Luogo : Nave stellare Minerva
Data Terrestre: 14/07/2384
- Un pianeta di classe M! - grido' Gas, quando il computer della Minerva riverso' sullo schermo i dati rilevati dai sensori, traducendoli in un'immagine comprensibile ai cervelli organici.
Il grassoccio felinoide non stava piu' in se' dalla gioia, mentre leggeva avidamente le informazioni che scorrevano sul video della sua postazione.
- Ci sono dei grandi mari e questo significa pesce, pesce fresco. Basta pesce replicato! Ero proprio stufo di mangiare sempre lo stesso salmone, ormai lo conosco cosi' bene che mi ci sono quasi affezionato - disse riferendosi al fatto che il cibo che spesso si consumava a bordo dell'astronave era replicato, ovvero l'esatta copia di un originale i cui dati erano stati memorizzati precedentemente nel computer.
- Il tempo di replicare una canna da pesca e... pancia mia, fatti capanna!
- Non puoi farlo - disse severamente l'ex capitano della Federazione Nathan Weaver.
- Perche'? - chiese il gattone perplesso dalla reazione dell'umano dalla pelle scura. - Il pianeta ha valori simili a quelli della Terra, l'aria e' respirabile, e l'acqua e' acqua, non qualcosa che gli assomiglia, e voglio scoprire se ci nuota qualcosa di commestibile in quell'acqua.
- Quel pianeta e' abitato da esseri intelligenti - spiego' Weaver facendogli notare che sulla superficie si intravvedevano delle costruzioni.
- E allora? Basta che non siano i pesci ad essere troppo svegli o restero' a bocca asciutta - obietto' l'altro perplesso.
- Non devi perche'... perche'...
Weaver scosse la testa confuso. Ricordava molto poco del suo passato, e spesso aveva dei vuoti di memoria, ma aveva la netta sensazione che quella fosse una cosa sbagliata da fare; c'entrava una direttiva o qualcosa del genere.
- Tranquillo, portero' un pescione anche a te - disse Gas cercando di approfittarne per sgattaiolare via, ma non fece a tempo.
- La Prima Direttiva! - esclamo' Weaver, ricordando all'improvviso la direttiva primaria della Federazione. - "Quando si entra in contatto con un pianeta che si sta sviluppando in modo normale verso una civilta' tecnologica, un ufficiale non deve fare nessun accenno alla propria identita' o alla propria missione, ne' interferire con lo sviluppo sociale di tale pianeta, ne' far riferimenti allo spazio, ad altri mondi o a civilta' piu' avanzate" - recito' a memoria.
L'uomo si porto' alla postazione scientifica e fece una rapida scansione del pianeta. - Non ci sono tracce che indichino che appartengano ad una civilta' avanzata; non ci sono sistemi di rilevamento in orbita, ne' tracce di industrializzazione.
- E allora? - sbuffo' Gas, che cominciava a perdere la pazienza. - Primo, non sono un ufficiale della Federazione; secondo, non ho intenzione di interferire con nessuno, ma solo di procurarmi del pesce fresco.
- A meno che una delle razze di quel pianeta non siano dei grassi e saccenti gatti umanoidi sara' difficile per te passare inosservato, non credi? - obietto' Weaver con un sogghigno.
- Che sta succedendo qui? - chiese Aldea. Il capitano della Minerva, una donna di mezza eta' con la pelle scura e i lunghi capelli color argento, aveva appena fatto il suo ingresso in plancia e aveva colto solo l'ultima parte della conversazione.
L'avatar del computer di bordo, una giovane sirena olografica, si materializzo' immediatamente e le riassunse la situazione. - Siamo vicini ad un pianeta abitabile per voi. Gas vuole andare laggiu' a pescare, ma Nathan non vuole perche' ha paura che qualcuno di quelli che vive laggiu' lo veda e scopra che esistono gli alieni.
- Un pianeta abitabile... Interessante - disse la donna. Un luccichio avido le apparve nello sguardo mentre contemplava il pianeta verde e azzurro che si stagliava invitante sullo schermo. - Scendiamo a dare un'occhiata. Mi auguro che gli indigeni siano ospitali con gli esploratori spaziali.
- Sei impazzita? Non puoi violare la Prima Direttiva! - quasi grido' Weaver.
Aldea lo inceneri' con lo sguardo. - Quella e' una legge inventata da voi federali e che io non condivido. Su una nave la parola del capitano e' legge e qui sono io il capitano. Cerchi di non dimenticarlo, signor Weaver. Abbiamo bisogno di materie prime per le riparazioni, provviste ed acqua. Sara' piu' facile e rapido ottenerle dai locali in cambio di qualche sciocchezza, specialmente se sono dei barbari arretrati.
- La Prima Direttiva serve anche ad impedire che le risorse di un pianeta vengano saccheggiate ed i suoi abitanti sfruttati ed ingannati - sottolineo' Weaver.
- I pirati sfruttano, ingannano e saccheggiano, e fino a prova contraria questa e' una nave pirata, signor Weaver. Lo ha dimenticato di nuovo? - ribatte' con freddezza Aldea, maledicendo in cuor suo il momento in cui aveva deciso di salvare quel rompiscatole. Solo la speranza di ottenere un giorno un riscatto o una ricompensa l'avevano trattenuta finora dall'abbandonarlo nello spazio.
Weaver strinse le labbra per la rabbia, ma non replico'. Prima o poi avrebbe trovato il modo di fermare quei criminali...
Molto piu' tardi, Weaver, rinchiuso in una delle celle di sicurezza per evitare che prendesse delle iniziative personali, meditava vendetta, quando Aldea lo raggiunse.
- Sara' sollevato nel sapere che non siamo i primi "stranieri" a venire a contatto con questa civilta' - esordi' la donna. - Gli Aladyriani sono un popolo pacifico ed amichevole. Non hanno nulla che possa interessarmi, se non acqua e viveri freschi, che sono stati ben lieti di offrirmi spontaneamente. Dopo aver partecipato al banchetto offerto in mio onore stasera ripartiremo, senza "contaminarli" ulteriormente. Spero che questo la soddisfi - disse con ironia.
- Chiedo di scendere con voi.
Aldea sembro' sorpresa. - E che fine hanno fatto i vostri scrupoli, signor Weaver?
- Ormai avete interferito. Se mi permetterete di partecipare alle operazioni di Primo Contatto forse potrei dire qualche parola a vostro favore quando la Federazione vi arrestera' - replico' Weaver
- Per me e' indifferente che tu venga o no, ma tenta di giocarmi qualche scherzo e rimpiangerai di averlo fatto - disse Aldea minacciosa, passando al piu' sbrigativo tu.
Luogo : Pianeta Aladyr
Solo Aldea e Weaver scesero per partecipare alla cena organizzata per i visitatori.
Anche se l'ex capitano federale avrebbe avuto molte domande riguardo a chi stavano per incontrare se le tenne per se'. Non poteva correre il rischio che Aldea cambiasse idea e gli togliesse l'opportunita' di cercare di rimediare ai danni che potevano avere fatto quella donna ed il suo equipaggio.
Gli Aladyriani erano umanoidi molto simili ai terrestri, ma quello che colpi' di piu' Weaver furono che le donne erano insolitamente pallide ed etere.. e innegabilmente belle.
Nessuno si mostro' particolarmente sorpreso o incuriosito da quei due stranieri dalla pelle scura e dai vestiti insoliti che erano apparsi in uno scintillio di luci in mezzo alla piazza principale; questo convinse il federale che Aldea non aveva mentito, almeno riguardo la conoscenza che gli Aladyriani avevano riguardo ai viaggiatori provenienti da altri mondi.
Vennero accolti da un uomo massiccio elegantemente vestito, che Weaver immagino' fosse il loro rappresentante.
- Siamo onorati che abbiate deciso di seguire le nostre usanze - disse l'Aladyriano.
- L'onore e' nostro - rispose Aldea, con una cortesia che stupi' il federale. Da quando la conosceva, Weaver non l'aveva mai vista comportarsi gentilmente con nessuno.
La sala dove era stato allestito il banchetto ricordo' a Weaver uno dei locali di stile orientaleggiante di Risa, il pianeta dei divertimenti piu' famoso della Federazione.
Una delle donne gli si avvicino' e gli disse, accompagnando le sue parole con un caldo sorriso: - Il mio nome e' Lesanne. Saro' io a cenare con te.
Lesanne invito' Weaver a sedersi su uno dei soffici cuscini che erano disposti attorno alla tavola imbandita e si inginocchio' accanto a lui.
Ad Aldea era stato riservato un posto all'altro lato della tavola. Weaver ne fu lieto. Con un po' di attenzione avrebbe potuto parlare con gli Aladyriani senza essere sentito da lei.
- Che il banchetto abbia inizio! - annuncio' il loro anfitrione.
Lesanne riempi' la coppa di Weaver con del vino rosso e gliela porse per consentirgli di unirsi al brindisi iniziale. Solo allora il federale noto' che la tavola era apparecchiata solo per gli uomini.
In risposta al suo sguardo interrogativo Lesanne gli spiego': - E' usanza che prima mangino gli uomini. Il compito di noi donne e' quello di servirli e rendere piacevole la loro cena.
Il banchetto duro' a lungo. I tentativi di Weaver di parlare con gli Aladyriani furono inutili. Ogni volta che tentava di iniziare una conversazione l'unica risposta che otteneva era un sorriso, cosi' alla fine aveva rinunciato. Penso' che probabilmente i loro usi non ammettevano che si parlasse a tavola, e maledi' mentalmente Aldea per non avergli dato il minimo avvertimento su come comportarsi.
Pero' aveva la soddisfazione di vedere l'arrogante capitana della Minerva costretta dal protocollo a imitare le altre donne senza poter assaggiare nemmeno una di quelle squisitezze, penso' con un certo divertimento.
Ad un certo punto Weaver noto' che alcuni commensali sbadigliavano e sembravano sul punto di addormentarsi. Anche lui si sentiva assonnato. Aveva mangiato troppo, ma era tutto cosi' buono, e Lesanne aveva provveduto con sollecitudine che il suo piatto non rimanesse mai vuoto.
Lesanne era cosi' bella e seducente mentre gli porgeva la coppa che aveva appena riempito per l'ennesima volta che Weaver, reso audace dal vino, la tiro' accanto a se' e le disse: - Il banchetto ormai e' finito. Bevi con me.
Lesanne gli regalo' un altro sorriso. - Come desideri - disse e, con uno scatto, gli pianto' i denti aguzzi nel collo.
Weaver tento' di reagire ma era troppo debole ed intontito. Sospetto', con ragione, che gli avessero messo qualche droga nel cibo per impedirgli di difendersi.
Anche le altre donne si erano gettate sugli uomini, semiincoscenti, e succhiavano loro il sangue, come se l'azione di Lesanne fosse stata il segnale dell'inizio del loro macabro pasto.
L'ultima cosa che Weaver vide prima di svenire fu Aldea, che con un sorrisetto maligno, alzava un calice come se si apprestasse a brindare alla sua salute.
Luogo : Nave stellare Minerva
Data Terrestre: 15/07/2384
Quando Weaver ritorno' in se' si trovava nell'infermeria della Minerva.
- Ti sei svegliato, finalmente - lo accolse Gas.
Weaver si mise seduto e si porto' istintivamente la mano al collo. La testa gli girava e aveva la nausea. - Cosa e' successo? - chiese con voce rauca.
- Tranquillo, la ferita e' gia' perfettamente rimarginata. Il sangue dei terrestri e' piu' dolce di quello dei loro uomini. Lesanne lo ha apprezzato molto, e forse ha esagerato un pochino. Ma se mangi un paio di bisteccone sarai come nuovo - disse Gas tutto allegro. - Razza veramente strana quella degli Aladyriani - commento'. - Le femmine non hanno un vero e proprio apparato digerente, e cosi' si nutrono del sangue dei maschi. Ad Aldea il loro sangue e' piaciuto abbastanza.
- Lei ha veramente... - chiese Weaver con evidente disgusto.
- Bevuto il sangue di uno dei loro uomini? Certo. Quando sei a Romulus fai come i romulani. Gli Aladyriani hanno veramente apprezzato il vostro gesto. Sono rarissimi i visitatori che accettano di partecipare ai loro banchetti.
Weaver realizzo' solo allora che Aldea aveva sempre saputo che la cena sarebbe finita in quel modo. - Mi ha usato! - disse con rabbia. - Quella strega!
- E allora? Devi pur guadagnarti il passaggio - gli fece notare Gas, con fare sornione. - Chi non lavora non mangia. A proposito di cibo, abbiamo la stiva piena di roba fresca. Vuoi un pesce? Quelli che ci hanno regalato gli Aladyriani sono enormi e squisiti.
Weaver gli tiro' contro la prima cosa che gli capito' sottomano, ma il felino la schivo' agilmente e si eclisso', brontolando qualcosa sull'ingratitudine degli umani in generale e dei federali in particolare. Quanto odiava quell'ammasso di pelo...
Rimasto solo Weaver si alzo' faticosamente dal lettino e, lottando contro le vertigini, raggiunse la postazione del computer piu' vicina e la consulto'.
Come temeva avevano lasciato l'orbita del pianeta ed erano di nuovo nello spazio, ma non si scoraggio'. Prima o poi la Minerva avrebbe incontrato un altro pianeta o una nave e, se la sua memoria non lo avesse abbandonato di nuovo, avrebbe avuto un'altra occasione...
Luogo : Nave stellare Minerva
Data Terrestre: 01/08/2384
Un coniglio bianco, con panciotto e orologio, correva freneticamente per i corridoi della Minerva ripetendo: "Sono in ritardo... no, sono in anticipo... no, sono in ritardo..."
Lazarus lo guardo' perplesso. Sembrava proprio il coniglio di quel vecchio libro che aveva letto quando era bambino, "Alice nel Paese delle Meraviglie". Probabilmente si trattava di uno degli ologrammi che si divertiva a materializzare Sorellina, il virus informatico che si era combinato con il computer di bordo creando un'insolita forma di intelligenza artificiale.
- Sorellina, devo aspettarmi di incontrare anche lo stregatto o il cappellaio matto? - chiese ad alta voce.
Ma non ci fu nessuna risposta.
- Gas, sei di nuovo qui?
Modred guardo' allibita il grosso felino che, con sguardo supplichevole, le porgeva un piatto vuoto.
- Ma ho ancora fame - protesto' lui. Il suo stomaco brontolo' come per dimostrare alla cuoca della Minerva che non mentiva.
La bajoriana sospiro' rassegnata. In fondo a bordo avevano viveri in abbondanza e non le sarebbe occorso molto tempo per cuocere sulla piastra un pesce, il cibo preferito del gattone.
Dopo che Gas se ne fu andato tutto contento con il suo ennesimo spuntino, Modred torno' a dedicarsi alla zuppa. Quello si' che era un piatto lungo da preparare. Le verdure dovevano essere passate una per una fino ad essere ridotte ad una poltiglia, e poi dovevano essere messe a cuocere in un ordine ben preciso e girate spesso, perche' si amalgamassero bene e non attaccassero al fondo della pentola.
Quando la zuppa fu cotta, Modred sollevo' con un po' di fatica il grosso pentolone e lo poso' su un carrello. Lo spinse lungo i lucenti corridoi, prese un paio di turboascensori, ed alla fine arrivo' al cuore dell'astronave; la sala macchine. Bartig non usciva praticamente mai da li' e la ragazza era costretta a portargli i pasti a domicilio.
Nonostante Bartig fosse un bestione alto piu' di due metri e pesante circa 135 kg, con delle zanne con le quali avrebbe potuto masticare un bue intero, era timidissimo e vegetariano. Per fortuna mangiava solo una volta al giorno e, se anche la zuppa non fosse stata gradita al suo palato alieno, Modred dubitava che avrebbe protestato.
Quando la bajoriana entro' trovo' Bartig in ginocchio, intento a trafficare sotto una delle consolle. Appena la vide, il colosso smise di lavorare, si alzo' con calma, lentamente strofino' le mani contro la tuta, e arrossi', o meglio la sua pelle violetta divenne di un viola ancora piu' acceso.
- Ti ho portato la pappa - disse Modred con un sorriso amichevole, e poi se ne ando' per evitare di imbarazzarlo di piu'. Chissa' se essere cosi' timido era una particolarita' di Bartig o se tutti quelli della sua razza erano cosi' - penso', immaginando con un certo divertimento una moltitudine di bestioni zannuti che fuggivano a gambe levate davanti ad una piccoletta come lei.
Il coniglio con panciotto ed orologio si fermo' un attimo davanti alla bajoriana ripetendo: "Sono in ritardo... no, sono in anticipo... no, sono in ritardo...", e poi corse via.
Bartig aspetto' con pazienza che la zuppa si raffreddasse, e poi la mangio' piano piano, gustandosi ogni boccone. La piccola donna aveva sempre fretta, ma quel giorno gli era sembrato che ne avesse piu' del solito. Aveva detto qualcosa cosi' rapidamente che gli era stato impossibile capirla ed era letteralmente scappata. Boh?
L'apparizione del coniglio lo fece sobbalzare, ma questo spari' cosi' velocemente che non fu nemmeno sicuro di averlo visto.
L'ex capitano della federazione Nathan Weaver l'aggiunse un'altra carta al castello di carte che stava costruendo. Era un buon passatempo e lo rilassava abbastanza. Ad un certo punto pero' si rese conto che il mazzo di carte non finiva mai e il castello non sembrava crescere, anzi aveva l'impressione di aver appena terminato un piano che ora pero' mancava.
"Dannate amnesie!" - penso' con rabbia. Probabilmente aveva fatto quel piano in un castello precedente, e ora stava facendo un nuovo castello che non ricordava di avere cominciato. Da quando una razza aliena gli aveva fatto il lavaggio del cervello per scoprire i segreti della federazione la sua memoria andava e veniva. L'unica cosa che cercava disperatamente di non dimenticare era che si trovava prigioniero su una nave pirata, cosa che gli riusciva molto difficile visto che per la maggior parte del tempo quei criminali lo trattavano come se fosse uno di loro. Ma un giorno sarebbe fuggito, e una volta guarito sarebbe tornato al comando della sua nave. E poi il suo fedele equipaggio non poteva averlo dimenticato, anche se lui faticava a ricordare i loro volti e i loro nomi. Era sicuro che lo stessero ancora cercando. Erano ufficiali della federazione, non erano certo come quei sleali pirati che avrebbero abbandonato un compagno in difficolta' senza pensarci due volte.
Weaver sgrano' gli occhi quando un coniglio con il panciotto salto' sul tavolo, gli sventolo' davanti un orologio e svani'.
- Ho anche le allucinazioni, adesso - gemette.
Khetta si lascio' sfuggire uno squittio inorridito. Era una setola bianca quella che vedeva riflessa nello specchio? Impossibile! Era troppo giovane, e aveva sempre avuto la massima cura del suo corpo. La tellarite si avvicino' per vedere meglio e noto' con raccapriccio che c'erano delle inestetiche rughette attorno agli occhi che era sicurissima di non aver avuto la sera prima.
Che stava succedendo? Che fosse un effetto collaterare di quella crema speciale che aveva comprato a carissimo prezzo su Risa? Possibile che l'avessero truffata? Sarebbe stato il colmo. Era lei che truffava gli altri, non viceversa. Avrebbe analizzato la crema, e se avesse trovato anche solo un ingradiente sospetto avrebbe strangolato il venditore con le sue stesse mani, la prossima volta che le loro strade si sarebbero incrociate.
Era cosi' furiosa che prese per la collottola il coniglio e lo sbatte' fuori dal suo alloggio prima che potesse dire una sola parola. Non era certo dell'umore adatto per i giochetti di Sorellina.
T'eyan meditava sotto il familiare cielo di Vulcano, o almeno cercava di farlo. C'era qualcosa in quella calma assoluta che la disturbava. Apri' gli occhi e cerco' la causa del suo disagio, ma era tutto tranquillo, troppo tranquillo, non si muoveva neppure una foglia. Era tutto immobile, realizzo', alzando leggermente un sopracciglio. La simulazione olografica si era come congelata; era questo che aveva interrotto la sua concentrazione.
- Computer, terminare la simulazione - ordino', ma non accadde nulla.
La vulcaniana si alzo' e raggiunse l'uscita, comminando con attenzione per evitare che i fili d'erba, rimasti rigidi, le ferissero i piedi. La porta si apri' senza difficolta', ed una volta all'esterno, T'eyan, dopo aver lanciato un'ultima occhiata al paesaggio immobile, si mise ad esaminare i controlli della sala ologrammi per capire che cosa poteva aver causato quell'inaspettato blocco.
Era cosi' concentrata che presto' poca attenzione al coniglio che passo' accanto a lei ripetendo la sua tiritera. Non era certo la prima volta che Sorellina giocava con gli ologrammi.
Aldea si tocco' incredula il taglio sulla guancia dal quale usciva qualche goccia di sangue. Liam era riuscito a ferirla! Non era mai successo. Anche se il grosso klingon era piu' giovane e forte, lei era agile e veloce, inoltre quello sciocco era innamorato di lei, e gli riusciva impossibile impegnarsi sul serio durante le loro esercitazioni.
L'espressione mortificata di Liam smorzo' la sua rabbia per essersi fatta sorprendere. - E' solo un graffietto - lo rassicuro'. - Ho visto arrivare la lama ma non sono stata abbastanza veloce da schivarla. Evidentemente sto invecchiando - ammise di malavoglia.
L'arrivo del coniglio con panciotto ed orologio, che ripeteva affannato la solita tiritera, la preoccupo'. - Sorellina, che sta succedendo? - chiese, senza ottenere risposta.
L'allarme rosso risuono' nei corridoi della Minerva, prima quasi in sordina, poi sempre piu' forte, fino a cessare all'improvviso.
Davanti ai pirati accorsi in plancia si materializzo' la sirenetta olografica che usava Sorellina per interagire con loro.
- State tranquilli, ormai il pericolo e' passato - disse.
- Che pericolo? - chiese brusca Aldea.
- Non vi siete accorti di nulla? - chiese Sorellina sgranando gli occhi per lo stupore, una delle emozioni che cominciava a comprendere. - Sono finita, o meglio la Minerva e' finita, in una nube di bolle. All'inizio era divertente, ma poi e' stato terribile. C'erano bolle di tutte le misure, e dentro ognuna di esse il tempo era diverso. Gli scudi non le hanno tenute fuori, e cosi' hanno alterato anche il tempo all'interno della nave. Avevo dei turboascensori che andavano pianissimo, ed altri velocissimi, per non parlare degli altri sistemi. La consolle del ponte ologrammi si e' bloccata, il sistema di attivazione dell'allarme rosso era finito dentro una bolla il cui tempo era fermo, e solo quando questa e' scoppiata ha suonato.
- Bolle di tempo? - chiese Liam. - Ma non abbiamo visto nulla.
- Voi non potevate vederle - spiego' Sorellina, - ma potreste avere risentito dei loro effetti.
- Effetti come quello di invecchiare rapidamente? - chiese Khetta, colta da uno sgradevole sospetto.
- Oppure rallentare o accelerare il tempo soggettivo? - domando' Aldea, che non si era ancora rassegnata ad essere stata ferita cosi' facilmente da Liam. Una di quelle bolle avrebbe potuto aver interferito nella loro esercitazione, rendendo piu' veloce Liam o piu' lenta lei.
- O di avere sempre fame? - disse Gas.
- Tu quella ce l'hai sempre - gli fece notare Modred.
- E' possibile che il tempo sia tornato anche indietro? - domando' Weaver ricordandosi del castello di carte. Aveva veramente dimenticato di aver costruito quel piano, oppure una di quelle ipotetiche bolle aveva cancellato le sue azioni, alterando il tempo?
- Beh, si, potrebbero aver causato tutte queste cose - disse Sorellina, dopo averci riflettuto su un millesimo di secondo. - Ma ora siamo usciti dalla nube, e tutte le bolle che erano a bordo sono scoppiate.
- Ma io sono invecchiata! - quasi grido' Khetta. - Non e' giusto. Chissa' quanti anni ho perso!
- Ma non sei invecchiata, l'effetto delle bolle era temporaneo - la rassicuro' Sorellina, materializzando uno specchio. Khetta vide con sollievo che sul suo viso porcino la pelle era tornata liscia e fresca come prima, e non c'era piu' traccia di setole bianche.
- E cosa c'entrava l'ologramma del coniglio di Alice? - chiese Lazarus.
- Era per avvertirvi che c'erano problemi con il tempo. L'allarme non suonava e quasi tutti i miei sistemi o erano indietro nel tempo o troppo avanti e non riuscivo a comunicare - spiego' sorridente Sorellina. - Non l'avevate capito?
Luogo : Pianeta Alfa87
Data Terrestre: 05/12/2384
L'aria frizzante di Alfa87 gli metteva appetito, specialmente dopo tutto il tempo passato in giro per lo spazio, e Gas, il grassoccio Temmincki che faceva parte dell'equipaggio della nave stellare Minerva, si guardo' in giro alla ricerca di qualcosa con cui riempirsi la pancia.
Il pianeta non faceva ancora parte della Federazione, ma ci sarebbe entrato molto presto. La sua posizione strategica aveva spinto i Federali ad accelerare le pratiche, nel frattempo era liberamente visitabile. Per questo l'aspetto di grosso felino umanoide di Gas non attirava particolarmente la curiosita' degli indigeni. Altre razze aliene frequentavano Alfa87, per turismo, commercio o altro, e aveva gia' incrociato un gruppetto di caitiani, una razza felina simile alla sua.
Il motivo per cui loro invece erano li' gli era ignoto; Aldea, la capitana della Minerva, aveva posteggiato la nave in orbita e aveva dato il permesso ad alcuni di loro di visitare il pianeta, senza dare alcuna spiegazione su cosa l'avesse spinta a fermarsi li'. Probabilmente qualche affare illecito, penso' Gas. Di che altri affari potevano occuparsi dei pirati vagabondi e squattrinati?
Le sue riflessioni vennero bruscamente interrotte dal delizioso odore di pesce fritto che raggiunse il suo sensibilissimo naso, provocando l'immediato brontolio del suo stomaco.
In pochi secondi raggiunse la bancarella dove un'anziana indigena buttava dei piccoli animali simili alle sardine terrestri in una larga padella piena di olio bollente, e in cambio di alcune delle monete locali ottenne un grosso e unto cartoccio pieno di quella prelibatezza.
Con un sospiro beato si sistemo' sul bordo di una fontana e comincio' a mangiare di gusto, sotto lo sguardo inorridito dei passanti.
- Che c'e'? Non avete mai visto nessuno mangiare? - chiese senza rivolgersi a nessuno in particolare.
- E' cosi' - gli rispose un uomo. Indossava quella che Gas identifico' come una divisa, e si era prontamente avvicinato insieme ad altri tre uomini vestiti nello stesso modo. - Consumare cibo in pubblico e' assolutamente proibito.
Gas si puli' lentamente il muso con la manica della giacca. - Avete delle strane leggi da queste parti - disse poi. - Allora vado a finire di mangiare da un'altra parte.
- Spiacente, ma avete commesso un gravissimo reato. Dovete seguirci dal giudice - lo fermo' l'uomo.
- Gravissimo? Siete proprio della strana gente - sbotto' il felinoide.
Gas penso' che non gli conveniva mettersi nei guai. Avrebbe pagato la multa e poi se ne sarebbe tornato sulla Minerva a finire il pasto, peccato che per quell'ora il pesce o quello che era, sarebbe stato freddo, e anche riscaldato non sarebbe stato piu' cosi' buono e croccante.
Chiuse il cartoccio con un plateale sospiro e segui' le guardie.
Il tribunale locale era simile ad un tempio romano, un tripudio di alte colonne candide e marmi screziati.
Gas si chiese se quella particolare architettura era un'idea originale degli indigeni o se era stata ispirata dalla cultura della Terra. In ogni caso fungeva bene al compito di farlo sentire piccolo ed insignificante.
Un usciere lo perquisi' e gli sequestro' tutto quello che aveva addosso, compreso il cartoccio unto, che l'uomo prese con evidente disgusto.
Dopo di cio' Gas fu condotto in una grande stanza, con le pareti ed il pavimento rivestiti di legno. L'unico arredo era una cattedra sistemata su una pedana, in modo che l'uomo seduto dietro ad essa sovrastasse i presenti. Egli era un tizio magro, con uno sguardo severo che non prometteva nulla di buono.
- Mi scusi, vostro onore - azzardo' Gas. Oltre alle guardie ed al giudice ed a lui stesso non c'era nessun altro. - Come funzionano le cose da queste parti? Ho diritto ad un'avvocato o devo difendermi da solo? C'e' una giuria o decide vostro onore? Se c'e' una multa o una cauzione da pagare non ho molti soldi con me, ma se mi lascia mettere in contatto con la mia nave...
- Silenzio! - sibilo' il giudice. - Per aver agito in palese disprezzo delle nostre usanze e delle nostre leggi la condanna e' la morte.
- Morte? - protesto' Gas allibito. - Per aver sgranocchiato in pubblico due pescetti? Non vi sembra di esagerare? Sono uno straniero. Non conosco le vostre leggi - spiego'.
- Dovevate informarvi prima di venire nel nostro paese. L'ignoranza non e' una giustificazione - replico' gelido il giudice.
- Voglio avvertire il capitano della mia nave. - La situazione era assurda, ma Gas era sicuro che Aldea avrebbe trovato il modo per tirarlo fuori dai guai. Probabilmente le sarebbe bastato corrompere qualche guardia o il giudice stesso.
- Richiesta negata. La sentenza verra' eseguita immediatamente.
- Come immediatamente? Sta scherzando? - grido' il Temmincki. - Quando il mio capitano lo sapra' mettera' a ferro e a fuoco il pianeta.
- Per allora giustizia sara' fatta - disse il giudice per nulla impressionato.
- Aspetti... sono di una razza in via di estinzione... Ho almeno diritto all'ultimo pasto? - grido' Gas mentre veniva trascinato via.
Luogo : Nave Minerva - Alloggio del capitano
Data Terrestre: 05/12/2384
Attorno a lei c'era il caos. Aveva divelto ogni mobile, strappato ogni suppellettile, tentando di sfogare l'immensa rabbia che provava. Nessuno avrebbe osato entrare nel suo alloggio, in quel momento. Nessuno che tenesse ancora alla propria pelle avrebbe osato cercare di consolare Aldea per la perdita di Gas.
Il tavolo in legno di rosa era rovesciato e mostrava malinconicamente le proprie zampe spezzate, ma a lei ancora non bastava.
Davanti a lei c'era ancora il piccolo quadro che lui le aveva regalato, dopo averlo rubato su chissà quale nave, durante chissà quale razzia.
Aldea lo staccò dal muro, con le mani tremanti. Raffigurava un paesaggio di un pianeta sconosciuto, dai cieli rosso fuoco. Per un istante lo rimirò, poi, con un gesto calcolato, lo girò verso lo spuntone della zampa del tavolo, conficcandolo con forza. I frammenti di vetro schizzarono in ogni direzione. Aldea ne sentì le punture, e per un istante si calmò, provando un dolore che finalmente era solo fisico.
Si guardò le mani. Erano piene di graffi. Pesanti gocce di sangue le si stavano aggrumando sul palmo. Le scosse leggermente, e le gocce caddero sulla desolazione che la circondava. Non avrebbe pianto. No: la sua era rabbia allo stato puro. Rabbia per Gas, perché si era andato a ficcare stupidamente in una situazione difficile. Rabbia per sé stessa, perché non aveva pensato alla possibilità che qualcuno - Gas! - potesse non tornare da una licenza su un pianeta che, apparentemente, non era abitato da barbari.
Non aveva pensato, lei, che quello poteva essere un posto pericoloso in cui approdare. Non lo aveva pensato. Ma era suo dovere pensarci. Aveva pensato, invece, che Gas era tornato vivo e sorridente da assalti a navi mercantili bene armate, che lo aveva visto buttarsi a corpo morto in una rissa e affrontare pericoli davanti ai quali tanti si sarebbero tirati indietro.
Tanti, ma non lui. Ora era morto, e lei. Lei non sapeva come fare a piangerlo.
Sussultò. La porta alle sue spalle si stava aprendo. Afferrò il collo di una bottiglia in frantumi, e si scagliò in direzione della porta. Fu intralciata dai detriti. Urlò: "Teyan! Non hai capito i miei ordini? Non voglio essere disturbata!"
"Ho capito benissimo" - rispose la vulcaniana. Superò i pezzi del tavolo per avvicinarsi al capitano - "Ma non c'era tempo d'aspettare che ti fossi ripresa dalla notizia della morte di Gas. Abbiamo ricevuto l'ordine di allontanarci dal pianeta. Due navi militari ci hanno affiancato, con l'incarico di scortarci fuori dal loro spazio territoriale."
"Cosa?"
"Ho spiegato che c'erano ancora dei membri del nostro equipaggio sparsi in licenza sul pianeta e ci occorrevano ancora tre ore per riprenderli tutti, ma non c'è stato niente da fare. Dobbiamo andarcene subito."
"E' assurdo!" - mormorò Aldea - "Prima ci ammazzano Gas. E adesso ci ordinano di andarcene senza aver ripreso i nostri? Ma che significa? Che hanno in mente?"
Il volto di T'eyan era scuro come il suo sguardo: "Suppongo che vogliano evitare una nostra reazione" - disse lei - "Vogliono impedire che ci rimettiamo dallo choc a sufficienza per metterci a fare delle domande. E per vendicare il nostro compagno"
"Vendicarlo?" - domandò Aldea. La sua voce aveva una inflessione che suonò strana anche a lei. L'idea era immensamente seducente, ma scosse la testa.
Gas era uno di loro. Un pirata. Nel momento in cui aveva iniziato quella vita, aveva dovuto accettarne tutti i rischi. Anche quello di finire in una camera di disintegrazione su un qualche pianeta. Ma certo non si aspettava di finirci senza nessuna colpa.
"Si: vendicarlo" - rispose T'eyan -"Vedi, c'è un'altra cosa che devo dirti. E devo dirtela subito"
"Cosa?"
"Prima di autorizzare lo sbarco su qualunque pianeta, io scarico sul mio database la sua legislazione. Questo, per impedire eventuali problemi o incomprensioni. Non possiamo permetterci troppe polizie sulle nostre tracce."
"Vai avanti"
"Dopo la comunicazione della sentenza - e della sua esecuzione - ci hanno spedito una copia della legge in base alla quale è stato condannato Gas. Ho confrontato la legge con il database precedente. Quella legge non esisteva."
"COSA??"
T'eyan piantò i suoi occhi direttamente in quelli di Aldea: "La legge non esisteva. O se preferisci, non ce n'è traccia nel database scaricato prima della condanna. Quella legge è comparsa, all'improvviso, solo quando Gas è stato condannato."
Aldea strinse i pugni. I frammenti di vetro le penetrarono nelle carni, ed il dolore si fece più acuto. Ma i suoi pensieri - non poteva dire se a causa o no del dolore - diventarono misteriosamente più chiari. Si appoggiò alla paratia, fissando il suo secondo: "Hanno voluto uccidere Gas" - non era una domanda.
Il volto di T'eyan appariva calmo come al solito, ma Aldea intuì l'energia che stava correndo sotto la scorza della sua autodisciplina vulcaniana.
"Ma perché?"
"E' una buona domanda. Io non so rispondere. Perché non lo chiedi a loro?"
Aldea la fissò per un lungo istante, poi annuì, lentamente. "Si. Forse lo farò"
T'eyan superò i detriti e si chinò sul letto. Prese una striscia di tessuto dalle lenzuola strappate: "Se vuoi parlare al governo di Alfa87, sarà meglio che ti bendi quelle mani."
"Vorresti bendarmi tu?" - disse Aldea, sardonica - "Sei troppo abituata ad uccidere per saper curare una ferita"
"Dovrai accontentarti" - ribatté la vulcaniana - "Almeno finché non riusciremo a trovare un altro medico."
Luogo : Nave Minerva - Sala comando
Pochi minuti dopo, Aldea entrò in sala comando, seguita dal suo secondo.
Nathan Weaver si voltò, sentendole entrare. Liam aggrottò la fronte, e parve voler dire qualcosa vedendo le mani sommariamente bendate del capitano, ma un gesto di T'eyan gli fece capire che non era il caso di parlarne. Modred era ancora sul pianeta, assieme a Laz... Sicuramente erano entrambi ancora inconsapevoli della fine di Gas.
Dalla postazione, Khetta P§or si schiarì la voce: "Ehm... Ci §tanno chiamando §u tutte le frequenze, da mezz'ora abbondante" - riferì - "Vogliono §apere perché non abbiamo ancora abbandonato l'orbita del loro pianeta"
L'immagine sullo schermo mostrava Alfa87, e due navi leggere da combattimento in formazione di fronte a loro.
"Che tipo di armamento hanno quelle navi?" - domandò
T'eyan aveva raggiunto la propria postazione al tattico: "Vecchio stile, ma sufficiente a darci fastidio, soprattutto considerando che quelle due navi non sono sole. C'è una cintura di satelliti artificiali attorno al pianeta, che possono lanciare raggi faser a ripetizione."
Aldea fece una smorfia: "Non potremo agire di forza."
"E' questo che avete intenzione di fare?" - domandò Nathan Weaver - "Agire di forza?"
"Non è esattamente quello che fate voi federali, quando toccano uno dei vostri preziosi ufficiali?" - ribatté T'eyan, dal tattico.
"Non quando commettono qualcosa contro le leggi di un pianeta" - rispose Weaver - "Se uno dei nostri..."
"Se uno dei vostri viene condannato, qualsiasi cosa abbia fatto, voi fate carte false per farlo liberare" - si intromise Aldea - "Ma questo non ci interessa, in questo momento. Noi NON siamo federali. Ed agiremo a modo nostro!" - fece una pausa - "E adesso. Voglio vederli in faccia, quei bastardi che hanno ammazzato Gas. Sullo schermo!"
Khetta lanciò al capitano un'occhiata esitante, ma premette un pulsante sulla consolle di comunicazione. Sullo schermo comparve il volto scuro di un Alfano. Aveva indosso un abito civile di un tessuto scuro simile al raso. All'altezza del petto, brillava un pendente quadrato, forse d'argento, che attirò lo sguardo di Aldea.
"Finalmente, capitano! Sono due ore che cerchiamo di parlarle."
"Ho avuto da fare!" - rispose seccamente Aldea - "Sono Aldea Ajdar, capitano della nave commerciale Minerva. Con chi ho l'onore di parlare?" - Il dubbio onore di parlare, pensò fra sé Aldea.
"Sono Juen Jez, Primo Vicesegretario dell'Addetto di Giustizia del pianeta Alfa87" - fece l'altro, facendo risuonare con cura tutte le maiuscole.
"Vicesegretario...?" - Nemmeno il segretario del ministro di giustizia!
"Primo Vicesegretario. Come tale, sono stato incaricato di porgervi le nostre più vive condoglianze da parte del nostro governo..."
"Condoglianze? Voi avete ucciso..."
"Le nostre più vive condoglianze" - continuò l'uomo, senza dar peso all'interruzione - "Per la triste sorte toccata al membro del vostro equipaggio. Nello stesso tempo, sono costretto a chiedervi perché non avete ancora ottemperato all'ordine di lasciare immediatamente il nostro spazio territoriale"
"Per due motivi. Il primo è che dobbiamo recuperare gli altri membri dell'equipaggio in licenza sul pianeta, e che non siamo ancora riusciti ad avvisare della situazione"
"Organizzeremo il loro trasporto sul traghetto per il sistema di Gals, dove potrete riprenderli"
"Il secondo è che dobbiamo terminare i riti di morte del nostro povero compagno" - rispose Aldea.
"Come?" - L'uomo spalancò gli occhi.
"Il nostro povero compagno era un... osveraliano molto osservante" - mentì Aldea, ignorando gli sguardi stupiti dei compagni in plancia - "La sua povera anima non potrebbe riposare in pace se non celebrassimo degnamente il suo funerale"
"Ah... Capisco" - borbottò Juen Jez. L'uomo giocherellò un istante con il quadrato d'argento - "Ma potreste celebrare i vostri riti durante il viaggio" - obiettò.
"Questo non è possibile" - fece Aldea. Alzò le mani bendate - "Il rito osveraliano va celebrato immediatamente, sul luogo in cui è avvenuta la dipartita. Come vede, abbiamo già iniziato il rito con il cerimoniale del sangue. Ma ci occorreranno almeno 24 ore per compiere tutti i riti nel modo prescritto"
Juen Jez fece una smorfia: "Ventiquattro...?"
"Non un minuto di meno!" - rincarò Aldea, incrociando in maniera teatrale sul petto le mani bendate.
L'uomo sospirò: "E va bene! Farò presente le vostre esigenze religiose all'Addetto di Giustizia. Ma vi prevengo che nessuno di voi potrà lasciare la vostra nave durante questo periodo. Qualsiasi teletrasporto a terra verrà intercettato, e sarete tutti passibili della medesima pena inflitta al vostro compagno."
Aldea chinò il capo: "Naturalmente. Ma dovremo riprendere i nostri dalla superficie del pianeta"
L'uomo assentì, rigido. La comunicazione si concluse.
Per un attimo, ci fu silenzio. Poi una voce bambina interloquì: =^= Aldea, che cos'è un osveraliano? Nei miei database non c'è traccia di questo rito =^=
"Sorellina, è perché me lo sono inventato io dieci minuti fa" - fece Aldea, andando a sedersi sulla poltrona centrale - "Dovevamo strappare agli Alfani qualche ora di dilazione. Quando ho visto sul petto di quel viscido individuo che è Juen Jez il quadrato d'argento che è il simbolo della loro religione, ho capito come potevo fare"
"Ottima idea" - approvò T'eyan - "Ho sentito dire anche io che gli Alfani sono come i Bajoriani quanto ad attaccamento alla religione. Gli atei sono perseguitati. Ed è uno degli elementi che ancora impediscono ad Alfa87 di entrare a far parte della Federazione."
=^= Insomma, gliel'avete fatta! =^= fremé Sorellina. Il suo accento era commosso.
"Solo per il momento!" - ribatté T'eyan - "Dobbiamo ancora stabilire come faremo a far pagare gli Alfani la morte di Gas"
"Dunque, lo ammettete!" - esclamò Nathan Weaver - "Volete vendicarvi."
Aldea si alzò. Andò a piazzarsi esattamente di fronte all'umano. Non urlò, non ce n'era bisogno. La sua voce risuonò, bassa e dura come un colpo di frusta:
"Noi non abbiamo fatto niente contro la gente di questo pianeta! Eravamo qui per riposarci e per dar via un po' delle merci che ci ingombrano le stive. Non abbiamo provocato nessuno, non abbiamo fatto male a nessuno. E loro hanno ucciso uno dei nostri. Io voglio sapere... Devono spiegarmi il perché. E pagarne il prezzo."
Il volto di Weaver era addolorato. Sostenne lo sguardo di Aldea: "Vi posso capire. Ma farò tutto quello che posso per impedirvi di fare del male a questa gente"
"Ci provi!" - lo sfidò Aldea. Lentamente, si voltò e tornò alla poltrona centrale.
Si rivolse a T'eyan: "Credo che il nostro amico federale abbia bisogno di un po' di riposo. In una cella del settore detenzione, magari?"
T'eyan premette dei pulsanti in sequenza sulla postazione tattica. Weaver accennò una reazione ma svanì nel teletrasporto: "Eseguito"
Sullo schermo era riapparsa l'immagine del pianeta. Le due navi militari erano sempre nella stessa posizione. Aldea non dubitò che avessero gli schermi alzati e le armi cariche. Ma non sarebbero bastate a proteggere il pianeta dalla sua vendetta.
"Finora abbiamo parlato. Adesso vediamo di fare qualcosa"
Luogo : Nave Minerva - Sala riunioni
"Bene. Hai qualche idea su cosa fare, per vendicare Gas?"
Aldea si lasciò cadere sulla poltrona. La sala riunioni era semibuia, ma non voleva dire a Sorellina di aumentare l'illuminazione. Attraverso i grandi oblò, poteva vedere il sole del sistema illuminare con i suoi raggi rossastri una parte del pianeta. L'ombra sembrava cadere esattamente a metà dell'emisfero.
"Un posto con luci ed ombre" - pensò Aldea - "L'immagine è singolarmente in carattere"
La crisi di rabbia le era passata, lasciando il posto a una specie di determinazione mista a dubbi. Si, doveva fare qualcosa. Ma cosa? Cosa poteva fare per spazzare via il dolore della perdita di Gas?
Spostò la sua attenzione sulle persone in sala. K'tar giocherellava con un dipad, sul quale - Aldea ne era sicura - aveva annotato le sue richieste di nuovi pezzi per la sezione ingegneria, da metterle in mano alla fine di quella riunione. Liam e Khetta si erano seduti lontano da lei. Nella penombra, non riusciva a distinguere con precisione i loro lineamenti, ma era sicura che provavano la stessa rabbia che provava lei. Non poteva esserne sicura per T'eyan. La sua silhouette di vulcaniana, in piedi di fronte agli oblò, si disegnava con nitidezza contro l'ovale violaceo del pianeta alle sue spalle.
Aldea scosse la testa: "No" - disse infine. Sospirò: "A dire la verità, quello che vorrei è capire perché lo hanno fatto..."
"Che importanza può avere?" - intervenne Liam - "Se è vero che hanno giustiziato Gas sulla base di leggi inesistenti, gli Alfani si sono comportati da gente senza onore. Non meritano di essere sfidati in combattimento. Non meritano il nostro rispetto!"
"Anche se vole§§imo, non po§§iamo §fidarli in combattimento" - fece notare Khetta P§or - "Que§to è il loro §i§tema. §ono pieni di armi qui. Noi da §oli non po§§iamo combattere contro un intero pianeta. §enza contare che la Federazione è qui a due pa§§i: al primo §iluro fotonico che §pariamo, ri§chiamo di trovarci mezza Flotta Stellare dietro le §palle. Lo §apete, no, che §ono in trattative per far entrare Alfa87 nella Federazione?"
"Il dubbio che ho io è che qualcuno abbia riconosciuto Gas come pirata" - fece Aldea - "Che non potendo arrestarlo per reati commessi in altri sistemi, e per paura che fosse qui per assaltare qualche carico, lo abbiano condannato per un reato inesistente. Semplicemente per togliersi l'impaccio"
"Co§a?" - disse Khetta, scandalizzata - "§e fo§§e co§ì. Ma §arebbe §pavento§o! Noi non §iamo mica venuti qui a fare qualco§a di male! Avrebbero ammazzato il povero Ga§ §olo per precauzione?"
"E' possibile" - rifletté K'tar, con fare apatico - "Questo spiegherebbe anche perché sono così ansiosi di mandarci via. "
Aldea abbassò gli occhi sulle mani bendate. Poi rialzò lo sguardo: "Dobbiamo usare le ventiquattro ore di dilazione che ho ottenuto in modo che la nostra vendetta non cada indiscriminatamente su tutti gli Alfani. Non posso credere che un intero pianeta con due miliardi di abitanti abbia interamente congiurato per uccidere il nostro compagno. E quindi voglio sapere chi è coinvolto. Voglio sapere chi ha avuto l'idea di condannare Gas per qualcosa che non avrebbe mai commesso. Voglio sapere chi sono stati gli esecutori. E voglio punirli, per quello che hanno commesso."
"Ci metteremo molto di più di ventiquattro ore per scoprire tutti i colpevoli, e per colpirli uno ad uno" - obiettò T'eyan.
"Se ci vorranno più di ventiquattro ore, vorrà dire che torneremo più tardi, con dei travestimenti, a bordo di traghetti civili" - rispose Aldea - "In fondo, conoscono solo me. Non hanno visto il tuo volto, né quello di Liam o di K'tar. Nel frattempo, sfrutteremo il più possibile queste ventiquattro ore"
"In che modo pen§i di fare?" - domandò Khetta - "Non po§§iamo neanche andare §ul pianeta! Quel tizio vi§cido di prima ci ha vietato il teletra§porto"
"Credo che questo sia il punto più facile. Non è vero, Sorellina?"
=^= Se è per sistemare quei tipi, puoi lasciar fare a me, Aldea! =^= esclamò la voce di Sorellina =^= Non è mica difficile, sapete? Basta aspettare che ci sia un teletrasporto da una delle loro navi, e possiamo mettere il nostro segnale a cavalluccio del loro=^=
"Ma... Non è pericolo§o?" - domandò Khetta - "Vuol dire me§colare le nostre molecole con quelle di chi§§achi!"
=^= Non ti fidi di me?" =^= si offese Sorellina =^= Guarda che non lo farei se non fossi sicura di quello che faccio!=^=
"Ok, ok!" - alzò le braccia Khetta - "Però §ia chiaro che io NON mi offro volontaria per l'e§perimento!"
"Sarò io ad andare" - intervenne T'eyan.
"Non da sola!" - esclamò Aldea - "Verrò anche io su Alfa87"
"Gli Alfani ti conoscono" - obiettò T'eyan - "Conoscono il tuo aspetto. E non abbiamo più un medico per cambiarti chirurgicamente i lineamenti"
"Basterà un buon trucco" - Aldea chiuse la discussione. Si alzò: "Sia chiaro per tutti. Gas è..." - sentì un groppo alla gola. Lo ricacciò indietro - "Gas era un nostro compagno, un buon compagno, ed è stato ucciso ingiustamente. Quello che faccio. Che farò per lui, lo farei per chiunque di voi. E adesso, sbrighiamoci. Abbiamo molte cose da fare e poco tempo per farle. Penseremo poi a piangere"
Luogo : Nave Minerva - Livello detenzione, cella 4
Nathan Weaver sapeva da tempo che quel momento sarebbe arrivato. Il momento di agire contro quei pirati che lo avevano salvato, che lo avevano tenuto con loro nonostante il suo ruolo... E la sua stessa follia. In altri momenti, si era chiesto perché lo avevano fatto. E si era risposto che sicuramente era stato per denaro: quello che pensavano di ricavare da un riscatto della Flotta Stellare. Solo che non avevano affatto contattato la Flotta per avere un riscatto, o almeno non che lui sapesse. Però, non gli avevano consentito di contattare la Flotta Stellare. Dicevano... Che idiozia! Che lui era ufficialmente morto, che lo avevano abbandonato... Era assurdo, ma dopotutto era possibile che lui fosse stato realmente ritenuto morto. Quindi, doveva pensare da solo a salvarsi. E a salvare quel pianeta dalla vendetta di quei maledetti pirati.
Il primo punto era uscire da quella cella.
"Ma a questo ho già pensato"- ricordò, sorridendo fra sé. Nei lunghi mesi di prigionia su quella nave, ogni volta che la sorveglianza attorno a lui si era allentata, ne aveva approfittato per mettere a punto un piano di fuga.
Una volta fuggito su un qualsiasi pianeta che avesse rapporti con la Federazione, non gli sarebbe stato difficile tornare a casa.
Adesso era il momento di mettere in pratica quel piano.
Luogo : Nave Minerva - Sala teletrasporto
=^= E' tutto pronto =^= avvertì Sorellina =^= Ho anche avvisato Leha e Laz, sul pianeta, che devono aspettarvi in ogni momento a partire da adesso=^=
"Ma dobbiamo restare così?" - brontolò T'eyan, in piedi sulla pedana del teletrasporto. Aveva indossato una tuta civile. Una pesante borsa per attrezzi le pendeva da una spalla, costringendola a pendere da una parte, per sostenerne il peso.
=^= Per forza. Mi dispiace, ma non posso sapere quando da una delle navi faranno partire un teletrasporto per il pianeta=^= si scusò Sorellina
=^= Dobbiamo essere pronti in ogni momento per approfittare del primo teletrasporto. Se può consolarti dell'attesa, sulla nave principale dovrebbero essere vicini al cambio di turno, e questo vuol dire che qualche tecnico può decidere di tornare a casa in licenza, anziché restare a bordo. =^=
"E se decidessero di restare tutti a bordo? Dovrei stare qui ad aspettare in eterno?"
"Oh, no, non credo proprio!" - esclamò Sorellina - "Mi sono interfacciata al computer principale della nave più grande. Un tipo un po' scostante, ma alla fine si è aperto. Ho dato un'occhiata ai disegni strutturali della nave. La parte riservata agli alloggi del personale è decisamente risicata! Niente di strano se preferiscono passare la notte a casa, quando le loro navi si trovano vicino al pianeta... Ma ecco!"
Davanti agli occhi di T'eyan la sala teletrasporto scomparve.
La porta della sala si aprì. Aldea si avvicinò, con passo elastico. I capelli erano diventati di un colore rosso tiziano, ed aveva indossato una tunica da conversa, sulla quale pendeva una copia esatta del quadrato metallico che avevano visto brillare sul petto dell'Alfano.
"Sono pronta" - fece Aldea - "Ma dov'è T'eyan?"
"Ehm... Scusa Aldea" - fece la voce di Sorellina - "L'ho già inviata giù. Lo so che ti scoccia, ma avreste dovuto comunque essere teletrasportate una per volta, tu e T'eyan. Altrimenti, per quanto possano essere antiquati i sensori di quelle due navi, i loro tecnici si sarebbero accorti che c'era qualcosa di strano"
Aldea fece una smorfia: "E va bene!" - disse - "Vorrà dire che prenderò il prossimo autobus. Ma che succede?"
La sirena d'allarme cominciò a risuonare. Aldea impallidì. Si portò le mani alle orecchie, serrando gli occhi per non essere abbagliata dalla luce rossa intermittente.
"Allarme intrusione!" - urlò Sorellina - "Ci stanno assaltando! Rilevo intrusi nei ponti inferiori, in hangar navette. Cribbio, sono almeno duecento!"
Mormorando una imprecazione, Aldea si precipitò alla consolle della sala teletrasporto: "Aldea a sala comando!" - sbraitò - "Chiudere tutti i portelli delle sezioni invase"
"Qui Liam!" - sentì la voce del Klingon dal comunicatore - "Eseguito! Abbiamo chiuso tutti i portelli. Tutta la sezione sicurezza sta andando sul posto. Li bloccheremo, per Kahless!"
"Ma se sono undici in tutto!" - ribatté Aldea - "E T'eyan è sul pianeta. Non ce la faremo mai a combattere più di duecento assaltatori"
"Siano duecento o duemila, la nostra gloria sarà solo più grande quando li avremo sconfitti, Aldea!"
La sua determinazione la spaventò più dell'allarme: "Sto arrivando! Non fare niente prima che io arrivi, Liam!"
Si staccò dalla consolle, corse via. Luci e suoni si succedevano all'impazzata. I pirati che incrociava correvano anche loro, da una parte all'altra, confusamente, senza sapere esattamente cosa fare e come reagire.
Raggiunse il turboascensore: "Ponte di comando" - ordinò.
"Ma che diavolo sta succedendo?" - Sorellina si interpose con voce angosciata - "Io non ci capisco niente!"
"Succede che quelle navi alfane ci hanno dato l'assalto!"
"Non è possibile!" - protestò Sorellina - "Stavo monitorando il loro teletrasporto!"
"Non è il momento di fare polemiche. Esegui gli ordini! Portami su quel maledetto ponte di comando!"
Il turboascensore si mosse. Dopo qualche istante che a lei parve lunghissimo, la depose sul ponte di comando.
Corse alla sua postazione, cincischiò le dita sul pulsante di comunicazione: "Aldea a Ingegneria. K'Tar, prepararsi a lasciare l'orbita!"
Si voltò verso Liam, che accennò allo schermo centrale, su cui campeggiava il disegno stilizzato della Minerva. Su alcuni ponti brulicavano delle scintille bluastre, che si muovevano in maniera apparentemente caotica:
"Siamo pochi in rapporto agli assalitori, ma c'è un modo per sconfiggerli!"
Aldea fissò il tracciato per un istante: "Com'è possibile? Sono tutti concentrati nell'hangar navette?"
"Si. Penso siano passati da dei portelli esterni" - disse Liam - "Ma come sono entrati, possiamo buttarli fuori dalla stessa parte. Basta depressurizzare l'hangar navette: la pressione farà il resto!"
Aldea si morse le labbra, indecisa: "Se sono passati dall'esterno, sicuramente avranno le tute, indosso" - pensò - "Non li uccideremo. Però la pressione dovrebbe comunque buttarli fuori"
Fece un cenno a Khetta: "Depressurizza l'hangar navette!" - ordinò.
"Fatto!" - eseguì la tellarite.
Aldea fissò il disegno. Adesso, quelle scintille blu sarebbero state risucchiate dal vuoto siderale. Quanti di loro sarebbero morti?
Adesso.
Chiuse gli occhi un istante.
Li riaprì.
"Perché non succede niente?" - si domandò. I luccichii bluastri continuavano ad agitarsi, senza apparentemente nessun effetto.
Le venne un sospetto: "Sorellina?" - chiamò - "Abbiamo immagini delle telecamere di sorveglianza dell'hangar navette?"
"Ehr... Veramente no" - rispose la voce del computer - "Sembra che ci siano dei problemi. Qualcosa si interpone"
"Sorellina: ripressurizza l'hangar navette." - ordinò - "E teletrasportami laggiù"
"Cosa? Co§a vuoi fare, Aldea?" - fece Khetta - "§uicidarti? Ci sono duecento uomini là dentro!"
"Ne sei sicura?" - ribatté il capitano - "Io no. Perciò vado a vedere!"
Il ponte vibrò e svanì davanti ai suoi occhi.
Davanti a lei comparve l'hangar navette.
Le stelle scintillavano oltre il campo di forze che custodiva aria e pressione all'interno dell'hangar.
E nell'hangar, il vuoto.
Luogo : Nave Minerva - Sala riunioni
"E' stato Nathan Weaver" - concluse Aldea - "Chissà da quanto tempo pensava di tentare la fuga. Oggi ha preso l'iniziativa. "
Era stato facile capire quello che era successo. Weaver era un federale, dopotutto, e doveva conoscere bene quel tipo di nave. Gli era bastato creare una serie di falsi eco nei sensori, per convincerli che era in corso un assalto e che era il caso di depressurizzare l'hangar navette. Quindi aveva preso una navetta ed era andato via, semplicemente. Non senza mettere loro fuori uso il raggio traente.
Sospirò: "Non poteva scegliere un momento peggiore. In un altro momento, lo avrei accompagnato io stessa a terra, augurandogli buona fortuna. Adesso, non solo è fuggito con l'unica navetta disponibile che avevamo, ma la sua evasione ha destato l'allarme degli Alfani, che si sono messi a sorvegliarci più da presso."
Il suo sguardo si posò sullo schermo centrale. Alle due navi militari che li circondavano se ne era aggiunta un'altra. Tutte avevano gli scudi alzati e le armi cariche, pronte a sparare.
E Nathan Weaver era scomparso.
Se non altro, aveva avuto il buonsenso di non farsi prendere dagli Alfani.
"Che co§a facciamo, allora?" - osò Khetta.
"E che cosa vuoi fare." - si scrollò le spalle il capitano -" Noi dobbiamo pensare a come liberarci dei nostri sorveglianti e a come riprendere Nathan Weaver prima che possa contattare la sua Flotta Stellare per scatenarla sulle nostre tracce. T'eyan, Modred e Laz sono a terra. Loro penseranno a scoprire il più possibile su quanto è accaduto a Gas."
Luogo : Pianeta Alfa87
Data: Stessa ora della riunione
"Dobbiamo scoprire che cosa e' avvenuto a Gas" - disse T'eyan. Erano seduti sulla terrazza di un ristorante, in tutto simili a normali turisti.
"Ok" - fece Lazarus Sant'Andrea - "Hai un'idea su da dove iniziare?"
"Naturalmente" - disse T'eyan. La Vulcaniana si alzò, andando ad appoggiarsi sulla ringhiera della terrazza. Accanto alla ringhiera c'erano dei telescopi di tipo antiquato, puntati sul panorama della città che si stendeva sotto di loro. Ne afferrò uno e lo puntò, regolandone l'obiettivo.
Accennò a Modred Leha di guardare dentro il telescopio. La Bajoriana accostò l'occhio, incuriosita.
"Beh? Qui vedo soltanto una casa! Anche carina come villetta: bella piscina, buona esposizione, almeno tre camere da letto. Che c'è di strano?"
"C'è che quella casa appartiene al giudice che ha condannato Gas" - disse T'eyan - "Se c'è stato un complotto per uccidere Gas, lui di sicuro ne ha fatto parte. Interrogandolo, scopriremo, se non altro, perché se la sono presa con lui"
Laz fischiettò fra i denti: "Per favore, dimmi che non stai pensando di rapire il magistrato e portarlo sulla Minerva"
"Questo no" - rispose la Vulcaniana - "Basterà drogarlo"
Tirò fuori una fiala dalla cintura e ne fece scorrere il liquido di fronte agli occhi dei suoi compagni:
"Questo me l'ha dato Aldea. E' una specie di siero della verità. Stanotte entreremo in quella villetta, e controlleremo se funziona"
"Una domanda" - Laz alzò un dito - "Che cosa facciamo se il siero non funziona?"
Un bagliore crudele scintillò negli occhi di T'eyan: "Spero per quel giudice che il siero funzioni" - disse - "Altrimenti..."
"Altrimenti?" - insisté Laz.
"Altrimenti, sarà spiacevole per lui" - concluse la donna - "E adesso andiamo. Abbiamo pochissimo tempo. Vediamo di non sprecarlo."
Luogo : Pianeta Alfa87
Data Terrestre: 05/12/2384
Nathan Weaver era riuscito ad atterrare in una radura a poca distanza dalla citta' senza essere abbattuto.
La mira degli Alfani non poteva certo competere con l'abilita' di un Capitano della Federazione, penso' con un certo orgoglio, scendendo dalla navetta rubata.
Doveva assolutamente contattare la flotta, far sapere al suo equipaggio che era ancora vivo. Era sicuro che sarebbe riuscito a convincere gli Alfani che lui era... era...
I ricordi di prigionia e di tortura del passato, risvegliati dalle voci delle guardie Alfane alla sua ricerca, si sovrapposero a quelli del presente. La sua mente annaspo' alla ricerca di un equilibrio, di una logica, mentre il suo istinto gli gridava di fuggire.
E cosi' fece, dirigendosi verso quel luogo sicuro che aveva visto durante l'atterraggio.
Il novizio Benj Amin stava scopando la soglia del tempio quando vide arrivare di corsa lo straniero.
Prima che potesse riprendersi dallo stupore, Weaver si era inginocchiato davanti a lui, recitando con affanno ma in modo corretto la formula di rito della richiesta di asilo.
- Io non... - aveva cominciato a dire il religioso, tentando di scaricarsi di dosso quella responsabilita', ma l'arrivo delle guardie non gli permise di continuare.
Con un sospiro rassegnato fermo' con un gesto gli uomini in divisa: - Quest'uomo ha chiesto asilo, qualsiasi sia il suo crimine non potete toccarlo finche' restera' nei confini del tempio di Pthafagor.
- E' uno straniero - obietto' il comandante del drappello. - Non ha diritto alla protezione del dio.
- Sono un semplice novizio. Solo il Gran Sacerdote puo' pronunciarsi su una questione cosi' delicata. - rispose pacatamente ma con fermezza Benj Amin. - Fino al suo ritorno non posso far altro che concedere asilo allo straniero.
Quando le guardie, pur brontolando, se ne furono andate, Benj Amin tocco' con gentilezza una spalla di Weaver, che era rimasto tutto il tempo in ginocchio, a capo chino.
- Puoi alzarti ora. Sei sotto la protezione di Pthafagor.
Weaver alzo' la testa, fisso' il novizio con sguardo febbricitante e disse, in tono solenne: - Io sono il Profeta.
Luogo : Pianeta Alfa87 - Citta'
Data Terrestre: 05/12/2384 - sera
Il giudice stava preparandosi per andare a dormire. Era stata una settimana soddisfacente, penso' mentre si concedeva il suo solito bicchiere di brandy, una delle poche cose buone che gli stranieri avevano portato sul loro mondo. Un altro di quegli sporchi felini aveva incontrato il suo destino. Era un peccato non poter dar loro apertamente la caccia, sarebbe stato molto piu' semplice che arrestarli con false accuse, ma gli stranieri inspegabilmente li consideravano come loro pari, e non come gli animali inferiori che in realta' erano.
Ripenso' con disgusto misto a soddisfazione all'ultimo che aveva condannato a morte, un essere grasso e abbietto, che come i suoi simili si illudeva di avere chissa' quali diritti solo perche' era capace di parlare.
Il gatto aveva detto che il suo capitano lo avrebbe vendicato, ricordo' con un certo divertimento. Che stupido. Nessun capitano avrebbe rischiato la nave ed il carico solo perche' lo avevano sbarazzato di un ammasso di pulci, anzi, probabilmente gli aveva fatto un favore.
Luogo : Pianeta Alfa87
Data Terrestre: 05/12/2384
"E' lì" - mormorò T'eyan - "Ed è solo!"
Si era fatta notte. In giro sembrava non esserci più nessuno, a parte le squadre di ronda che vigilavano sulla tranquillità dei sonni degli alfani.
Ma il giudice ancora non dormiva: lei poteva vederne con chiarezza la silouette disegnata dalle ampie finestre della villetta. La sua era la sola finestra illuminata dell'abitazione. Bene, pensò, non ci saranno testimoni ingombranti.
Accennò a Modred Leha, indicando il cancello della villa: "Puoi aprirlo senza che suonino gli allarmi?"
"Stai scherzando, spero!" - si indignò la Bajoriana - "Se non sapessi fare una cosa del genere, tanto varrebbe appendere gli arnesi al chiodo e dedicarmi al punto a croce!"
Lazarus inarcò le sopracciglia ma non commentò. La ragazza si scostò da loro ed attraversò la strada, con fare indifferente. Di fronte al cancello sembrò esitare un istante, e si chinò verso uno degli stivaletti, appoggiandosi con una mano alle barre d'acciaio artisticamente lavorate.
Si rialzò, dando un'occhiata in giro, quindi fece un cenno agli altri due di raggiungerla.
"Già fatto?" - si meravigliò Lazarus, avvicinandosi.
Modred aprì la mano, mostrando un piccolo contagocce:
"Acido" - spiegò - "Una mano santa per le serrature vecchio stile come questa. Manda in corto anche il collegamento al segnale d'allarme"
Si appoggiò alle barre con la schiena, guardandosi intorno. Il cancello si spalancò senza far rumore. La Bajoriana scivolò all'interno del giardino, seguita dagli altri. Laz si soffermò un istante a riaccostare il cancello, poi raggiunse le donne vicino al muro della villetta.
T'eyan gli fece segno di aiutarle. Laz incrociò le dita e si chinò per sospingerla verso la piccola terrazza del primo piano. La vulcaniana afferrò la ringhiera della terrazza e riuscì ad issarsi sopra. Il giudice era là, appena dietro la vetrata. Stava bevendo qualcosa, e sembrava piuttosto soddisfatto di sé.
Sentì muovere qualcosa dietro di sé. Modred Leha l'aveva raggiunta sulla terrazza, mentre Laz attendeva di sotto. Le due donne spiarono il giudice mentre centellinava il suo drink e si stendeva sul letto.
L'alfano spense la luce. Modred prese un arnese dalla tasca, e lo infilò nella sottile fessura sotto la portafinestra.
Clic.
Gli occhi si abituarono rapidamente alla scarsa luce della stanza. L'uomo si agitava un poco nel letto, come se non avesse ancora trovato la giusta posizione per dormire. T'eyan vide una mano allungarsi verso un pulsante sul comodino. Lo anticipò, accendendo la luce.
"Spiacente, giudice" - disse, mostrando l'arma che aveva in mano - "Oggi è un buon giorno per morire!"
L'alfano si tirò sui gomiti, sbarrando gli occhi. Boccheggiò:
"Voi... Voi non potete! E'...Un abuso!E'..."
"...Una rapina?" - suggeri' Modred Leha, soavemente. Si avvicinò e si sedette sul letto dell'alfano. Sorrise incoraggiante, puntandogli contro il proprio faser:
"Sapete, è da un bel po' che non uso questo genere di affari, e non so se funzioni o no. Vogliamo provare?"
Lo puntò contro un portaolografie in legno sopra una mensola, e fece fuoco.
Il portaolografie esplose in minutissimi frammenti, che bruciarono in un lampo:
"Funziona!" - disse, puntando di nuovo l'arma verso l'alfano.
L'uomo inghiottì più volte. Passò lo sguardo dall'una all'altra, poi parve riprendere il proprio sangue freddo: "Cosa volete?"
"Ahhh..." - sospirò comicamente Leha - "Il nostro amico è un uomo ragionevole!"
"Lo sarà ancora di più, fra un istante" - assicurò T'eyan. Dalla cintura aveva estratto un ipospray. Il giudice si accorse del movimento e tentò di schivare l'iniezione, ma la vulcaniana lo afferrò per i lunghi capelli e gli piegò da un lato la testa, scoprendo il collo. Una zaffata di alcool le stuzzicò le narici, mentre l'uomo sussultava, sentendo il fruscio dell'ipospray sulla pelle:
"Cosa... Cosa mi avete fatto?" - urlò - "Cosa mi avete iniettato?"
"Niente di importante!" - disse T'eyan, lasciandolo andare. L'uomo crollò di nuovo sul cuscino - "Solo qualcosa per rendere la sua mente un po' più malleabile. E più disponibile verso di noi"
Si sedette a sua volta sul letto, sempre puntandogli contro il faser.
"Perché?" - domandò il giudice. La sua voce sembrava già più flebile.
"E' esattamente quello che stavo per chiedere a lei, giudice" - rispose la vulcaniana, guardandolo dritto negli occhi - "Perché?"
"Ma andiamo!" - urlò il Gran Sacerdote, fissando con evidente disgusto l'uomo che gli stava di fronte - "E' per... Per questo straccione umano che sono stato buttato giù dal letto?"
Nathan Weaver lo fissò accigliato. Il Gran Sacerdote, visto da fuori, non aveva alcun aspetto che attestasse la propria alta carica spirituale. Era un uomo piccolo e grasso, con un cranio lucido sul quale spiccava il tatuaggio quadrato tipico dei religiosi, ed occhietti astuti di un colore acqueo che affioravano a stento fra le palpebre pesanti e le borse, tanto profonde da sembrare incise sulla pelle. Ma non c'era alcun dubbio possibile su chi avesse maggiore autorità fra i molti uomini che ingombravano la sala centrale del Tempio. Capì che se lui l'aveva appena chiamato <straccione umano>, difficilmente gli altri avrebbero osato contraddirlo.
"Mio signore" - fece Weaver - "Nessuno fra i Profeti della Santa Religione è mai stato riconosciuto come tale fin dall'inizio"
"Questo è vero" - riconobbe il novizio Benj Amin, attirandosi gli sguardi stizziti di tutti. Il ragazzo se ne accorse, e decise saggiamente di tacere e chinare lo sguardo.
"Già, ma nessun Profeta della nostra Santa Religione era mai disceso dal cielo a bordo di una navetta" - ribatté ironico il Gran Sacerdote.
"Io si... Sono disceso dal cielo" - disse Weaver, corrugando la fronte. C'era qualcosa che gli sfuggiva. Si, ricordava vagamente una navetta, ma cosa c'entrava? - "Per proteggere il popolo. La gente di qui..."
"LUI deve proteggere il popolo" - motteggio' il Gran Sacerdote - "Ed un uomo tanto potente da proteggere un intero popolo, che sostiene addirittura di essere il Profeta preannunziato dalle nostre Sante Scritture, ha chiesto asilo in un tempio?"
Weaver si passò una mano sulle tempie. La fronte gli pulsava per lo sforzo di ricordare: "C'è un pericolo. Un grande pericolo"
"Che scenderà dal cielo?"
"Si. Lei scenderà dal cielo, per vendicare i suoi seguaci"
"Lei scenderà dal cielo? LEI? Anatema!" - strillò un alto dignitario, subito imitato da altri - "Quest'uomo bestemmia! Le nostre scritture..."
Si avvicinò a Weaver, levando in alto il pesante pastorale. Weaver schivò il colpo, rapidamente. Strappò il pastorale al religioso, lo respinse facendolo ruzzolare all'indietro.
"E' pazzo!" - sentì urlare. I religiosi si avventarono contro di lui, cercando di bloccarlo. Il federale roteò il bastone sopra la testa per tenerli lontani. Il suo corpo ricordava mosse di lotta imparate in un'altra vita, che la sua mente non poteva invece rammentare. Il bastone nelle sue mani diventava un'arma terribile, e gli anziani sacerdoti che lo circondavano non avevano alcun allenamento. Il novizio si scagliò contro di lui. Afferrò il bastone da un capo, ma Weaver riuscì a farlo vacillare. Il ragazzo cadde all'indietro, rovinando sopra altri due. Rotolò, andando a sbattere la testa contro una colonna. Nathan sentì un colpo arrivargli da dietro, e si voltò. Corse verso i due uomini che erano riusciti ad aggirarlo, fuori di sé. I due si guardarono un istante, poi come un solo uomo girarono i tacchi e scapparono. Di fronte a lui rimase il vecchio Gran Sacerdote.
Il vecchio arretrò impercettibilmente. C'era un lampo di paura nei suoi piccoli occhi acquosi. Tossì: "Ehm... Figliolo..." - disse, continuando piano ad arretrare verso la porta da cui erano spariti i suoi due maggiori consiglieri.
"Io sono venuto qui a salvarvi!" - urlò Weaver, brandendo il pastorale - "La vendetta è sopra di voi!"
"Si. Ehm... Certo, si vede... Sei venuto a... Salvarci tutti, vero?" - balbettò - "E... Come pensi di fare?"
La domanda smontò Weaver. C'era qualcosa che aveva pensato di fare, ma cos'era? La testa ricominciò a fargli male, e lui lasciò andare il pesante bastone per portarsi le mani alle tempie:
"Io... Non mi ricordo" - confessò, infine. Scosse la testa, come per cercare di allontanare il dolore da lui - "Non mi ricordo!"
Il Gran Sacerdote si bloccò. Guardò fisso nella sua direzione: "Io credo che tu abbia bisogno di aiuto, figliolo" - disse, lentamente - "E credo che tu ne abbia bisogno. ADESSO!"
Nathan colse un movimento alle sue spalle. Si voltò, appena in tempo per vedere il pesante pastorale che aveva lasciato andare pochi secondi prima, nelle mani del giovane novizio. Riuscì a cogliere lo sguardo feroce del ragazzo dalla fronte insanguinata, giusto un istante prima che il dolore esplodesse nella sua testa per poi farlo cadere in un abisso profondo e senza sogni.
Di fuori la notte sembrava calma. Lazarus si stava annoiando, di vedetta dentro il giardino del magistrato.
Anche lui, dopotutto, faceva parte della squadra, ed aveva diritto anche lui a divertirsi a torchiare un po' il magistrato che aveva condannato a morte Gas. Anche se poteva scommettere che il magistrato, invece, non si stesse divertendo affatto nelle mani della vulcaniana.
Un rumore!
Lazarus sobbalzò. Era stato appena un fruscio di foglie, seguito da uno scricchiolio, ma lui era stato addestrato a sentire certe cose. E provenivano proprio da quell'albero che sporgeva sopra il muretto di recinzione. Si nascose dietro un cespuglio, aguzzando la vista.
Due forme scure, appena percettibili, stavano muovendosi sopra i rami. La sua mano corse al comunicatore. Due colpi leggeri, messaggio per T'eyan.
Qualcuno in arrivo.
Qualcuno in arrivo! Il comunicatore aveva vibrato due volte, sul petto di T'eyan.
Scambiò un'occhiata con Modred. Anche lei aveva ricevuto il messaggio.
Avevano fatto suonare qualche allarme nascosto? Stava per piombare loro addosso una delle ronde del pianeta?
Spense la luce sul comodino e raggiunse la bajoriana alla finestra. Dietro di loro, il giudice si mosse, lamentandosi leggermente, ma non gli badarono.
La dose di droga che gli avevano iniettato lo avrebbe tenuto buono per un po'.
Attraverso il vetro della finestra, le due donne spiarono la forma confusa di qualcuno che, passando da un ramo all'altro di un albero del giardino, si avvicinava faticosamente al terrazzo da dove erano passate anche loro per entrare nella casa.
"Non è la sicurezza, questo è certo" - bisbigliò Modred Leha all'orecchio di T'eyan - "Loro sarebbero entrati dalla porta!"
T'eyan assentì distrattamente. Non era logico che dei ladri locali scegliessero per andare a derubare il magistrato proprio la stessa notte scelta da altri non autorizzati. Un'altra forma si era aggiunta alla prima, piombando sul terrazzo. T'eyan si allontanò dalla finestra, cercando un nascondiglio nella stanza.
Leha spalancò l'armadio e ci si infilò, a fatica. T'eyan corse a rifugiarsi sotto il letto. Appena in tempo! Il raggio sottile di una lampadina tascabile venne a perquisire la stanza.
Il raggio si soffermò sul corpo del magistrato, che borbottò qualcosa di inintelligibile. I due nuovi arrivati circondarono il letto dell'uomo.
"Sei sicuro che sia lui?" - domandò uno dei due.
"Si. E' stato lui a condannare quel Temmincki, ieri"
"Mettigliele!" - sentì T'eyan. Qualcosa di metallico tintinnò mentre passava dall'uno all'altro dei due.
"Fatto! E' legato e imbavagliato!" - fece l'altro.
"Dobbiamo far presto. Aiutami a tirarlo via!"
Le lenzuola furono scaraventate a terra. T'eyan alzò leggermente l'orlo per spiare la stanza. I due avevano afferrato il giudice per le estremità e lo stavano trasportando a fatica verso la terrazza. Si sfilò da sotto il letto, tirandosi in piedi, e accese la luce sul comodino.
I due fecero un salto da un lato, mollando il magistrato, che rotolò a terra. La vulcaniana puntò contro i due il suo faser: "Calma, ragazzi!" - ordinò - "C'eravamo prima noi, qui!"
Ma dovette fare appello a tutta la sua razionalita' vulcaniana per non sussultare a sua volta, vedendo in volto gli altri. Due felinoidi, in tutto e per tutto uguali a Gas, che la stavano fissando con gli occhi sbarrati di chi e' stato sorpreso con le mani nel sacco.
"Chi siete?" - domando'.
Uno dei due abbozzo' una mossa, e T'eyan gli punto' contro il faser. Il felinoide si mosse piu' lentamente, e tiro' fuori un distintivo: "Io sono il tenente Aran della Flotta Stellare della Federazione, e lui si chiama Coral"
"Quel distintivo non vale molto su questo pianeta!" - osservo' T'eyan - "...Ma da quando in qua i federali sequestrano magistrati di pianeti non federali?"
Il tenente Aran abbasso' lo sguardo un istante: "E' vero, non sono qui per conto della Flotta Stellare" - confesso' - "Io..."
"Stai zitto, Aran!" - intimo' l'altro - "Nemmeno lei e' della sicurezza di questo pianeta!"
"Non ho mai tentato di farvelo credere" - sottolineo' T'eyan, ed una specie di sorriso venne a stirarle le labbra - "Ma, da clandestina a clandestini, perche' vorreste sequestrare quell'Alfano?"
I due felinoidi si guardarono in volto, poi quello che era stato presentato come Coral parve prendere una decisione: "Volevamo portarlo sulla nostra navetta" - disse - "E di li' alla nave che ho noleggiato per venire fin qui. Aran e' un amico, mi ha solo aiutato. Volevamo far parlare il giudice, per avere da lui una spiegazione"
"Che genere di spiegazione?"
"Quest'uomo ha condannato a morte mio fratello, senza alcuna ragione" - disse Coral - " Ho scoperto che altri felinoidi su questo pianeta hanno fatto la stessa fine. Solo ieri, e' stato ucciso un altro felinoide di nome Gas. E voglio sapere da lui il perche'!"
Luogo : USS Crusader
Data Terrestre: 13/02/2384
La Uss Crusader, comandata da Raffaele Pignataro, era impegnata nel viaggio di ritorno da 'audet IX verso la Terra.
La missione che le era stata assegnata era di vitale importanza: portare al piu' presto il dottor Maggot Shivar, uno dei massimi esperti di esobiologia molecolare, sulla Terra. Il dottor Shivar era in possesso di notizie riservate estremamente importanti per la Flotta Stellare, e non solo. Per trasportare il materiale che il dottore aveva con se', la cui natura era segretissima, era stato approntato un triplo campo di contenimento biologico, strettamente sorvegliato da quattro ufficiali.
Per motivi di sicurezza era stato ordinato l'assoluto silenzio radio, come aveva scoperto la dottoressa Kore Alicatis, ufficiale medico della Uss Crusader, quando aveva inutilmente tentato di mandare un messaggio a suo figlio, un bambino di cinque anni che, accompagnato dalla zia Alicia, era in viaggio verso la Terra dove si sarebbero riuniti.
La tensione a bordo era molto alta. Il dottor Shivar era sopravvissuto miracolosamente ad un attentato su 'audet IX. Il suo appartamento era stato fatto esplodere proprio mentre il dottore ne usciva per recarsi allo spazioporto e imbarcarsi sulla Crusader. Solo l'involontario sacrificio del suo attendente, che lo aveva protetto col proprio corpo, gli aveva salvato la vita. Le sue condizioni erano gravi, ma la dottoressa Alicatis era sicura che Shivar, che era un suo vecchio compagno di universita', si sarebbe ripreso completamente.
Ma quello non era stato l'unico incidente. Prima di arrivare su 'audet IX, Newtilde, l'ufficiale addetto alla sicurezza, aveva scoperto che un certo Smileblak, noto Maquis, era riuscito a salire a bordo grazie alla complicita' della giovane recluta James Beck. I due erano stati arrestati vicino all'armeria. Smileblack aveva gravemente ferito uno degli uomini della sicurezza, prima di cadere, ferito a sua volta. Non ci era voluto molto per far confessare Beck. Il loro obiettivo era impadronirsi dell'arma segreta che avrebbe dovuto trovarsi a bordo della nave, ma non avendo precise informazioni su di essa si erano mossi troppo presto, quando il prezioso carico del dottor Shivar non era ancora a bordo.
Ma i guai non erano ancora finiti...
La Uss Crusader aveva ricevuto una comunicazione subspaziale di soccorso dalla piccola nave passeggeri vulcaniana Navik D.
Il capitano decise di ignorare la richiesta di soccorso, anche se la nave aveva segnalato di avere una grave avaria al motore di curvatura. La loro missione aveva la priorita' assoluta. Dovevano portare il dottor Shivar sulla Terra il piu' presto possibile. Il minimo ritardo poteva avere conseguenze inimmaginabili.
Quando Kore Alicatis aveva saputo della decisione del capitano era corsa subito in plancia - non poteva credere che una nave in pericolo venisse veramente abbandonata al suo destino - ma il Primo Ufficiale le aveva confermato che quello che aveva sentito era vero.
Alicatis, furiosa, aveva raggiunto il capitano nella sala tattica. Pignataro l'aveva ascoltata spazientito fino al termine della sua accalorata perorazione, poi, dopo essersi alzato in piedi e sistemato la giacca, aveva detto seccamente: <<Comandante Alicatis, le ricordo che si trova a bordo di una nave da GUERRA in MISSIONE SPECIALE, ma soprattutto le ricordo che GLI ORDINI NON SI DISCUTONO MAI! Ha capito?>>
Il tono del capitano non ammetteva repliche, il dovere di ogni ufficiale era l'ubbidienza agli ordini dei superiori e il dovere del capitano era quello di pretendere questa ubbidienza.
Alicatis, che era impallidita, dopo aver maledetto tra se' gli uomini della Federazione, tremante per la collera era tornata in plancia.
Il Primo Ufficiale l'aveva guardata con disapprovazione, e l'Ufficiale Scientifico, un vulcaniano, aveva commentato, con fredda logica: <<Dottoressa, anche se accorressimo in soccorso della Navik D ci sono molte probabilita' che la nave esploda prima del nostro arrivo, inoltre e' necessario considerare che portando a termine la nostra missione salveremo migliaia di persone. La logica impone il sacrificio di pochi per il bene di molti. Dovrebbe essere d'accordo anche lei con la decisione del Capitano>>
Quando Kore Alicatis aveva sentito il nome della nave in pericolo aveva spalancato gli occhi, e per poco non era svenuta. Quella era la nave su cui viaggiavano suo figlio e sua sorella! Era uscita di corsa dalla plancia, gridando: <<Maledetti!!!>>
Chiusa nel suo alloggio, Kore Alicatis era lacerata dall'angoscia. Suo figlio e sua sorella erano in pericolo e lei non poteva far nulla, se non sperare che un'altra nave accorresse in loro soccorso.
Aveva avuto Amadeos cinque anni prima, quando si trovava sul suo pianeta natale Alfa III. Era tornata a casa dopo essere stata capo squadra sulla stazione Hope, per visitare il padre, gravemente malato. Purtroppo era arrivata troppo tardi e non era riuscita a dargli l'ultimo saluto. In seguito si era presa un periodo sabbatico dalla Flotta ed era rimasta su Alfa III, dove aveva proseguito la carriera politica del suo illustre genitore.
Non aveva programmato di avere un figlio. Era stato solo su insistenza delle sorelle che aveva deciso di portare a termine la gravidanza. Dopo lo svezzamento lo aveva affidato a loro, senza dolersene troppo, e aveva ripreso la sua carriera nella Flotta. Aveva passato un certo periodo di tempo su 'audet IX e successivamente si era imbarcata sulla Crusader.
Durante tutto quel tempo aveva visto ben poco suo figlio, ed ora che correva il rischio di perderlo per sempre rimpiangeva tutte le occasioni perdute. Non aveva mai immaginato che le importasse cosi' tanto di lui, ne' che fosse possibile soffrire in un modo cosi' atroce.
In plancia entrò una donna con i capelli arruffati e sporchi di sangue. Il suo viso era emaciato e deturpato da recenti e profondi graffi sugli occhi e sulle guance. Gli occhi cerchiati erano rigati di pianto.
Mugghiava come un toro rabbioso e agli ufficiali presenti ci volle qualche momento per riconoscere in quell'apparizione da incubo Kore Alicatis.
La donna punto' il phaser contro il Capitano, che dalla sua poltrona la guardava allibito, gridando: <<Tornate indietro! Tornate da mio figlio!>>
Il capo della sicurezza le si butto' addosso proprio mentre lei, lanciando un urlo disumano, sparava.
Il colpo, deviato, feri' gravemente un guardiamarina.
Alicatis, resa impotente, venne arrestata e confinata in infermeria.
Smileblak non avrebbe mai immaginato di avere la dottoressa che l'aveva curato come compagna di prigionia. La donna era per la maggior parte del tempo tenuta sotto tranquillanti, ma ogni tanto era cosciente, cosi' aveva avuto l'occasione di parlarle e di apprendere la sua triste storia.
Alicatis non pensava altro che al modo di vendicarsi. Nel suo delirio diceva che avrebbe ucciso tutti gli ufficiali della Flotta, e pretendeva di essere chiamata Kali, come la sanguinaria dea indiana.
Smileblak ne aveva approfittato per cercare di far simpatizzare la dottoressa alla loro causa, nella speranza di potersi servire di lei.
Luogo : Terra
Data Terrestre: 25/02/2384
Quando arrivarono nell'orbita terrestre, Alicatis, Smileblak e Beck vennero scortati in sala teletrasporto 2 da un nutrito gruppo di uomini della sicurezza.
Newtilde fu l'unico ufficiale superiore ad essere presente alla partenza di Alicatis, e solo perche' era il capo della sicurezza. La dottoressa ormai era diventata per tutti un'estranea, una pazza pericolosa. L'odio feroce che ormai provava per chiunque indossasse una divisa aveva allontanato da lei quei pochi che le si erano dimostrati amici durante la sua breve permanenza a bordo della Crusader. Alicatis neppure si accorse della loro assenza, imbottita com'era di sedativi.
Sali' sulla pedana sorretta dagli uomini della sicurezza. Quando il trasporto venne attivato le si annebbio' la vista. Nella confusione di cui era preda si aspettava di essere materializzata direttamente davanti ad un plotone di esecuzione, ma con sua sorpresa si trovo' in un'anonima stanza dalle pareti bianco sporco.
- Questo e' il campo di detenzione Yorktown - le disse severamente Newtilde prima di tornare sulla nave. - Rimarra' qui fino a che il suo caso non sara' portato davanti alla corte marziale.
Luogo : Terra - Campo di detenzione Yorktown
Data Terrestre: 26/11/2384
Alicatis aveva perso il senso del tempo.
Era stata visitata da parecchi dottori, ma i farmaci che le avevano dato non erano riusciti a far cessare il dolore, ne' il senso di vuoto che provava ogni volta che ripensava a suo figlio.
Ogni giorno, come se si trattasse di un rito, rinnovava i graffi sulle guance. All'inizio i dottori e le guardie avevano cercato di impedirglielo, ma di fronte alla sua ostinazione avevano rinunciato.
Le giornate al campo trascorrevano sempre uguali, e l'annuncio della visita da parte di un importante ospite mise in agitazione guardie e detenuti.
Alicatis aveva saputo che il visitatore era il generale Berrei, di Alfa87, un pianeta che i federali avrebbero accolto volentieri nella Federazione per via della sua posizione strategica.
Il generale Berrei faceva parte della fazione che era contraria all'ingresso nella Federazione, ed era stato invitato sulla Terra nel tentativo di convincerlo a cambiare le sue idee.
Berrei aveva espressamente richiesto di visitare il campo Yorktown, per vedere di persona il modo in cui i federali trattavano i loro criminali, ed era stato prontamente accontentato.
La navetta personale del generale arrivo' all'ora prevista, e la visita ebbe inizio. Nessuno noto' il nipote del generale, il tenente Remi, fare un segnale ad una delle guardie. Nessuno eccetto Alicatis.
La donna, dalla finestra dell'infermeria dove era stata confinata, segui' con attenzione le mosse della guardia. Lo vide entrare nell'edificio dove erano rinchiusi gli individui piu' pericolosi e uscirne poco dopo con un prigioniero.
Intuendo che era in corso un'evasione urlo': <<Liberate anche me, o daro' l'allarme>>.
<<Alicatis, non mi farai questo>> disse il fuggitivo. <<Credevo che appoggiassi la nostra causa>>
Alicatis lo riconobbe, era Smileblak, il maquis arrestato sulla Crusader.
<<Voglio solo la mia vendetta>> sibilo' la donna. <<La liberta' in cambio del silenzio.>>
I due uomini si scambiarono un'occhiata d'intesa, e poco dopo la porta dell'infermeria venne aperta e la dottoressa si uni' a loro.
<<Come faremo a fuggire?>> chiese Alicatis a Smileblak.
La risposta fu una forte esplosione. Smileblak la trascino' a bordo della navetta del generale Berrei.
<<Qui, presto>> disse loro la guardia, spingendoli sul teletrasporto ed attivandolo.
Luogo : USS Crusader
Data Terrestre: 26/11/2384
L'ufficiale della sicurezza della Crusader si presento' trafelato davanti al Capitano: <<Capitano, la dottoressa Alicatis e Smileblak sono evasi dal campo Yorktown>>
<<Cosa sta dicendo signor Newtilde! Nessuno e' mai evaso da quel campo>> ribatte' il capitano sorpreso.
<<Qualcuno ha attentato alla vita del generale Berrei, un'importante personalita' di Alfa87, mentre stava visitando il campo. Per fortuna la bomba non ha ferito nessuno. Non si e' ancora scoperto come sia stato possibile introdurla nonostante i controlli di sicurezza. Quando l'ordine e' stato ristabilito all'appello mancavano Alicatis e Smileblak.>>
Luogo : Cuba - Terra
Data Terrestre: 26/11/2384
Alicatis si rimaterializzo' in una stanza senza finestre arredata in modo accogliente.
<<Benvenuta nel mio piccolo rifugio, dottoressa Alicatis>> l'accolse con un sorriso un uomo imponente di mezza eta', sprofondato in una poltrona. Alle sue spalle, in piedi, c'era un uomo piu' giovane. Entrambi indossavano una divisa che Alicatis non aveva mai visto.
<<Dove siamo?>>
<<Sull'isola che voi chiamate Cuba, in un vecchio rifugio antiatomico che la vostra federazione mi ha gentilmente messo a disposizione. Io sono il generale Berrei e questo e' il mio attendente nonche' indegno nipote, il tenente Remi>>
<<Il generale Berrei? Lo stesso che e' venuto a visitare il campo?>> chiese Alicatis.
<<Esatto, mia cara. E' stata molto furba ad approfittare del piano che avevo organizzato con tanta cura per far fuggire Smileblak. Se quel Maquis non mi avesse chiesto di prendermi cura di lei l'avrei riconsegnata ai Federali in cambio di un bel mucchio di Latinium, morta, naturalmente. Mi e' costato un bel po' corrompere la guardia che vi ha aiutato. La bomba per il finto attentato invece mi e' stata generosamente regalata dai Maquis. Scommetto che i Federali non scopriranno mai che l'ho portata al campo io stesso>> rise sguaiatamente.
Luogo : Terra
Data Terrestre: 28/11/2384 Ore 7.40
Un paio di giorni dopo il generale Berrei si trovava al comando della sua navetta personale e chiacchierava amabilmente con suo nipote.
<<Pensa, Remi, fra pochi minuti verremo imbarcati su una nave della Federazione che ci accompagnerà fino in prossimità di Alfa87>>
<<E se scoprissero la dottoressa!>> esclamò preoccupato Remi.
<<In effetti sono ancora tentato di sbarazzarmi di lei, ma quel suo amico Maquis potrebbe far saltare i nostri accordi. E poi questa e' una navetta diplomatica, territorio Alfano, i federali non hanno nessun diritto di ficcanasare a bordo senza il mio permesso.>>
<<Ma trascorrere tutto il viaggio nel buffer del teletrasporto...>>
<<La dottoressa stara' benissimo li' dentro>> lo interruppe il generale Berrei. <<Ecco il nostro passaggio>> disse indicando una gigantesca nave di classe Galaxy, la USS Budapest. <<Con quella saremo a casa in un baleno invece di 3 mesi a curvatura 4>>
La USS Budapest si avvicino' e inghiotti' la navetta nella sua stiva.
Luogo : USS Budapest
Data Terrestre: 3/12/2384
Durante il viaggio il generale Berrei trascorse molto del suo tempo al bar di prora, impegnato in fitte discussioni con gli ufficiali della flotta che si ostinavano a cercare di convincere il generale che ci sarebbero stati molti vantaggi se Alfa87 fosse stato annesso alla Federazione.
Erano genuinamente sorpresi che esistesse qualcuno che non voleva entrare nella Federazione Unita dei Pianeti.
<<Le ho spiegato comandante, che avremo solo sciagure dall'entrata di Alfa87 nella vostra congrega, se mi permette l'espressione, Signore>> stava dicendo il generale. Era evidente che aveva bevuto un po' troppo. A Berrei piaceva poter dire quello che pensava senza farsi problemi di diplomazia, e poi era sicuro che i federali non avrebbero dato troppo peso alle strampalate affermazioni di un vecchio generale che aveva alzato troppo il gomito.
<<Ma certo generale, si senta libero di renderci partecipi delle sue opinioni>> disse il Capitano.
<<Come le dicevo, vecchio mio...>> Berrei diede un colpo sulla spalla del primo ufficiale, <<...perderemo posti di lavoro, avremo vincoli commerciali, ci ruberanno la nostra giovinezza, l'esercito verrà assorbito, saremo colonizzati. Io vi temo! Hehehhe... avete delle leggi così permissive sulla libertà di espressione.>>
La conversazione era durata ancora molte ore. Parecchi ufficiali si erano avvicendati al suo tavolo, per bere e chiacchierare sugli ultimi pettegolezzi dell'ammiragliato della flotta su cui Berrei sembrava bene informato. <<Hehehe, L'ammiraglio Nogumi. Hehhehe. Gran bevitore. Dovreste vederlo quando si trova davanti un paio di babà. Hehehe...>>
Luogo : Sistema Alfa87 - Navetta
Data Terrestre: 4/12/2384 Ore 17.00
A bordo della navetta Alfana, il generale Berrei e suo nipote Remi stavano viaggiando a pieno impulso verso la loro patria, giù nel cuore del sistema stellare Alfa87. Erano stati rilasciati dalla Uss Budapest poche ore prima, ed ora facevano rotta verso casa.
Il tenente Remi era molto preoccupato per la sorte della dottoressa, ancora imprigionata del buffer del teletrasporto.
<<Ok... ok... tirala fuori...>> sbuffo' il generale, esasperato dall'insistenza del nipote.
Quando la dottoressa Alicatis fu rimaterializzata sul pavimento della navetta, il giovane tenente Remi le si accostò e le somministro' un ipospray per annullare gli effetti del sedativo che le avevano somministrato.
<<Dove siamo?!>> gridò allarmata Kore appena fu rinvenuta.
<<Ecco l'unica cosa di cui sono capaci le donne!>> gridò il generale. <<Urlare.>>
Remi cerco' di calmare la donna. Le spiegò la situazione, la posizione in cui ritrovavano e il vettore che stavano seguendo. <<Vede dottoressa, siamo stati costretti a portarla con noi. Non potevamo lasciarla sulla Terra, in mezzo ai suoi nemici. Quando saremo arrivati a casa, tra circa 12 ore sara' libera di decidere cosa fare. Magari potrebbe rivelarci qualcuno dei segreti della Federazione, e cosi' aiutarci ad impedire che Alfa87 cada sotto il loro controllo.>>
Kore non rispose, ma le si illuminarono gli occhi a quella prospettiva.
Luogo : Sistema Alfa87 - Navetta
Data Terrestre: 5/12/2384 Ore 6.00
Il tenente Remi aveva dato il cambio a suo zio ed ora pilotava la navetta. Kore era seduta nel al suo fianco, al posto del copilota, e studiava con interesse gli strumenti di volo. Aveva imparato a pilotare all'accademia, e aveva riconosciuto gran parte dei comandi, anche se alcuni le erano sconosciuti.
Mentre osservava la proiezione del sistema e il traffico delle navi sul radar indico' indicò un gruppo di quattro navi che stavano andando nella loro stessa direzione e che loro stavano per raggiungere. <<Cosa sono quelle navi li' vicino a noi?>> chiese.
<<Probabilmente saranno navi mercantili.>>
Remi digitò sullo schermo dei codici per far apparire le specifiche. <<No, mi sbagliavo, sono quattro navi da GUERRA>> disse allarmato. <<E' molto strano. Generale!>> urlò.
<<Che hai Remi? Stavo sognando una bella donna di Betazed.>>
<<Guardi qui>> e indicò lo schermo fissando il generale negli occhi.
<<Alzati, fammi vedere>>
Il tenente si alzò e lasciò il posto al suo superiore.
<<Vediamo un po'>> e mugugnando Berrei iniziò a digitare stringhe incomprensibili. <<Sono del mio squadrone>> disse e continuò a digitare. <<Stanno andando a pulire l'orbita da una nave che si chiama Minerva>>
Kore fissò Remi in modo interrogativo, e lui le spiego': <<Vede dottoressa, noi siamo un pianeta tranquillo. Abbiamo una piccola flotta della quale un comandante importante e "venerato" è il qui presente Generale Berrei.>> E gli fece un inchino. <<La nostra flotta stellare la usiamo solo per fare pulizia planetaria. E' una piccola flotta. Per questo i nostri avversari vogliono entrare nella Federazione, per poter contare sull'appoggio della loro Flotta, almeno cosi' dicono, ma invece voglio solo svenderci. Ma grazie al tuo amico Maquis presto...>>
<<Tenente! Per dio! Segua me. Mandi sul visore la comunicazione>> lo interruppe Berrei.
Sullo schermo apparve un uomo, ripreso di spalle, che parlava ad alta voce con un altro: <<Hanno concesso alla Minerva altre 24 ore? Ma sono impazziti?>>
L'uomo, un tipo sulla quarantina, si volto'. <<Generale Berrei! Ma è lei. Che piacere rivederla>> disse in modo affettato. <<Ma non è in anticipo di una settimana?>> aggiunse accennando un sorriso.
Berrei aggrottò la fronte vedendo che l'altro sfoggiava sul petto una nuova decorazione e sulle spalline aveva i nuovi gradi di CAPO SQUADRIGLIA. Gli ci volle un millesimo di secondo per capire. Gli volevano fare la festa.
Ma anche il suo acerrimo rivale aveva mangiato la foglia.
Dalla squadriglia si sganciò una nave e iniziò una manovra per intercettare la navetta di Berrei.
Erano ancora troppo lontani. Potevano ancora giocare.
<<Colonnello SHUKO, o devo chiamarla GENERALE Shuko, cosa mi sono perso in questi giorni? Un colpo di stato? Come si permette di guidare le MIE navi verso la Patria?>> disse Berrei in modo così perentorio che a chiunque altro avrebbe fatto accapponare la pelle.
<<Stia calmo vecchio mio. Nessun colpo di stato. Il suo piano e' stato scoperto. Non faccia finta di nulla, ormai sappiamo tutto, e avremo la sua testa.>>
Shuko fece un cenno con la mano a un suo subalterno e subito la comunicazione venne chiusa.
Oltre alla nave che era staccata dalla formazione, altre tre apparvero alle loro spalle.
Presto la navetta sarebbe stata a tiro di Phaser.
<<Ci ammazzeranno>> gridò il tenente. Kore invece era impassibile. Non le importava nulla della sua vita.
<<Stia zitto>> ringhio' il generale, e rivolgendosi a Kore: <<E lei se è una dottoressa lo fermi o ci farà fare veramente uno schianto. Ho ancora molte frecce nella mia faretra.>>
Kore si avvicino' a Remi e gli fece un ipospray di tranquillante
<<Dove andiamo?>> chiese Kore più curiosa che interessata del loro destino.
<<Nell'occhio del ciclone bella mia, in Patria. Avranno sgominato la rete. Ma è la che ho mille possibilità>> esclamò l'ammiraglio che si sedette e accese i motori a curvatura. Fece fare un piccolo balzo alla loro nave dietro la stella per nascondersi dalle inseguitrici che non avevano la sua accelerazione per poi proseguire da li zizagando verso casa. E in questo percorso passò vicino alla nave del suo rivale e gli mollo' una bordata di phaser che scalfì' solamente la superficie della nave offesa.
Luogo : Pianeta Alfa87
Data Terrestre: 5/12/2384 Ore 8.00
<<Eccoci arrivati ci abbiamo messo un po'!>>
Erano passate solo due ore.
La difesa satellitare gli si parò di fronte. Procedura standard.
Il generale Berrei digitò subito i codici di riconoscimento, ma non vennero accettati. Naturalmente erano stati cambiati! Ma lui banalmente non lo aveva previsto!!!!
<<Generale, ma che ha fatto!!>> esclamarono insieme Kore e Remi.
<<Oh dio, tutto è perduto>>
Un colpo di phaser del sistema automatico di difesa fece saltare i loro scudi, ma prima che il successivo desse il colpo di grazia alla navetta, vennero teletrasportati in una lugubre cella, dove dopo una lunga attesa vennero raggiunti dal ministro della giustizia in persona
Luogo : Pianeta Alfa87 - Prigioni
Data Terrestre: 5/12/2384 Ore 12.00
<<Generale tutto è finito>> esclamò soddisfatto il ministro della giustizia. <<Domani verrà giustiziato con il suo sottoposto, naturalmente dopo un regolare processo e dopo aver confessato tutto davanti le TV; hehehe>>
<<Per quanto riguarda lei>> disse rivolto a Alicatis, <<sappiamo chi è. La flotta oltre a ricompensarci ci sarebbe molto grata del servizio. Ma prima di farla tornare a casa spero che ci voglia raccontare qualche segreto della flotta vero??>>
E uscì ridendo dalla cella. Le ultime parole furono per il carceriere: <<Li divida. L'umana la metta con gli animali.>>
Luogo : Pianeta Alfa87 - Prigioni
Data Terrestre: 5/12/2384 Ore 12.05
Kore fu separata dai suoi compagni e venne gettata senza troppi riguardi in un'altra cella. La prima cosa che colpi' la dottoressa fu il forte odore di urina e di feci di gatto. Era insopportabile.
La cella era quasi completamente buia, arrivava solo un po' di luce dall'alto, da delle feritoie chiuse da grate metalliche.
Qualcuno ringhiava...
Qualcosa di peloso le salto' addosso buttandola a terra, e Kore si trovo' faccia a faccia con un grosso felinoide, schiacciata sotto il suo peso.
- Sei stato da un pessimo dentista - gli disse calma dopo avergli dato un'occhiata professionale, notando che uno dei canini del suo aggressore mancava e che evidentemente era stato estratto da una mano non molto esperta.
- Lasciala andare - disse una voce poco lontana - Non e' una di loro. Forse e' una prigioniera come noi.
Con riluttanza il felinoide si alzo' in piedi, lasciandola libera. - Chi siete? - le chiese.
Kore si alzo' a sua volta. - Kali... - rispose. - Ero con il generale Berrei. Ci hanno arrestato appena siamo arrivati. E voi? - chiese con una certa curiosita'. Nella penombra distingueva a malapena i suoi compagni.
- Il mio nome e' Amos, sono un caitiano - si presento' il felino. - Quei maledetti alfani mi hanno arrestato per una stupida violazione alle loro leggi e torturato. Mi hanno addirittura strappato un dente! - disse con rabbia.
- Io sono Gas. A me e' successa piu' o meno la stessa cosa - disse l'altro, spostandosi in un punto illuminato per permetterle di vederlo. Era un felino anche lui, ma con il pelo giallo e decisamente grassoccio.
Kore vide che Gas aveva una brutta ferita sopra l'occhio, e automaticamente prese dalla tasca l'ipospray che aveva usato poche ore prima con Remi e fece il gesto di avvicinarglisi.
- Ehi, niente scherzi! - grido' Gas indietreggiando con il pelo tutto gonfio.
Amos afferro' il polso della dottoressa, facendole male: - Cosa vuol fare con quella cosa?
- Sono un dottore, voglio solo curarlo - spiego' lei, senza mostrare nessuna paura. - Non mi hanno perquisito e mi e' rimasto l'ipospray che avevo usato con il mio ultimo paziente.
- Se e' vero c'e' qualcuno che necessita di cure molto piu' di noi - disse Amos, cupo. - Aiutami - disse a Gas.
Quello che i due portarono con delicatezza in un punto abbastanza illuminato sembro' a Kore un mucchio di stracci maleodorante. Solo quando si fu avvicinata abbastanza vide che si trattava di un altro felinoide, o meglio, di quel che ne restava.
Ramir rabbrividi' quando senti' l'odore di un essere umano. Sentiva che la fine era vicina e sperava che lo avrebbero lasciato morire in pace.
Una sensazione di freddo sul collo e il dolore che non gli dava tregua misericordiosamente scomparve.
- Non posso fare altro se non dargli un po' di sollievo - disse una voce femminile.
- Gliene siamo grati, dottoressa - rispose una voce che Ramir riconobbe come quella di Amos.
- Come ti senti, amico? - gli chiese l'altro.
Ramir giro' verso di lui i suoi occhi ciechi. - Sono furbi... fingono di giustiziare i felini ed invece... invece... li fanno a pezzi... I miei poveri compagni... sono tutti morti cosi' - gemette. Dopo tanto silenzio parlare era una grossa fatica. Solo la miracolosa scomparsa del dolore gliene dava la forza.
- Come a pezzi? - chiese allarmato Gas. - Perche'?
- Hanno ucciso tutti i grandi felini del loro pianeta. Usavano le ossa, il sangue, le unghie, i baffi... tutto... per farne false medicine e amuleti... E ora uccidono noi...
Luogo : Pianeta Alfa87 - Tempio di Pthafagor
Data Terrestre: 5/12/2384 Ore 23.00
La notte, rischiarata solo dalla luce una delle due lune di Alfa87, avvolgeva il tempio di Pthafagor.
L'altra luna avrebbe ben presto fatto capolino da dietro le alte montagne. Doveva agire prima che spuntasse - penso' tra se' Aldea. Quell'imbecille di Weaver aveva rubato la loro navetta e si era rifugiato in quel tempio, ma se credeva che questo bastasse a sfuggirle si sbagliava di grosso.
Aveva trovato la pianta del tempio senza troppi problemi nel database informativo del pianeta. Le stanze per gli ospiti erano nella parte posteriore della costruzione, separate dagli alloggi dei sacerdoti da un cortile, cosi' entro' e si diresse verso quel luogo.
Con sua sorpresa non incontro' ne' porte sbarrate ne' sentinelle. Evidentemente gli Alfani avevano una grande fiducia nella protezione del loro dio - penso' la piratessa, mentre ispezionava una dopo l'altra le piccole stanze. Erano arredate molto semplicemente, solo con un tavolaccio per dormire e una sedia. Weaver non era in nessuna di esse.
Aldea corrugo' la fronte. La notizia che uno straniero dalla pelle scura avesse chiesto e ottenuto asilo proprio in quel tempio era stata trasmessa dai notiziari della sera. Era possibile che Weaver fosse riuscito a contattare qualcuno della flotta stellare e che fosse stato portato altrove? Non c'erano navi federali in orbita, al momento, ma potevano aver lasciato dei loro rappresentanti sul pianeta.
Decise di continuare la sua ricerca. C'era un capanno isolato in un angolo del cortile. Avrebbe cominciato da quello.
Il capanno era probabilmente adibito a erbario o dispensa - penso' vedendo le file di barattoli allineati sugli scaffali, ma quando li illumino' con la torcia si lascio' sfuggire un'imprecazione.
Dentro i contenitori di vetro non erano conservate erbe o bacche, ma erano pieni di un liquido opaco in cui galleggiavano piccoli rettili, occhi, ali squamose, becchi e altre cose di cui poteva solo cercare di indovinare la natura.
Oltre ai barattoli c'erano anche molte piccole scatole di cartone decorate con colori vivaci. Tradusse una delle scritte elaborate che facevano bella mostra di se' su di esse. Diceva: "Polvere di ossa - un pizzico sciolto nell'acqua prima dei pasti per alleviare i reumatismi"
Continuando la sua esplorazione Aldea trovo' pellicce, denti, ossa e una serie di piccoli animali mummificati.
Tra le altre cose c'era una catenina che aveva come ciondolo il canino di un grosso carnivoro. Sembrava fatta di metallo prezioso. Con un rapido gesto Aldea se la fece scivolare in tasca. Un piccolo "rimborso spese" per tutto il tempo che stava perdendo.
- Che barbari... - si lascio' sfuggire ad alta voce, mentre guardava la testa impagliata di un grosso felino appesa ad una delle pareti.
- Forse, ma non cosi' sprovveduti come pensate voi stranieri infedeli.
Il Gran Sacerdote e alcuni dei suoi accoliti erano comparsi sulla porta.
- Il sistema di allarme e' scattato appena vi siete avvicinata al perimetro del tempio. Chi siete? Volevate rubare i nostri preziosissimi farmaci? - le chiese.
Aldea riusci' con fatica a soffocare la rabbia e l'odio che provava nell'incontrare faccia a faccia un appartenente della razza che aveva assassinato Gas.
- Dov'e' l'uomo dalla pelle scura? - chiese a sua volta.
- Il profeta? - Il Gran Sacerdote ridacchio'. - Quel povero pazzo si e' definito cosi'. Ha cercato di convincerci che un pericolo, una lei, sarebbe scesa dal cielo per vendicarsi. Parlava forse di te?
Il sorriso crudele di Aldea gli gelo' il sangue. - Indovinato...
ooo
Qualcuno scosse Weaver, risvegliandolo da un sonno senza sogni. Era stordito e dolorante, e quando vide Aldea gli ci volle qualche minuto per ricordare chi era.
- Hanno catturato anche te? - chiese. - Allora i pirati non sono piu' furbi dei federali.
- E chi ti ha detto che sono prigioniera? Muoviti, abbiamo poco tempo. O vuoi rimanere con i tuoi amichetti?
Delle urla disumane e dei singhiozzi che venivano dall'esterno della cella fecero sobbalzare l'uomo. - Che sta succedendo? I tuoi uomini stanno massacrando quei poveri monaci?
- Considerando come ti hanno conciato non li definirei "poveri monaci" - disse lei osservando con aria critica la ferita alla testa del federale. - Nessuno li sta massacrando. Stanno solo vivendo i loro incubi peggiori grazie alla polvere allucinogena che hanno respirato, un'antica ricetta che si e' rivelata molto efficace anche sul loro metabolismo.
Weaver non replico' e si preparo' a seguirla. Era scappato una volta e sarebbe scappato di nuovo. Per ora l'avebbe assecondata, in attesa di una buona occasione.
- Prima di andare guarda questo - disse Aldea, porgendogli un DiPad.
Weaver lo accese e l'immagine di un ammiraglio della flotta che non conosceva apparve sullo schermo.
- Capitano, e' in grave pericolo. Per ora l'unico posto sicuro per lei e' la Minerva. Quando sara' di nuovo a bordo e potremo usare un canale protetto le spieghero'.
La breve registrazione si cancello' sotto lo sguardo scettico di Weaver.
- Pensa di potermi ingannare con un trucco cosi' puerile? - chiese.
- Pensa quello che vuoi. Io so solo che quando mi sono messa in contatto con la tua amata flotta per negoziare il tuo riscatto mi hanno detto che eri morto, poi mi ha chiamato questo tizio, promettendomi un bel gruzzoletto se fossi riuscita a mantenerti in vita. Ora muoviamoci.
Luogo : Pianeta Alfa87 - Prigione di Algiras
Data Terrestre: 6/12/2384 Ore 3.00
Le due lune di Alfa87 illuminavano quasi a giorno le mura della prigione, al di sopra di una piccola collina. Una antica fortezza difensiva trasformata in prigione, opinò Laz ad alta voce, osservandone i contrafforti che sulla terra sarebbero stati considerati medioevali.
Bestemmiò fra i denti: "Brutto cliente" - commentò.
Il terreno era quasi interamente scoperto fra loro e il vertice delle mura. Sarebbero dovuti passare in un tratto illuminato dalle due lune, alla mercé di qualunque sentinella.
"Beh, non potevamo aspettarci che ci facessero la cortesia di procurarci un lavoro facile facile" - rispose Modred Leha, pettinandosi pensosamente con le dita un ricciolo ribelle - "Nemmeno la notte ci aiuta"
"Che ci aiuti o no, purtroppo non possiamo agire che questa notte!" - disse T'eyan, tirando fuori dal proprio zaino un binocolo all'infrarosso, e puntandolo contro la fortezza - "Fra qualche ora scadranno le ventiquattro ore di dilazione che siamo riusciti a strappare al governo alfano. Dovremo partire, con o senza Gas"
"Se il giudice non ha mentito, con quella vostra droga, i nostri dovrebbero essere là dentro" - soggiunse Coral - "I nostri, o perlomeno il vostro uomo..." - la voce del felinoide si spense in un sussurro.
"Sempre che non lo abbiano già fatto a pezzetti, come pare che facciano con tutti i..." - esclamò Leha, e subito mugolò di dolore. Laz le aveva rifilato un pestone sul braccio. Lo fulminò con un'occhiataccia, ma tacque.
T'eyan percorse con il binocolo l'intero tratto delle mura: "Bene" - mormorò - "C'è una notizia buona ed una cattiva"
Aran la guardò con aria diffidente: "Ossia?"
T'eyan passò il binocolo a Coral, che le era seduto accanto. Il felinoide lo puntò a sua volta contro le mura.
"La notizia cattiva è che le mura sono circondate da un campo di forza a cupola" - disse T'eyan - "Il campo di forza si vede chiaramente con il binocolo. Quella buona è che c'è un dislivello nella parte alta delle mura..." - punto il dito verso un tratto in cui il contrafforte, seguendo la naturale pendenza della collina, faceva una specie di scalino verso l'alto - "E in quel dislivello c'è un buco nel campo di forza".
"Mmm... Si, l' ho visto. Il campo di forza non può seguire le irregolarità nelle mura" - disse Coral, posando il binocolo - "Se riusciamo ad arrivare fino là senza farci vedere dalle sentinelle, possiamo infiltrarci in quella prigione da quel buco." - si interruppe un istante, considerando con lo sguardo lo spiazzo libero di che li separava dalle mura - "Tutto sta ad attraversare questo tratto. Se solo potessimo usare un teletrasporto."
"Ma non si può, con un campo di forze attivo. A meno di non conoscere il codice delle armoniche degli scudi. A parte che comunque, rintraccerebbero il teletrasporto."
"Non ho molta voglia di entrare là dentro." - confessò Leha - "Non avrei mai creduto che un giorno avremmo fatto un piano per entrare in una prigione!"
"Già" - ammise secca T'eyan, sbirciando l'espressione sospettosa del tenente Aran. Avrebbe dovuto tenerlo d'occhio. Al termine di quella loro improvvisata alleanza contro gli Alfani, il tenente Aran avrebbe potuto trasformarsi in un pericolo.
"Forse dovrò ucciderlo." - pensò. Forse avrebbe dovuto uccidere anche Coral, prima della fine di quella avventura. Non era il momento, o meglio, non ancora: se quello che aveva detto il magistrato era vero, e Gas era realmente ancora vivo, quei due potevano essere utili. Ma doveva tenersi pronta, nel caso che quei due dovessero cominciare a creare guai.
"Siete pronti?" - domandò ad alta voce. Gli altri annuirono.
"Andiamo, allora!"
Dalla sacca estrasse un lungo uncino metallico, che legò ad un capo con la corda. Quindi accennò a Laz, che afferrò l'uncino d'arrembaggio, assicurandoselo alla vita. Quindi, si allungò sul terreno, subito imitato dagli altri.
Laz si sporse oltre la roccia che finora li aveva tenuti al riparo dalle sentinelle. L'erba, se non altro, era abbastanza alta da permettere di strisciare ventre a terra per avvicinarsi alle mura. Ma c'era sempre il rischio di essere visti dalle mura.
"E' una fortuna che in questo secolo si fidino tanto della loro tecnologia" - si disse Laz, muovendosi lentissimo fra l'erba alta - "Non si aspettano di poter essere battuti da mezzi più antiquati, e proprio questo è il loro punto più debole"
Le mura ormai erano molto vicine. Si poteva sentire nell'aria l'odore ionizzato del campo di forze. Laz s'immobilizzò. Una voce veniva da sopra le mura. Una sentinella!
Si schiacciò con il volto sul terreno, i muscoli tesi, pronti a reagire in caso di allarme.
ooo
I suoi occhi si erano abituati alla luce fioca della cella, ma la dottoressa Alicatis non poteva esserne contenta. Era terribile vedere cosa gli Alfani avevano fatto a quello sventurato felinoide. Cosa poteva fare?
"Da quanto tempo sei qui dentro?" - domandò.
Ramir scosse la testa:
"Non lo so. Non lo so più. I primi tempi..." - un colpo di tosse gli mozzò il fiato - "I. primi tempi graffiavo il muro ogni volta che ci portavano un pasto. Poi... Abbiamo cominciato a morire. Non ha avuto più senso. Niente ha più senso..."
La voce di Ramir si spense in un rantolo sommesso. Kore lo fissò con tristezza. Non aveva bisogno dei suoi strumenti per capire che stava morendo. E lei non avrebbe potuto fare nulla per evitarlo, non in quella prigione. Penso' con nostalgia alla sua infermeria, sulla nave. Le sembravano passati millenni, da allora.
Sentì montarle dentro una rabbia impotente: "Maledetti!" - sibilò.
"Già, maledetti." - sentì mormorare Gas - "Peccato che maledire questi bastardi non servirà a salvarci la pelliccia. In tutti i sensi."
"Che altro ci resta?" - chiese Amos, scoraggiato.
"Lottare" - rispose la dottoressa, semplicemente - "Non capite? Questi Alfani vi faranno a pezzi, solo perché siete felinoidi. Non so che programmi abbiano per me, ma non credo che il risultato finale sarà molto diverso... Diverso da questo" - accennò a Ramir - "Dobbiamo solo trovare il modo. "
I due felinoidi la fissarono per un lungo istante:
"Io ci sto" - disse Gas, d'improvviso - "Non ha senso aspettare qui che ci massacrino. Voglio tentare la fuga, e voglio farlo adesso, prima che... prima di..." - la sua voce si fermò, mentre il suo sguardo si posava su Ramir.
"...Prima che ci torturino al punto di non poterlo più fare" - completò Amos, passandosi un dito sulle labbra spaccate, dove gli avevano strappato il dente - "E va bene, ci sto anche io. Qual è il piano?"
"Piano?" - fece Gas - "Quale piano? Gli saltiamo addosso appena arrivano, e vendiamo cara la pelle!"
"Amos ha ragione" - si associò Kali - "Dobbiamo fare un piano. E dobbiamo trovare il modo per portare via il povero Ramir"
"Ramir? E come facciamo?" - domandò Amos - "Non è in grado di tenersi sulle zampe! Ci sarebbe solo di peso!"
"Di peso o no, Ramir deve venire con noi" - disse la dottoressa - "Lontano di qui, in un centro medico attrezzato, Ramir può riprendersi. Almeno, fisicamente" - Una piega amara le venne sulle labbra - "Perche' non credo che riuscira' mai a riprendersi da tutto quello che gli hanno fatto questi alfani, nemmeno con le migliori cure del Quadrante"
"Ehm, scusate" - s'interpose Gas - "Prima di stabilire la lista degli invitati, non sarebbe il caso di mettere in chiaro come facciamo ad uscire di qui?"
ooo
"E' che io sono stufo, stufo, capisci? Di questa situazione! Non ne posso più di stare appresso ai suoi capricci."
"Si, lo so, me lo hai detto. Lo hai ripetuto almeno cinque volte nell'ultima mezz'ora"
Sei, lo corresse mentalmente Laz. Le aveva contate, tutte le volte in cui quell'agente si era lamentato della sua ragazza - che doveva essere una vera cretina, almeno a sentir lui, ma allora perché ci teneva tanto? - Per la miseria, a lui neanche ai suoi tempi erano mai piaciute le soap operas! Cominciava ad essere stufo di dover ad ascoltare la conversazione fra i due stando faccia a terra in quella posizione. Ma quei due si erano messi a chiacchierare proprio sopra il punto scelto da loro per entrare nella prigione.
Gli altri erano subito dietro di lui. Alzò leggermente la testa, voltandosi. Una delle lune era tramontata, mentre l'altra era nascosta da una nuvola provvidenziale. Se non altro, si consolò, a meno che quei due non guardassero proprio nella loro direzione, loro erano abbastanza ben nascosti dall'erba alta.
Sentì un fruscio alle proprie spalle. Uno dei felinoidi si era mosso. Un corpo venne a sdraiarsi accanto a lui. Lo guardò. Era troppo buio per capire se si trattava di Aran o di Coral. Il felinoide avvicinò le labbra alle sue orecchie: "Che facciamo?" - alitò.
C'era poco da fare, con quei due proprio sopra di loro. Li additò, scrollando le spalle. Il felinoide sembrò prendere una decisione. Gli fece cenno di dargli l'uncino, poi tornò indietro, per sfiorare la spalla dell'altro caitiano.
"Cosa diavolo..." - pensò Laz.
Nel buio, Laz li intravide toccare appena il terreno, per arrivare esattamente sotto i due guardiani della prigione. I loro unghioli si infiltrarono nelle connessure delle pietre, ne fecero punti d'appoggio. I due caitiani si fermarono in corrispondenza delle feritoie dell'orlatura.
"Ma ci credi?" - sentiva dire Laz, da sopra le mura - "Hai capito che mi ha detto?"
"Ma si, si, che capisco. Aaah!"
"Che c'è? Che hai, ti sei fatto male?"
Rapido come il pensiero, il caitiano aveva brandito i suoi unghioli oltre la feritoia, andando a trapassare la gola della guardia. L'altro caitiano balzò sopra l'orlatura, saltando addosso alla guardia. Pochi istanti dopo, la corda venne a pendere sopra il naso di Laz: "Forza, venite su!" - sentì.
Saggiò la corda poi montò rapidamente sulle mura, facendo forza sulla corda.
Arrivò al camminamento delle mura, subito imitato dai due compagni.
"Ad Aldea questo non piacerà" - commentò Modred, guardando i corpi dei due guardiani distesi sul camminamento.
"Se è per questo, non piace neanche a me" - ribatté T'eyan - "Gli altri guardiani della prigione si accorgeranno molto presto della loro mancanza. E allora, daranno l'allarme!"
"Non potevamo restare là sotto l'intera notte" - si difese Aran - "Fra non molto farà giorno. E quando farà giorno, noi dovremo essere lontani di qui. Lo avete detto voi, che la vostra nave dovrà partire entro domani"
"Queste polemiche non ci aiuteranno a ritrovare Gas" - intervenne Laz - "Sempre che sia ancora vivo, come ha detto quel giudice"
"Hai ragione" - ammise T'eyan, guardando verso l'interno della prigione. Il giudice aveva parlato di segrete, quindi Gas con tutta probabilità sarebbe stato nei piani inferiori della prigione. Si chinò sui corpi dei due guardiani, perquisendoli rapidamente. Alla cintura, i due alfani avevano delle fruste elettriche non troppo dissimili da quelle ferengi, e degli oggetti simili a comunicatori. Li mostrò agli altri, tenendoli sotto il fascio di una piccola torcia.
"Ehi, ma questi li conosco!" - esclamò Modred - "Sono di fabbricazione federale!"
Il tenente Aran scosse la testa: "Io non ho mai visto dei comunicatori del genere" - obiettò.
"Non sono comunicatori!" - spiegò Modred - "Sono chiavi elettroniche. Servono per permettere ai guardiani di spostarsi all'interno del carcere"
Laz sorrise: "Chiavi? Bene, fa piacere avere un po' di fortuna, di tanto in tanto!"
T'eyan strinse le chiavi fra le dita. "Allora, che aspettiamo? Andiamo a tirare fuori Gas!"
Luogo : Pianeta Alfa87 - Nei pressi del Tempio di Pthafagor
Data Terrestre: 5/12/2384 Ore 23.30
Aldea e Weaver fecero una breve corsa verso la navetta che si trovava parcheggiata all'esterno del recinto del tempio di Pthafagor.
Il tempo stava per esaurirsi. Fra poche ore sarebbe scaduto l'ultimatum che gli alfani avevano concesso alla Minerva e le cose da fare erano ancora molte: recuperare la squadra, fare giustizia della morte di Gas, sistemare gli affari prima di partire.
La navetta era in perfetto stato, solo un sigillo posto dalla sicurezza del pianeta sulle paratie della navetta ne alterava la linea. Aldea digitò alcuni comandi sulla console facendo aprire la paratia.
<<Siediti li' e non fare altri casini>> ordinò a Weaver. <<Come avrai capito da qui non te ne puoi andare senza di me. Questi ti faranno a pezzi e ti testeranno per qualche nuovo intruglio!>>
Ma per essere sicura che non l'assalisse alle spalle attivò un campo di forza a sua protezione.
<<Maledetta infida piratessa!>> sibilò Weaver e un ghigno di compiacimento si disegnò sul volto di Aldea.
<<Torre di controllo. Chiediamo il permesso di tornare sulla nostra nave.>>
<<Qui sistema di controllo, inviate l'autorizzazione.>>
<<Sorellina a te>> e Aldea digitò alcuni comandi con cui inviava il falso permesso di atterrare sul pianeta avuto dal governo centrale.
<<Navetta della Minerva, qui sistema di controllo, potete partire. Seguite il corridoio 675. Buon viaggio.>>
<<Grazie centro di controllo>> disse Aldea, e verso Sorellina: <<Ottimo lavoro cara>>
Immediatamente, con uno scatto la navetta si alzò dal suolo sacro del tempio e si incanalò per la rotta 675 in direzione della Minerva.
Luogo : Pianeta Alfa87 - Prigione di Algiras
Data Terrestre: 6/12/2384 Ore 3.00
I tre stavano discutendo animatamente circa il piano da attuare. Le ipotesi erano molteplici, gli interrogativi assillanti: modificare l'ipospray? Saltare addosso alle guardie? Fingersi malati? Attaccarli con le unghie affilate dei felini? Scavare nel solido terreno della cella? Ma tutte le loro idee sembravano inutili, inefficaci. Amos, Kali e Gas urlarono. La disperazione, l'impotenza e la rabbia si erano impossessati di loro, e l'immagine di quello straccio del loro quarto compagno sottolineava l'urgenza di fuggire.
Improvvisamente si gelarono. C'era una pedana del teletrasporto, posta a un metro d'altezza dal pavimento, la' in fondo, appoggiata alla parete sud dell'edificio, all'interno della cella in cui si trovavano imprigionati. Era studiata per apparire come l'ara sacrificale di un antico tempio ed ora su quel finto altare si stavano materializzando cinque persone.
Il cuore si bloccò, la morte li stava accarezzando.
Dopo pochi istanti furono visibili quattro mostri simil-serpenti che scortavano un vecchio calvo piccolo, secco, con un grande pendaglio quadrato dorato. Erano tutti alfani?
I mostri che scortavano il sacerdote erano imponenti. Indossavano divise militari di ordinanza. Sul capo risaltava una maschera rituale ripugnante, che a prima vista li avevano fatti sembrare uomini-rettile. Impugnavano un phaser ciascuno.
Senza rivolgere la parola ai prigionieri, il sacerdote indico' con gesto secco il caitano disteso per terra. <<E quello? Chi ha permesso che fosse RIDOTTO in quelle condizioni?>>
Ma la sua non era una domanda per le guardie, e neppure per i prigionieri. Sapeva benissimo che era stato un suo sfogo di rabbia a ridurlo così. La dignita' e il coraggio che aveva sempre dimostrato il caitano durante il rito lo avevano fatto andare su tutte le furie, e l'ultima volta, nel tentativo di spezzarlo, aveva esagerato. Ma era sicuro che gli altri prigionieri gli avrebbero dato piu' soddisfazioni.
Proseguì: <<Siete testimoni che non potrà essere utilizzato per il Servizio Mensile. Invoco Pthafagor affinché ci indichi chi sarà il degno sostituto.>>
Seguì un attimo di silenzio. Immediatamente dopo il sacerdote pronunciò delle incomprensibili secche parole. Prese il pendaglio dorato con la mano destra e sempre tenendo gli occhi chiusi indicò Amos.
<<Tu!>> gridò la guardia alla sinistra del sacerdote indicando Amos. <<Vieni a prostrarti davanti al sommo Diacono>>
Amos non si mosse, era paralizzato dalla paura.
A gran passi la guardia scese la scalinata che collegava la pedana teletrasporto con il suolo della cella facendosi largo tra le schifezze sul terreno. Raggiunse Amos tenendo in mano la frusta elettrica che nel frattempo aveva estratto dalla giubba decorata da fiamme, sostituendo il phaser. Con un colpo secco colpì un fianco del nostro caitano che si contrasse dal dolore. Un secondo colpo lo fece balzare avanti. In pochi istanti, tra i lamenti sommessi e gli sguardi esterrefatti dei suoi compagni di cella, Amos si trovò sulla scala, qualche gradino sotto la pedana, proprio davanti al Diacono. Un colpo sulle gambe lo fece traballare. Capì. Si inginocchio'.
Il sacerdote avvicinò il pendaglio dorato al felino. Gli fece fare cinque giri sopra il suo capo e lo glielo porse davanti la bocca. Ci fu un lungo attimo di silenzio. Si sentì il ronzio della frusta elettrica apparire nitido nell'aria della cella. Amos capì di nuovo. Baciò il quadrato giallo. Un colpo finale alla schiena lo invitò ad avanzare tra il gruppo di alfani.
Una volta sulla pedana, circondato da due guardie, affiancato dal sacerdote felice per la missione compiuta e per il bel palio per il Servizio Mensile scomparve dalla vista terrorizzata dei suoi compagni di cella.
La guardia rimasta sulla pedana con il phaser puntato nella sala e quella sulla scala con la frusta elettrica in mano, fecero un gran sospiro. Ora che il sacerdote si era allontanato potevano distendersi.
Avevano un altro compito quei due rimasti.
Quello che con la frusta aveva colpito ripetutamente Amos, si fece avanti verso Kalì e minacciandola le disse con tono perentorio: <<Lei è un dottore della Federazione?>>
Dopo una frazione di secondo di stordimento per l'inaspettata domanda - si credeva già morta ormai - Kalì si riprese e disse: <<Ero un medico della Federazione, avete bisogno di me? Qualcuno sta male?>> Il suo istinto di medico prese il sopravvento sulla paura.
<<Mi segua sulla pedana>> e le fece il segno verso l'altro collega che si stava togliendo la maschera rituale, ora che il Diacono si era allontanato poteva permettersi questo lusso.
<<Ma che fai Talif>> esclamò quello che si trovava giù con la frusta.
<<Sta zitto. Fa il tuo dovere. Ora non c'è il Diacono>>
Talif alzò le spalle e fece per seguire Kali', ma questa non si mosse. Talif le diede un colpo con la frusta che la fece crollare. <<Cammina stupida>> disse con un ghigno.
<<Ma che fai imbecille!>> disse l'altro sulla pedana. <<E' un medico e ci serve tutto intero, non vorrai che ci facciano saltare la testa vero?>>
Scese dalle scale speditamente, guardò di sbieco Talif che spinse in la' con disprezzo.
Mise un braccio sotto attorno a Kalì e l'aiutò a sollevarsi.
<<Io non vengo signori!>> disse la donna con tutta la forza che le restava. <<Da qui non mi muovo senza di loro>> e indicò i suoi compagni di cella. <<Ditelo al vostro capo.>>
<<Hai visto Ramon? che farai ora heheheh>> sghignazzo' Talif facendo ondeggiare l'arma frizzante nell'aria
Ramon fece cadere Kalì incurante. Si torse di centottanta gradi e si parò di fronte al suo odioso collega Talif.
Si stavano guardando diritti negli occhi.
<<Sei un gradasso Ramon. Lo sei sempre stato. Fin da quel giorno che ti ho conosciuto a Frange, all'accademia. Ricordi? Che bisogno avevi di denunciare il sacerdote? E poi anche me! Mi fai schifo!>>
Ramon era impassibile. Ma non era pace, era tensione. Era teso come lo spazio tempo in prossimità di un buco nero. Un occhio attento avrebbe potuto vedere nuovi pensieri elementari che si generavano nella mente di Ramon.
<<Allora Ramon>> disse Talif con atteggiamento di sfida, <<vuoi far vedere anche questa volta che con te la giustizia prevale sul male? Sul povero caro Talif?>> e allungò la mano libera verso il viso dell'avversario.
Più la tensione aumentava e più la situazione sembrava che dovesse crollare rovinosamente.
E quella mano che lo sfiorava per Ramon era l'evento eccessivo.
E così scoppiò <<Nooo! Basta! Basta! Anche Giuslung, misericordioso, consolatore degli afflitti, donatore di possibilità>> mentre guardava diritto negli occhi il suo malefico avversario. E proseguì <<anche Giuslung ha un'altra faccia oltre quella esposta al sole c'è quella che sta all'ombra e raffredda i cuori, la faccia della morte e del sacrificio.>> fece una pausa. Sembrò interminabile per i presenti. Aggiunse <<Fra pochi minuti qui sotto il Dio verrà invocato! Non per nulla avviene il sacrificio. Come ti spieghi i poteri dei felini?>> E indicò Gas. <<Giustizia ti dico! Ecco la chiave della felicità!>> Ramon sembrava essersi calmato.
Con uno sbotto di risate Talif esclamò: <<Anche la predica! Hahahah>>.
Una fiammata di giustizialismo si impossessò di Ramon e proseguì attraverso il phaser diritto in pancia a Talif. <<Muori codardo! Che la tua anima bruci all'inferno>>.
Con il viso solcato da grosse gocce di sudore si rivolse a Kalì esterrefatta <<Andiamo. Mi segua>>
<<Non senza di loro>> aggiunse lei secca indicando i due felinoidi.
<<Ora dobbiamo scappare. Non faranno distinzioni. L'onta cadrà su tutti.>>
<<Ho detto che non vengo. O vorrà farmi secca come ha fatto con lui>> e indicò lo spazio che occupava Talif pochi istanti prima.
<<Tu!>> verso Gas <<vieni>> Gas balzò in piedi dall'emozione e goffamente gli corse incontro.
<<E l'altro?>> disse Kalì
<<Non può venire, ci farebbe prendere tutti quanti>> aggiunse con un tono tale da lasciar capire che non ammetteva altre discussioni.
<<lo uccida allora>> disse Gas, e aggiunse <<non possiamo lasciare che venga torturato o chissà che altro>>
L'alfano punto' il phaser ma Kore gli si pose di fronte. <<No!>> era di nuovo il suo istinto medico <<no! Lo addormenterò. Lasciamogli una possibilità. Magari la federazione farà qualcosa.>>
Nel mentre diceva queste parole utopiche si sentì dalla feritoia un forte Gong risuonare.
<<Lasci stare. Dobbiamo scappare. Forza fra un po' bloccano tutto. C'e' il Servizio e nulla può entrare o uscire.>>
Gas, Kalì e Ramon salirono sulla rampa teletrasporto velocemente con il cuore gonfio di tristezza per il loro compagno abbandonato.
<<Prima di partire devo chiedervi di ubbidirmi in tutto e forse, ripeto forse, ce la faremo a salvarci>> disse l'alfano e Gas di rimando <<Certo, per la pelle questo e altro.>>
L'alfano si avvicinò alla console, digitò alcuni comandi e i tre vennero dematerializzati.
Luogo : Pianeta Alfa87 - Prigione di Algiras
Data Terrestre: 6/12/2384 Ore 3.15
Un attimo dopo la dematerializzazione dei tre fuggitivi si udì un secondo Gong e poi un terzo, seguiti da un rullare di tamburelli allegri e festanti.
L'ultimo caitano rimasto in cella, tutto emaciato, si rilassò. La musica gli ricordava la casa, la famiglia, le feste in gioventù.
Ma quel ricordo dolce venne strappato da un urlo disumano e lo strappo del sipario dei dolci pensieri riportò alla luce la cruda realtà di dolore e sofferenza che stava attraversando in quei terribili momenti.
Luogo : Minerva - Orbita del pianeta Alfa87
Data Terrestre: 6/12/2384 Ore 1.00
Liam non riusciva a stare fermo e passeggiava nervosamente sul ponte di comando. Perche' Aldea era cosi' testarda? Se l'avesse lasciato andare con lei avrebbe potuto proteggerla e si sarebbe risparmiato quella lunga ed angosciosa attesa. Le ventiquattr'ore entro le quali avrebbero dovuto lasciare l'orbita erano quasi scadute. E se non fosse tornata in tempo? E se l'avessero catturata?
- Qualche novita'? - chiese per l'ennesima volta a Sorellina.
- Ho intercettato le loro comunicazioni locali. Hanno annunciato che il generale Berrei verra' giustiziato pubblicamente insieme ai suoi piu' stretti collaboratori per alto tradimento. Il generale era su quella navetta che abbiamo visto attaccare ieri dalla flotta alfana. Aldea mi ha chiesto di fare qualche indagine su di lui. Appartiene alla fazione contraria all'entrata di Alfa87 nella Federazione. E' stato ospite dei federali sulla Terra ma pare che non siano riusciti a fargli cambiare idea. Durante la visita al campo di detenzione Yorktown e' stato fatto oggetto di un attentato, i cui autori sono ancora sconosciuti, anche se si sospetta che si sia trattato solo di un diversivo che ha permesso la fuga di due prigionieri. I due fuggitivi sono il maquis Smileblack, condannato per aver cercato di impadronirsi di informazioni riservate, e la dottoressa Kore Alicatis accusata di aggressione e tentato omicidio nei confronti del capitano della Uss Crusader, Raffaele Pignataro.
In seguito il generale Berrei si e' imbarcato sulla USS Budapest che lo ha lasciato a qualche anno luce da qui, ed e' tornato con la sua navetta.
C'e' una cosa curiosa. Il generale era accompagnato solo dal nipote, il tenente Remi, ma quando la sua navetta e' stata attaccata ho rilevato tre segni vitali a bordo.
- Non mi interessano le lotte interne degli alfani! - ringhio' Liam. - Piuttosto hai notizie dei nostri?
- La squadra composta da T'eyan, Lazarus, Modred ha mantenuto il silenzio radio, e Aldea e' di ritorno con Nathan e la navetta.
- E che aspettavi a dirmelo? - urlo' Liam esasperato. - Sta bene? Cercheranno di abbattere la navetta, dobbiamo...
- Tranquillo, l'autorizzazione falsa che le ho passato ha superato tutti i controlli - disse divertita Sorellina. Il computer senziente non riusciva a capire il legame che c'era tra Liam ed Aldea, ma lo trovava "interessante".
Luogo : Pianeta Alfa87
Data Terrestre: 6/12/2384 Ore 3.15
Il teletrasporto aveva ricomposto le molecole di Gas, Kore e Ramon in quella che sembrava una lussuosa abitazione privata.
Mentre seguiva gli altri due lungo un'interminabile serie di corridoi e stanze, Gas si sentiva nello stesso tempo sollevato per non essere stato scelto al posto di Amos, e colpevole per essere fuggito lasciando i caitiani al loro destino. Promise a se stesso che se fosse riuscito a salvare la pelliccia avrebbe trovato il modo di liberarli, o di vendicarli se fosse stato troppo tardi.
Mentre questi pensieri gli si agitavano nella mente, gli occhi registravano e valutavano i lussuosi arredi della casa. Forse non tutti avrebbero apprezzato i gusti degli alfani in fatto d'arte, ma avrebbero sicuramente pagato bene per i materiali preziosi usati per realizzarli.
L'odore di morte e malattia colpi' il suo sensibilissimo naso molto prima che Ramon si fermasse davanti ad una stanza e li invitasse ad entrare.
Nella semioscurita' Gas distinse un vecchio, sprofondato in un'enorme poltrona che lo faceva sembrare ancora piu' piccolo e rinsecchito, che vegliava una giovane donna pallida quanto le lenzuola del letto su cui era distesa.
- Salvate la sua vita e salverete anche la vostra - sussurro' la loro guida indicando la ragazza, con un tono tra il disperato e il minaccioso.
Gas vide la dottoressa avvicinarsi alla malata con aria decisa e professionale, incurante della puzza che anche il suo naso umano doveva ormai sentire.
Kore esamino' a lungo la sua nuova paziente, domandando qualcosa ogni tanto sia al vecchio che alla malata.
Alla fine scosse la testa: - Non avete le attrezzature che mi servono. Se solo avessi a disposizione un'infermeria standard della Federazione...
A quelle parole Gas senti' accendersi la speranza. - Sulla mia nave abbiamo un'infermeria fornitissima, ci manca solo un dottore - disse.
Il vecchio fisso' il felino con disprezzo e poi si rivolse a Kore. - Non voglio che sia curata con le vostre diavolerie. Un impacco con il fegato caldo di quella bestia sara' piu' che sufficiente per rimettere mia nipote in salute, e mangiando il suo cuore le torneranno le forze. Ramir, provvedi - ordino' alla guardia.
- Ma mio signore... Nobile Terran... - obietto' Ramir. - e' gia' stata curata con rimedi tradizionali, ma non c'e' stato nessuno dei miglioramenti promessi dai sacerdoti. Lasciate provare la dottoressa della Federazione...
- Non hai sentito? - sbotto' il vecchio - Non puo' far nulla senza le sue macchine, e quel dannato di Shuko ha ordinato a tutte le navi straniere di lasciare lo spazio alfano.
- Forse e' ancora vicina, se potessi riavere il mio comunicatore... - azzardo' Gas.
Il vecchio guardo' Ramir. - Puoi avere accesso alle cose che aveva l'animale? - gli chiese.
- Dovrei tornare alla prigione. Il Servizio e' in pieno svolgimento e le entrate sono sorvegliate, ma quando sara' finito si accorgeranno della loro fuga e non gli ci vorra' molto a capire che li ho aiutati. Pero' finche' non sospettano di me ho una possibilita' - rispose lui. Probabilmente avrebbe dovuto uccidere ancora per arrivare alla stanza dove erano conservate le cose sequestrate ai condannati, ma la vita di Triseide era troppo importante. Prima di andarsene guardo' per l'ultima volta la figura pallida della ragazza. "Per te, per la tua vita" penso' con una stretta al cuore.
Luogo : Prigione su Alfa87
Data Terrestre: 6/12/2384 Ore 4.00 a.m.
C'era qualcosa. Un rumore strano, sordo, ritmato, che non corrispondeva a niente che lei avesse mai sentito prima d'allora, e si propagava attraverso le mura della prigione.
T'eyan si immobilizzò, in ascolto. Sulle prime pensò che avessero fatto scattare un qualche allarme, ma nessuna guardia di sicurezza venne nella loro direzione. Lo sguardo perplesso dei suoi compagni le fece capire che anche loro avevano sentito il rumore, e non riuscivano ad identificarlo.
Si spostò di qualche passo, lungo il camminamento. Si trovavano a ridosso dell'edificio centrale, un fabbricato a pianta circolare, con un tetto leggermente bombato e rivestito di piastre metalliche. Al centro del tetto, c'era una presa d'aria coperta da un'elegante edicola in ferro battuto.
Il rumore proveniva dall'apertura.
T'eyan fece cenno a Modred Leha di aiutarla. La bajoriana scrollò le spalle, e con un gesto del polso lanciò la propria cordicella verso l'edicola, quindi la saggiò per essere sicura che si fosse agganciata regolarmente.
T'eyan afferrò la corda, e saltò oltre il muro del passaggio, atterrando senza far rumore sulle lastre del tetto. Arrivò all'edicola. Il rumore adesso era più chiaro. Esattamente sotto la copertura in ferro, c'era una sorta di pozzo, che penetrava verso l'interno. Il pozzo era sufficientemente largo per farla passare.
Non c'erano tracce energetiche all'interno delle barre, secondo il suo tricorder. Solo la copertura superiore rifletteva il raggio del campo di forze. Sicuramente, interrompere il raggio avrebbe fatto precipitare loro addosso tutte le guardie della prigione.
"Ma non è un sistema di sicurezza molto efficiente" - si disse T'eyan, regolando al minimo il proprio faser - "O si sentono troppo sicuri di sé stessi oppure non hanno molto latinum da impiegare per le loro prigioni"
Puntò il faser ad uno dei sostegni in ferro battuto dell'edicola. Il ferro si fuse rapidamente. Usò la manica della propria giacca per prenderlo con la mano senza scottarsi e piegarlo verso l'esterno, in modo da poter penetrare verso il pozzetto. La copertura non si mosse di un millimetro, mentre lei si legava alle altre sbarre con la corda, per potersi sporgere verso l'interno.
La colse un odore animalesco, che sapeva di sangue e di sudore, e che per un istante le dette la nausea.
Sotto di lei, c'erano centinaia di alfani. In ginocchio di fronte ad una sorta di altare, battevano con le mani sul pavimento di pietra, producendo il rumore ritmato che aveva sentito da fuori.
L'altare era esattamente sotto di lei. Sbatté gli occhi. Era Gas?
C'era un felinoide legato, nudo al centro dell'altare. Il suo corpo era stato privato quasi interamente di pelo, che rimaneva solo sul capo e sulle zampe, e sanguinava in abbondanza da lunghe ferite scoperte.
"No... Non può essere Gas." - pensò T'eyan. Non voleva che fosse Gas. Ma da dove si trovava, non poteva vedere chi fosse.
Dei sacerdoti con il quadrato argenteo tatuato sulla fronte, circondavano il povero felinoide. Sembrava che raccogliessero il sangue che sgorgava dalle ferite. Uno dei sacerdoti aveva in mano una lama, coperta di sangue. L'abbassò sul ventre scoperto del felino, incidendone profondamente la pelle.
L'essere si mosse appena, lamentandosi. Probabilmente non era più in grado di capire che cosa gli stavano facendo. O almeno, T'eyan se lo augurava. In tutta la sua vita, lei aveva ucciso molte volte, ma per fare qualcosa del genere occorreva un grado di follia a cui lei non era mai arrivata. E si augurava di non arrivare mai.
"Coral non deve entrare qui dentro" - si disse lei - "Non potrebbe resistere a quella vista"
L'odore del sangue arrivava fino a lei. Era disgustoso. Ed era disgustoso rimanere lì sopra, senza poter fare niente per salvare quel disgraziato dall'esaltazione religiosa di quegli infernali sacerdoti.
Ma erano troppi, là sotto.
Risalì verso il tetto, e si distese sulle lastre di metallo, cercando aria.
La seconda luna, sopra di lei, stava tramontando. Avevano ancora un paio d'ore al massimo prima del nuovo giorno. Ancora solo due ore, per poter salvare Gas da quella tortura. Gas, o chiunque fosse lo sventurato che aveva visto là sotto.
ooo
"Gli oggetti di quel felino devono essere qui" - pensò Ramon, entrando nel magazzino. Il magazzino era vuoto, e non ci mise molto a trovare quello che cercava.
Ramon respirò, prendendo la cassa in cui erano stati raccolti gli effetti personali del felinoide arrestato, la forzò, prese gli oggetti e se li mise in tasca.
Finora era stato fortunato. Nessuno sembrava essersi accorto della scomparsa di Talif. Non che fossero in molti, quelli che sarebbero andati a cercare un tipo come Talif, che non era mai stato simpatico a nessuno, tranne forse la propria madre. Forse.
Rimise a posto la scatola sulla scansia del magazzino, ed uscì nel corridoio. Doveva sbrigarsi, il rito stava per finire, e con la fine del rito sarebbe terminato anche il tempo di quella sua fortuna.
Si incamminò nel corridoio, cercando di controllare il passo. La porta esterna era in fondo, oltre la guardiola.
Sussultò. Qualcuno era spuntato dalla guardiola.
"Che fai qui, Ramon?" - domandò il guardiano - "Non sei andato al rito? Il sacerdote ti punirà per questo!"
"Ciao, Ori. Nemmeno tu sei andato, stasera" - fece notare Ramon - "Come mai?"
"Sai, la mia schiena... Sto aspettando che il sacerdote finisca il rito. Voglio essere il primo in fila a prendere il sangue fresco di quell'animale. E tu?"
"Qualcosa del genere" - mentì Ramon - "Sai, ti ho raccontato di Triseide..."
Il guardiano annuì, con mestizia: "Si, ti capisco... Non è migliorata, vero?"
Ramon scosse la testa: "Sembra che nulla possa farla migliorare" - disse, in tono accorato.
Ori chinò gli occhi.
Il battito delle mani sul pavimento era cessato. Il rito era terminato.
"Non posso aspettare oltre!" - pensò Ramon, disperato. Ori era un amico, ma Triseide... Triseide era la sua vita, ed avrebbe sacrificato anche l'amico per salvare la sua donna. La sua mano andò a sfiorare il calcio dell'arma.
"Senti, Ramon..." - cominciò Ori.
"Si?" - non voleva uccidere Ori, ma non poteva aspettare di più.
"Pensavo... La tua bella ha più bisogno di quel sangue fresco della mia schiena" - disse l'altro, con imbarazzo - "Resta tu ad aspettare il sacerdote. Io vado ad unirmi agli altri"
L'uomo si voltò. Ramon lo guardò allontanarsi a grandi passi.
"Ori!" - gridò. L'alfano si girò verso di lui.
"Grazie..." - disse Ramon. Ori sorrise impacciato, e sparì oltre la porta.
ooo
Non sentiva più quell'orrendo battito sul pavimento delle mani degli alfani.
Il rito doveva essere terminato. Era il momento di agire.
T'eyan si sporse all'interno del pozzetto, ispezionando la sala con il tricorder.
Nessuno.
Lanciò un capo della corda nel pozzo, quindi si calò all'interno, seguita dagli altri.
"Ma questo è sangue!" - esclamò Coral, guardando inorridito l'altare su cui erano atterrati. Si chinò, ed afferrò qualcosa dal pavimento - "E questo. Questo è pelo! Pelo di felinoide."
Aran mormorò un'interiezione. I suoi occhi vagavano smarriti fra i legacci che pendevano dall'altare, il pavimento insanguinato e sporco, la sala vuota che fino a poco prima aveva riunito centinaia di alfani invasati.
Coral strinse il pelo fra le sue dita: "Li ucciderò, per questo" - alitò - "Vorrei ucciderli tutti, tutti gli abitanti di questo maledetto pianeta! Maledetti, maledetti."
T'eyan non sapeva cosa dire. Una qualsiasi parola di conforto sarebbe stata fuori posto di fronte all'enormità di quello che stavano vedendo. Si accorse che perfino Modred Leha stava guardando Coral con una compassione priva di qualsiasi ironia.
"Dobbiamo fare qualcosa!" - disse Laz, deciso - "Non so se il gattone che era legato qui sia o no Gas, ma se è ancora vivo dobbiamo portarlo via, il più presto possibile!"
"Laz ha ragione" - disse T'eyan - "Non abbiamo tempo di piangere. Dobbiamo scoprire dove hanno portato il felinoide che era qui!"
"E come possiamo fare?" - domandò Coral, sconfortato - "Manca ormai pochissimo all'alba. La prigione è grande, e non abbiamo ancora idea di dove siano rinchiusi i prigionieri... "
"Credo di poterlo sapere io!" - affermò garrula Modred - "Non vi siete accorti che la base dell'altare è la piattaforma di un teletrasporto?"
"E' vero!" - notò Aran, avvicinandosi dove Modred stava puntando il dito - "Ci sono ancora le coordinate impostate per l'ultimo teletrasporto!"
"Possiamo invertire il teletrasporto?" - chiese Laz.
"Possiamo, ma non è logico farlo" - si interpose T'eyan - "Non è logico che gli Alfani abbiano lasciato il felinoide torturato su una piattaforma di teletrasporto, all'arrivo: lo avranno spostato."
"Ha ragione" - riconobbe Aran - "Quindi, uno di noi deve andare su quelle coordinate e cercare. Non dovrebbe essere una zona ampia: il felinoide che ha perso tutto questo sangue non era certo in grado di muoversi da solo. E non ce li vedo, gli Alfani, a fare la fatica di trascinare un corpo per un lungo tratto!"
"Andrò io" - disse T'eyan, salendo sulla piattaforma insanguinata. Bloccò con un cenno il moto di protesta di Coral - "Voi siete troppo coinvolti. Uccidereste qualunque Alfano vi capitasse fra le zampe."
"E se anche fosse?" - domandò Aran, con tono bellicoso - "Ci fermereste?"
T'eyan alzò lo sguardo ai legacci che aveva visto stringere le zampe del torturato:
"No" - disse infine, ed accennò a Modred di avviare il teletrasporto.
ooo
"Ci sono novità dalla squadra di terra?" - domandò Aldea, entrando sul ponte. Dietro di lei sbucò Nathan Weaver.
Liam fece per scagliarsi contro di lui. Aldea lo fermò: "Il nostro ospite non ci darà più noie" - disse - "E se ce ne darà, sapremo cosa fare di lui!"
Si rivolse a Khetta: "E allora? Ho fatto una domanda!"
Khetta si strinse le spalle: "No, niente da T'eyan" - disse - "Ma Sorellina §a rilevato lo stesso qualcosa di interessante. Me lo stava dicendo giusto un momento prima che arrivassi"
"Cosa?"
=^= Sai, ho ricevuto un segnale che non riesco a capire =^= - trillò la voce di Sorellina. =^= Hai presente il comunicatore di Gas? =^=
"Non vorrai dire che...?"
=^= Si, sembra che qualcuno lo abbia acceso. Ma non capisco che razza di conversazione sia! =^=
"Fammi sentire, Sorellina"
=^= Subito! =^= obbedì la voce del computer.
Nella sala risuonò qualcosa che sulle prime non riuscì ad identificare.
Sembrava un respiro pesante, rumori come di strada.
"Chi porta il comunicatore non si deve essere accorto di averlo acceso" - opinò Aldea - "Sorellina, puoi identificare la posizione del comunicatore?"
=^= Certo =^= disse lei. =^= Vuoi teletrasportarlo qui? =^=
Aldea ci pensò su un istante: "No. Preferisco seguirlo. Potrebbe essere uno dei rapitori di Gas, e nel caso non voglio fargli sapere che lo abbiamo tracciato"
ooo
Le ci volle qualche istante perché gli occhi si abituassero all'oscurità.
Prima, sentì l'odore.
Era un odore che sapeva di disinfettante di bassa qualità misto a tanfo di latrina. Ma c'era di più. Odore di morte, odore di sangue, lo stesso che aveva sentito nell'altra sala, quella del rito.
Capì di essere arrivata nel posto giusto. Era lì che dovevano aver trasportato il felinoide dopo la tortura.
Nell'aria, sentiva dei flebili lamenti.
Appena i suoi occhi si furono abituati all'oscurità, scese dalla piattaforma del teletrasporto. Giusto sotto la piattaforma, c'era qualcosa. Si chinò.
Era un alfano, ed era morto.
"Una guardia " - mormorò fra sé - "Non capisco..."
Si alzò e si diresse verso la parte della cella da dove provenivano i lamenti. Sentì dietro di lei che il teletrasporto si stava attivando. Spianò il proprio faser, poi si rilassò, riconoscendo Aran: "Le avevo detto di rimanere dov'era!" - lasciò affiorare nella propria voce l'impronta dell'irritazione.
"Non volevo che lei si divertisse da sola, con le guardie!" - ribatté Aran, accendendo una piccola torcia, che illuminò la cella. Il fascio della torcia si soffermò sul cadavere alla base della piattaforma.
"Non eri tu a dire che non bisognava uccidere tutti gli Alfani che ci capitavano davanti?"
"Quell'uomo era già morto quando sono arrivata. Non so chi lo ha ucciso" - ribatté T'eyan - "E adesso porti qui quella torcia!"
Aran si avvicinò. Lanciò un gemito:
"Amos!" - urlò, mettendosi in ginocchio vicino al torturato. Il caitiano non rispose. Non sembrava in grado di reagire - "Questo... Questo e' il fratello di Coral! Mio dio, che gli hanno fatto! Amos..."
"Ce n'è un altro, qui!" - T'eyan indicò l'altro corpo - "E non è in condizioni migliori del vostro amico. Che cosa avranno fatto a Gas? Dove l'avranno nascosto?"
Aran bestemmiò: "Ha ragione Coral. Dovremmo ammazzarli tutti, questi bastardi!"
"Non è il momento!" - disse T'eyan, andando verso la porta. Qualcuno stava arrivando da quella parte. Sentiva voci concitate, passi affrettati che si dirigevano in quella direzione. E la porta era rimasta aperta!
"Dobbiamo andare via!" - disse T'eyan - "Chi ha riportato Amos in cella deve aver trovato il cadavere della guardia, ed è scappato a dare l'allarme!"
"Presto! Portiamoli sulla piattaforma!" - urlò Aran, afferrando la zampa di Amos - "Li dobbiamo teletrasportare fuori di qui, in fretta!"
I passi si fermarono di botto:
"Ci hanno sentito!" - comprese T'eyan, sfoderando il proprio faser - "Meglio così! Andate avanti voi. Io vi copro la fuga!"
"Non ce la farai da sola!"
"Porta via i feriti!" - ordinò T'eyan, gettandosi al riparo, mentre la scia bruciante di un faser veniva ad illuminare la cella - "Torna nella sala del rito. Modred Leha ti dara' le coordinate della nostra nave, per farvi teletrasportare fuori da qui!"
T'eyan respirò, sentendo il familiare suono del teletrasporto dietro di lei.
Almeno loro erano in salvo.
Puntò il faser. Sparò. E sparò di nuovo, con una violenza che non aveva mai conosciuto in vita sua: "Maledetti!" - urlò - "Che avete fatto a Gas?"
Luogo : Prigione su Alfa87
Data Terrestre: 6/12/2384 Ore 4.25 a.m.
Aran ricomparve al centro del tempio insieme ad Amos ed a Ramir. Coral corse loro incontro e abbraccio' il fratello.
<<Forza dobbiamo andare>> disse Modred. L'allarme ormai risuonava in tutta la fortezza. Non ci avrebbero messo molto a scoprirli.
<<Fermi, fermi, e T'eyan dov' è>> chiese allarmato Lazarus.
<<E' rimasta a coprirci le spalle>> disse Aran.
<<Dobbiamo salire sulla vostra nave, per curare i nostri amici. Preleveremo da li' T'eyan>> disse Modred.
<<Ma come? Ci sono gli scudi!>> disse Aran, pensando tra se' "Imbecilli"
<<Gli scudi non sono più un problema>> ribatte' orgogliosa Modred e aggiunse: <<sono riuscita a inserire una versione light di Sorellina nella rete della prigione. Ora sappiamo tutto quel che ci serve sui suoi scudi.>>
Luogo : Minerva - Orbita del pianeta Alfa87
Data Terrestre: 6/12/2384 Ore 4.35 a.m.
Aldea, senza pretendere spiegazioni, coordinò l'attività delle due Sorelline e in pochi istanti T'eyan era con gli altri al sicuro sulla nave.
L'ultimatum scadeva fra poco, ma stranamente le navi che circondavano la Minerva si allontanarono dalla nave. Ma, poco prima di andarsene, scaricarono una flottiglia di satelliti che Sorellina descrisse come satelliti da combattimento.
Luogo : Capitale del pianeta Alfa87 - Uffici della Delegazione federale
Data Terrestre: 6/12/2384 Ore 5.00 a.m. - Ora locale 17.00
Il Delegato Federale per il sistema Alfa87, l'Ambasciatore Mooi, responsabile dei negoziati tra la Federazione dei Pianeti Uniti e Alfa87, si avvicinò al terminale e richiamò il File Alfa87_1.27 dal titolo: "Resoconto per la Flotta Stellare sulla situazione ALFA87 - Delegato Federale Ambasciatore Mooi."
=/= Inizio File
Il sistema di Alfa87 è costituito da due pianeti di classe M. Il più interno nel sistema, il più popoloso, tecnologicamente avanzato e ricco, è quello conosciuto dalla Federazione come Alfa87, che da' il nome al sistema stesso e su cui si trova la Delegazione Federale. L'altro pianeta è chiamato dai suoi abitanti Terr (vedi File Alfa87_1.26).
Alfa87 conobbe su larga scala la propulsione a curvatura soltanto la generazione precedente. I contatti con i sistemi limitrofi erano già in corso da molti decenni ma erano tenuti sotto stretta sorveglianza dalla casta sacerdotale.
Il pianeta politicamente è costituito come una grande Confederazione di Stati dove ogni Stato gode di ampie autonomie amministrative. Le differenze tra un'amministrazione e l'altra, viste sullo sfondo della comune cultura caratterizzata dall'unica fede religiosa a cui aderiscono per nascita tutti gli alfani, sono praticamente inconsistenti.
La religione di Alfa87 è organizzata su base locale. Ogni chiesa e monastero gode di ampia autonomia. Non esiste una figura unica per tutto il pianeta che rappresenti la Fede ma è presente un'assemblea planetaria, il Senato dei Religiosi, composta dagli anziani religiosi che ne rappresenta lo spirito unitario.
Il Senato dei Religiosi ha il potere di porre il veto su ogni atto amministrativo e legislativo e di dirimere le dispute religiose.
A fianco di questo Senato esiste a livello mondiale un Consiglio Planetario che ha il compito di coordinare e governare le relazioni con gli altri mondi e le rotte commerciali. Si tratta di un'interfaccia tra il mondo esterno e Alfa87.
Inizialmente il Consiglio non aveva nessun potere, aveva soltanto il compito di rappresentare il pianeta nella galassia, ma con il tempo gli venne concessa la possibilità di fare proposte tra cui quella di coordinare i codici statali, di proporre autoregolamentazioni e proporre variazioni alle leggi dei singoli Stati. Queste facoltà vennero controbilanciate dalla creazione di un'Assemblea Generale formata dai rappresentanti degli Stati Confederali con il compito di esaminare e approvare gli atti del Consiglio Planetario a maggioranza assoluta dei suoi membri.
Così ogni atto del Consiglio Planetario deve passare l'approvazione dell'Assemblea Generale, il vaglio del Senato dei Religiosi e successivamente essere ratificato dai singoli Stati Confederali, per essere operativo.
Il governo mondiale, il Consiglio Planetario, è nominato dall'Assemblea Generale.
Il vero elemento di unione del pianeta e di tutto il sistema è l'Esercito Interplanetario, nato per volontà del Senato dei Religiosi per frenare le contaminazioni che potevano arrivare dall'esterno.
Le radici di questa istituzione risaligono a una Sezione dell'Ordine per la Pulizia dell'Anima e dei Costumi, sezione che si doveva occupare del controllo delle merci e successivamente dell'importazione dei felini dalla galassia.
L'esercito formalmente dipende dal Senato dei Religiosi ma gode di ampia autonomia.
Il Consiglio deve occuparsi dell'allocazione delle risorse dell'Esercito.
Come si evince da questo intreccio di vincoli, la vita politica di Alfa87 è piuttosto ingessata rispetto alle esigenze e alla velocità di cambiamento richieste dalla vita quotidiana del pianeta.
I poteri forti hanno finito quindi per ritagliarsi spazi sempre più ampi di autonomia: i Sacerdoti arroccati nei loro templi modificano le leggi a loro piacimento per preservare la purezza delle anime e i loro privilegi; il Consiglio Planetario aumenta a dismisura gli apparati amministrativi per comperare i consensi nelle assemblee; l'Assemblea Generale, sempre più scalpitante, sobilla i cittadini ora con slogan nazionalisti e isolazionisti ora con l'annuncio di ideali progressisti e filo federali, tutto questo al solo fine di acquisire nuove piccole briciole di potere sottratte con gli artigli agli altri attori politici.
I mass media sostengono che, in queste lotte di palazzo, l'Esercito è l'unica istituzione rispettata e amata dalla popolazione in quanto ha finito per assumersi "responsabilmente" (Dailynews press), molti compiti che i cittadini si aspettano "eseguiti dallo stagnante Consiglio mondiale, che invece di governare languisce in putride discussioni e chiacchiericci" (Voicepeople press).
In realtà le lotte intestine di questa nobile istituzione stanno dilaniando anche il corpo dell'esercito: il controllo dei cospicui fondi neri è l'occhio del ciclone dei fatti quotidiani dell'ultimo mese.
Questi "fondi riservati", come recita il Regolamento n°10 che li istituì, alimentati dalla tolleranza del mercato nero, vennero istituiti per bypassare le farraginose procedure governative che non furono e non sono anche oggi in grado di garantire le richieste dell'Esercito e tanto meno sono in grado di far fronte a quei nuovi compiti che i cittadini si aspettano realizzati: "più lavoro, più innovazione, più commercio, più benessere!" come recita lo slogan adottato dall'Esercito per promuovere l'arruolamento. Oppure "Diamo efficienza e celerità ai nostri diritti" come campeggiò sul Dailynews per molti giorni dopo la nomina del Generale Shuko a Comandante in capo dell'esercito.
In questi anni l'Esercito è diventato il vero motore di Alfa87.
Questa lotta all'interno dell'Esercito è stata vinta una settimana fa dal Direttore della Sezione Programmazione Orbite e Rotte Commerciali Autonome, il responsabile del controllo commerciale verso l'esterno, gestore della Pulizia di Frontiera e gestore dei Fondi Riservati, colui che detiene i cordoni della borsa e che controlla l'ex Polizia di Frontiera: il Direttore Colonnello Reltih.
La sua fazione, favorevole ai contatti con la Federazione, si definì sulle colonne del Dailynews per bocca del Generale Shuko suo autorevole membro come: "Progressista, aperta a nuove personalità e democratica".
Venne definito il programma delle 3P: Progresso, Personalità, Popolo.
Parole profetiche che a una persona dall'acuta intelligenza avrebbero fatto capire lo sviluppo degli eventi futuri: accantonamento dalla scena politica dei Sacerdoti (progressismo), eliminazione di vecchi personaggi tra cui il Generale Berrei e ascesa di Shuko (Personalismo); rivalutazione dell'Assemblea Generale ricattabile e corrottibile (Populismo).
=/= Fine File
Dopo aver scorso gli appunti inviati alla Federazione, il Delegato Mooi si diresse celermente verso l'appuntamento con il suo importante interlocutore, il Consigliere personale del Presidente del Consiglio Planetario per le Questioni Militari, il Colonnello Grafi.
L'appuntamento era in un posto inconsueto per un incontro tra personaggi così importanti, infatti Mooi era atteso nell'affollatissima Goodtake, centralissima piazza della capitale, sede degli Organi Planetari, a poche centinaia di metri dalla sede dell'Assemblea Generale.
Era noto, infatti, al Delegato Federale che l'Assemblea Generale era riunita in quelle ore con un ordine del giorno straordinario: la discussione su "Fluttuazioni inconsuete nel prezzo del riso nello Stato del Lutan". Formula capziosa per celare ciò che tutti sapevano: l'arresto del Generale Berrei, nato nello Stato di Lutan, e il conseguente timore di fratture nell'esercito.
Luogo : Capitale del pianeta Alfa87 - Piazza Goodtake
Data Terrestre: 6/12/2384 Ore 5.30 a.m. - Ora locale 17.30
In mezzo a una folla chiassosa e multicolore due uomini di mezza età si trovarono a guardare in una vetrina che esponeva schermi al plasma di ultima generazione che trasmettevano tutti contemporaneamente in diretta il dibattito dell'Assemblea Generale.
<<Fra pochi minuti interverrà il Presidente del Consiglio>>disse il tizio con i capelli rasati, il Colonnello Grafi.
<<Chissà cosa dirà>> rispose l'Ambasciatore Mooi senza voltare minimamente il capo verso il suo interlocutore.
<<Ovvio. Chiederà i poteri speciali per ventiquattro ore, il tempo minimo per fare pulizia del sudiciume di Alfa>>
L'Ambasciatore ricordava a memoria l'articolo 157 della loro legge fondamentale: "Il Decreto d'Emergenza approvato da una delle due Assemblee entra in vigore immediatamente. Deve essere ratificato entro 24 ore dall'altra assemblea o, verificata l'assenza del numero legale dell'altra assemblea, deve essere prorogato di 24 ore in 24 ore dal Presidente del Consiglio, pena la sua decadenza".
<<Il Senato non ratificherà mai>> disse il federale.
<<Vero. Il vecchio Senato non ratificherà mai>> lo corresse l'altro, e riprese <<quello nuovo tra un paio di giorni rinnoverà tutto.>>
<<La Federazione bloccherà il processo di integrazione>>
<<Ce lo aspettiamo, ma>> aggiunse con perfidia il militare, << ci aspettiamo pure che tornerete sui vostri passi. Avete bisogno di noi, di nuovi cittadini.>>
Sapeva bene l'Ambasciatore che aveva ragione l'alfano. La Federazione non poteva permettersi che quel sistema cadesse in mano dei pirati o tanto peggio, di altre organizzazioni.
<<Perché questo incontro?>> chiese gelido Mooi.
<<Vogliamo che lei, i suoi aiutanti e i suoi famigliari ve ne andiate per alcuni giorni>> rispose Grafi, e aggiunse secco <<immediatamente!>> e con tono più morbido <<le cose stanno precipitando.>>
Il Delegato Federale fissava lo schermo davanti a lui. Si vedeva l'Assemblea in un momento di pausa dei lavori. Stavano aspettando qualcosa o qualcuno.
<<Verrete allontanati per contenere un'epidemia sconosciuta che colpisce il riso di Lutan, questo prevederà il decreto. Avete un'ora da adesso.>>
<<La nostra nave più vicina impiegherà 24 ore per giungere qui>> obietto' Mooi riferendosi alla Uss Budapest, ma l'altro rispose pronto: <<In orbita c'e' ancora una nave mercantile, la Minerva. Li stiamo contattando per farvi dare un passaggio. Troverà le coordinate nel suo ufficio.>>
<<Ci vorrà mezza giornata per radunare le nostre cose e ...>> disse il federale.
<<No! Avete meno di un'ora. Su questo non ci sono deroghe.>> e con tono più dolce l'ufficiale aggiunse: <<Non preoccupatevi, troverete tutto come prima quando tornerete. Anzi, tutto sarà molto migliore>> e fece un gran sorriso.
<<Ancora una cosa Colonnello>> disse il federale
<<Si?>>
<<Sappiamo che avete arrestato il Generale Berrei>> disse l'ambasciatore lasciando sottintendere che sapeva che non era morto.
Il Delegato Federale studiava il mutarsi delle espressioni del suo interlocutore riflesse nella vetrina, che lasciava trasparire sottostante l'arena politica che incitava a gran voce e con battimani il Generale Shuko presente nella tribuna del pubblico.
Non potendo negare, il militare disse: <<E' agli arresti in attesa di un processo pubblico fra poche ore. Bene, ci siamo detti tutto, Delegato Federale. Arrivederci>>
Senza stringersi le mani se ne andarono ognuno per la propria strada.
L'ambasciatore aveva poco tempo per radunare le persone del suo staff e i suoi famigliari. DiPadd alla mano il contattò tutti in pochi minuti e si diedero appuntamento fra mezz'ora nel suo ufficio.
Luogo : Capitale del pianeta Alfa87 - Sede dell'Assemblea Generale
Data Terrestre: 6/12/2384 Ore 5.45 a.m. - Ora locale 17.45
Borlon, il Presidente del Consiglio Planetario, camminava con passo pesante avanti e indietro per la stanza. Le cose stavano precipitando. Evidentemente la situazione era sfuggita di mano a qualche zelante militare, oppure erano stati scoperti i loro piani.
Appena aveva saputo che c'erano stati dei disordini alla Fortezza dove i sacerdoti celebravano i loro riti aveva inserito un ordine del giorno straordinario per accelerare il piano previsto.
<<Presidente, tocca a lei>> disse un commesso.
A passo deciso, Borlon uscì dal sontuoso ufficio e man mano che si avvicinava all'arena dentro la quale era raccolta l'Assemblea Generale sentiva le grida dei Deputati ritmare il nome del Generale Shuko. Quando apparve, passando attraverso una botola, al centro dell'arena politica, soltanto un piccolo gruppo di Deputati si accorse del suo arrivo, tutti gli altri erano troppo intenti a perorare il loro Generale.
<<Signori deputati. Prego. Silenzio. La parola al Presidente del Consiglio Planetario.>>
<<Buuuuuuuuuuuuuuuu... buuuuu... Vattene a casa...>> gridarono alcuni. <<Reazionario... Venduto ai diaconi...>> gridarono altri.
<<Signori!> esclamo' il Presidente dell'Assemblea. E verso il Presidente del Consiglio <<Prego. Parli pure>>.
<<Signori Deputati. Cittadini tutti>> disse Borlon cercando di farsi sentire tra il chiasso dei presenti. <<È inconcepibile che un uomo stimato, un anziano dell'esercito sia stato messo in pericolo di vita e condotto agli arresti.>> esordì.
<<Vattene... Vattene...>> gridavano molti deputati.
E con più grinta ancora il Presidente proseguì: <<E' inconcepibile per un Alfano vedere che il cuore delle sue certezze, l'esercito, viene minato.>>
Fece una breve pausa di silenzio. <<E' quindi intollerabile ogni sotterfugio, ogni macchinazione, ogni atto che mini la sicurezza del nostro sistema.>>
I deputati cominciarono a zittirsi..
<<L'Esercito è la nostra unica salvezza. Non sono ammesse disfunzioni. Non sono ammessi disordini di alcun tipo al suo interno>>
Qualcuno gridava ancora...
<<Individueremo i capi dei sobillatori. Li puniremo. Anche se fossero tra i nostri più cari amici e intimi colleghi.>>
Scese sull'assemblea un silenzio tetro...
<<Lasciatemelo dire. Mi è stato chiesto di non menzionare quanto dirò di seguito ma voi siete la coscienza di Alfa. Voi siete il cuore di Alfa. Voi siete la speranza di Alfa. E non quei senatori che dissacrano la tradizione e minano la sacralità dello stato facendo eliminare i più alti gradi dell'esercito>>
Tutta l'attenzione era ora su di lui...
<<Si' signori. I nostri cari sacerdoti hanno attentato alla vita di un Generale, del Generale Berrei. Prima lo hanno usato per mettere Alfa contro la Federazione. Poi l'hanno tradito cercando addirittura di ucciderlo. È intollerabile! Siamo riusciti a raccogliere la testimonianza del generale e questa testimonianza li accusa di tentato omicidio, attentato allo Stato e sovvertimento dell'Esercito Interplanetario!>>
<<Progresso!... Progresso!... Progresso!... Progresso!... Progresso!...>> cominciarono a scandire i deputati.
Il presidente del Consiglio dopo averli fatti sfogare un po' aggiunse: <<Per questo chiedo lo Stato di Emergenza per 24 ore da ora e i poteri speciali per l'Esercito come dettagliatamente indicato in questo testo>> e sventolò alcuni fogli.
<<Shuko!... Shuko!...>> gridavano a gran voce tutti.
Il presidente dell'assemblea mise ai voti il testo del decreto che venne immediatamente approvato all'unanimità.
Luogo : Capitale del pianeta Alfa87 - Uffici della Delegazione federale
Data Terrestre: 6/12/2384 Ore 6.50 a.m. - Ora locale 18.50
La delegazione federale stava attendendo l'ufficiale Alfano che li avrebbe scortati sulla Minerva.
Luogo : Minerva - Orbita del pianeta Alfa87
Data Terrestre: 6/12/2384 Ore 7.00 a.m. - Ora locale 19.00
La situazione a bordo della Minerva era piuttosto caotica.
Gas li aveva chiamati appena tornato in possesso del suo comunicatore, e cosi' lo avevano teletrasportato a bordo senza preoccuparsi di nascondere la loro manovra.
Insieme a lui c'erano una giovane donna alfana gravemente malata, suo nonno, un altro alfano, e quello di cui avevano piu' disperatamente bisogno in quel momento, una dottoressa.
Aldea aveva chiesto ad Alicatis di occuparsi immediatamente dei caitiani feriti, senza perdere tempo a farle domande, e poi si era andata a preparare per ricevere l'ambasciatore e il suo seguito. Se doveva impersonare il capitano di una nave mercantile doveva averne l'aspetto.
Era piuttosto perplessa. Dopo la sua intrusione al tempio per recuperare Weaver e la liberazione da parte dei suoi compagni dei caitiani prigionieri, si sarebbe aspettata un'attacco diretto da parte degli Alfani, invece le era arrivata la richiesta, o meglio l'ordine perentorio, di imbarcare l'ambasciatore federale e il suo staff e di allontanarsi dal pianeta per alcuni giorni. Cosa diavolo stava accadendo veramente su quel pianeta?
ooo
Quando l'ambasciatore Mooi e il suo seguito si materializzarono nella sala teletrasporto della Minerva trovarono ad accoglierli una donna dalla pelle scura, con i capelli neri raccolti in una pettinatura severa.
- Sono Aldea, il capitano della Minerva. Vi do' il benvenuto sulla mia modesta nave - disse la donna accennando un sorriso, elegante nella divisa blu replicata, scelta tra quelle memorizzate nel database della Minerva.
- Vi ringrazio - disse l'ambasciatore Mooi.
L'uomo scese dalla pedana del teletrasporto e aiuto' la moglie a fare lo stesso. Il suo segretario e l'addetto alle pubbliche relazioni si occuparono dei bagagli.
- Siamo spiacenti di averla dovuta disturbare, e con cosi' poco preavviso, ma siamo stati costretti a approfittare della sua ospitalita' - le spiego' l'uomo mentre Aldea li accompagnava ai loro alloggi.
- Non vi preoccupate. A dire il vero sono sollevata che vi abbiano permesso di lasciare incolumi il pianeta. Da quel poco che abbiamo potuto capire intercettando le loro trasmissioni, si sta preparando una guerra civile.
La moglie dell'ambasciatore, una donna grassoccia di mezza eta', si lascio' sfuggire un gridolino di spavento. - Una guerra? Eravamo in pericolo e non mi hai detto nulla? - disse furiosa al marito.
- La situazione politica e' molto complessa Mira, ma ritengo improbabile che si arrivi ad uno scontro armato - cerco' di tranquillizzarla il marito.
- La vostra incolumita' e quella della mia nave dipendono dalle azioni degli Alfani - lo interruppe Aldea. - Se avete informazioni attendibili relative alla situazione attuale ed ai suoi possibili sviluppi vi pregherei di mettermene al corrente.
Mooi esito' e poi disse: - Vi diro' quello che posso. Datemi solo il tempo di rinfrescarmi.
- D'accordo. Ci vediamo tra circa mezz'ora nella sala riunioni. Il computer vi indichera' la strada.
ooo
Tornata in plancia, Aldea ordino' a Sorellina: - Sorveglia tutti i nuovi arrivati e informami immediatamente se lasciano i loro alloggi, registra i loro movimenti e le loro conversazioni, e impedisci che si mettano in contatto con l'esterno. Hai controllato le credenziali dell'ambasciatore e degli altri?
=^= Certo! =^= rispose subito il computer. =^= L'ambasciatore Mooi e' stato assegnato ad Alfa87 da circa un anno. Non ci sono particolari note sul suo conto, comunque ho trasferito la sua scheda e quelle dei suoi collaboratori sul tuo terminale. =^=
Aldea le scorse rapidamente. In effetti la carriera di Mooi era piuttosto normale, quasi banale. I due uomini che erano con lui erano un certo Lemar Arden, il suo segretario personale, e Tomas Rubens, specializzato in sociologia.
- Cosa hai trovato sul conto della moglie?
=^= Si chiama Mira Loften. E' sposata con l'ambasciatore da trentacinque anni e l'ha sempre seguito nei suoi spostamenti. Non hanno avuto figli. Ti ho passato anche la sua scheda. =^=
- Umh, sembra tutto regolare. In ogni caso tienili sotto controllo. Ed ora vediamo che cosa combinano gli altri.
Sfioro' i tasti e sullo schermo apparve Weaver, profondamente addormentato nella sua cabina. Il sonnifero che gli aveva dato lo avrebbe tenuto fuori combattimento per parecchie ore.
Poi passo' a monitorare all'infermeria, la cui situazione invece non era affatto tranquilla.
Kore aveva dato la precedenza a Ramir. Il caitiano, nonostante le sue gravissime condizioni, si aggrappava alla vita con una tenacia sorprendente, e la dottoressa cominciava a sperare che ce l'avrebbe fatta.
La cosa non era piaciuta affatto al vecchio Terran, che avrebbe voluto che Kore si occupasse immediatamente della nipote invece di perdere tempo con un animale moribondo.
Le sue vivaci proteste non erano certo state gradite agli altri felini, e solo la decisa reazione di Liam aveva impedito spargimenti di sangue tra i due gruppi.
Quando Aldea controllo' l'infermeria il vecchio Terran era al capezzale di Triseide e le teneva delicatamente la mano. Ramon, con un occhio che stava diventando sempre piu' gonfio e nero, guardava torvo il grosso klingon, che si era sistemato in mezzo alla stanza. Nell'angolo opposto erano radunati i tre caitiani. Coral ripuliva con delicatezza le ferite che i sacerdoti avevano inflitto al fratello, cercando di soffocare la rabbia. Aran si massaggiava il braccio che Liam gli aveva quasi spezzato mentre gli spiegava che il fatto che essere un Tenente della Flotta Stellare non gli dava nessun tipo di autorita' su quella nave, e che se Aldea aveva acconsentito che la ragazza alfana fosse curata cosi' sarebbe stato.
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Quando arrivo' in sala riunioni, l'ambasciatore Mooi non aveva ancora deciso quanto di quello che sapeva sarebbe stato opportuno rivelare al capitano di quella nave. La situazione era molto intricata, e non era sicuro che una semplice mercante avrebbe compreso tutte le sfumature di una societa' complessa come quella alfana.
Aldea lo stava gia' aspettando. - Si accomodi. Posso offrirle qualcosa?
- Nulla per il momento, grazie - rispose l'uomo prendendo posto di fronte a lei.
- Cosa sta accadendo su Alfa87?
L'ambasciatore si schiari' la voce e comincio': - Su Alfa87 il sistema di governo e' una federazione di stati indipendenti, legati tra loro dall'unica religione. Sul territorio sono presenti diverse chiese e monasteri, i cui rappresentanti piu' anziani formano il Senato dei Religiosi. Questo senato, oltre a giudicare le dispute religiose, ha il potere di porre il veto su qualsiasi atto amministrativo e legislativo. L'Assemblea Generale, invece, e' formata dai rappresentanti dei vari stati. Il Consiglio Planetario si occupa delle relazioni con gli altri mondi. Ogni sua decisione deve essere approvata prima dall'Assemblea Generale, e poi dal Senato dei Religiosi. L'Esercito Interplanetario e' stato istituito dal Senato dei Religiosi e dipende da esso.
Queste quattro fazioni sono in rivalita' tra di loro e cercano di ottenere una sempre piu' ampia autonomia personale. Attualmente l'Esercito Planetario e' la fazione che gode del maggior consenso popolare. La sua corsa al potere, pero', e' ostacolata da divisioni e lotte interne...
Parecchio tempo dopo Aldea, in preda ad un forte mal di testa, stava maledicendo la politica e tutti i suoi intrighi.
- Ma se il Generale Berrei era d'accordo con le direttive del Senato dei Religiosi, perche' i sacerdoti lo hanno condannato a morte? - chiese.
- Non sono stati i sacerdoti, ma il Colonnello Shuko - le rispiego' pazientemente Mooi.
- Ma l'esercito, quindi anche il Colonnello Shuko, non dipende dal Senato dei Religiosi?
- Questo e' vero, in teoria, ma Shuko e' alleato col Colonnello Reltih, il capo della polizia di frontiera. Grazie alla sua posizione Reltih controlla i fondi riservati dell'esercito, che sono ottenuti tassando i mercanti e spesso chiudendo un occhio in cambio di denaro sulle merci da loro trasportate; ma immagino che questo lo sappia, visto che anche voi siete dei mercanti.
- Uhm... gia'... certo... Pero' Borlon, il Presidente del Consiglio Planetario ha esplicitamente accusato i sacerdoti.
- Solo perche' e' alleato segretamente con Reltih...
Luogo : Capitale del pianeta Alfa87 - Sede dell'Assemblea Generale
Data Terrestre: 6/12/2384 Ore 9.00 a.m. - Ora locale 21.00
Borlon era piuttosto soddisfatto della piega che avevano preso gli eventi.
L'unico dubbio che lo tormentava era il perche' i militari non lo avevano avvertito del duplice attacco che avevano sferrato per destabilizzare il potere dei sacerdoti.
Riflettendoci su la cosa aveva un senso. Nessuno doveva sapere che il presidente del Consiglio Planetario e il Colonnello Reltih erano alleati nel progetto di togliere qualsiasi potere politico ai sacerdoti.
Reltih era stato veramente astuto. I sacerdoti del tempio di Pthafagor farneticavano di un demone dalla pelle nera che aveva aperto le porte dell'inferno e scatenato i diavoli contro di loro. Quelli che invece erano occupati a svolgere i loro riti nella fortezza avevano detto di essere stati aggrediti da degli stranieri.
Luogo : Minerva - Orbita del pianeta Alfa87
Data Terrestre: 6/12/2384 Ore 8.00 a.m.
"Bene!" - disse Aldea, entrando in plancia - "Adesso che siamo tutti a bordo, vediamo di andarcene in fretta!"
"Non sarà mai troppo presto." - bofonchiò Khetta fra i denti, impostando le coordinate sulla consolle di pilotaggio.
"Non posso crederci!" - anche Liam aveva parlato a voce bassa, ma non abbastanza da non farsi udire da tutti.
Non era difficile capire che, agli occhi del grosso Klingon, la loro sembrava una fuga. Ma non potevano permettersi il lusso di ingaggiare battaglia. A voce alta, come se non avesse capito che lo scontento di Liam era rivolto contro di lei, Aldea disse: "Dobbiamo sbrigarci. Se non partiamo più che subito, gli Alfani capiranno che i felinoidi evasi dalla prigione sono a bordo. E' solo questione di tempo, e le navi alfane che ci circondano ci spareranno addosso con tutto quello che hanno per recuperarli... O per cancellare le prove"
"Non oseranno" - disse Liam - "La nostra nave è più potente delle loro"
"Ma le loro sono più numerose" - ribatté Aldea - "In un confronto armato, difficilmente avremmo ragione delle loro navi. Per quanto gloriosa possa essere la nostra battaglia" - aggiunse, spiando di sottecchi l'espressione dura di Liam. In realtà, non aveva nessun desiderio di affrontare una battaglia in quella situazione. Sarebbe morta inutilmente troppa gente, fra di loro e fra gli Alfani. E loro non potevano permettersi di perdere altri membri di equipaggio. Sorellina non poteva rimpiazzare altri con copie olografiche, l'energia necessaria stava già consumando a sufficienza le riserve della nave...
Sussultò. Una scossa improvvisa si era diffusa attraverso il pavimento, facendo gemere le paratie della nave.
"Ci stanno sondando!" - gridò Khetta.
"Liam!" - chiamò - "Vai al tattico! Possiamo evitare che scoprano i felinoidi a bordo?"
Liam corse alla consolle tattica, manovrò:
"No" - rispose - "Non so come alzare il campo di smorzamento attorno all'infermeria!"
"Dove diavolo è andata a finire T'eyan?" - imprecò Aldea.
"E' in infermeria!" - rispose Liam - "Vuoi che la chiami?"
"Troppo tardi!" - aggiunse Khetta, a mezza voce - "Credo che ci abbiano già scoperto"
Aldea alzò lo sguardo. Sullo schermo, le navi alfane si stavano radunando in formazione attorno a loro:
"Maledizione!" - Aldea cincischiò sul comunicatore interno - "Aldea a K'Tar: dobbiamo andarcene da qui, il più in fretta possibile!"
"Sono quasi pronto!" - rispose la voce dell'orioniano - "Avremo la curvatura entro cinque o sei minuti al massimo"
"Non credo che avremo cinque minuti!"
"Stanno caricando le armi!" - avvisò Liam.
"Alzare gli scudi" - ordinò Aldea - "Puntare le armi alla nave più vicina!"
"Agganciata!" - disse il Klingon. Lo sguardo di Liam adesso era fiero, illuminato da un sorriso orgoglioso.
Ma l'orgoglio non sarebbe bastato, pensò Aldea, cincischiando sul pulsante di comunicazione. Non contro tutte quelle navi!
"Sorellina!" - chiamò - "Apri una frequenza di chiamata con la nave ammiraglia alfana!"
=^= Come vuoi... =^= rispose, filosoficamente, la voce del computer =^= Ma sei sicura che quelli lì ascolteranno? =^=
"No..." - rispose il capitano - "Ma forse così riusciremo a guadagnare i cinque minuti di cui ha bisogno K'Tar!"
=^= Ci stanno rispondendo =^= disse Sorellina =^= Ti metto la chiamata sullo schermo? =^=
"Certo!"
Sullo schermo comparve un volto che Aldea non riconobbe. Un militare dall'aspetto anziano ed un po' pesante. Il suo volto era accigliato:
"Abbassate i vostri scudi ed arrendetevi!" - intimò l'uomo.
"Presso gli Alfani non si usa abbastanza cortesia da presentarsi, prima di ogni conversazione?" - domandò Aldea, ostentando una tranquillità che non provava affatto.
L'uomo si indurì: "Chi sono io non ha importanza. Sono l'uomo che distruggerà la vostra nave e le vostre vite, se non vi arrendete"
"Questo è da vedere!" - replicò Aldea, con forza - "La mia nave ha buoni scudi ed armi a sufficienza per far saltare la sua!" - disse - "Perché invece non ci dite chiaro e tondo che cosa volete?"
"Abbiamo rilevato nella vostra nave la presenza di alcuni criminali evasi dal carcere" - rispose l'alfano - "Consegnateceli, e lasceremo andare la vostra nave"
Era già un progresso, rispetto alla resa pura e semplice, pensò Aldea. Ma non aveva alcuna intenzione di cedere loro Gas o i caitiani.
"Davvero?" - disse Aldea, facendo affiorare del sarcasmo nella voce - "Mi farebbe piacere sentire da lei come fate a sapere che quelli che abbiamo a bordo sono proprio gli evasi che state cercando..."
Alzò una mano, bloccando sul nascere la protesta dell'altro:
"...Ma no, non tema, non cercherò di negarlo" - continuò, ed i suoi occhi si fecero più sottili - "Il mio motorista ed i caitiani fuggiti dal carcere sono a bordo"
"Consegnateli, o verrete distrutti!"
"Io non credo" - Aldea gli rise in faccia - "No... Quello che succederà adesso è che lei invece ritirerà le sue navi e ci permetterà di partire senza fare neanche un graffio alla vernice della mia nave"
L'alfano parve digrignare i denti. Forse voleva essere un sorriso di scherno.
"Ha spesso di queste allucinazioni, capitano Aldea?" - fece - "I nostri sacerdoti sono in grado di curare cose del genere"
"So bene che tipo di cure fanno i vostri sacerdoti!" - rimandò Aldea, e la sua voce aumentò pericolosamente di volume - "E so quanto ci tenete, alle cure dei vostri sacerdoti! Ma so anche un'altra cosa..."
Si avvicinò, lentamente allo schermo. I suoi occhi erano lame che si conficcavano direttamente negli occhi di lui:
"Quello che so, è che su questa nave c'è anche l'ambasciatore della Federazione dei Pianeti Uniti! E so che, se un solo colpo di faser, se un solo siluro fotonico colpisce la nave su cui si trovano l'ambasciatore e sua moglie, entro trentasei ore voi avrete qui schierate davanti tutte le navi della Flotta Stellare pronte a chiedere la vostra testa!"
"Come osa minacciarmi?"
"Lei, crede forse che sarà sufficiente mentire alla Federazione, tentare di far sparire le prove?" - incalzò Aldea - "Spiacente, troppo tardi! Abbiamo già trasmesso alla Federazione il rapporto dell'ambasciatore. Se non tornerà a casa sano e salvo, sarete voi, ed il vostro pianeta, a pagare per la sua scomparsa!"
ooo
Alfa 87 era ormai un punto luminoso al centro dello schermo, quando Aldea si alzò dalla poltrona centrale per dirigersi di nuovo in infermeria.
Le navi alfane non avevano nemmeno tentato di mettersi all'inseguimento della Minerva.
"Del resto, la nostra nave è molto più veloce di una qualunque delle loro" - pensò il capitano con orgoglio. In realtà, la Minerva era anche meglio armata di una qualunque delle loro navi... Peccato che non avessero avuto di fronte una sola delle loro navi, ma un'intera flotta: avrebbe fatto pagare con gli interessi tutta l'angoscia provata per la sorte di Gas. Ma la vendetta era solo rimandata.
"Dobbiamo tornare sul pianeta" - pensò - "Ma non possiamo farlo con la Minerva. La nave ormai è troppo conosciuta da queste parti. Dobbiamo procurarci una navetta anonima, e poi..."
Era arrivata di fronte alla porta dell'infermeria. Era stata una fortuna trovare un medico sul pianeta, pensò, mentre sfiorava il sensore d'apertura.
Entrò.
Sbarrò gli occhi, riconoscendo la donna sul lettino vicino alla porta:
"T'eyan!" - esclamò - "Cosa è successo? Nessuno mi aveva detto che eri stata ferita!"
La vulcaniana giaceva su un lettino rigenerativo. Non rispose. Il suo volto appariva livido, sul cuscino bianco dell'infermeria.
"Stia calma, capitano!" - alle sue spalle, sentì la voce della dottoressa.
La donna era china sull'altro lettino, occupato dalla giovane Triseide.
"E' grave?"
"Sta solo recuperando le forze" - rispose Kali, senza sollevare lo sguardo dal tricorder medico con il quale stava esaminando l'alfana - "I vulcaniani usano auto indursi una sorta di coma, in determinate circostanze. Ho consigliato io al suo secondo quella tecnica. Dopo l'intervento..."
"Intervento?" -
Kali chiuse di scatto il proprio tricorder:
"Esatto, intervento" - rispose - "La piccola Triseide, qui presente, aveva una malattia degenerativa del sistema linfatico"
"Io le ho chiesto di T'eyan!" - precisò Aldea, incrociando le braccia.
"Ed io le sto rispondendo, capitano" - ribatté Kali - "La malattia di Triseide poteva essere curata solo con un trapianto di cellule linfatiche da un soggetto sano e compatibile. Il vecchio Terran era compatibile ma troppo vecchio per il trapianto. Il fidanzato è giovane ma le sue cellule linfatiche non sono compatibili con quelle di Triseide. Con gli opportuni correttivi, invece T'eyan è risultata compatibile, e si è prestata al trapianto... Che peraltro, è perfettamente riuscito. Le ci vorrà un po' di tempo, ma guarirà."
Aldea sospirò di sollievo:
"E' una buona notizia..." - disse. Aldea si guardò intorno. I due caitiani stavano assistendo i loro compagni torturati, distesi sui lettini. Il vecchio Terran piangeva, piegato su una sedia.
"E gli altri?" - domandò.
Kali si guardò intorno, verso i lettini dove giacevano i due caitiani salvati dalla prigione alfana:
"Guariranno. Almeno, fisicamente. Le ferite psicologiche dovute a giorni di tortura sono molto più difficili da curare di quanto siano le ferite nel corpo. Ma quelle altre non posso curarle io"
Aldea tornò a guardare Terran:
"E lui? Che cos'ha?"
"Gli ho spiegato la natura della malattia di Triseide" - rispose la dottoressa, con una smorfia.
"Ossia?"
Il volto di Kali si aprì in un sorriso sardonico, un sorriso che non aveva niente di allegro:
"Sono state le loro medicine. Per secoli, hanno usato i grandi felini del loro pianeta, fino all'estinzione. Quando non ne hanno avuti più, i loro sacerdoti, per mantenere il loro potere, si sono accaniti contro altri felini" - accennò ai caitiani in fondo alla sala - "Senza curarsi di sapere se potevano essere usati nello stesso modo, oppure no..."
"Cosa? Vuol dire...?"
"Voglio dire che Triseide è stata curata dal nonno per una malattia di stagione con una medicina fabbricata utilizzando il midollo spinale di un caitiano, ed ha contratto così la sindrome di Kan. E' una malattia tipica dei caitiani. Solo che i caitiani sanno come curarla..." - il suo sguardo pesò sul vecchio, che non rialzò la testa, continuando a piangere sommessamente:
"Adesso, lui sa che sua nipote ha rischiato di morire unicamente per colpa sua. Per la sua incapacità di rendersi conto di stare facendo solo il gioco dei potenti del suo pianeta, con il suo cieco ossequio alla tradizione."
Aldea si voltò verso il vecchio. L'uomo - prima vigoroso e saldo - sembrava essere stato spezzato dalla verità. Nulla, per lui, sarebbe stato come prima.
"Ed era l'ora" - pensò Aldea, finalmente soddisfatta.
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