che grazie ai naniti é il più protetto tra di noi al livello mentalico, la logica suggerisce che riescano a farci credere di essere ovunque. Anche loro prigionieri.-
    -Sta dicendo che in realtà ci troviamo da qualche parte ma che in realtà stanno manipolando la nostra mente per farci credere di essere prigionieri su una stazione spaziale.-
    -Chi può saperlo? Forse siamo solo svenuti sul ponte della Ardena.Forse sto solo ssognando tutto questo.-
    -Oppure siamo in un laboratorio segreto Romulano.- Interviene Quill.
    Attira i loro sguardi.
    -Eravamo abbastanza vicino al pianeta. Forse hanno intercettato il nostro raggio. Ci hanno tramortiti ed ora siamo tutti legati a dei lettini, con elettrodi nel cervello e tutto questo non é che un complicato gioco olografico romulano col preciso scopo di sondare le nostre conoscenze.-
    -Pare probabile.-
    -È stato già fatto. Non che i romulani amino ripetersi ma...chissà.-

    Silius rimane immobile. Non osa svelarsi. Non riesce a pensare ad altro. È mai possibile che sia vero? È tutto stato un sogno? Niente di quello che é successo é vero? Non può essere. Allora si scopre.
    -No, - dice attirando l'attenzione degli altri. -È tutto vero.-
    Il gruppo si ricompatta. Un altra minaccia? L'ombra si muove. Nessuno l'aveva notato. Era invisibile. Dehk stringe i pugni. Quill mette al riparo il capitano. Newport si accosta a Selenjak. Silias si lascia scoprire dal debole chiarore delle stelle.
    -Nessun timore. Ve ne prego. Non ho cattive intenzioni.-
    Knight riacquista tutta sua sicurezza.
    -Chi sei?-
    Silias Scuote le spalle.
    -Solo un altro prigioniero di questo posto. Un penitente.-
    Selenjak aguzza gli occhi. S'alza la tensione. Cresce un sospetto. S'alligna un dubbio. Non sfugge a Newport.
    -Sei un vulcaniano?- Silias inarca un sopraciglio. Sospira la risposta.
    -...Si-
    Knight chiede silenziosamente alla dottoressa.
    -È lui. È il vulcaniano che siamo venuti a cercare.-
    -Troppa fortuna.- Frena il capitano.
    -No,no. È lui. Ne sono certa.- Selenjak perde consistenza. Sta perdendo la sua logica. Sta perdendo se stessa.
    -Capitano, non possiamo esserne certi.- Interviene Quill. -Potrebbe essere un altro inganno.-
    -Concordo- si accoda Dehk.
    Non sa che pensare. Troppi dubbi. Troppe incognite. Fa il capitano, si ripete. Prendi una decisione, insiste. Poi si butta. Tanto. Che ha da perdere.
    Scruta il nuovo arrivo. Gli si avvicina. Lo invita con lo sguardo.
    -Come si chiama?-
    Silias scuote la testa.
    -Non ha importanza Capitano.-
    -Lei crede? E cosa allora ha importanza?-
    -Il perché siamo qui. Cosa ci aspetta e come possiamo impedirlo.-
    Knight si mostra risoluto. Non cede.
    -Allora le dico io perché siamo qui. Siamo qui per impedire un disastro. Impedire che un vulcaniano sconosciuto commetta un grave errore. Fermare un pazzo dall'immettere un arma biologica nell'aria di Romulus. Ecco perché siamo qui noi. E lei?-
    Silias é colpito. Loro sanno. Loro sono arrivati per lui.
    -Sa cosa credo amico?- insiste il capitano - Credo che sia lei l'uomo che siamo venuti a cercare. È lei il pazzo che ci ha attirati in questa situazione.-
    -Pazzo? Non lo so. Sembrava tutto...così logico all'inizio.-
    Knight avvampa.
    -Sembrava così perfetto. Tanto preciso. Tanto promettente.-
    Knight prova rabbia. Come mai prima. Come mai abbia provato. È una sensazione nuova.
    -Tanto promettente da rivelarsi un disastro.- Silias abbassa gli occhi. Vorrebbe piangere. Gli umani lo fanno a volte. Quando provano colpa di quello che hanno fatto. Knight incalza.
    -Cosa? Cosa sembrava tanto perfetto?-
    -Non é ovvio? - rispose cercando di essere ironico. -La salvezza dell'universo.-
    Knight cercò di non strozzarlo. Tanto dolore. Tanta indecisione e per cosa? Un vulcaniano pazzo. Non che non ce ne fossero. Erano rari. Erano controllati, ma esistevano. Knight non pensava che ne avrebbe incontrato uno. Nemmeno il suo equipaggio. Selenjak abbassò gli occhi. Newport non voleva dire niente di offensivo. Dehk era incuriosito. Quill controllava a vista l'ambiente. Erano cose intime. Un umano avrebbe riso. Un umano avrebbe pianto. Chiesto pietà. Scatenato il proprio furore. Silias non era umano. Si limitò a continuare a parlare. Era tanto che aspettava di confessarsi. Era un bisogno che era cresciuto in lui. Aveva BISOGNO di confessarsi.
    Continuò a stupire.
    -È nato come un sentimento.- Knight per poco non strabuzzò. -Poco a poco. Con molta delicatezza. Su Vulcano. Ero entrato in contatto con un gruppo che su Vulcano si definisce sovversivo. Faceva parte del mio incarico.- Silias si strofina le mani. Rende più vivido il ricordo.
    -C'erano voci. Voci strane di un virus creato per distruggere. Distruggere i fondamenti della nostra cultura. Di tutta la razza Vulcaniana e dare vita all'inizio della disgregazione della Federazione. Andava accertata la verità. Bisognava investigare. Ed io lo feci. Più che bene a quanto pare. Li trovai. Entrai a godere della loro fiducia. Scoprii i loro piani. Trovai i loro laboratori. Mi impossessai dei loro segreti. Tutto sembrava così semplice. Così presuntuosamente semplice. Tipicamente vulcaniano.-
    Una cella piena di stupore. Knight non riesce a stare im piedi. Selenjak impallidisce. Newport é solo annoiato. Dehk sembra disgustato. Quill é sempre più interessato all'unico oblò della cella.
    -A mia difesa posso solo dire che ero "guidato". Non ero del tutto libero delle mie azioni. Forse non lo sono mai stato ma allora...neanche due mesi fà, lo ero meno di prima. Era tutta una manovra degli antichi. I loro poteri sono enormi. Possono controllare un individuo da distanze enormi. Il loro scopo era avere per loro il virus. Ed io fui il loro mezzo.
    Mi costrinsero a rubarlo. Mi obbligarono convincendomi che era per una giusta causa. Distrussi il laboratorio nei deserti di Vulcano. Rubai le uniche colture che esistevano e venni via. Sapevo dove dovevo andare eppure non lo feci. Niente mi fece sorgere il sospetto di dover bisogno di protezione. Della protezione dei miei superiori. Eppure cominciai a scappare.-
    -I suoi superiori?-
    -Ero un...agente in missione. Ho...avevo dei superiori.-
    -La Federazione? Il serivizio segreto della flotta?- Knight aveva timore a chiedere.-...una potenza aliena?-
    Silias scosse con violenza la testa.
    -No. Niente flotta. Niente federazione. Potenza? Si, forse ma non aliena. Antica forse. Sconosciuta ai più ma sempre forte. Sempre esistita. Anche più antica del credo vulcaniano sulla logica. O magari altrettanto antica. La Fede.-
    Selenjak interruppe il respiro. Impallidì.
    -Tu sei C'Hin P'ing!- Silias sospirò incredulo.
    -Quello é il mio nome secolare. Si'.-
    -Lei lo conosce, dottore?-
    -Non personalmente signore. Solo per sentito dire.-
    -Chi é?- chiese Knight.
    -Una leggenda urbana. Niente di cui i vulcaniani amino parlare.-
    Risponde Selenjak. Knight insiste.
    -Una storia molto particolare capitano. A quanto ne sappia. Un vergogna per la mia gente.-
    Knight cominciava ad essere stufo. Selenjak era reticente. Newport non aveva nulla da nascondere.
    -Si dice, niente di certo ovvio, che sia considerato un abominio. Un mostro. Viene descritto come...molto raramente.- Concluse.
    -Togliero io d'imbarazzo il suo dottore, capitano. Il mio nome secolare é C'Hin P'ing di Vulcano ma da tempo sono conosciuto anche come padre Silias.- Il nome rimase sospeso nell'aria. Silias continua.
    -Dell'ordine Gesuita di Santa Romana Chiesa.-
    Crolla l'ultimo bastione. Silias si copre il volto. Asciuga il sudore. Respira a fondo. Trattiene il respiro. Cerca un sostegno.
    -Padre missionario nella sezione "Cestus Dei"-
    Gli occhi di tutti addosso. Sente la tensione crescere.
    -Mai sentiti.- Esplode Knight. -È assurdo tutto ciò.-
    -Siamo un segreto ben custodito anche all'interno della chiesa. Siamo missionari del primo impatto. Siamo coloro che scavano, che si sporcano le mani. Che custodiscono i segreti più reconditi e...terribili.-
    -Tutto questo all'interno della Federazione.-
    -All'interno della federazione, al di fuori, per essa e contro di essa. Per uno scopo comune; il bene dei molti conta più di quello dei pochi.-
    -Non é una scusa.-
    -È un dettame. E nell'universo, la Federazione é tanto piccola...-
    -Ma ha rubato un virus che porterà la Federazione in guerra!-
    -Non di mia volontà. Ne per volontà della Chiesa. Non riesco ancora a capire come ma sono stato indotto a farlo contro i miei più profondi principi.-
    -Gli antichi?-
    Silias annuisce.
    -Hanno poteri mentali di incredibile potenza. Da lontano. Da qui o chissa da dove altro, hanno fatto in modo che rubassi per loro le provette contenenti il virus.-
    -Allora, ora hanno un arma micidiale...-
    -No. Mentre venivo qui, sono stato fermato dai Romulani. Perquisita la mia navetta, hanno trovato la custodia e l'hanno presa. Gli antichi mi hanno rapito a loro per conoscere.-
    -Conoscere cosa?-
    -Come riprodurla. Ho distrutto il laboratorio di origine. Gli scienziati che l'hanno prodotta sono troppo ben protetti e i Romulani sono troppo...risoluti per combatterli. Volevano sapere da me come riprodurla. Mi hanno torturato per questo. Ma io...non ne so nulla.-
    Chiude gli occhi. Chiede perdono. A DIO. Alla chiesa. All'umanità. La sua debolezza porterà alla guerra. Non riesce a trovare pace.
    -Ora attendo solo il mio destino.-
    Knight é ammutolito. Dehk é imbarazzato. Selenjak rassegnata. Quill stupito. Newport convinto che stanno per vedere la fine di tutto.
    Silias solo disperato.
    Poi irrompe una luce. Un lampo. Una folgore silenziosa penetra attraverso l'oblò e per un istante illumina tutti.
    Selenjak cade urlando. Silias si stringe le tempie.
    -Cosa é successo?- Urla Knight. Quill corre all'oblò. Troppo alto per chiunque altro. Guarda. Si impensierisce.
    -Un esplosione capitano. Poco lontano da qui. Cinque forse dieci chilometri.-
    -Cosa vede Vorr?-
    -Non molto signore...un Falco da guerra Romulano. Forse due o più.
    Non riesco a vedere altro...tranne. Si'! La Unicorn.-
    Risale la speranza. Si intravede una via di fuga.
    -Lamarc! Ci ha trovato!-
    Newport soccorre la dottoressa.
    -Capitano...-
    -Selenjak! Come...- Selenjak si riprende.-Sto bene, signore. Qualcosa...o qualcuno ha provocato la morte di molte vite contemporaneamente. Troppo vicine per non cogliere l'ultimo urlo telepatico prima di morire.-
    -Quill...?-
    -Signore ci sono almeno due Fanchi da guerra in formazione di attacco.-
    -Contro la Unicorn?-
    -Non da quello che riesco a capire. La ignorano. O forse mi sbaglio.- Difficile da capire. Almeno da quella distanza. Knight lo accettava. Non accettava invece l'impotenza. C'era una battaglia in corso. Se lo sentiva. Sentiva che il suo posto non era li. In quella prigione. In quella cella con vista. Vista priviligiata se Quill riusciva a vedere le navi.
    -Dobbiamo essere occultati- disse Quill. -Le navi se ne stanno lì ferme, ma non fanno altro. Almeno sembra.-
    -Dobbiamo comunicare con la Unicorn- Fu il commento esasperato di Knight.
    -Non c'é modo.- la risposta acida di Silias. -Siamo sicuramente occultati. Non c'é modo che sappiano della nostra presenza. Non c'é modo di poter contattarli noi. E non vedo comunicatori sui vostri vestiti.-
    -Ce li hanno tolti prima che rinvenissimo- Disse mesto Dehk.
    -Non tutti.- rispose Newport.
    Knight non apprezzava l'ironia. Non in quei momenti. Non quella di Newport comunque. Newport non era ironico.
    Dallo stivale estrasse qualcosa. -Questo non me l'hanno trovato.-
    Era grosso. Vecchio. Antico forse. Newport spiega.
    -Vecchie abitudini di contrabbandiere: Mai andare in territorio ostile senza una carta nascosta.-
    Dehk trasalì. Nessuno ci aveva pensato.
    -Per il grande uccello! Avrà un secolo a dir poco.-
    -Poco meno di novantadue anni. È grosso. Ingombrante. Poco preciso e ha una batteria da far ridere ma ha altre qualità. Quando é spento é inerte. Ha un discreto campo d'azione anche senza ripetitori. Non ha bisogno di un grosso computer di nave per funzionare e si può ricaricare praticamente qualunque forma di energia. e sopratutto...- concluse ironico -Non me l'hanno tolto.-
    -È perfetto. - aggiunse Knight. Lo prese. lo guardò bene e sorrise.-Lo conosco. Lo usava la federazione. Un pezzo di storia.-
    Newport annuì.
    -Un pezzo di storia che ci salverà. Forse.-
    -Vedremo.-
    Knight lo accarezzò. Ricordò. Rivisse momenti storici della flotta. Poi, lentamente, molto lentamente, alzò l'antenna reticolare. L'apparecchio emise un bip. Poi un trillo. Poi accese le spie. Poi era pronto.
    -...andava sintonizzato, se non ricordo male...- esitò il capitano.
    -Frequenza 471- suggerì Dehk.
    -Frequenza d'emergenza - Interloquì Quill. -La 471 é collegata al computer. Potrebbe non riconoscere l'origine e rifiutare la connessione.-
    Giusto, pensò Knight. Meglio andare sul sicuro. E poi. La frequenza d'emergenza della Unicorn é una linea protetta.
    Prese un respiro profondo. Pregò gli ultimi dei ed alla fine: disse le parole magiche.
    -Knight a Unicorn.-
    Nessuna risposta immediata. Nessun segnale di ritorno. Avevano fallito? Era ancora un illusione? Poi il miracolo. Un crepitio. Un fruscio. Interferenze. Segnali di disturbo. Poi ancora fruscii. Poi ancora disturbi. Knight si diede dell'idiota. Se erano occultati forse...Insisté.
    -Unicorn, qui Knight!- A voce un pò più alta. La prima volta aveva quasi sussurrato.
    Ancora interferenze. Ancora fruscii. Poi...
    -sssshhhhh....Qui Unicor....ssssshhhh....tano?...-
    Lamarc. Poco, male e a sprazzi. Ma era Lamarc.
    -Lamarc! Mi riceve?-
    Raffina la frequenza. Indirizza l'antenna. rafforza l'emissione. Avvicinati alla paratia.
    -Lamarc! Risponda!-
    -Capitano? Capitano Knight! - Disse il comunicatore. -Come....-
    -Lasci perdere Lamarc- Disse in fretta il capitano. -Teletrasporto d'emergenza. Subito. Su questa emissione. Nel raggio di sette metri. Non perda tempo a raccogliere i segni vitali. Teletrasporti tutto nel raggio di sette metri da questa emittente. Subito!-
    Ordine perentorio. Da eseguire subito.
    -Si Signo...e!- rispose il comunicatore.
    Knight riunì il suo equipaggio. Tenne accesso il comunicatore. Guardò Silias. Silias non si mosse. Rimaneva accanto alla parete. Inerte. Lontano. Non rientrava nel raggio dei sette metri.
    -Lei non viene?- Silias scosse la testa.
    -Penitenza.- rispose enigmatico. Knight capiva. Una parte di se non lo voleva sulla Unicorn.
    -Non posso permetterlo.- Un cenno a Quill. Un altro a Dehk. Silias fu raccolto. Quasi con pietà. Decisamente con forza.
    -Farà penitenza altrove. Non qui. Non ora. Non per mano loro.-
    Silias non fece resistenza. Non troppa. Non ne aveva le forze. Venne unito al gruppo.
    Il tempo passava lentissimo. Lentissimo. Con molta lentezza.
    Knight sperò. Sperò di non essersi affidato troppo alla fortuna. Sperò che i lo carcerieri avessero di meglio da fare che controllarli. Erano troppo sicuri di loro. Questo li avrebbe sconfitti. O forse...avrebbe sconfitto loro.
    Passavano i secondi. più lentamente di quanto si aspettava. Poi divennero minuti. Due. Tre. Quattro. Quasi cinque.
    La luce li avvolse. Tutti. Via. Non troppo lontani. Non precisamente al sicuro. Ma a casa. Nel loro mondo. Nella loro astronave. O meglio: La stiva di carico.
    Newport la trovò bellissima.
    Arrivarono con fragore. Il teletrasportatore aveva eseguito gli ordini fedelmente. Tutto nel raggio di sette metri. Compresi: parti della paratia. Del pavimento e del soffitto. Almeno uno spezzone. Questo cadde rumorosamente. Fortunatamente non colpì nessuno. Ma nessuno se ne preoccupò. Scesero dall'ampia piattaforma. Knight con maggior fretta.
    Raggiunse Lamarc ai controlli. Prima con gli occhi. Poi chiese.
    -Rapporto...-
    Silias smise di ascoltare. Non aveva importanza. Non per lui.
    Era salvo? Non riusciva a capirlo. Non voleva.
    Si sedette sui gradini della piattaforma. Si prese la testa fra le mani. Cercò di piangere. Cercò di liberarsi. Cercò di...ringraziare Dio.
    Non si accorse che gli altri erano andati via.
    Non si accorse che un drappello di sicurezza lo sorvegliava.
    Non si accorse che fuori iniziava la battaglia.
    Non si accorse dove fu portato.
    Non si accorse di chi gli era accanto.
    Non si accorse di cosa gli dicevano e di cosa gli facessero.
    Vedeva solo una cosa.
    La sua colpa.



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