Da qualche parte sulla Colonia Tahzot e in orbita attorno a Tool III
21/08/2399, ore 02:01
Era una di quelle notti così buie da far credere che non esistano le stelle, ma non pioveva. E questo forse era peggio perché l'umidità schiacciava al punto da togliere il respiro fino al punto in cui si desiderava solo che quella dannata acqua cadesse dal cielo. Non c'era nemmeno vento, per cui il sudore scendeva lungo la fronte e colava lungo le gambe provocando un'irresistibile voglia di passarsi le mani sul viso e sui polpacci. E fastidio.
Rest era abituato al caldo secco, quello umido lo sentiva tutto e non gli piaceva. Non che questo si vedesse dalla sua espressione, era intuibile solo se lo si conosceva bene dal modo in cui studiava la mappa, come se il suo continuo consultarla gli servisse per combattere la tensione e il fastidio. I suoi occhi scorrevano sullo schermo, la cui luminosità era così bassa che difficilmente sarebbe stata vista da eventuali sentinelle, quasi questo potesse parlargli. Accanto a lui Rodriguez e Doohan attendevano insieme agli uomini della squadra, meno professionali di quanto lui avrebbe voluto, ma il loro compito non era quello combattere. Quello spettava a Rest e lo faceva nell'unico modo che conosceva: con adamantina efficienza.
Quello che invece proprio Rodriguez non sapeva fare era aspettare. Ogni fibra del suo corpo, ogni singolo tic della sua faccia, ogni tamburellare silenzioso dell'indice, tradivano la necessità di agire. Era sempre stato un tipo iperattivo il capo operazioni: sempre alla ricerca di qualcosa da fare, mai fermo, all'inseguimento di idee e metodi e, perché no, anche problemi. Il consigliere Caytlin gli aveva chiesto una volta cosa sarebbe successo se si fosse fermato, anche solo per qualche secondo a tirare fiato. Rodriguez aveva risposto di essere talmente disabituato a farlo, che sarebbe morto perché non ricordava più come si facesse a respirare. Ora per esempio, aveva entrambe le mani strette a pugno e posate sulle cosce, per impedirsi di muoverle. Aveva assunto quella posizione quando Doohan, esasperato, gli aveva dato una manata sulla spalla per farlo smettere di agitarsi.
Il capo ingegnere sudava esattamente come tutti gli altri membri della squadra (ad eccezione di quelli con metabolismo diverso o che non sapessero nemmeno cosa significasse sudare), ma su di lui faceva tutto un altro effetto che su Rodriguez. Eppure, quando in altre occasioni questo avrebbe portato qualcuno a guardarlo con ammirazione e invidia e anche un bel po' di attrazione, ora non suscitava nessuna di quelle emozioni. Doohan era cambiato, sottilmente, lentamente, senza che nessuno se ne accorgesse e ora la sua espressione determinata, la mascella tesa per la tensione e le labbra tirate in una linea sottile, non facevano voglia di confortarlo, ma di stargli lontano. Era come se l'aria da eterno ragazzino fosse del tutto scomparsa per lasciare posto ad un uomo deciso, che non aveva tempo da perdere in stupidaggini come imbarazzarsi perché attirava l'attenzione indesiderata di qualcuno.
Molto più su, sopra di loro, seduta alla sua postazione in plancia, il tenente J. G. Catalunya "Luna" Jones della Casata di Klaa, teneva una mano appoggiata sulla console con le dita aperte sui comandi senza sfiorarli. Un osservatore di passaggio avrebbe potuto pensare che stesse svolgendo un normale turno di routine, in cui tutto quello che Luna doveva fare era tenere d'occhio la posizione della nave nell'orbita di Tool III per poi, una volta finito, andare al bar a bersi qualcosa. Eppure Xyr, che era ben conscia del fuoco che muoveva Luna, era sicura che l'apparente posizione rilassata della pilota fosse in realtà un segno di rabbia impotente, così come era certa che nonostante Luna avesse preferito di gran lunga essere su Tool con la squadra, e avesse protestato a lungo perché così fosse, sapesse benissimo che in quel momento lei fosse più utile alla sua postazione, pronta ad agire qualora fosse stato necessario: questo non voleva dire che le piacesse. Anche Xyr avrebbe voluto essere su Tool, a sfogare la sua rabbia, passione e frustrazione, ma aveva visto il filmato dell'omicidio, purtroppo, e aveva riconosciuto suo cugino Aser. Aser. Che cosa hai combinato Aser!
Poco distante, seduto nella poltrona del capitano, in quello che aveva iniziato a considerare il suo ufficio ma che ultimamente non era più stato così sicuro di meritare, il tenente Ferris Bueller fissava l'espressione seccata del capitano Givens che aveva eretto un muro di ostilità impenetrabile non appena aveva capito che la convocazione sulla Hope non era venuta per ordine di Strauss. A dirla tutta a Bueller, in quel momento, non importava nulla dell'atteggiamento del capitano Givens, era determinato a smantellare ogni singola pietra di quel muro a costo di usare un martello per farlo. Al diavolo le conseguenze.
Bueller era arrabbiato con diverse persone: con il capitano Strauss per avergli dato sicurezza e avergliela poi strappata brutalmente per colpa delle sue stesse paure con Basta per non essersi opposto agli ordini e non aver pensato a digli nulla prima di scendere su Tool con sé stesso per il continuo costante lottare per convincersi di essere veramente adatto al ruolo che sapeva essere destinato a lui e per aver permesso che gli fosse strappato via. E questa rabbia lo definiva trasformando la sua espressione, cancellando l'aria da ragazzino che aveva permesso a Strauss prima e Givens poi di 'rimetterlo al suo posto'.
Nell'ufficio dell'ufficiale scientifico capo, il consigliere Caytlin osservava Tucci. La risiana non aveva detto una parola quando erano tornati nella sezione scientifica e il suo atteggiamento tranquillo sembrava aver avuto su Tucci lo stesso effetto che aveva Basta al punto che il consigliere l'aveva lasciato al suo lavoro per poi tornare più tardi a vedere come andava. Ora lo studiava lavorare occupando inconsapevolmente la stessa posizione che Basta assumeva quando faceva compagnia all'ufficiale scientifico mentre seguiva i suoi ragionamenti. Solo che Caytlin non era affatto calma, era molto brava a nasconderlo grazie alla sua professione, ma dentro ribolliva. La sua mente continuava ad esaminare ogni singolo evento che si era verificato nel corso della missione accompagnando ogni momento con domande, dubbi, ripensamenti. Se non fossero sbarcati la prima volta? Se non avessero trovato l'informatore? Se lei avesse capito prima che Strauss era sul punto di scoppiare? Se si fosse presentato un suo paziente con i suoi stessi dubbi, Caytlin gli avrebbe detto che mettere in dubbio le proprie decisioni era sano, ma farsi divorare dal rimorso era sbagliato. La risiana però non era paziente di sé stessa e, se lo fosse stata, sarebbe stata una pessima paziente.
Tucci, dal canto suo, percepiva la presenza di Caytlin nell'ufficio come un elemento disturbante. Non era tanto il suo atteggiamento, che era quello giusto, simile a quello di Basta, quanto il silenzio. Il betazoide sembrava sapere quando introdursi nei suoi ragionamenti, quando offrire suggerimenti e quando stare semplicemente zitto. L'ufficiale scientifico capo una volta aveva visto un balletto, un duetto per essere precisi, ed aveva sempre pensato alle interazioni fra lui e Basta in quel senso: il capo della sicurezza offriva opinioni come un ballerino interveniva al momento giusto per sostenere l'altro. Era una sorta di danza la loro e ora con la consigliera non c'era equilibrio, o per lo meno non del tutto. Tucci non sapeva bene come interpretare questa sensazione, tutte le volte che la tensione cresceva o che i suoi sentimenti erano coinvolti era il lavoro a dargli rifugio, i calcoli, la splendida struttura della natura, la perfezione delle le formule. Ora però non ci riusciva, era come se gli mancasse qualcosa. Per questo si fermò, si girò a guardare Caytlin e corrugò la fronte: "ho bisogno del tenente".
L'ufficiale medico capo Melanne Graahn fissava il vuoto. Fino a pochi istanti prima aveva guardato il monitor e, prima ancora, altro fino a quando non ce l'aveva fatto più a fissarlo perché se avesse continuato a guardarlo non sarebbe riuscita ad evitare di schiaffeggiarlo e non sarebbe riuscita a trattenere lacrime di frustrazione. Non sapeva nemmeno lei come avesse fatto ad operarlo. Prima di iniziare le mani le erano tremate così tanto che Caytlin gliele aveva afferrate e l'aveva fissata chiedendole in un sussurro se fosse in grado di farlo. In quel preciso istante una calma gelida era scesa su di lei e senza rispondere aveva stretto i pugni, inspirato e lasciato che la sua espressione dicesse tutto al consigliere. Nessun altro oltre a lei avrebbe operato Lon, nessuno l'avrebbe toccato, solo lei. Solo lei. Come attirato da una calamita il suo sguardo tornò sul betazoide. Stupidi! Che stupidi erano stati. Quanto tempo sprecato inutilmente! "I terrestri sono talmente abituati a vivere con la loro mente, da riuscire ad accettare la solitudine. Un betazoide non è mai solo, per questo siamo spaventati dall'eccesso di silenzio", le aveva detto una volta Lon. E non avevano capito che loro due erano già la risposta a quel detto. Si erano rifiutati di vedere la verità rifugiandosi dietro parole e scuse che avevano retto anche quando c'era stato il rischio di finire su due navi diverse. Era ora di aprire gli occhi, di finirla con le bugie, decise passando una mano sulla fronte del betazoide per scostare una ciocca di capelli. Era ora della verità.
La porta dell'infermeria si aprì per lasciar passare Tucci seguito da Caytlin che strinse le spalle al suo sguardo interrogativo. L'ufficiale si fermò accanto al letto e annuì. "C'è una console che posso usare per lavorare?" le chiese come se fosse la cosa più naturale del mondo.
USS Hope, Ufficio del Capitano
21/08/2399, ore 02:10
"Il capitano Strauss è stato rapito," disse Bueller deciso a non perdere tempo, "e un mio uomo è in fin di vita. Non abbiamo rilasciato la notizia perché prima voglio sapere tutto, e intendo tutto capitano, su suo marito e sulla sua posizione che occupa nel consiglio dei Vedek e perché un gruppo di terroristi avesse tutte le intenzioni di rapirla".
TOOL III, Colonia Tahzot, Base segreta
21/08/2399, ore 02:30
Il capitano Nicholaus Strauss era seduto a terra con le mani nei capelli e la testa talmente piena di sensi di colpa che l'ammiraglio Evelin Lennox gli aveva dovuto dire di piantarla perché stava cominciando a darle sui nervi. La risposta era stata quasi un ringhio che la betazoide aveva deciso di ignorare perché era arrabbiata e le emozioni di Nicholaus, se l'avesse permesso, avrebbero alimentato le sue, cosa che in quel momento non le serviva affatto. Appoggiata al muro studiò le guardie, non aveva più visto il giovane andoriano che conosceva Xyr e questo non era affatto un buon segno. Il capo aveva sicuramente un piano per lui. Era ora di fare qualcosa.
"Ehi!" chiamò la guardia e quando questi si girò a guardarla aggiunse: "ora che avete ucciso un ufficiale della flotta, quanto credete che la passerà prima che piombino su di voi?" la sua espressione era tutta preoccupazione e ansia, il nervosismo dell'uomo le arrivò centuplicato. "fossi in voi penserei a salvarmi. Se non avete preso parte all'omicidio siete ancora in tempo ...."
"Evelin!" Esclamò Nicholaus sollevando la testa per guardarla.
"Non zittirmi, Strauss." Ribatté l'ammiraglio assicurandosi che sentissero bene il suo nome, "so benissimo chi sei e cosa fai, ho indagato su di te. E li ho avvertiti."
"Evelin..." ripeté minaccioso il capitano tirandosi su e per reazione lei si tirò indietro allontanandosi da lui.
"Non permetterò il ripetersi di August IV! Non di nuovo!" gli sibilò contro accertandosi che le due guardie la sentissero bene. Strauss fece un altro passo nella sua direzione e lei sollevò di scatto le mani come per proteggersi da un colpo. Il capitano colse al volo il suo gesto e si lanciò verso di lei. "Ho detto che devi stare zitta! Gridò.
"Ehi!" Urlò una delle due guardie. "Fermo! Ho detto fermo!"
"Vi prego! Portatemi dal vostro capo! Prima che sia troppo tardi!" Li implorò l'ammiraglio aggrappandosi alle sbarre, Nicholaus l'afferrò per i capelli trascinandola insieme. Mentre gridava di dolore, le guardie aprirono la cella e si scagliarono contro Strauss. Senza esitare Evelin si girò verso di loro, mentre Nicholaus, lasciata la persa sui suoi capelli, si lanciava su quello di sinistra. L'ammiraglio colpì all'altezza dei reni quello più vicino a lei e poi concluse il lavoro con una ginocchiata al mento.
"Non ho più l'età per queste cose," commentò la betazoide ansimando con una mano sul fianco, mentre il capitano si assicurava che le guardie fossero entrambe prive di sensi.
"August IV?" Le chiese con un sorriso divertito dopo averli legati e imbavagliati.
"Per un attimo ho temuto non te ne ricordassi," ribatté lei afferrando l'arma che lui le porgeva mentre usciva dalla cella.
"Come potrei scordarmi di August IV?!" esclamò lui seguendola, "certe cose non si dimenticano." si scambiarono un sorriso poi l'espressione di Strauss si fece cattiva, "andiamo a mettere un po' di paura al resto della banda."
TOOL III, Colonia Tahzot, Antiche Miniere
21/08/2399, ore 02:33
L'immagine sullo schermo cambiò all'improvviso dal giallo indeciso ad un verde implacabile. Rest passò in rapida rassegna la squadra che si stava già preparando all'azione. Doohan, con la schiena appoggiata alla roccia sollevò la mano con le cinque dita spalancate, lo sguardo fisso sul suo tricorder. Il pollice si chiuse sul palmo della mano.
Poco più avanti, Rodriguez iniziò a muoversi in direzione della parete accompagnato da un membro dell'away team di Rest. I due si fermarono accanto a quella che sembrava una spessa parete rocciosa.
Le dita di Doohan formarono il numero tre.
Rest sollevò il phaser puntandolo davanti a sé, il resto della squadra occupò le posizioni assegnategli.
Indice e medio sollevati.
Rodriguez posizionò il pollice sullo strumento che teneva stretto nella mano destra e annuì.
Doohan sollevò il pollice.
Plancia, USS Hope
21/08/2399, ore 02:33
"Ora," ordinò Bueller dalla poltrona del capitano e le dita di Luna iniziarono a volare sulla console.