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USS HOPE - MISSIONE 13 RSS USS HOPE - Missione 13

13.00 "Qualcosa di cui parlare"

di Lon Basta, Pubblicato il 03-02-2019

USS Hope - Sala mensa, 22/12/2398, ore 13:10


"Abbiamo un problema."

A quelle parole Lon Basta posò la posata sul tavolo e guardò Rodriguez che si era seduto davanti a lui. "Siamo appena partiti," obiettò colpito dalla nube di polvere nel deserto assolato che era in quel momento la mente del capo operazioni. Rodriguez solitamente era un turbine di immagini, il deserto era decisamente insolito per lui.

"E quando mai è stata una novità?" Ribatté l'umano servendosi di un pezzo di pane blu dal suo vassoio.

Corrugando la fronte a quel gesto Basta dovette ammettere, suo malgrado, che l'altro aveva ragione. Non c'era stata una missione della Hope che non avesse portato con sé sorprese, per lo più inaspettate. Un accenno di sorriso gli comparve sul viso subito scacciato dallo schioccare delle dita di Rodriguez sotto il suo naso.

"Torni su questa nave, tenente!" Lo rimproverò il capo operazioni, "niente romanticismo quando abbiamo un importante problema da risolvere."

"Abbiamo," commentò Basta osservando la nube di polvere che si faceva sempre più grande.

"Mio, nostro, sottigliezze", ribatté Rodriguez usando un altro pezzo di pane per intingerlo nel sugo del piatto di Basta.

Il betazoide si accigliò ulteriormente.

"Brucia!" Esclamò Rodriguez agitando la mano davanti alla bocca, "come fa a mangiare questa roba?"

Basta non rispose limitandosi ad incrociare le braccia sul petto mentre aspettava che si decidesse ad arrivare al punto. Rodriguez bevve un lungo sorso dal bicchiere di Basta poi sollevò entrambe le mani come per chiedere scusa. "Metta che lei avesse saputo da un amico di un amico di un amico di un amico che una certa merce stesse per essere venduta a persone poco piacevoli e non proprio amiche. E da questo amico di un amico di un amico di un amico, avesse anche saputo dove sarebbe avvenuta questa vendita e avesse pensato che se questa merce fosse finita nelle mani sbagliate sarebbe stata una cosa molto brutta. Il suo senso dell'onore l'avrebbe portata a fare qualcosa per impedirlo giusto?" Con la mano indicò Basta. "Lei non è me però, o meglio, io non sono lei e, seppure sarebbe stato molto giusto quello che lei avrebbe fatto, ci sono confidenze che non vanno tradite, mai, lo stabilisce il codice dei contrab...onesti mercanti," portò la stessa mano al cuore. "Tuttavia, un conto è fare qualcosa attivamente ed un altro è fare in modo che qualcuno lo faccia per te."

"No."

"Non sto dicendo che lei debba fare qualcosa!" Esclamò offeso Rodriguez, "non le chiederei mai una cosa simile e, comunque, sarebbe troppo tardi visto che si tratta di vicende avvenute un paio di anni fa."

Basta inspirò a fondo preparandosi alla tempesta di sabbia che ora era la mente del capo operazioni, "ma vuole che io faccia qualcosa per un problema più attuale." suggerì.

"Esatto! Come ha fatto a capirlo?" Esclamò Rodriguez spostando la sedia fino a trovarsi a fianco del betazoide, "mettiamo che l'amico dell'amico dell'amico dell'amico abbia passato un po' di tempo nelle celle detentive federali perché aveva parlato con troppe persone e la cosa è non si sa come trapelata, e mettiamo, si parla solo di ipotesi ovviamente, che io abbia saputo che ha finito di scontare la sua pena e che si sia messo in mente di vendicarsi erroneamente convinto che sia stato io il responsabile dei suoi affari finiti male," deglutì, "e abbia trovato un modo di salire a bordo della Hope..."

"Adesso?"

"Farà parte della delegazione diplomatica brahariana che imbarcheremo fra due giorni." Rispose tutto d'un fiato Rodriguez.

"Nome?"

"Mai saputo."

"Aspetto?"

"E chi l'ha mai visto? Era un amico, ma amico di un amico di un amico."

"Razza?"

Rodriguez strinse le spalle.

Lon emise un sospiro esasperato.

Rodriguez sorrise. "Sapevo di poter contare su di lei, splendida chiacchierata." Si alzò dal tavolo, fece un passo, poi si girò di nuovo verso il betazoide, "dimenticavo. Farò portare le mie cose nel suo alloggio così potrà proteggermi meglio."


USS Hope - Alloggio del Tenente Rest, 22/12/2398, ore 15:10


"Tutto qui?"

Basta strinse le spalle, "tutto qui quello che Rodriguez mi ha voluto dire."

"Non è sufficiente," decretò il vulcaniano, "non possiamo andare dal capitano con così pochi dati a disposizione."

"Concordo," risposte Basta andando verso gli scacchi vulcaniani, "per questo sono qui."

Rest sollevò un sopracciglio osservando il betazoide.

Nel corso di quell'anno, Lon aveva studiato il vulcaniano ed aveva iniziato a capire come leggere le, a mala pena visibili, alterazioni del suo viso. Non che potesse definirsi proprio un esperto lettore del carattere di Rest, ma aveva imparato a notare il leggero irrigidirsi delle spalle e lo sguardo, esattamente quello che ora il vulcaniano gli stata rivolgendo, che indicavano insoddisfazione e richiesta di arrivare al punto. Prese un pezzo degli scacchi rigirandoselo fra le dita prima di guardarlo.

"Rodriguez è un abile manipolatore," spiegò, "ma non sottile come te." Sapeva di poter essere diretto con Rest perché avevano ormai impostato il loro rapporto sul binario non sempre facile, e talvolta crudele, della sincerità. "Prima di parlare con il capitano o con il primo ufficiale, dobbiamo avere dati certi."

"Quindi io parlo con Rodriguez," concluse Rest annuendo.

"Mentre io prenderò ulteriori informazioni sulla delegazione cercando di aggirare i blocchi diplomatici e scoprire chi è il nostro misterioso uomo," annuì Basta.

Rest si avvicinò alla scacchiera osservandola con attenzione.

"Non abbiamo mai finito quella partita."

"È un gioco che non fa per me."

"Questi non sono vecchi come quelli dell'ambasciata, difficilmente si romperanno."

"Meglio non correre il rischio," ribatté Basta avviandosi verso la porta, "devo andare prima che Rodriguez si impossessi del mio alloggio."

"Lo ospiterai quindi?"

"Nemmeno per idea, se non riusciremo ad individuare di chi si tratta prima che salga a bordo avremmo bisogno di un'esca. Andrò io da lui."



USS Hope - Ufficio del capitano, 22/12/2398, ore 18:10


"E questo è tutto," concluse Caytlin soddisfatta per poi notare l'espressione di Bueller, "Ferris? Mi hai sentito?"

"Si si," si affrettò a rispondere il capitano agitando una mano distrattamente, "un diplomatico, sua figlia che fa parte del personale, tre guardie..."

"Protettori," lo corresse il consigliere.

"Protettori," ripeté Bueller sbuffando, "che avranno l'autorizzazione a salire armati perché i loro pugnali sacri sono più simboli che vere armi e non sono affilati. Un segretario," proseguì, "un addetto alle relazioni culturali con Andria, tre mogli. Come fa uno a sopportare tre mogli?"

"Chiedilo ai denobulani. E...?"

"E' importante che la missione vada a buon fine," ripeté il capitano con il tono di un bambino che ripete la lezione, "perché Brahara e Medor non hanno rapporti da un centinaio di anni e sono stati in guerra per almeno una cinquantina di quegli anni. La federazione si è assunta il compito di mediare e l'ammiraglio Lennox si è raccomandata di portare la delegazione a destinazione sana e salva e sorvegliare le trattative."

"E' la nostra prima missione diplomatica di questa portata," commentò Caytlin con un sospiro preoccupato.

"Andrà come deve andare," ribatté con filosofia Bueller portando le mani dietro la testa.

"Saremo su Brahara fra due giorni," riprese Caytlin, "vogliamo ripassare le informazioni che abbiamo su di loro?"

"Dobbiamo per forza farlo qui? Non saremmo molto più comodi nel mio alloggio?"