Nel tornare alla sua cabina, Newport raggiunse il tenente Morgan che stava
guardando fuori da un oblò. La Unicorn aveva raggiunto la base stellare 137
e si approssimava lentamente ai ganci di attracco. Nello sguardo di Morgan
intravide dei brutti ricordi e rendendosi conto che il tenente non si era
accorto della sua presenza esordì.
- Bella base vero? -
Morgan sussultò un pò sorpresa e si girò verso il capo ingegnere.
- Mi scusi. Non voleva spaventarla. -
- Non si preoccupi signore. Ero assorta e non mi sono accorto di lei. -
Newport che uscendo dalla sala macchina si era tolto la casacca sporca, la
passò all'altra mano e presentò la destra alla donna.
- Niente "Signore" quando non siamo in servizio. Può chiamarmi John. -
Morgan gli strinse la mano con calore e ricambiò.
- Tabatha. E le posso assicurare che ci sono veramente poche cose che
mi possono spaventare. -
Newport ci credette all'istante. Il curriculum della Morgan lo dimostrava
ampiamente e lo stesso suo comportamento lo denunciava.
- È gia stata qui? - chiese indicando fuori dall'oblò
- Un paio di volte... - rispose lei enigmaticamente.
- Per la verità l'ultima volta ero di passaggio e ho lasciato qualcuno
che...insomma, una lunga storia. -
Newport sentì che non aveva voglia di parlarne e quindi cambiò argomento.
- Sto andando alla sala ricreativa di questo piano per un caffé prima
di ritirarmi. Vuole farmi compagnia?-
- Non al bar di prora? -
Newport scosse la testa negando.
- La mia cabina si trova dietro l'angolo. Per me é più comodo e più
veloce la saletta degli ingegneri in fondo al corridoio. -
- Pensavo che tutti gli ufficiali superiori risiedessero sul ponte otto
o comunque nella sezione a disco... -
- Non io. Preferisco stare il più vicino possibile al posto di lavoro e
due ponti sono fin troppi per i miei gusti. -
Morgan accennò di capire e insieme cominciarono a dirigersi verso la
saletta ristoro.
- Non sapevo che lei avesse frequentato la scuola di Utopia Planitia,
John. -
- Non ci sono rimasto per molto tempo. Ho frequentato un paio di
semestri e poi sono stato preso...altrove. Lei ivece ha un curriculum
scolastico ineccepibile a quanto so. -
- Niente che non si possa dire di qualunque cadetto. Però é passato un
mucchio di tempo e non sono più la ragazza di allora. -
In quel momento arrivarono nella piccola saletta di ristoro e mentre si
dirigevano verso i replicatori, Newport citò.
- "Tutto cambia nella vita, anche i motori e la stessa curvatura." -
- Questa se non sbaglio era la sedicesima legge di Baguin. L'ultima
prima della fine del corso. -
- Vero. Per quanto ne sappia però, non esistevano la quattordicesima e
la quindicesima. Perché poi la chiamavano la "sedicesima"?-
- Per colpa delle sedici regole per la conservazione della equazione
spazio/tempo-materia/energia. Era l'ultimo argomento di discussione del
commodoro Baguin, prima di passare al corso superiore. Non era una vera e
propria lezione. Più una coversazione privata tra lui e i cadetti prima
della fine del corso. Un metodo per saggiare le capacità di analisi dei
cadetti. -
Mentre Newport sorseggiava il suo caffé assentì con la testa. Quella parte
del corso non l'aveva frequentato.
- Lei ha più rivisto il commodoro? -
- Beh...no. È deceduto due anni dopo che mi ero diplomata. Lei non lo
sapeva. -
Newport si rattristò. Per quando ricordasse, l'anziano professore era una
persona squisita ed un ottimo insegnante.
- No, non lo sapevo... -
- È da molto che non torna sulla terra? -
- Una vita. E a quanto pare fin troppo tempo. Mi chiedo ora quante
delle persone che conosco siano ancora in vita. -
Esibì un sorriso di consolazione e continuò.
- Ma che discorsi funebri.Non dimentichiamo che tra un ora al massimo
imbarcheremo il nuovo capitano. Nuovo capitano, nuove direttive e nuova
vita. Ho già avuto l'invito "ufficiale" (ovvero l'ordine perentorio) da
parte del comandante Dhek a presentarmi in alta uniforme per il passaggio
di consegne e il relativo ricevimento. Odio l'alta unoforme ma la vita va
avanti -
- Si. Anche noi della bassa forza, siamo stati gentilmente invitati al
discorso del capitano Knight. -
- Lo conosce? -
- Il capitano Knight? Si. Fu lui a darmi la seconda nota di demerito
quando ero imbarcata sulla Braben. Fortunatamente mi trasferirono subito
dopo per cui non ebbe più possibilità di rifarlo -
- Che aveva combinato per meritarsi una nota di demerito? No. Aspetti,
non me lo dica se la cosa le genera imbarazzo.Mi parli invece di Knight.
Che tipo é? -
Morgan si accomodò meglio sulla poltroncina come se si sentisse a disagio
- Non mi mette in imbarazzo. Non ho nessuna difficoltà a dirle che
avevo partecipato ad una rissa. Quanto al capitano Knight, che potrei
dirle?, é un tipo a posto se capisce cosa intendo. È stato capo ingegnere
sulla Esperantia prima di diventare primo ufficiale sulla Braben. Calmo.
Riflessivo. Un perfetto gentleman inglese. -
- Inglese? - Nelle pupille di Newport uno sciame di naniti li colorò
d'acciaio.
- Si un vero figlio d'albio...ma- Il tenente Morgan aveva intravisto il
cambiamento negl'occhi del capo ingegnere.
- Mi scusi. Mi era parso che i suoi occhi...No deve essere stato un
riflesso. -
Newport si raffreddò immediatamente quando seppe del luogo d'origine del
nuovo capitano. Era una cosa stupida, lo sapeva. Ma non poteva farci nulla.
Il padre di John Newport era un fervente assertore della politica
separatista della Scozia dal regno unito. Uno degl'ultimi.
Il piccolo Newport, fino all'età di tredici anni, era stato alimentato dai
discorsi paterni sulla necessità per la Scozia di recuperare la propria
identità culturale e tradizionale. Per Newport il padre era un eroe. Un
punto focale della propria vita, almeno fino a quando non cominciarono a
litigare violentemente.
La madre lo mandò a Birghimgam per permettere alle acque di calmarsi.
Ma Newport non tornò mai più nella casa paterna. La distanza aveva ampiato
il baratro tra padre e figlio. Quando poi, tre anni dopo, venne a sapere
che il padre si era suicidato per la "causa" in una prigione englais,
Newport cedette ai sensi di colpa. Odiava se stesso per non essere stato
più vicino al padre. Odiava suo padre per avergli permesso di allontanarsi
e odiava ancora di più gli "inglesi" che a suo parere non avevano fatto
abbastanza per proteggere Duncan Newport da se stesso. Una girandola di
emozioni forti e contrastanti che non tardarono a mostrare i loro frutti.
Cominciò a diventare un piccolo ribelle. Sviluppò un carattere che definire
anticonformista era riduttivo. Al limite dell'autolesionismo. Arrivò a
trasferirsi a Liverpool nel tentativo di peggiorare le cose. Almeno fino a
quando un discorso accorato e molto particolare dello zio, non lo
raddrizzò. Dopo di che partì per l'accademia e la sua vita non fu più la
stessa.
- Tenente Newport si sente bene? -
Il tono della morgan era preoccupato. Probabilmente Newport si era
"assentato" per qualche istante.
- Si, si...nessuno problema - rispose sommessamente.
Il naniti reagivano violentemente ai sentimenti di odio del loro ospite e
avevano il potere di confonderlo ulteriormente.
- Non si preoccupi. Va tutto bene. Ora però temo che dovrò andare via.
Mi sono appena reso conto di non avere troppo tempo.-
- Non si preoccupi. Anch'io devo andare a prepararmi. -
- Bene allora. Ci rivediamo più tardi al bar di prora. -
- Arrivederci tenente. -
Quindi si diresse verso la sua cabina.
Quaranta minuti dopo, stretto nell'alta uniforme, si trovava nel bar di
prora ad attendere l'arrivo del nuovo capitano. Non si sentiva in vena di
socializzare. Con un drink che era riuscito a sottrarre dal tavolo
imbandito per l'occasione, sostava presso un angolo degl'ampi oblò della
sala, osservando il via vai dell'equipaggio. Nella sua cabina aveva cercato
di trovare qualunque scusa per scansare quell'impegno. Non si sentiva
dell'umore giusto. No la verità era che proprio non avevo voglia di
conoscere il nuovo capitano.
Niente di personale.
Solo una sensazione di incoerente avversità. Un lato infantile del suo
carattere che non era mai riuscito a controllare.
Dico io, pensò, con tanti ufficiali delle più svariate razze di tutto il
quadrante, che sfortuna a capitare con un englais.
Forse era il timore di affrontare le sue paure. Il suo senso di colpa nei
confronti del padre.
Qualunque cosa fosse, Newport non si era mai trovato a suo agio con gli
englais. Ora era addirittura costretto a prenderne gli ordini.
Al ricevimento mancava il primo e il secondo ufficiale. Probabilmente erano
andati a ricevere il capitano nella sala teletrasporto. Fortunatamente
quella era un incombenza che non toccava a lui.
Alcuni elementi del suo staff gli lanciarono dei cenni di saluto da
lontano. Il capo ingegnere cercò con lo sguardo Il tenente Leeta McGregor.
Ma non riuscì a trovarla. Forse era di servizio e non era costretta a
presenziare. Poi considerò la possibilità di andarla a cercare. Questa gli
avrebbe preso una ventina di minuti probabilmente. Chissa come avrebbe
preso il comandante Dhek la sua assenza.
Male. Molto male... Il comandante Dhek era molto severo per quel genere di
cose. Occasioni simili non piacevano a tutti ma era buona cosa presenziare.
Ed era quasi un obbligo per il personale di comando. Newport sentì ancora
una volta il colletto stringergli la gola e tentò di nuovo ad allentarlo
col dito. Nel frattempo le porte si aprirono ed entrò il tenente McGregor.
Splendida nell'alta uniforme. Di traverso alla giacca bianca indossava la
fascia di clan. Newport ricordò che il quelle occasioni era consentito
indossarla. Chissa che fine aveva fatto il suo Kilt. L'ultima volta che
l'aveva indossato era al centesimo compleanno della sua bisnonna su Turin
IV. Grande persona la sua Bisnonna. Purtroppo da allora non aveva più
rivisto il suo Kilt. Comunque era troppo tardi per indossarlo. E comunque
non avrebbe potuto replicarlo. Per quanto ricordasse in linea generale i
colori caratteristici, non ricordava la seguenza esatta. Cosa altrettanto
importante in un Kilt. Nell'istante esatto che le porte lignee del bar di
prora fecero entrare il nuovo capitano e il seguito, che lo aveva accolto a
bordo, Newport vide se stesso o meglio le sue gambe, sotto il gonnellino in
pieno pubblico. Con i pon-pon dei calzini che ondeggiavano su e giù. Non
riuscì a trattenere un sorriso.
Al fischio del picchetto d'onore, nascose il bicchiere da qualche parte ed
andò ad inquadrarsi qualche passo avanti al suo staff che nel frattempo si
era allineato di fronte il piccolo podio col resto dell'equipaggio presente.
Il capitano Knight raggiuse il podio, attese che Dhek, Voor e Selenjak
raggiungessero i loro posti, davanti alle loro sezioni. Quando il primo
ufficiale Kraar diede l'attenti, Knight si schiarì la voce e lesse.
>- Al capitano Edward Knight, data stellare 9902.5.
>Con la presente viene destinato ad assumere il comando della nave
>stellare Unicorn in data odierna.
>Firmato: Ammiraglio Steth Royneorr, Comando Flotta Stellare. -
Fermo sull'attendi, a Newport sfuggi un pensiero irriguardoso nei suoi
confronti. Per la precisione affibbiò termini come pomposo, borioso e
pallone gonfiato al suo nuovo capitano e contemporaneamente di diede anche
dello stupido per averlo solo pensato. Fortunatamente la sua espressione
non rivelò nessuno dei suoi pensieri. Poi il capitano continuò.
>- Questo per quanto riguarda l'aspetto formale della questione.
>Non sono bravo con i discorsi, ma vorrei comunque esprimere qualcosa
> di personale a questo nuovo e capace equipaggio con cui mi appresto a
> collaborare.-
Mai una volta che qualcuno cominciasse col dire che in realtà era
eccezionale con i discorsi e che ci teneva a dimostrarlo con un lungo
sproloquio...
>-Voglio sappiate che quello che intercorrerà tra me e voi sarà prima di
>tutto un rapporto di amicizia e collaborazione; i gradi, la gerarchia e la
>catena di comando sono importanti per evitare che un sistema complesso come
>quello della Flotta Stellare vada in pezzi, ma mai sarete costretti ad
>eseguire ordini dettati dall'arroganza e dalla prevaricazione. Le porte del
>mio alloggio saranno sempre aperte a tutti, dal Primo Ufficiale fino
>all'ultimo dei neo-diplomati.-
Meno male pensò Newport. In fondo una ventata di novità non ci avrebbe
fatto male. Poi si impose di smettere con quei pensieri e smise di
ascoltare.
Il capitano continuò per qualche minuto a parlare completamente inascoltato
da Newport che però si riconcentrò sui presenti quando cominciarono ad
applaudire tutti. Un pò tardamente si unì anche lui al pubblico poi attese
che il capitano facesse il suo giro di prentazione ufficiale. Per primo
salutò con una stretta di mano il Primo ufficiale.
Kraar. Aveva un aspetto orribile. Era ovvio che non aveva ancora superato
il trauma e la lunga permanenza a letto.
Chiacchere di corridoio affermavano che stava per lasciare il comando.
Niente di sicuro ovviamente ma il suo aspetto non prometteva niente di
buono. Lo sguardo attento della dottoresse Selenjak sembrava confermare lo
stato del primo ufficiale.
Accompagnato dal comandante Dhek il capitano giunse davanti a Newport e gli
porse la mano.
>- Tenente Newport, giusto?
>- Esatto, capitano. - disse l'ingegnere, stringendogli la destra,
>rigido sull'attenti.
>- Ho letto con attenzione la sua scheda; siamo conterranei, a quanto
>pare. Io sono nato in Inghilterra. -
>Newport si rilassò leggermente, e una luce cupa iniziò a trasparire dai
>suoi occhi:
>- Allora non credo proprio di essere suo conterraneo. Io vengo da
>Inverness, in Scozia. -
>- Parliamo comunque dell'isola britannica. -
>- No......signore. Non è proprio la stessa cosa. - rispose Newport
>con voce gelida, indurendo i lineamenti del viso. L'imbarazzo sul volto
>del capitano si fece evidente:
>- Bene.........bene..........continui l'ottimo lavoro tenente.......... -
Quindi si allontanò dal capo ingegnere e Newport cominciò a darsi
mentalmente dello stupido.
Stupido, stupido, stupido.
Lo sguardo del comandante Dehk era tutto un programma di rimproveri. Quando
fu dato il riposo, Newport considerò l'idea di sbarcare di soppiatto alla
base 137 e darsi alla fuga su un sistema lontano. Si sentiva realmente
imbarazzato e non provò neanche ad avvicinarsi al gruppo di ufficiali che
si era raccolto intorno al capitano. Per qualche istante sostò davanti al
tavolo dei rinfreschi dove scambiò qualche parola col tenente McGregor e
una sua amica. poi decise che la sua presenza era durata fin troppo e si
allontanò discretamente.
Otto ore dopo Newport si trovava ancora una volta tra il soffuso e
consolante ritmare del nucleo quando ricevette l'avviso di prepararsi a
partire. Diede il pronti per la sala macchina e lanciò uno sguardo
dispiaciuto verso Riol che sperava in un paio di giorni di franchigia. Poco
tempo dopo l'avviso, ricevette l'ordine di partenza. La voce del capitano
proveniva dal suo comunicatore ma furono in parecchi a sentirla
>- Plancia a sala macchine. - disse Knight all'interfono.
>- Quì Newport. - rispose solerte l'ingegnere capo
>- Tutto in ordine laggiù, comandante? -
Non sono comandante, piccolo pallone gonfiato, pensò il capo
ingegnere...ops...comunque rispose entusiasta.
>- Dovrebbe vedere che spettacolo, capitano! Questo animaletto è
>ansioso di farle vedere di cosa è capace. -
Lo staff della sala macchine era pronto a mostrare di cosa era capace e
approvarono l'entusiasmo che Newport mise nella voce. Si sentivano
orgogliosi del proprio lavoro e della loro sala macchina.
Poi il capitano concluse.
>- Lo sapremo presto comandante, non si preoccupi. Knight, chiudo. -
Newport alzò le mani come un direttore d'orchestra ed urlò ai suoi uomini.
- Signori ai vostri posti! Tra poco portiamo la vecchia signora a fare
un giro! -
Detto qesto, tutti si accorsero che il motore aveva aumentato i giri. E
contemporaneamente l'attività divenne frenetica. Il capo ingegnere rimase
con le braccia conserte ad osservare la scena e comiciò ad attendere i
primi problemi…
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