29/06/2397 - DS16 Gamma - Settore Alfa 5 - ore 22.05
Al primo grido mentale, se ne aggiunse un secondo, che questa volta colpì le orecchie dei due federali. Quest'urlo di soccorso echeggiò per l'intero corridoio e il fatto che nessuno sembrasse udirlo oltre il Tenente Durani e il Caitiano, dava alla situazione qualcosa di irreale e distorto, alla stregua di un brutto, bruttissimo incubo. Cosa che rendeva la situazione ancora più inquietante era proprio il fatto che nessuno si era reso conto di che cosa stava realmente accadendo in prossimità dell'astronave aliena.
Mentre il Caitiano squadrava questa volta con orrore i corpi dei guardiamarina privi di vita al suolo, come se tutto quel gridare avesse risvegliato in lui una paura primordiale, Durani, felice che il suo sesto senso non l'avesse tradita, sfoderò il phaser, lanciandosi in avanti per prestare soccorso alla misteriosa vittima e nel mentre intimò al Caitiano di dare immediatamente l'allarme e di chiamare rinforzi.
Lasciandosi alle spalle il frastuono assordante del segnale di pericolo che risuonava per tutta la stazione, le grida concitate e i rumori dei passi, il cui rimbombo si faceva sempre più forte, Durani decise, o meglio agì, pensando che, se si fosse fermata per aspettare i rinforzi, per quel poveretto non ci sarebbero state speranze così, arrivando in prossimità della porta del corridoio, si sporse per cercare di capire chi o che cosa avesse architettato con tanta precisione e accuratezza un piano così elaborato da essere riuscito a passare inosservato fino a quel momento, con tanto di codice di allerta giallo valente in tutta la stazione.
Ciò che vide non la lasciò così sorpresa: qualcuno con una specie di lungo mantello nero, servendosi di una presa che non aveva mai visto, aveva posto fine alle sofferenze di un giovane Guardiamarina da poco arrivato sulla stazione, che si accasciò al suolo come una marionetta a cui avessero tagliato tutti i fili. L'uomo, o la donna, era di un'agilità impressionante e si spostò rapidamente e senza alcuna remora per aver lasciato tante briciole di pane sanguinanti e in bella vista verso il portellone di attracco della nave aliena, senza curarsi di guardarsi intorno, probabilmente sicuro/a del piano da lui/lei messo in atto.
Ma ci voleva ben altro per sorprendere un Klingon: Durani uscì, puntando con decisione il phaser sull'intruso e urlando un "Fermo!" tanto perentorio e autoritario che avrebbe fatto trasalire chiunque fosse stato colto in fragrante durante qualsivoglia misfatto.
A quanto pare non era così per il nemico che ora si trovava a fronteggiare: con un'innaturale tranquillità si voltò mentre era impegnato/a a manomettere il portellone d'attracco, con l'unica apparente preoccupazione di calcarsi il cappuccio nero sul viso per salvaguardare la propria identità. A Durani era capitato altre volte di trovarsi in una situazione simile, ma di sicuro non di avere davanti qualcuno che, colto in fragrante, si mettesse a sogghignare con tanta sicurezza la cosa finì per urtarle i nervi, impostò il phaser su stordimento e si preparò a colpire l'intruso, ma a quanto pare non fu così veloce, o almeno non abbastanza rispetto alla losca figura che si trovava davanti. L'inquietante avversario sfoderò un phaser a sua volta, colpì il soffitto, dove un tubo penzolava pericolosamente: Durani capì troppo tardi di essere caduta in una trappola. Il tubo la colpì e sentì la testa sbattere al suolo violentemente.
Stesa supina, cercò di voltare la testa verso l'assalitore con tutte le proprie forze e udì, come se fossero lontani anni luce, Riccardi e i suoi uomini mentre si apprestavano ad imboccare l'entrata del corridoio. La figura longilinea avvolta dal mantello nero si voltò un attimo verso la fonte delle grida concitate: non sembrava spaventato, sembrava solo valutare il dar farsi. Dopo pochi attimi la figura cominciò a correre in direzione opposta alla provenienza delle urla e, prima di perdere i sensi, Durani avrebbe giurato di aver visto delle orecchie a punta spuntare da sotto il cappuccio che inevitabilmente, durante la fuga, era scivolato dal volto del proprio assalitore. L'ultima cosa che udì fu nuovamente quel disperato e angoscioso grido mentale, che non smise di risuonarle nella testa finchè non chiuse gli occhi.
29/06/2397 - DS16 Gamma - Sala Ologrammi 1 - ore 22.07
Quando l'allarme cominciò a squillare, la sala dove si svolgeva la serata di gala fu colpita, metaforicamente parlando, da un fulmine a ciel sereno. A causa della presenza del campo di distorsione nel settore Alfa 5, nessuno aveva udito il mentale grido di soccorso pertanto nella sala ologrammi sguardi attoniti saettavano per tutta la stanza, dove, per un momento che parve un'eternità, regnò un senso di paralisi generale, rotto dal suono del ricevitore del Capitano Shran.
=^= Capitano, qui Riccardi=^=.
La voce del capo della sicurezza arrivava spezzata, affannosa, cosa che non prometteva niente di buono.
=^=Qui Shran, Riccardi cosa sta succedendo? =^=.
=^= Signore, abbiamo ricevuto una richiesta d'intervento immediato nel settore Alfa 5, in prossimità dell'astronave aliena so solo che sono stati trovati cadaveri dei nostri =^=.
Shran era sempre stato dotato di un grande autocontrollo, ma per un momento fece fatica a capire cosa stesse accadendo era una vera e propria bomba che era esplosa senza alcun preavviso, nonostante tutte le contromisure prese per evitare una probabile esplosione.
=^= Sappiamo inoltre che sul posto c'è il Tenente Durani, ma non risponde al comunicatore ... =^= .
Dall' apparecchio giungevano i suoni acuiti dei passi della squadra di sorveglianza guidata dal capo della sicurezza a cui, dopo un minuto, si sommò un "Inseguitelo!" che poco lasciava all'immaginazione.
=^=Capitano, mandi qui immediatamente Sonx! Il Tenente Durani necessita di immediata assistenza! =^=.
Ripresosi, Shran si rivolse a Sonx: "Dottore non ha sentito? Vada immediatamente con il suo staff al settore Alfa 5!".
Sonx sparì in poco tempo, allarmato da quanto udito da Riccardi. Shran chiamò il vice capo della sicurezza, contento che almeno lui non fosse impegnato nel misterioso inseguimento e gli diede ordini ben precisi: gli disse di condurre gli ambasciatori e i loro staff alle corrispondenti ambasciate, di lasciare i loro nuovi ospiti nella stanza del gala debitamente sorvegliati, di confinare fino a nuovo ordine tutti i civili nei loro alloggi, il tutto servendosi al meglio degli uomini che gli erano rimasti a disposizione. Mentre il vice capo eseguiva gli ordini e gli ambasciatori uscivano dalla stanza scambiandosi occhiate di reciproca curiosità che rasentavano il fastidio, Shran, fiero della propria capacità di prontezza, si rivolse ai propri ufficiali presenti:
"Keane, Roberts radunate i vostri rispettivi uomini, prendete le attrezzature per effettuare le analisi del caso e raggiungetemi il più velocemente che potete Drillrush, si rechi in sala comando, dichiari l'allarme rosso e faccia in modo che nessuna nave lasci la stazione. Io intanto cerco di capire che cosa accidenti sta succedendo, sbrigatevi!".
I tre, pur nello sconcerto generale, scomparirono in un attimo c'era un contrasto stridente fra l'urgenza della situazione, seppur non ancora totalmente nota, e i vari smoking e abiti da sera che si dissolvevano sempre più velocemente, man mano che la situazione, da onirica, si prospettava come una probabile e futura tragica realtà. Shran, nel precipitarsi verso il settore Alfa 5, non aveva degnato né di uno sguardo, né di una spiegazione i propri ospiti, che, d'altro canto, sembravano essere rimasti paralizzati totalmente dalla paura, tanto da apparire come delle marmoree e bianche statue.
Perso nei suoi pensieri, il Capitano non si rese nemmeno conto di essere giunto a destinazione guardava come in trance lo staff medico che provvedeva a trasportare quelli che era certo fossero i cadaveri di cui Riccardi gli aveva parlato poco fa verso l'infermeria, avvolti nel loro nero sudario. Fu un'altra barella a permettergli di tornare nuovamente e bruscamente alla realtà, ancora una volta in quella serata: quella che ospitava il Tenente Durani. Il Dottore gli arrivò alle spalle, mentre l'andoriano seguiva con lo sguardo il proprio Tenente che veniva portato via a gran velocità:
"Per Fortuna Riccardi ci ha avvisato in tempo! Si tratta di una commozione celebrale, ma non si preoccupi, si riprenderà quanto prima".
Il Capitano Shran si limitò ad annuire greve e a dare una pacca di ringraziamento sulle spalle al Medico capo, che corse il più velocemente possibile verso l'infermeria.
29/06/2397 - DS16 Gamma - Settore Alfa 5 e limitrofi - ore 22.45
Chiunque fosse era velocissimo/a: così rapido da permettere di scorgere a Riccardi e ai suoi uomini solamente un lembo del mantello nero con cui il misterioso/a assassino/a era avvolto/a. La cosa che più irritava il capo della sicurezza era un'altra: sembrava che quell'individuo conoscesse perfettamente la stazione, tanto che, ad un certo punto dell'inseguimento, aveva costretto la propria squadra a separarsi lungo i corridoi che conducevano alle stive limitrofe rispetto al punto d'attracco dell'astronave aliena, non lasciando loro altra scelta se non fare un faticoso giro dell'oca. Girò l'angolo e grugnì di frustrazione: l'aveva perso.
=^= Jones, qui Riccardi, dimmi che gli stai alle calcagna! =^=.
=^= Mi spiace capo, ma temo di avere perso le sue tracce! =^=.
"Maledizione!" imprecò non troppo a bassa voce lo scocciato Riccardi.
Procedette per qualche passo, cercando di schiarirsi le idee: nessuno sparisce nel nulla. Guardò in alto verso le condutture e poco più avanti notò uno dei portelloni aperto.
"Guardiamarina, mi dica se rileva forme di vita nel condotto C-S3".
Il Guardiamarina prese il rilevatore e guardò sorpreso il monitor, ed esclamò entusiasta:
"Signore, il segnale è lievemente disturbato, ma credo che ci sia qualcuno sopra le nostre teste!".
Si trovavano, infatti, a circa cento metri dal luogo in cui per la prima volta avevano avvistato quel mantello nero e il Tenente Durani esamine a terra.
Riccardi assunse un'aria vittoriosa, e dalla sua voce trasparì un profondo senso di soddisfazione:
"Ragazzi entriamo a prendere quel bastardo! Prestate attenzione - aggiunse in un tono più serio e autoritario - ne abbiamo persi abbastanza dei nostri oggi".
Tutti fecero segno d'intesa e, prima di entrare, il capo della sicurezza comunicò a Jones di monitorare i movimenti del fuggitivo/a, nel caso avesse deciso di abbandonare le sicure condutture. Dopo aver salito un paio di livelli, Riccardi intravide il familiare mantello nero e lo riconobbe, sebbene ne avesse visto per tutta la durata dell'inseguimento solamente una magra e misera porzione.
Si rese, tuttavia, subito conto che qualcosa non andava: avevano praticamente seguito un fantasma per quasi un'ora e adesso quello spettro era immobile, pronto ad essere catturato. Seguendo l'istinto Riccardi si avvicinò a quello che secondo le proprie sensazioni altro non era che un corpo privo di vita.
Lentamente, come se si aspettasse succedesse chissà cosa, lo voltò verso di sé, coprendosi le mani di sangue caldo, di un corpo altrettanto caloroso, cosa che indicava che, chiunque fosse, era stato ucciso da poco. L'unica cosa che uscì dalla sua bocca fu un sorpreso "Oh mio Dio", che, lieve, si diffuse per tutte le condutture, portando con sé un macabro messaggio di sorpresa e di morte nemmeno il "Grazie" mentale che gli rimbombava nella testa riuscì ad alleviare il suo orrore. Un contrasto fra la realtà agghiacciante che gli si presentava alla vista e una voce nella testa che ringraziava per tutto questo.