NONA MISSIONE

9-08 "All'ombra di un presagio"

di Michele Congia

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TITOLO: 9.08 All’ombra di un presagio
PRECEDENTE: 9.07 - Scelte
AUTORE: Michele / Kiron
D.T. 24/02/2392 ore 04.47- D.S. 69148.09
LUOGHI: Athar City
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# FLASHBACK #

*** Athar City,  luogo sconosciuto 24/02/2392 Ore 04.47 - D.S. 69148.68 ***

Sereha  respirava faticosamente mentre s’inoltrava sempre più in fondo lungo il dedalo di passaggi sotterranei che si snodavano a circa un centinaio di metri sotto il piano stradale dell’attuale Athar City.
Ormai il peso degli anni – duecento diciannove per la precisione -
cominciava a farsi sentire, e comunque quel percorso non era
propriamente una passeggiata neanche per un giovane della sua razza.
Scarsamente illuminati e permeati da una mal sopportabile mistura di
calore e umidità, i cunicoli si estendevano come un intricato apparato
radicale che copriva una superficie addirittura superiore a quella
della città che le stava  sopra, al punto che chiunque avesse cercato
di addentrarvisi senza conoscerli, avrebbe finito inevitabilmente per
perdersi, andando incontro a morte certa.
Aterhad - questo era il suo nome - era una città sotto la città, un
mondo sospeso tra due diversi piani esistenziali che affondava le
proprie origini eoni ed eoni fa. Era una realtà tutt’altro che morta
che continuava  a pulsare garantendo anzi l’esistenza stessa di
Karn-Athar, il tutto all’insaputa di quegli Athariani che abitavano la
superficie del pianeta e tra i quali si mescolava indisturbata la sua
gente.
All’approssimarsi della fine del cunicolo che stava percorrendo, una
luce dal colore cangiante cominciò ad affermarsi, rendendo inutile la
già scarsa illuminazione artificiale.
Pochi metri ancora e un ampio spazio sovrastato da giganteschi
cristalli iridescenti si aprì davanti i suoi occhi.

Davanti all’imponenza di quel monumento, le tornò in mente la prima
volta che vi si era trovata davanti. Molti anni erano passati da
allora, ma era ancora vivido in lei il timore reverenziale che le
attanagliava lo stomaco, la gioia e il senso di onore per il grande
passo a cui la sua società la stava chiamando: assumere il ruolo di
Guardiano della Cattedrale di Cristallo.
Proseguì oltre e varcò appena la sacra soglia, fermandosi subito dopo
come era solita fare.
Davanti a lei, sul pavimento, vi era un’enorme figura geometrica
circolare all'interno della quale si sviluppava un percorso continuo
che, con una successione di curve e archi di cerchio concentrici,
andava dall'esterno all'interno del cerchio, come un labirinto. Al suo
interno vi era incastonato un monile di cristallo dal quale si
sprigionava una potente energia che illuminava circonferenza e disegno interno, dandole le sembianze di un enorme coperchio intagliato posto come a contenimento di una camera magmatica in cui ribolliva una potente energia primitiva.
L’intera figura era a sua volta inscritta in un cerchio più grande con delle iscrizioni in forma geroglifica, anch'esse illuminate dall'energia sottostante, che correvano lungo tutta la circonferenza recitando un mantra.

Sereha rimase ferma in meditazione davanti all'inizio del percorso.
Intorno al collo un ciondolo dello stesso materiale che componeva la
cattedrale, cominciò a vibrare alla stessa frequenza del monile al
centro del labirinto, illuminandosi.

 “Io sono il Creatore.”  Esordì una voce sovrannaturale, echeggiando
nell'ampia sala “I mondi esistono perché Io esisto.”
 “Noi esseri e creature esistiamo perché Tu vuoi che noi esistiamo.”
Aggiunse solennemente Sereha, dando inizio ad un ancestrale rito con
il quale gli Aterhadiani da millenni si accordavano con il Creatore e
con il Creato.

Si chiamava “Rito dell’Accordo” e  prevedeva che il Guardiano seguisse un tortuoso percorso che si snodava ora portandolo più vicino al centro, ora portandolo agli estremi dello spazio descritto dalla circonferenza interna. Nel mentre, quarantasette Diaconi si
disponevano in processione lungo il perimetro esterno, disponendosi
in modo equidistante gli uni dagli altri e dal centro, dove il
Guardiano avrebbe raggiunto la sua posizione finale.
Stavolta però Sereha, il Guardiano, si era presentata da sola davanti
al percorso rituale, all'insaputa dei Diaconi e degli Aterhadiani. Le
sue intenzioni erano tutt’altro che cristalline.

*** Athar City, Paragon Bay – D.T. 20/02/2392 – D.S. 69135.6 ***

Era un piacevole pomeriggio di sole e gli abitanti di Athar City ne
stavano approfittando per passare qualche ora di relax sul lungomare
di Paragon Bay. Un uomo correva cercando di far prendere il volo
all’aquilone del proprio bambino mentre la compagna, seduta su una
panchina poco distante, li osservava amorevolmente mentre con la mano accarezzava il grembo che di lì a qualche mese gli avrebbe dato alla luce una figlia.
Poco distante, sotto lo sguardo divertito dei compagni di gioco che le
stavano tutti intorno, una bambina inchinata sulle ginocchia tracciava
una piccola circonferenza intorno a lei.
Terminata la prima, ne disegnava un’altra dalla forma meno regolare ed incerta rispetto alla precedente, ma molto più grande, circoscrivendola. All’interno cominciò a disegnare un percorso
numerato il cui l’ultima casella coincideva proprio con il centro
delle due circonferenze.
“Comincio io!” Gridò la bambina balzando in piedi, e afferrata una
pietra la lanciò verso la prima casella.

Seduta su una panchina poco distante, Sereha li stava osservando con attenzione. Non poté fare a meno di sorridere malinconicamente ripensando a quando da bambina anche lei giocava a marelle, un gioco che ricordava molto la ritualità dell’Accordo e che molto probabilmente era stato portato in superficie proprio dalla sua gente, con il chiaro intento di educare le future generazioni di Aterhadiani.

“Cos’è che la turba?” Chiese la donna che le sedava accanto.
“Nulla di concreto, Himika…”
“E allora!? Se non c’è nulla, perché è da giorni che la vedo
adombrata? A me può dirlo …”
“Il presentimento che gli equilibri del nostro mondo stiano per essere
irrimediabilmente spezzati mi accompagna durante tutto il giorno, e mi
preclude il riposo durante la notte. Sono vecchia Himika …”
“Non dica così … lei può ancora proteggere la nostra gente …”
“Forse un tempo, ma ora mi accorgo di non avere più la forza
necessaria per assolvere al ruolo cui sono stata chiamata …
Se questi tristi presagi sono destinati ad avverarsi, allora non c’è tempo da perdere … abbiamo bisogno di un cambiamento, ed ho pensato a te ...”

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END OF TRANSMISSION
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Captain Michael Lucius Kiron
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