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USS HOPE - MISSIONE 17 RSS USS HOPE - Missione 17

17.08 "I pezzi sulla scacchiera"

di Caytlin , Pubblicato il 22-03-2022

Notrutun - Beyhan
Palazzo del Governo
06 agosto 2401 - ore 10:41


La discussione era accesa da ore: la convocazione per quella riunione di emergenza era stata fissata alle sei del mattino.
I vari esponenti del governo, a loro volta rappresentanti delle diverse anime che lo sostenevano, avevano dipinte sui volti espressioni delle più molteplici sfumature.
Coloro che, pur sostenendo il Primo Ministro, erano contrari a questo avvicinamento alla Federazione Uniti dei Pianeti erano sul piede di guerra, spruzzando rabbia da ogni poro.

Millantavano ricostruzioni anche fantasiose di quanto accaduto, facevano dichiarazioni su ogni fonte di informazione per far trapelare il proprio malcontento e cavalcare l'onda di indignazione che serpeggiava su Notrutun.
L'equipaggio della USS Hope era accusato di molteplici crimini, numerosi omicidi in giro per la Capitale, nonché protagonista di un'evasione che aveva causato due vittime tra le guardie di sorveglianza e quattro detenuti.
L'opposizione sbraitava allo scandalo, offriva nemmeno tanto velatamente delle taglie sulle teste dei responsabili, volevano in manette tutti coloro che erano coinvolti in quella macabra scia di sangue e, soprattutto, volevano fossero attivate le difese planetarie contro qualsivoglia tentativo di azione da parte della USS Hope.
Tutto ciò fomentava gli animi tra la popolazione erodendo consenso al Primo Ministro che era ben conscio che anche i suoi due vice, ognuno esponente dei due maggiori partiti a suo sostegno, erano pronti a fargli le scarpe se la situazione non fosse migliorata.

Non che lui amasse particolarmente unirsi alla Federazione Unita dei Pianeti, ma era l'occasione principe per richiedere una serie di riforme fondamentali con la motivazione di doversi uniformare alle aspettative che erano attese da un pianeta in procinto di candidarsi.
Avrebbe potuto sfruttare quel bonus di poteri concessi in via eccezionale per raggiungere quegli obiettivi, al fine di rafforzare il proprio potere, stringere nuove alleanze ed eliminare i suoi principali rivali.
In primis, il preposto Sajit: personalità arrogante e sprezzante, ma sufficientemente attenta e cauta in ogni circostanza. Era noto che non amasse quel tentativo di affiliazione alla Federazione, più per motivazioni personalistiche che di reale funzionalità. Avrebbe perso quella peculiare collocazione di persona in grado di sapere molto, vedere parecchio ed in grado di svolgere bene i propri affari ed intrallazzi.

Sajit non aveva perso tempo ad ordinare la caccia all'uomo dell'equipaggio federale che era disceso assieme al figlio dell'Ambasciatore: poco importava se sapesse perfettamente che molte cose non quadravano. Il loro arresto sarebbe stato un ottimo espediente per accumulare potere e mettere in cattiva luce il Governo.

Sajit poteva contare su un supporto trasversale in varie forze politiche, non sufficiente per destabilizzare il Primo Ministro, ma abbastanza per costringerlo ad assumere certe decisioni.

Sajit, per via della sua funzione, controllava anche buona parte delle forze dell'ordine, sebbene queste ultime fossero notoriamente divise in più fazioni.

C'era un nocciolo duro, durissimo, di vecchi investigatori che controllavano ruoli chiave: non avevano responsabilità di comando, ma la loro carriera forniva loro rispetto ed ammirazioni.
Fra loro, indubbiamente c'era il Detective Deved, autentica leggenda nel risolvere omicidi al dì là del proprio aspetto trasandato, con sempre addosso un impermeabile beige sgualcito, un sigaro mai acceso fra le dita e tutte le battute ad allusioni al suo animale da compagnia ed alla sua defunta moglie.
Il suo lavoro era certosino e di continuo logorio delle proprie controparti, sempre pronto a trovare la verità ovunque fosse nascosta.
Personalità come Deved non erano controllabili o gestibili: più si cercava di mettere loro bastoni fra le ruote e più ne uscivano più forti.

Sajit lo sapeva ed aveva provato ad isolare i detective della vecchia guardia, affiancando loro ufficiali più giovani, inesperti e possibilmente a libro paga.

A Deved era toccato il Tenente Lorz o Lotz, il Primo Ministro non ricordava pienamente il nome, ma era abbastanza sicuro che non lavorasse più nemmeno per Sajit e facesse il triplo gioco, ovvero si fosse venduto a qualche miglior offerente, pur mantenendo i piedi in più scarpe.

E lì si arrivava alle note dolenti: per quanto si fingesse di non vedere, Notrutun era dominata per buona parte da bande criminali: non intese propriamente come gang con armi in pugno, ma declinate in un variopinto crogiolo di forme di malaffare diverse.
Si passava dai locali a luci rosse, dai piccoli e dediti al ricatto facile, come quelli di Bojack, a quelli estesi che si nutrivano di escort di lusso pronte a soddisfare chiunque e comunque pur di ottenere informazioni per i loro capi.
C'erano poi coloro che amavano avere i propri territori posseduti con pugno di ferro come i Putein, padre e figlio: una palla di lardo con un briciolo di intelletto il primo, un aitante dotato di intelligenza pragmatica e stupida il secondo.
A loro si potevano imputare omicidi ed azioni brutali: era nel loro stile e, dai primi report di cui era entrato in possesso il Primo Ministro, molte delle uccisioni di quelle ultime ore non erano imputabili ai Federali quanto proprio agli accoliti dei Putein.
Infine, c'erano coloro che erano briganti in guanti bianchi: pronti ad addentare attività rivali,, privarle di ogni utile e poi abbandonare la baracca al proprio destino. Erano influenti, esperti a rimanere sempre al limite della legalità, pronti a sporcarsi le mani, sapendo benissimo di avere qualche cavillo da utilizzare ed una giustizia incapace di essere efficace nel breve periodo.

Loro erano guidati da Dogak, plurindagato per reati fiscali e di appropriazione indebita e sempre scagionato dopo anni di procedimenti penali.

Dogak controllava sia l'opposizione sia buona parte delle forze politiche che sostenevano il governo del Primo Ministro: non per dedizione alla causa, ma perché ne conosceva gli scheletri negli armadi, le debolezze, le ambizioni e sapeva come sfruttarle.

Dogak era stato anche Primo Ministro per circa vent'anni, sebbene non consecutivamente ed aveva ancora numerosi agganci ovunque poggiasse lo sguardo.

Era indubbio che Dogak non volesse i Federali, ma era abbastanza furbo da voler prima capire cosa potesse offrire dal punto di vista dei propri affari, un'eventuale adesione alla Federazione Unita dei Pianeti.
Che fosse coinvolto nella caccia all'uomo, era pressoché sicuro, ma con obiettivi ancora non del tutto chiari: era probabile che fossero suoi i sicari che erano intervenuti al motel terrorizzando il gestore.
Ciò che il Primo Ministro ignorava, però, era che la sua più stretta collaboratrice, colei che gestiva la sua agenda, che fungeva da filtro con chiunque, compresa la famiglia, che sì tanto amava i foulard da averne una collezione di centinaia, avesse deciso di giocare anche lei le sue carte: ambiva al potere e non poteva arrivarci se non giocando una difficile partita a scacchi con chiunque l'aveva per anni sottovalutata.
Era lei che aveva fornito ai Putein tutte le indicazioni per far scattare la trappola alla squadra di Bueller e sarebbe stata lei l'unica a rimanere in piedi, man mano che la Flotta Stellare avrebbe seguito le molliche di pane lasciate in giro ovunque per stroncare ogni avversario politico del Primo Ministro.

Alla fine, sarebbe rimasta sola ed avrebbe fatto scacco matto al Re.