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USS MARCONI - MISSIONE 13 RSS USS MARCONI - Missione 13

13.01 "Il coraggio dei senza volto"

di Charles "Chuck" Wyandot, Pubblicato il 09-09-2015

Sala macchine - USS Marconi - 24/07/2395 Ore 11:21


Il guardiamarina Jekal serrò i denti in un ringhio dovuto allo sforzo, sentì la schiena che scricchiolava pericolosamente e per un attimo temette di crollare, lasciando che il grosso macchinario cadesse schiacciando il Capo Ingegnere della Marconi. Lui non aveva conosciuto direttamente gli Allesto, ma si era unito al grido d'angoscia, di tutti i membri dell'equipaggio, quando l'Arca era esplosa. Gli sembrava ancora di sentire fra le sue braccia il Tenente Seville, mentre la teneva ferma dopo lo scoppio di rabbia del vice capo. L'aveva tenuta stretta a se, non solo per lei, ma anche per se stesso, per non pensare alla morte di tutti quegli esseri. Per alcuni secondi lei si era abbandonata a lui sull'orlo delle lacrime, poi si era ripresa ridandosi un contegno e riprendendo immediatamente a lavorare.
Lui non c'era riuscito, aveva sentito quella rabbia per tutti i mesi successivi e l'aveva tenuta a stento sotto controllo non riuscendo a sfogarla... o a piangere.
Era stato anche dal consigliere, come tutti del resto. Ma la rabbia rimaneva.
Ora quella rabbia gli era servita. Il Capo Rekon aveva ordinato a tutti di uscire dalla sala macchine per paura di esplosioni, mentre si distendeva sotto i motori per l'ennesimo miracolo che, forse, li avrebbe salvati. Ma Jekal aveva visto l'argano di manutenzione che si staccava dal suo sostegno a causa delle violente vibrazioni e rischiava di schiacciarlo. Senza pensarci l'aveva afferrato e, ruggendo come un leone inferocito, aveva arrestato la sua caduta. Fra trecento chili di metallo e il testardo tellarite c'erano solo lui e la sua rabbia.

Il Marinaio di seconda classe Mariucci era terrorizzato. Provava quel terrore da quando l'Arca era esplosa e si era reso conto che fra lui e la morte c'erano solo pochi centimetri di duranio. In quei sei mesi di riparazioni alla base stellare, il terrore non si era affievolito, ma era solo aumentato. Non riusciva nemmeno più a guardare fuori dai finestroni della stazione e non era più andato al bar di prora per non trovarsi davanti quelle finestre panoramiche. Il suo terrore era filtrato in tutti gli aspetti della sua vita, tanto che alla fine si era deciso a preparare una lettera di richiesta di congedo per tornare sulla terra. Non aveva però ancora avuto tempo di inviarla e si era visto costretto a imbarcarsi di nuovo sulla Marconi quando questa aveva lasciato il bacino di manutenzione. E il suo terrore era tornato ad aumentare sempre di più, fino al momento attuale, quando la nave in avaria aveva abbandonato l'orbita del pianeta e si apprestava a schiantarsi al suolo. Sarebbero morti e tutto sarebbe finito.
Poi Resed l'aveva spinto di lato e si era gettato in scivolata sotto i motori insieme al capo ingegnere. Non faceva nient'altro che passare gli attrezzi giusti al momento giusto. Si bruciava con le scintille emesse dal saldatore e subiva gli insulti del suo mentore che gli urlava di andarsene senza però fare una piega, ma facendo guadagnare a Rekon quell'attimo in più che poteva servirgli per compiere il miracolo. Sopra di loro, il caitiano dalla pelliccia nera di nome Jekal, stava sorreggendo il macchinario che rischiava di ucciderli soffiando come un gatto inferocito. Quando capì che fra lui e la morte c'era ben più di pochi centimetri di duranio, era ormai a fianco del guardiamarina ringhiando per lo sforzo. Fra Mariucci e la morte certa c'era, e ci sarebbe sempre stato, l'intero equipaggio della Marconi.


Plancia - USS Marconi - 24/07/2395 Ore 11:26


Il tenente Xo guardava atterrita lo schermo principale. Dalla sua posizione, così vicina allo schermo, le sembrava di essere lei a cadere nel vuoto verso morte certa. Si trovava in plancia per puro caso, la sua provvisoria assegnazione agli approvvigionamenti della nave, l'aveva sempre tenuta lontana dall'azione e dopo aver assistito alla distruzione dell'Arca, pensava di far domanda per quella assegnazione in via definitiva, anche se questo voleva dire gettare un'ombra di disonore sulla sua famiglia su Andoria. Una figlia addetta al magazzino della nave? Suo padre, soldato figlio di soldati, l'avrebbe disconosciuta per la sua codardia. Ma la sua non era paura di morire.
Aveva visto l'impotenza di tutti mentre la corrazzata Adesto aveva speronato l'Arca uccidendo tutti gli Allesto e vedendo quella scena aveva compreso la futilità dell'esistenza.
Nei mesi successivi aveva incrociato spesso il comandante Keane. Il Capo Operazioni non controllava quasi mai il reparto addetto agli approvvigionamenti, un po' perchè si fidava del resposabile, un po' perchè era un lavoro talmente banale che non era necessaria nessuna qualifica per farlo funzionare. Ma dopo quel terribile giorno Tara si era mossa in ogni angolo e anfratto del suo campo di competenza e Xo sapeva perchè. Si era sentita impotente come lei e come tutti quelli della Marconi, perchè nessuno aveva potuto fare niente. Come adesso.
Era a pochi passi dalla console del timone quando aveva sentito la comunicazione dalla sala macchine e la successiva risposta spaventata del giovane timoniere. Molti fra i più giovani ritenevano il giovane Wyandot un raccomandato. Un giorno era all'accademia e il giorno dopo era su una delle ammiraglie della flotta stellare. Il suo curriculum pieno di lacune e il conteggio minimo delle ore di volo nei simulatori, non facevano altro renderlo ancora più sospetto agli occhi dell'equipaggio. Certo si era dato da fare da quando era a bordo e, nonostante gli ufficiali di plancia mostrassero molto rispetto per le sue fantomatiche capacità, il giovane non si era mai vantato o mostrato segni di superiorità verso i colleghi. Strano per un raccomandato.
Adesso Xo attendeva il suolo e la successiva esplosione della nave in maniera rassegnata. Sapeva che nessuno poteva farci niente, tutti erano impotenti.
Poi una scintilla di luce illuminò quel buio di depressione in cui era caduta.

Il Capitano Shran era scattato in piedi urlando ordini e tutti sembravano danzare attorno a lui. Riusciva a sentire quello che diceva ma non capiva. Era come se la depressione l'avesse resa sorda a tutto. Quando i primi scossoni sconquassarono la nave vide qualcosa che non si aspettava. Gli occhi di Shran erano due schegge di risolutezza. Se la forza di volontà avesse potuto sconfiggere le leggi della fisica e tenere in orbita la nave, di certo quell'uomo ci sarebbe riuscito.
Si sentì trascinare dalla determinazione del suo capitano e tutto riscquistò chiarezza. Keane, sfruttava le sue conoscenze della nave per proteggere ogni membro dell'equipaggio tramite campi di contenimento e nel contempo apriva i portelli degli hangar per permettere alla nave di rallentare la sua caduta, grazie alla fuoriscita esplosiva dell'aria e al maggior attrito.
Dal, il capo della sicurezza, sembrava ignorare completamente quella palla incandescente in cui si era trasformata la sua nave a causa dell'attrito con l'atmosfera. Non era di sua competenza salvare la nave, si fidava ciecamente degli altri e avrebbero pensato loro a fare tutto il necessario, lui sembrava più un predatore in caccia. Stava cercando qualcosa o qualcuno, ma Xo non avrebbe saputo dire chi o che cosa. Aveva solo la sensazione che qualsiasi cosa cercasse l'avrebbe trovata e poi la Marconi sarebbe stata al sicuro.
Durani, la nuova arrivata, mormorava una canzone funebre klingon, ma nonostante questo si stagliava ancora più fiera e risoluta alla sua postazione. Stava sparando siluri disperdendoli nell'atmosfera come se tentasse di distruggere il pianeta prima di fare una fine ingloriosa. Xo non capiva perchè lo stesse facendo, ma nessuno sembrava dirle di smettere. I suoi occhi ardevano di furia guerriera, velati da qualcosa che poteva solo essere concentrazione assoluta. Non erano colpi a caso, la giovane andoriana ne era certa.
Un nuovo scossone e Xo perse l'equilibro. Il timoniere l'afferrò al volo senza smettere di guardare la console di navigazione, si limitò a tenerla finchè la giovane istintivamente non afferrò la poltrona su cui era seduto. La navigazione non era la sua materia, conosceva solo le basi come tutti, e quello che il giovane tenente stava facendo era impossibile. Quel balbettante raccomandato stava sfruttando tutto quello che gli altri gli stavano fornendo per rallentare la nave. Decompressioni, forza cinetica delle esplosioni, l'aria stessa del pianeta che stava cavalcando come se fosse su una tavola da surf. La Marconi si rifiutava di arrendersi, il Capitano e tutti gli ufficiali superiori si rifiutavano di arrendersi, la stessa Xo serrò le mani sulla poltrona e si rifiutò di arrendersi.


Sala macchine - USS Marconi - 24/07/2395 Ore 12:45


Jekal si sentiva morire. Aveva dolori in parti del corpo che non credeva di avere... persino alla coda. Era riuscito a reggere tutto quel peso solo grazie a Mariucci che era apparso all'improvviso accanto a lui. Dopo quelle che sembravano ore, ma che in realtà erano solo pochi minuti, il capo ingegnere e il suo pupillo erano intervenuti aiutandoli a riaddirizzare l'argano mentre Rekon sbraitava al comunicatore che i motori erano di nuovo online.
Appena il peso era sparito si era accasciato a terra senza nemmeno il fiato per parlare. Da quella posizione vedeva solo piedi che si muovevano ovunque ma non gli importava molto, la nave era salva per il momento e lui aveva finalmente sfogato tutta la sua rabbia.
Qualcosa si mosse nel suo campo visivo. Era un marinaio bajoriano salito in sostituzione da DS16. Non ricordava il nome, ma non gli piaceva il suo odore. Era accucciato vicino ad un condotto del plasma, una sezione che non centrava niente con il guasto che avevano subito. La cosa che lo insospettiva era che sembrava muoversi furtivo... qualcosa non andava. Cercò di chiamare qualcuno ma era sfinito. Riusciva a malapena a muovere un braccio, l'altro sembrava essere inutilizzabile. Un paio di volte arrancò per afferrare le uniche gambe che aveva a portata di mano, non importava di chi fossero, ma sentiva l'urgenza di dirlo a qualcuno. Afferrò il pantalone della divisa ma l'uomo che li indossava non sembrò interessarsi a lui. A mali estremi, estremi rimedi. Gli artigli di Jekal affondarono nel polpaccio di Mariucci che si voltò a guardarlo. Un ultimo sforzo e il caitiano gli indicò il sospetto.

Mariucci per la prima volta da mesi non sentiva più il terrore attanagliargli le viscere. Si rese conto che la vicinanza dei suoi colleghi lo rassicurava. Si sentiva come un lupo in mezzo al suo branco. Sentiva che era quello il suo posto, la morte poteva arrivare ovunque: sulla Marconi, su DS16 e persino sulla Terra. Doveva solo decidere di affrontarla insieme agli altri e lottare. La sola colpa della morte degli Allesto erano i loro nemici, non era il destino, solo la follia. Lui poteva solo vivere e godersi le cose belle e piangere le cose brutte. Avere paura si, ma non provare quel terrore assurdo che l'aveva attanagliato fino ad oggi.
Il dolore alla gamba gli fece abbassare lo sguardo. Jekal gli aveva infilato gli artigli nel polpaccio per richiamare disperatamente la sua attenzione. Si domandava come quel caitiano riuscisse ancora a muoversi, il Capo Rekon, che gli aveva dato un'occhiata mentre gli altri chiamavano l'infermieria, aveva detto che doveva essersi strappato qualsiasi tendine o muscolo che avesse in corpo per reggere quel tremendo peso da solo. Eppure era li, quasi svenuto dal dolore che indicava in direzione opposta a dove era concentrata l'attenzione di tutti.
Mariucci si voltò. Il nuovo marinaio, Jabin, un bajoriano silenzioso salito a bordo da DS16 in sostituzione di alcuni membri dell'equipaggio, stava armeggiando con i condotti al plasma in un'area in cui uno come lui non doveva entrare e soprattutto in un momento come quello in cui il guasto era altrove.
L'unica cosa che fece fu gridare un 'Ehi tu!', troppo stanco per fare altro. Il bajoriano si voltò stringendo un cacciavite sonico e un piccolo phaser fuori ordinanza. L'adrenalina iniziò di nuovo a pompare nel corpo di Mariucci senza questa volta portarsi dietro anche il terrore. Con lucidità osservò la mano armata di phaser puntare contro di lui, ma poi il traditore sembrò cambiare idea e puntare verso la schiena del capo ingegnere. Il giovane marinaio si buttò nel mezzo senza pensare sapendo di non aver la forza di spostare la mole del grosso tellarite. Ormai è fatta si disse guardando il ghigno del bajoriano.

Il phaser volò via prima di sparare. Dal apparve dal nulla. rrivato probabilmente con un ascensore secondario fuori vista, si era gettato nel vuoto scavalcando la ringhiera. Atterrato come un gatto proprio davanti all'uomo armato, aveva piroettato su se stesso colpendo con un calcio l'arma che svanì fra i macchinari. Il bajoriano si gettò su di lui come una furia colpendolo a sorpresa con un gancio di sospensione idraulico, ma fu l'unica cosa che riuscì a fare prima che il capo della sicurezza lo trasformasse in gelatina con due colpi ben assestati.
Mariucci sentì una mano sulla spalla e un grugnito di Rekon come ringraziamento, poi si accorse che la sua gamba stava sanguinando copiosamente e si accasciò a terra.
"Scusa..." borbottò Jekal accanto a lui. Mariucci sorrise e fece spallucce "Per così poco?"


Plancia - USS Marconi - 24/07/2395 Ore 12:50


Xo poggiò la mano sulla spalla del giovane timoniere. Erano tutti e due sudati come se avessero corso per dei chilometri. Era solo grazie alla giovane andoriana se Charles aveva individuato forse l'unico oceano del pianeta. Anche se lei aveva solo visto un riflesso del sole su quello che sembrava uno specchio d'acqua, si sentiva come se avesse contribuito a salvare la nave. Non si sentiva più impotente finalmente e l'idea di rimanere in un magazzino polveroso fu accantonata.
Il giovane era riuscito a fare l'impensabile rallentando la nave il più possibile prima che dalla sala macchine comunicassero il ritorno online dei motori, ma ormai era troppo tardi per scampare alla gravità, seppur ridotta, del pianeta. Con destrezza aveva fatto quanto poteva per raggiungere l'oceano e far ammarare la mastodontica nave. Adesso stavano lentamente inabissandosi ma sembrava che i guai, anche se non finiti, fossero per il momento diminuiti.
Il comandante Keane continuava imperterrita a tenere la nave al sicuro lottando con le unghie e con i denti. I sistemi di integrità strutturale e gli scudi furono potenziati al massimo. Il Capitano sembrò disinteressarsi della situazione passando subito ad altro, sicuro che il suo capo operazioni avrebbe fatto quello che era necessario.
Dal era sparito senza che Xo se ne accorgesse e Durani sembrava annoiata e in attesa di fare qualcosa. Charles guardava la mano che aveva sulla spalla e il viso di Xo come se fosse la prima volta che vedeva un'andoriana... o una donna qualsiasi.
"Sei stato eccezionale..." si sentì dire, come se volesse scusarsi per aver pensato male di lui e volesse in qualche modo premiarlo per aver salvato la nave.

Il giovane avvampò come un faro nella nebbia.