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IL CENTRO - PARTE II di Wanda Calderoni
11 aprile 2000

    - Salve di nuovo, Guardiamarina. Mi teletrasporti al centro medico, devo incontrarmi con la Dottoressa Selenjak.
    - Sono pronto, Dottore.
    Zeela si dispose "canonicamente" sulla pedana con le braccia dietro la schiena e le gambe leggermente divaricate.
    - Bene, allora. Energia.
    Un fascio di luce prese il posto della dottoressa Turrell che si ritrovò sulla pedana della sala teletrasporto 4 del centro medico Triven Soth. L'ambulatorio 24 del Dottor Pitemeni non era molto distante e Zeela lo raggiunse miracolosamente senza difficoltà.
    Al centro della stanza si trovava il lettino su cui era disteso il Comandante Kraar in stato letargico.
    La Dottoressa Russell, il suo tutor, aveva sperimentato molti tipi di cure per la letargia neurologica, ma la condizione di Kraar sembrava più grave delle altre. Era il risultato di una serie di attacchi che avevano portato varie volte l'ufficiale alla perdita di conoscenza, l'ultimo dei quali era stato fatale per lui.
    Non riusciva a percepire niente dal paziente. Chissà da quanto tempo era in quello stato... quanti mondi aveva visto...e quante persone aveva conosciuto e... amato.
    Amore... questa parola suonava strana nella mente di Zeela. La sua vita era stata insolita per una betazoide. Da sempre imbarcata su di una nave stellare, a stento ricordava di essere stata bambina: i pomeriggi africani e le escursioni con il nonno su Betazed erano ormai lontani, come la sua infanzia, trascorsa troppo velocemente.
    Sulla Fleming aveva conosciuto il dolore e le sofferenze degli altri, mettendo sempre da parte i propri sentimenti per il bene della ricerca. All'Accademia però aveva conosciuto Joshua, così ingenuo, timido, riservato. La ascoltava sempre volentieri, tranquillizzando tutte le sue paure e fomentando le sue speranze. Speranze! Era uscita di lì carica di quelle speranze...invece uno stupido volo di laurea le aveva letteralmente distrutte, spazzate via...senza neanche lasciarle un corpo su cui piangere.

    Si riscosse. Lei non era responsabile di quello che era successo. Non era responsabile dello stato di tutti i suoi pazienti. La forza della disperazione la spingeva a provare qualsiasi cura per salvarli ma non riusciva a salvarli tutti. Con il Legato Odona era stata brava, ma anche fortunata: la mente dell'uomo era ancora attiva e lei SENTIVA forte la sua voglia di vivere.
    E il Comandante Kraar? Aveva ancora voglia di vivere? Aveva ancora qualcuno per cui vivere?
    Basta, basta! Doveva schermare la sua mente. Il "terzo occhio" betazoide non era sempre un vantaggio sulle altre persone, ma un'arma a doppio taglio che le si ritorceva contro di fronte alla sofferenza altrui.

    Mentre ancora era sovrappensiero, le giunse l'eco della mente di qualcuno, poi intravide una sagoma che le si accostò da dietro.
    - Buon giorno, lei deve essere il dottor Pitemeni. Io sono la Dottoressa Turrell e da domani presterò servizio sulla Unicorn.
    - Benvenuta, Dottoressa. Turrell...Turrell...Lei non è la figlia di Carther?
    - disse, mentre i suoi baffoni bianchi si aprivano come un sipario per mostrare la perfetta dentatura.
    - Sono proprio io, Dottore. Mio padre mi ha spesso parlato di lei e del periodo in cui prestava servizio qui prima di avere una nave tutta sua.
    - Bei tempi quelli! Eravamo giovani... Ma non sapevo che lei prestasse servizio sulla Unicorn.
    - Il trasferimento sarà effettivo solo tra poche ore, ma ho saputo della situazione del Comandante Kraar e vorrei sapere di più sulle sue condizioni, l'anamnesi che possiedo non è completa.
    - Capita a proposito: sto aspettando la Dottoressa Selenjak per un consulto.
    - Questo è un altro dei motivi per cui sono qui: sulla nave mi hanno detto che avrei potuto trovarla qui.
    - In effetti è un po' in ritardo, ma...
    Non ebbe il tempo di finire la frase: improvvisamente la porta dell'ambulatorio si spalancò e una vulcaniana trafelata (possibile?!) irruppe nella stanza



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