La figura di Paddington riemerse improvvisamente alla destra del
professore, con gli occhi fissi su di lui come se ne avesse già da tempo
individuata la posizione.
- Sono qui professore............non deve aver paura.............
Il tono glaciale e affettato con il quale le parole di Paddington volevano
trasmettere tranquillità diedero i brividi all'insegnante; lo stomaco si
chiuse, la gola si seccò e il cuore prese a battere più velocemente.
- Ah....figliolo......meno male! Cominciavo a pensare che un passo
maldestro l'avesse consegnata al fiume! - disse Knight con voce tremante.
- Mi segua. - fu la sua unica risposta.
Knight lo fissò sbalordito (e spaventato) riprendere la marcia a passi
lenti e misurati.
- Non ha più la sua borsa. - fece notare il professore, mentre anch'esso
si muoveva dietro la figura del ragazzo.
- Non si deve preoccupare di questo; non credo ci servirà più.
Knight stava per controbattere, quando improvvisamente si rese conto che la
nebbia si andava diradando, rivelando a poco a poco l'ambiente circostante;
i due stavano percorrendo uno stretto viale ciottoloso, che si insinuava
tra due file di castagni. Sulla destra, gli alberi si aprivano ad
intervalli regolari sugli ingressi di una serie di piccoli ed antichi
edifici; si trattava di splendide abitazioni vittoriane a due piani: i
tetti a spiovente, scuri e umidi, sormontavano una facciata grigia sulla
quale si aprivano quattro finestrelle piccole e strette; una breve rampa di
scale, dotata di un paio di corrimano in ottone, conduceva alla porta
d'ingresso, di legno scuro, che pareva incassata nella struttura stessa.
Gli edifici non erano dotati di alcun segno distintivo e risultavano
assolutamente identici; il ragazzo comunque arrestò la propria marcia dopo
non meno di cinque minuti, e si diresse verso l'abitazione che, a quanto
pareva, costituiva la sua meta. Sua e del professore, si intende.
Giunto in prossimità della base delle scale, il ragazzo si rivolse a
Knight:
- Bussi lei, la prego. -
- Ma questa faccenda riguarda lei. Credo proprio che dovrebbe essere lei a
parlare, giovanotto. -
- Mi creda, sarà meglio che bussi lei. -
Knight trasse un respiro più profondo degli altri e si guardò attorno; ma
dove diavolo si trovava?
Infine cedette all'istintenza di Paddington, spinto soprattutto dalla
voglia di uscire al più presto da quella situazione, e salì gli scalini
fino alla porta di ingresso; afferrò il battente di metallo dorato e dette
due colpi decisi.
Dopo pochi secondi di attesa, un rumore ovattato di passi precedette
l'apertura della porta. Una signora piuttosto attraente stava sulla soglia
dell'ingresso; non doveva avere più di quarant'anni, forse meno, e la
prima cosa che colpì Knight furono gli occhi grandi e i capelli sciolti
sulle spalle......più neri della notte; la bassa statura, poi, contribuiva
a renderne più appariscenti le forme.
= spagnola o italiana.....forse greca. di certo non inglese = pensò il
professore.
- Sì? - disse la donna sfoggiando una voce profonda e poco femminile.
Knight si tolse il cappello con entrambe le mani e lo portò allo stomaco.
- Mi chiamo Edward Knight, milady. Insegno biologia all' "Everton British
Institute of Sciences", e il giovanotto che mi accompagna è un caro
studente.....il signor Jason Paddington.
Knight accennò un inchino e si scostò di lato per permettere a Paddington
di fare altrettanto, notando però che lo sguardo del ragazzo si era
fissato sulla scollatura della signora: = Benedetta gioventù...... =
pensò il professore mentre rivolgeva uno sguardo esasperato al cielo.
Resosi conto di non avere in realtà nient'altro da dire, Knight tentò
l'impossibile per nascondere l'imbarazzo, e con un cenno del capo esortò
Jason a precederlo; il giovane avanzò e disse:
- Dobbiamo parlare, signora. Subito. Ci faccia entrare. -
La decisione e la sfacciataggine del ragazzo stupì Knight non poco;
Paddington era passato in pochi attimi dal timido imbarazzo giovanile alla
fredda risolutezza di un adulto.
La donna piegò gli angoli della bocca in una smorfia e si scansò,
indicando agli ospiti di entrare in casa; Knight seguì Jason all'interno,
non prima di aver gettato uno sguardo preoccupato alle sue spalle.
Dopo aver percorso un piccolo corridoio semibuio, la donna condusse i due
in una piccola sala riccamente arredata; Knight ebbe modo di apprezzare i
dipinti e i mobili antichi che decoravano la stanza, e si deliziò del
calore di un camino che ardeva con vigore.
Attese che la signora sedesse su una delle poltrone che occupavano la
stanza e fece altrettanto sull'unico divano. Poi attese curioso che,
finalmente, Jason Paddington gli facesse capire cosa bollisse in pentola.
Il ragazzo però non parlò, e lo sguardo intenso della padrona di casa si
posò sul buon professore, che per tutta risposta fece vagare il proprio
lungo le pareti della stanza. Un tonfo sordo al piano superiore lo fece
sobbalzare mentre, nello stesso istante, Jason Paddington scattò in piedi
ed estrasse un'arma da fuoco dalla tasca della giacca, puntandola verso la
donna.
- JASON, CHE DIAVOLO.......... - urlò Knight.
- Ora mi lascerai in pace.......per sempre - disse Paddington, quasi
bisbigliando.
La donna aggrottò le sopracciglia e assunse un'espressione feroce.
* BANG *
Il proiettile la colpì al centro della fronte. Il capo fu sospinto con
violenza all'indietro, mentre un fiotto di sangue descriveva una parabola
nell'aria, e il corpo si rilassò sulla poltrona in posizione scomposta.
La donna ora fissava inerme il soffitto beige della stanza, e il sangue
usciva copioso dal foro del proiettile.
Knight quasi inciampò mentre scattava in piedi e arretrava cercando
appigli con le mani, tremando e strabuzzando gli occhi:
- SANTO DIO, JASON. COSA DIAVOLO HA FATTO??
Il ragazzo puntò l'arma al professore e parlò con voce ultraterrena:
- Stia calmo professore.....è tutto finito.
* TU-TU-TUT *
- Comando scalo a capitano Knight -
= Oh no, no, NO! = imprecò tra sé il capitano.
- Quì Knight.
- Capitano, la Unicorn sta effettuando ora le manovre di attracco. Aveva
chiesto di essere avvisato, mi pare.
- Sì, certo. Grazie molte. Knight, chiudo.
Jason Paddington fissava il capitano con aria interrogativa, continuando a
brandire l'arma da fuoco:
- Ci siamo, professore! - disse, mentre qualcosa nei suoi occhi indicava
che avrebbe fatto fuoco da un momento all'altro.
- Sì sì.....come no............Computer, fine programma.
L'accogliente casa vittoriana della donna che giaceva morta sulla poltrona
venne sostituita da una stanza vuota, i cui unici motivi ornamentali erano
costituiti dalla griglia di linee bianche della matrice olografica che
attraversava le pareti; Knight raccolse ombrello e bombetta, e si diresse
verso l'uscita.
All'esterno salutò un paio di giovani (e stupiti) ufficiali che stavano
percorrendo il corridoio del ponte 32, e recuperò la cartuccia isolineare
dal panello di controllo del ponte ologrammi. Se la fece passare tra le
mani e sorrise: "FANTASIE GOTICHE" era la scritta stampigliata sul piccolo
cilindro.
Si trattava di uno scherzo, in realtà;
quando Patricia aveva scoperto la sua completa ripugnanza nei confronti di
storie e racconti a sfondo horror (che lei invece apprezzava moltissimo),
aveva pensato bene di commissionare "Fantasie Gotiche" ad un amico del MIT.
Un programma stupefacente, senza dubbio. La storia non era lineare, e le
capacità recitative dell'interprete alteravano sensibilmente il grado di
realismo della simulazione: se il giocatore non avesse dato il meglio di
sé nell'apparire spontaneo, il programma avrebbe prodotto una storia
piatta e poco avvincente.
E comunque Patricia aveva ottenuto il risultato desiderato: per ricordare
la moglie nei momenti di lontananza, Knight era costretto ogni volta a
farsi venire i brividi. Gli sembrava di sentirne ancora le risate quando le
aveva raccontato la prima esperienza con "Fantasie Gotiche"!
Cara Patricia....…
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